Galazza Galare arrivò alla Grande Piramide con al seguito una decina di grazie bianche, ragazze di nobile nascita ancora troppo giovani per compiere il loro anno di servizio nei giardini di piacere del tempio. Costituivano un bel quadro: l’altezzosa megera tutta in verde, circondata da ragazzine vestite e velate di bianco, corazzate nella loro innocenza.
La regina le accolse con calore, poi chiamò Missandei affinché provvedesse a nutrire e intrattenere le ragazzine mentre lei condivideva la cena in privato con la Grazia Verde.
Le sue cuoche avevano preparato un magnifico agnello al miele, odoroso di menta pestata e servito con i piccoli fichi verdi che lei tanto amava. Due degli ostaggi preferiti di Dany servivano le vivande e controllavano che le coppe fossero sempre piene: Qezza, una ragazzina dagli occhi di cerbiatto, e Grazhar, un giovane pelle e ossa. Erano fratello e sorella, cugini della Grazia Verde, che entrando li salutò con un bacio e chiese se avevano fatto i bravi.
«Sono davvero adorabili, entrambi» le garantì Dany. «A volte Qezza canta per me. Ha una voce incantevole. E ser Barristan sta istruendo Grazhar e gli altri ragazzi nelle pratiche della cavalleria occidentale.»
«Sono sangue del mio sangue» disse la Grazia Verde, mentre Qezza le versava una coppa di vino rosso scuro. «Sono contenta di sapere che hanno compiaciuto vostro splendore. Mi auguro di poter fare altrettanto.» Aveva i capelli bianchi e la pelle simile a una pergamena sottile, ma gli occhi erano ancora vivaci malgrado l’età. Occhi verdi come le sue vesti. Occhi tristi, pieni di saggezza. «Se mi è consentito dirlo, vostro splendore, hai l’aria… stanca. Stai dormendo?»
Dany evitò di ridere. «Non bene. Ieri notte tre galee di Qarth hanno risalito lo Skahazadhan approfittando del buio. Gli Uomini della Madre hanno lanciato frecce incendiarie contro le vele e rovesciato pentole di pece ardente sulle tolde, ma le galee sono passate veloci e non hanno subito danni significativi. Gli uomini di Qarth intendono bloccare il fiume, così come hanno bloccato la baia. E non sono più da soli. Tre galee di Nuova Ghis si sono unite a loro, insieme con una caracca di Tolos.»
I toloshi avevano risposto alla sua richiesta d’alleanza dicendo che era una puttana e pretendendo la restituzione di Meereen ai Grandi Padroni. E comunque sempre meglio della risposta di Mantarys, arrivata in una cassa di cedro dentro una carrozza: le teste dei suoi tre emissari in salamoia. «Magari i tuoi dèi possono aiutarci. Chiedi loro di mandare una tempesta a spazzare via le galee nemiche dalla baia.»
«Pregherò e farò sacrifici. Forse gli dèi di Ghis mi ascolteranno.» Galazza Galare sorseggiò il vino, senza mai staccare gli occhi di dosso da Dany. «Le tempeste infuriano dentro e fuori le mura. Altri liberti sono morti ieri notte, almeno stando a quanto mi è stato riferito.»
«Tre.» Il solo dirlo lasciò a Dany un gusto amaro in bocca. «I codardi hanno assalito alcune tessitrici, liberte che non avevano fatto male a nessuno. Sapevano solo dei capolavori. Ho un loro arazzo appeso sopra il mio letto. I Figli dell’Arpia hanno fracassato il loro telaio e le hanno stuprate e poi sgozzate.»
«Così abbiamo sentito. Eppure vostro splendore ha trovato il coraggio di rispondere alla carneficina usando misericordia. Non hai fatto male a nessuno dei nobili bambini che tieni come ostaggio.»
«Per ora no» disse Dany. Aveva preso in simpatia i bambini in affidamento. Alcuni erano timidi e altri erano sfrontati, alcuni gentili e altri astiosi, ma tutti innocenti. «Se uccido i miei coppieri, chi mi verserà il vino e mi servirà la cena?» aggiunse, cercando di avere un tono leggero.
La sacerdotessa non sorrise. «Il Testarasata li darebbe in pasto ai tuoi draghi, si dice. Una vita per una vita. Per ogni Belva d’Ottone uccisa, farebbe morire un bambino.»
Dany giocherellò con il cibo. Non osava guardare dalla parte di Grazhar e Qezza, per timore di mettersi a piangere. “Il Testarasata ha un cuore più duro del mio.” Avevano discusso cinque o sei volte degli ostaggi. “I Figli dell’Arpia stanno ridendo, nelle loro piramidi” aveva detto Skahaz proprio quel mattino. «A che servono degli ostaggi, se poi non vuoi mozzare loro la testa?» Ai suoi occhi Dany era solo una femmina debole. “Hazzea mi è bastata. A che serve la pace, se bisogna pagarla con il sangue dei bambini?” «Queste uccisioni non sono opera loro» disse Dany lentamente alla Grazia Verde. «Non sono una Regina Macellaia.»
«E di questo Meereen ti è grata» affermò Galazza Galare. «Abbiamo sentito che il Re Macellaio di Astapor è morto.»
«Ucciso dai suoi stessi soldati, quando ha ordinato loro di marciare all’attacco degli yunkai.» Quelle parole avevano un sapore amaro. «Il suo corpo non si era ancora raffreddato, e un altro aveva già preso il suo posto, facendosi chiamare Cleon II. È durato otto giorni, prima che gli tagliassero la gola. Poi il suo assassino ha reclamato la corona. Così ha fatto anche la prima concubina di Cleon. Re Tagliagola e Regina Puttana, li chiamano ad Astapor. I loro seguaci combattono per le strade, mentre gli yunkai e i loro mercenari aspettano fuori delle mura.»
«Sono tempi dolorosi. Vostro splendore, posso darti il mio consiglio?»
«Sai quanto valore do alla tua saggezza.»
«Allora da’ a essa tutto il suo valore: prendi marito.»
«Ah.» Dany se l’aspettava.
«Spesso ti ho sentito dire che sei solo una giovane fanciulla. A guardarti, sembri ancora una bambina, troppo giovane e fragile per affrontare da sola prove simili. Hai bisogno di un re al tuo fianco, un uomo che ti aiuti a portare questi pesi.»
Dany infilzò un pezzo di agnello, ne staccò un morso, masticò con calma. «Dimmi, può tale re gonfiare le guance e soffiare di nuovo a Qarth le galee di Xaro Xohan Daxos? Può battere le mani e spezzare l’assedio di Astapor? Può mettere del cibo nel ventre dei miei figli e riportare la pace tra le vie della mia città?»
«E tu? Puoi fare tutto questo?» ribatté la Grazia Verde. «Un re non è un dio, certo. Ma ci sono tante cose che un uomo forte può fare. Quando il mio popolo ti guarda, vede una conquistatrice venuta da oltre il mare a ucciderci e a rendere schiavi i nostri figli. Un re potrebbe cambiare la situazione. Un re di nobile nascita e di puro sangue ghiscariano potrebbe riconciliare la città con il tuo dominio. Temo altrimenti che il tuo regno sia destinato a finire com’è iniziato, nel sangue e nel fuoco.»
Dany giocherellò con il cibo che aveva nel piatto. «E gli dèi di Ghis chi mi farebbero prendere come re e consorte?»
«Hizdahr zo Loraq» dichiarò con fermezza Galazza Galare.
Dany non perse nemmeno tempo a fingersi sorpresa. «Perché Hizdahr? Anche Skahaz è di nobile nascita.»
«Skahaz è dei Kandaq, Hizdahr è dei Loraq. Vostro splendore mi perdonerà, ma solo chi non è ghiscariano per nascita non capirebbe la differenza. Spesso ho sentito che tu hai il sangue di Aegon il Conquistatore, di Jaehaerys il Saggio e di Daeron il Drago. Il nobile Hizdahr è del sangue di Mazdhan il Magnifico, di Hazrak il Bello e di Zharaq il Liberatore.»
«I suoi antenati sono morti tanto quanto i miei. Hizdahr risusciterà le loro ombre per difendere Meereen dai nemici? Ho bisogno di un uomo con navi e spade. Tu mi proponi degli antenati.»
«Siamo un popolo antico, gli antenati per noi sono importanti. Sposa Hizdahr zo Loraq e fa’ un figlio con lui, un figlio il cui padre è l’arpia e la cui madre è il drago. In lui si compiranno le profezie e i tuoi nemici si scioglieranno come neve al sole.»
“Lui sarà lo stallone che monta il mondo” pensò Dany. Sapeva qual era il valore delle profezie. Erano fatte di parole, e le parole sono vento. Non ci sarebbe stato nessun figlio per Loraq, nessun erede per unire drago e arpia. “Quando il sole sorgerà a ovest e tramonterà a est, quando i mari si prosciugheranno e le montagne voleranno nel vento come foglie morte.” Solo allora il suo ventre si sarebbe acceso di nuovo…
… perché adesso Daenerys Targaryen aveva altri figli, decine di migliaia che l’avevano salutata come loro madre quando aveva spezzato le loro catene. Pensò a Scudo Coraggioso, al fratello di Missandei, a Rylona Rhee, la donna che suonava l’arpa tanto meravigliosamente.
Nessun matrimonio li avrebbe riportati in vita. Ma se un marito avesse potuto contribuire a porre fine alla carneficina, allora lei avrebbe dovuto maritarsi, per i suoi morti.
“Se sposo Hizdahr, le nozze metteranno Skahaz contro di me?” Si fidava di Skahaz più di quanto non si fidasse di Hizdahr, ma come re il Testarasata sarebbe stato un disastro. Era troppo pronto a infuriarsi, troppo lento a perdonare. Dany non vedeva alcun vantaggio nel maritare un uomo odiato quanto lei. Hizdahr era rispettato, stando a quanto poteva vedere.
«E che cosa pensa il mio futuro marito?» chiese alla Grazia Verde. “Che cosa pensa di me?”
«Vostra grazia, devi solo chiederglielo. Il nobile Hizdahr attende all’ingresso della piramide. Mandalo a chiamare, se ti compiace.»
“Tu osi troppo, sacerdotessa” pensò la Regina dei Draghi, ma ingoiò la collera e si costrinse a sorridere. «Perché no?» Convocò ser Barristan e disse al vecchio cavaliere di condurre Hizdahr da lei. «È una lunga ascesa. Che venga aiutato dagli Immacolati.»
Quando il nobile completò la salita, la Grazia Verde aveva terminato di mangiare. «Se compiace a vostra magnificenza, ora prenderò congedo. Tu e il nobile Hizdahr avrete molte cosa da discutere, ne sono certa.» Si asciugò dalle labbra una goccia di miele, salutò con un bacio sulla fronte Qezza e Grazhar e si sistemò il velo di seta sul viso. «Tornerò al Tempio delle Grazie e pregherò gli dèi affinché mostrino alla mia regina il percorso della saggezza.»
Dopo che la Grazia Verde se ne fu andata, Dany lasciò che Qezza le riempisse di nuovo la coppa, quindi congedò i due bambini e ordinò che Hizdahr zo Loraq fosse ammesso alla sua presenza. “E se osa dire una sola parola sulle sue preziose fosse da combattimento, lo farò buttare giù dalla terrazza.”
Hizdahr indossava una comune veste verde sotto un farsetto imbottito. Quando entrò, le fece un profondo inchino, con aria solenne. «Non hai neanche un sorriso per me?» gli disse Dany. «Faccio così tanta paura?»
«Divento sempre solenne in presenza di tanta bellezza.»
Un buon inizio. «Bevi con me.» Gli riempì lei stessa la coppa. «Tu sai perché sei qui. La Grazia Verde pare ritenere che, se io ti prendessi come marito, tutti i miei affanni svanirebbero.»
«Non sosterrei mai niente di così ardito. Gli uomini sono nati per lottare e per soffrire. I nostri affanni svaniscono solo con la nostra morte. Potrei, tuttavia, esserti d’aiuto. Ho oro, amici, influenza e nelle mie vene scorre il sangue dell’antica Ghis. Non mi sono mai sposato, ma ho due figli naturali, un maschio e una femmina, pertanto potrei darti degli eredi. Posso riconciliare la città al tuo governo e porre fine alle stragi notturne per le strade.»
«Puoi davvero fare tutto questo?» disse Dany. Lo scrutò negli occhi. «Per quale motivo i Figli dell’Arpia dovrebbero deporre le loro lame per te? Sei forse uno di loro?»
«No.»
«Me lo diresti, se lo fossi?»
Hizdahr rise. «No.»
«Il Testarasata conosce dei metodi per scoprire la verità.»
«Non dubito che Skahaz in breve tempo mi farebbe confessare. Un giorno con lui e io sarei uno dei Figli dell’Arpia. Due giorni e sarei l’Arpia stessa. Tre e salterà fuori che ho ucciso anche tuo padre, nei Regni del Tramonto, quando ancora ero bambino. Poi mi impalerà con una lancia e tu mi guarderai morire… ma poi le stragi continueranno comunque.» Hizdahr si sporse verso di lei. «Oppure puoi sposarmi e lasciare che io tenti di fermarle.»
«Perché dovresti avere voglia di aiutarmi? Per la corona?»
«Una corona mi farebbe comodo, non lo nego. Tuttavia non è solo per questo. Ti pare davvero così strano che io voglia proteggere il mio popolo come tu proteggi i tuoi liberti? Meereen non può sopportare un’altra guerra, vostro splendore.»
Era una buona risposta, e anche onesta. «Non ho mai voluto la guerra. Ho sconfitto gli yunkai una volta e ho risparmiato la loro città quando avrei potuto saccheggiarla. Ho rifiutato di unirmi a re Cleon quando marciò contro di loro. Anche ora, con Astapor sotto assedio, mi trattengo. E Qarth… non ho mai fatto male agli abitanti di Qarth…»
«Non di proposito, certo che no, ma Qarth è una città di mercanti: gente che ama il tintinnio delle monete d’argento, il giallo splendente dell’oro. Quando hai distrutto il mercato degli schiavi, il contraccolpo si è sentito dal continente occidentale fino ad Asshai delle Ombre. Qarth dipende dai suoi schiavi. E lo stesso vale per Tolos, Nuova Ghis, Lys, Tyrosh, Volantis… la lista è lunga, mia regina.»
«Che vengano. Troveranno in me un nemico ben più inflessibile di Cleon. Preferisco morire combattendo piuttosto che restituire i miei figli alla schiavitù.»
«Può esserci un’altra via. Convincere gli yunkai a consentire a tutti i tuoi liberti di restare liberi, se vostra signoria concorderà che da oggi in avanti la città gialla potrà addestrare e commerciare schiavi senza intralci. Non è necessario che scorra altro sangue.»
«Tranne quello degli schiavi che gli yunkai addestreranno e venderanno» disse Dany, ma riconobbe comunque la verità nelle parole di Hizdahr. “Può darsi che sia la fine migliore che ci possiamo augurare.” «Non hai detto di amarmi.»
«Lo dirò, se compiacesse a vostro splendore.»
«Non è la risposta di un uomo innamorato.»
«Che cos’è l’amore? Desiderio? Nessun uomo con tutti gli attributi potrebbe guardarti e non desiderarti, Daenerys. Tuttavia non è per questo che ti sposerei. Prima del tuo arrivo, Meereen stava morendo. I nostri governanti erano vecchi con il cazzo avvizzito e vecchie le cui fiche raggrinzite erano asciutte come la polvere. Sedevano in cima alle piramidi a sorseggiare vino d’albicocche e a parlare delle glorie dell’antico impero, mentre i secoli scorrevano l’uno dopo l’altro e i mattoni della loro stessa città si sbriciolavano. Tradizione e prudenza avevano una stretta di ferro su di noi, finché non sei arrivata tu a risvegliarci con il fuoco e con il sangue. Una nuova epoca è iniziata e nuove cose sono possibili. Sposami, Daenerys.»
“Non è brutto d’aspetto” pensò Dany “e ha una parlantina da re.” «Baciami» gli ordinò.
Hizdahr le prese di nuovo la mano e le baciò le dita.
«Non così. Baciami come se fossi tua moglie.»
Hizdahr la prese per le spalle, delicatamente, come fosse un uccellino. Si sporse e premette le labbra su quelle di lei. Il bacio fu lieve, asciutto e rapido. Dany non provò alcuna eccitazione.
«Devo… baciarti di nuovo?» chiese Hizdahr alla fine.
«No.» Nella vasca sulla terrazza i pesciolini le avrebbero mordicchiato le gambe mentre stava a mollo. Perfino loro la baciavano con più fervore di Hizdahr zo Loraq. «Non ti amo.»
Hizdahr si strinse nelle spalle. «Magari poi verrà, con il tempo. Si sa che succede così.»
“Non tra noi” pensò Dany. “Non con Daario così vicino. È lui che voglio, non te.” «Un giorno deciderò di tornare in Occidente per reclamare i Sette Regni che erano di mio padre.»
«Tutti un giorno devono morire, ma rimuginare sulla morte non serve. Preferisco prendere ogni giorno così come viene.»
Dany congiunse le mani. «Le parole sono vento, anche quelle come amore e pace. Ho più fiducia nelle azioni. Nei miei Sette Regni, i cavalieri vanno alla ventura per dimostrarsi meritevoli della fanciulla che amano. Cercano spade magiche, scrigni d’oro, corone sottratte a un’orda di draghi.»
Hizdahr inarcò il sopracciglio. «Gli unici draghi che conosco sono i tuoi, quanto alle spade magiche sono ancora più rare. Ti porterò volentieri anelli, corone e scrigni d’oro, se questo è quello che desideri.»
«Quello che desidero è la pace. Dici di potermi aiutare a porre fine ai massacri notturni nelle strade della mia città. Porta a termine questa impresa. Poni fine a questa guerra ombra, mio lord. Ecco la tua ricerca. Dammi novanta giorni e novanta notti senza un omicidio e saprò che sei meritevole di salire su un trono. Puoi farlo?»
Hizdahr parve pensieroso. «Novanta giorni e novanta notti senza un cadavere, e il novantunesimo giorno… ci sposiamo?»
«Forse» rispose Dany in tono malizioso. «Le giovani fanciulle sono note per la loro volubilità. Potrei comunque volere una spada magica.»
Hizdahr scoppiò a ridere. «Allora avrai anche quella. Ogni tuo desiderio è un ordine. Meglio dire al tuo siniscalco d’iniziare i preparativi per il nostro matrimonio.»
«Niente compiacerebbe maggiormente al nobile Reznak.» Se a Meereen si fosse saputo che c’era un matrimonio in vista, forse sarebbe bastato a procurare qualche notte di tregua, anche se gli sforzi di Hizdahr si fossero risolti in nulla. “Il Testarasata non sarà contento di me, ma Reznak mo Reznak farà i salti di gioia” pensò Dany. Non sapeva quale delle due cose la preoccupava di più. Aveva bisogno di Skahaz e delle sue Belve d’Ottone ed era arrivata a diffidare di tutti i consigli di Reznak. “Attenta al siniscalco profumato. Reznak ha forse fatto causa comune con Hizdahr e la Grazia Verde per tendermi una trappola?
Hizdahr zo Loraq si era appena congedato, quando dietro di lei comparve ser Barristan, nel suo lungo mantello bianco. Anni di servizio nella Guardia reale avevano insegnato al cavaliere bianco a non dare nell’occhio quando lei aveva ospiti, restando comunque nelle vicinanze. “Già sa” capì subito Dany “e disapprova.” Vide che le rughe intorno alla bocca di ser Barristan erano più marcate. «Quindi» gli disse «pare che io mi debba maritare di nuovo. Sei felice per me, ser?»
«Se è questo il tuo ordine, vostra grazia.»
«Ma Hizdahr non è il marito che avresti scelto per me.»
«Non tocca a me sceglierti il marito.»
«No, infatti» concordò lei. «Ma per me è importante che tu comprenda. Il mio popolo sta sanguinando. Sta morendo. Una regina non appartiene a se stessa, ma al regno. O matrimonio o massacro, ecco le mie scelte. O sposalizio o guerra.»
«Vostra grazia, posso parlare apertamente?»
«Sempre.»
«C’è una terza possibilità.»
«L’Occidente?»
Ser Barristan annuì. «Ho giurato di servire vostra grazia e di tenerti al sicuro dai pericoli ovunque tu vada. Il mio posto è al tuo fianco, qui o ad Approdo del Re… ma il tuo posto è in Occidente, sul Trono di Spade che apparteneva a tuo padre. I Sette Regni non accetteranno mai Hizdahr zo Loraq come re.»
«Non più di quanto Meereen accetti Daenerys Targaryen come regina. Riguardo a questo, la Grazia Verde ha ragione. Devo avere un re al fianco, un re dell’antico sangue ghiscariano. Diversamente continueranno a vedermi come la barbara incivile che ha fatto irruzione dalle loro porte, ha impalato sulle lance i loro consanguinei e ha rubato le loro ricchezze.»
«In Occidente sarai la bambina perduta che torna a rallegrare il cuore di suo padre. Il tuo popolo ti acclamerà quando passerai a cavallo e tutta la gente ti amerà.»
«L’Occidente è molto lontano.»
«Restare qui non lo renderà più vicino. Prima te ne andrai da questo posto…»
«Lo so, sì.» Dany non sapeva come farglielo capire. Voleva l’Occidente tanto quanto lui, ma prima doveva risanare Meereen. «Novanta giorni sono lunghi. Hizdahr potrebbe fallire. E se fallisce, il suo tentativo mi farebbe guadagnare tempo. Tempo per stringere alleanze, per rafforzare le difese, per…»
«E se invece non fallisce? Che cosa farà allora vostra grazia?»
«Il suo dovere.» La parola le parve fredda sulla lingua. «Hai visto mio fratello Rhaegar sposarsi. Dimmi, si sposò per amore o per dovere?»
Il vecchio cavaliere esitò. «La principessa Elia di Dorne era una brava donna, vostra grazia. Cortese e intelligente, con un cuore gentile e di notevole arguzia. So che il principe provava una grande simpatia per lei.»
“Simpatia” pensò Dany. Una parola che la diceva lunga. “Anch’io con il tempo potrei provare simpatia per Hizdahr zo Loraq. Forse.”
Ser Barristan soggiunse: «Ho visto anche tuo padre sposare tua madre. Perdonami, ma in quel caso non c’era alcuna simpatia e il regno ne pagò un duro prezzo, mia regina».
«Perché si sposarono, se non c’era amore fra loro?»
«Ordine di tuo nonno. Una strega dei boschi gli aveva detto che il principe promesso sarebbe nato dalla loro linea di sangue.»
«Una strega dei boschi?» ripeté Dany, stupita.
«Venne a corte con Jenny di Vecchie Pietre. Una creatura rachitica, grottesca a vedersi. Una nana, disse molta gente, ma cara a lady Jenny, che ha sempre sostenuto che si trattava di una figlia della foresta.»
«Che ne è stato di lei?»
«Sala dell’Estate.» Un nome gravido di distruzione.
Dany sospirò. «Ora lasciami, cavaliere. Sono molto stanca.»
«Come tu comandi» rispose ser Barristan. Le fece un inchino e si voltò per andarsene. Sulla porta si fermò. «Chiedo scusa. Vostra grazia ha un visitatore. Devo dirgli di tornare domani?»
«Chi è?»
«Naharis. I Corvi della Tempesta sono tornati in città.»
“Daario.” Dany sentì il cuore sfarfallarle nel petto. «Da quanto tempo… Quand’è che…?» Non riusciva a trovare le parole.
Ser Barristan parve capire. «Vostra grazia era con la sacerdotessa, quando è arrivato. Sapevo che non volevi essere disturbata. Le notizie del capitano possono aspettare fino a domani.»
«No.» “Come potrei dormire, sapendo che il mio capitano è così vicino?” «Fallo salire subito. E… stasera non avrò più bisogno di te. Con Daario sarò al sicuro. Oh, manda qui Irri e Jhiqui, se non ti spiace. E anche Missandei.» “Devo cambiarmi, devo farmi bella.”
Lo disse alle sue ancelle, non appena giunsero. «Che cosa vuoi indossare, vostra grazia?» chiese Missandei.
“Luce di stelle e spuma di mare” pensò Dany. “Un drappo di seta che mi lasci scoperto il seno sinistro per la delizia di Daario. Oh, e dei fiori nei capelli.” Dal loro primo incontro il capitano le aveva portato ogni giorno dei fiori, dalla lontana Yunkai fino a Meereen. «Prendimi la lunga veste di lino grigio con le perle sul corpetto. Oh, e la pelliccia di leone bianco.» Si sentiva sempre più sicura, avvolta nella pelle di leone di Drogo.
Ricevette il capitano sulla terrazza, seduta su una panca di pietra scolpita, sotto un albero di pere. Una mezzaluna galleggiava nel cielo sopra la città, scortata da migliaia di stelle. Daario Naharis entrò camminando con aria impettita. “È impettito anche quando sta fermo.” Portava delle brache a righe infilate negli alti stivali di cuoio viola, una camicia di seta bianca e un panciotto di anelli d’oro. Aveva la barba a tre punte viola, vistosi baffi dorati, lunghi ricci un po’ di un colore e un po’ dell’altro. Portava al fianco uno stiletto, dall’altro lato un arakh dothraki. «Mia splendida regina» disse «sei diventata ancora più bella durante la mia assenza. Com’è possibile?»
La Regina dei Draghi era abituata a elogi simili, tuttavia i complimenti avevano in qualche modo maggior valore quando giungevano da Daario, rispetto agli analoghi complimenti da parte di Reznak, Xaro o Hizdahr. «Capitano, dicono che tu ci abbia reso buoni servigi a Lhazar.» “Quanto mi sei mancato!”
«Il tuo capitano vive per servire la sua crudele regina.»
«Crudele?»
Il riverbero della luna scintillò nei suoi occhi. «Il tuo Daario è corso davanti a tutti i suoi uomini per vedere prima il suo viso, ma è stato lasciato a languire, mentre lei mangiava agnello e fichi in compagnia di una donna vecchia e incartapecorita.»
“Non mi hanno detto che eri qui” pensò Dany “altrimenti avrei ceduto e ti avrei mandato a chiamare all’istante.” «Stavo cenando con la Grazia Verde.» Ritenne meglio non parlare di Hizdahr. «Avevo urgente bisogno del suo saggio consiglio.»
«Io ho un solo urgente bisogno: Daenerys.»
«Faccio portare del cibo? Sarai di sicuro affamato.»
«Non mangio da due giorni, ma ora che sono qui, mi basta pascermi della tua bellezza.»
«La mia bellezza non ti riempirà lo stomaco.» Dany raccolse una pera e gliela lanciò. «Mangia questa.»
«Se la mia regina me lo comanda.» Daario diede un morso alla pera, facendo brillare il suo dente d’oro. Un po’ di succo gli colò sulla barba viola.
La ragazza in lei aveva tanta voglia di baciarlo da stare male. “I suoi baci sarebbero duri e crudeli” pensò “e anche se piangessi o gli ordinassi di smettere, non gli importerebbe.” Ma la regina in lei capiva che sarebbe stata follia. «Raccontami del tuo viaggio.»
Daario Naharis scrollò le spalle con noncuranza. «Gli yunkai hanno mandato alcune spade mercenarie a sbarrare il Passo Khyzai. Le Lunghe Lance, si fanno chiamare. Siamo piombati su di loro nella notte e ne abbiamo mandati un bel po’ giù negli inferi. A Lhazar ho ucciso con le mie mani due dei miei stessi sergenti che complottavano per rubare le gemme e il vassoio d’oro che la mia regina mi aveva affidato come dono per gli uomini agnello. Per il resto, tutto è andato come avevo promesso.»
«Quanti uomini hai perduto in battaglia?»
«Nove» rispose Daario. «Ma dodici Lunghe Lance hanno deciso che preferivano essere Corvi della Tempesta che cadaveri e alla fine siamo tre in più. Ho detto loro che sarebbero vissuti più a lungo combattendo con i tuoi draghi che contro di essi. Hanno visto la saggezza nelle mie parole.»
Dany s’insospettì. «Potrebbero essere spie al soldo di Yunkai.»
«Sono troppo stupidi per essere delle spie. Tu non li conosci.»
«Neppure tu. Ti fidi di loro?»
«Mi fido di tutti i miei uomini. Ma solo fino alla distanza di uno sputo.» Sputò un seme di pera e sorrise ai sospetti di lei. «Devo portarti la loro testa? Sono pronto a farlo, se me lo comandi. Uno è calvo e due hanno le trecce; uno si tinge la barba di quattro colori. Quale spia avrebbe una barba del genere, ti chiedo? Il fromboliere può centrare l’occhio di un moscerino a quaranta passi e quello brutto sa occuparsi dei cavalli, ma se la mia regina dice che devono morire…»
«Non ho detto questo. Ho solo… Tienili d’occhio, ecco tutto.» Dany si sentì sciocca a dirlo. Si sentiva sempre un po’ sciocca, quando era con Daario. “Goffa, infantile e tarda di comprendonio. Che cosa penserà di me?” Cambiò argomento. «Gli uomini agnello ci manderanno cibo?»
«Le granaglie arriveranno su delle chiatte lungo lo Skahazadhan, mia regina, e altri prodotti con delle carovane attraverso Passo Khyzai.»
«Non dallo Skahazadhan. Il fiume ci è stato precluso. Anche il mare. Immagino che avrai visto le navi nella baia. Gli uomini di Qarth hanno scacciato un terzo della nostra flotta da pesca e catturato un altro terzo. I pescatori rimasti hanno troppa paura per lasciare il porto. Quel poco di commercio che ci restava è stato bloccato.»
Daario gettò via il torsolo della pera. «Gli uomini di Qarth hanno latte nelle vene. Appena vedranno i tuoi draghi, scapperanno via.»
Dany non voleva parlare dei draghi. Anche se Drogon non era più tornato in città, i contadini continuavano a portare a corte ossa bruciate e a lamentarsi di pecore sparite. Alcuni riferivano di aver visto il drago nero a nord del fiume, sulle distese d’erba del Mare Dothraki. Giù, nel pozzo profondo, Viserion aveva spezzato una delle catene. Lui e Rhaegal diventavano ogni giorno più feroci. Una volta, le porte di ferro erano diventate rosse e roventi, glielo avevano riferito gli Immacolati, e per un giorno nessuno aveva osato toccarle. «Anche Astapor è sotto assedio» riprese Dany.
«Lo so. Uno delle Lunghe Lance è vissuto abbastanza per dirci che nella città rossa gli uomini si mangiano a vicenda. Ha anche detto che presto sarà il turno di Meereen, allora gli ho tagliato la lingua e l’ho gettata in pasto a un cane giallo. Nessun cane mangerebbe la lingua di un bugiardo. Quando però il cane giallo l’ha mangiata, ho capito che quell’uomo aveva detto il vero.»
«La guerra è anche all’interno della città.» Dany gli parlò dei Figli dell’Arpia e delle Belve d’Ottone, del sangue sui mattoni. «I miei nemici sono tutt’intorno a me, dentro la città e fuori.»
«Attacca» disse subito Daario. «Un uomo circondato dai nemici non può difendersi. Se ci provi, l’ascia ti colpisce alla schiena mentre cerchi di parare la spada. No. Se sei affrontata da molti nemici, scegli il più debole, uccidilo, passagli sopra e fuggi.»
«Dove dovrei fuggire?»
«Nel mio letto. Tra le mie braccia. Nel mio cuore.» L’arakh e lo stiletto avevano l’impugnatura d’oro, modellata a forma di donna nuda e lasciva. Daario ci passò sopra i pollici in modo osceno e le rivolse un sorriso laido.
Dany si sentì arrossire. Era come se Daario stesse accarezzando lei. “Riterrebbe lasciva anche me, se lo trascinassi a letto?” Le faceva desiderare di essere la sua sgualdrina. “Non dovrei mai vederlo in privato. Averlo vicino è troppo pericoloso.” «La Grazia Verde sostiene che devo prendermi un re ghiscariano» disse Dany, rossa in viso. «Mi spinge a maritare il nobile Hizdahr zo Loraq.»
«Quello?» ridacchiò Daario. «Perché non Verme Grigio, se vuoi un eunuco nel letto? Tu vuoi un re?»
“Voglio te.” «Voglio la pace. Ho dato a Hizdahr novanta giorni per porre fine alle uccisioni nelle strade di Meereen. Se ci riesce, lo prenderò per marito.»
«Prendi per marito me. Porrò fine alle uccisioni in nove giorni.»
“Sai che non posso farlo” fu a un sospiro dal dire.
«Mia regina, tu combatti le ombre mentre dovresti combattere gli uomini che le proiettano» continuò Daario. «Uccidili tutti e prendi i loro tesori, questo io ti dico. Sussurra l’ordine, e il tuo Daario ti erigerà una pila delle loro teste più alta di questa piramide.»
«Se solo sapessi chi sono…»
«Zhak, Pahl e Merreq. Loro, insieme agli altri. I Grandi Padroni. Chi altrimenti?»
“È tanto audace quanto sanguinario.” «Non abbiamo prove che sia opera loro. Vorresti che massacrassi i miei stessi sudditi?»
«I tuoi stessi sudditi massacreranno con piacere te.»
Daario era stato lontano da lei così a lungo che Dany aveva quasi dimenticato chi era. I mercenari sono traditori per natura, rammentò a se stessa. “Volubili, infedeli, brutali. Daario Naharis non sarà mai nulla di diverso da quello che è. Non avrà mai la stoffa del re.”
«Le piramidi sono forti» gli spiegò. «Potremmo prenderle solo a caro prezzo. Nel momento in cui ne attaccheremo una, le altre si solleveranno contro di noi.»
«Allora trova un pretesto per attirarli fuori delle piramidi. Una festa di nozze. Perché no? Prometti la tua mano a Hizdahr e tutti i Grandi Padroni usciranno per assistere al tuo matrimonio. Quando saranno riuniti nel Tempio delle Grazie, scatena me e i miei Corvi della Tempesta contro di loro.»
Dany era sgomenta. “È un mostro. Un mostro valoroso, ma pur sempre un mostro.” «Mi prendi forse per il Re Macellaio?»
«Meglio macellaio che carne macellata. Tutti i re sono macellai. Le regine sono forse tanto diverse?»
«Questa regina lo è.»
Daario si strinse nelle spalle. «La maggior parte delle regine non ha altra funzione che scaldare il letto al re e sfornargli degli eredi. Se è questo il genere di regina che intendi essere, allora farai meglio a maritare Hizdahr.»
Un lampo di collera scintillò negli occhi della Regina dei Draghi. «Hai forse dimenticato chi sono?»
«No, e tu?»
“Viserys gli avrebbe fatto mozzare la testa per una simile insolenza.” «Io sono il sangue del drago, capitano Naharis. Non azzardarti più a darmi lezioni. Non a me.» Quando Daenerys Targaryen si alzò, la pelle di leone le scivolò dalle spalle e cadde a terra. «Vattene.»
Daario le rivolse un profondo inchino. «Vivo per ubbidire.»
Quando fu andato via, Daenerys richiamò ser Barristan. «Voglio i Corvi della Tempesta di nuovo in campo.»
«Vostra grazia? Sono appena tornati…»
«Voglio che spariscano. Che vadano a pattugliare le campagne yunkai e diano protezione alle carovane in arrivo dal Passo Khyzai. Da questo preciso momento in avanti, Daario farà rapporto solamente a te. Concedigli ogni onore che gli è dovuto e provvedi che i suoi uomini siano ben pagati, ma non ammetterlo più per nessun motivo alla mia presenza.»
«Come tu comandi, vostra grazia.»
Quella notte, Daenerys non riuscì a dormire, continuava a girarsi e rigirarsi. Arrivò al punto di chiamare Irri, con la speranza che le sue carezze le facilitassero il riposo, ma dopo un po’ mandò via la ragazza dothraki. Irri era dolce, tenera e disponibile, ma non era Daario.
“Che ho fatto?” pensò, rannicchiata nel letto vuoto. “Ho aspettato per tutto questo tempo che tornasse e adesso lo allontano da me.” «Farebbe di me un mostro» mormorò. «Una Regina Macellaia.» Ma poi pensò a Drogon lontano e ai draghi nel pozzo. “C’è sangue anche sulle mie mani e c’è sangue nel mio cuore. Non siamo poi tanto diversi, Daario Naharis e io. Siamo due mostri.”