Ogni mattina, dai bastioni occidentali, la regina contava le vele nella Baia degli Schiavisti.
Quel giorno ne contò venticinque, anche se alcune erano molto lontano e in movimento, per cui non si poteva essere del tutto certi. A volte ne tralasciava una, oppure qualcuna la contava due volte. “Che importa? Per strangolare bastano dieci dita.” Tutto il commercio era fermo, nemmeno i pescatori osavano inoltrarsi nella baia. I più coraggiosi continuavano a calare qualche rete nel fiume, ma perfino questo era pericoloso; la maggior parte delle barche rimaneva ormeggiata sotto le mura di mattoni multicolori che racchiudevano Meereen.
Al largo della baia c’erano anche vascelli meerensi, navi da guerra e galee mercantili i cui capitani avevano preso il mare appena l’esercito di Dany aveva cinto d’assedio la città; adesso erano rientrati, accrescendo le flotte arrivate da Qarth, Tolos e Nuova Ghis.
Quanto al consiglio del suo ammiraglio, si era dimostrato peggio che inutile. «Lascia che vedano i tuoi draghi» aveva detto Groleo. «Lascia che gli yunkai assaggino il loro fuoco, e il commercio riprenderà.»
«Quelle navi ci stanno strangolando, e tutto ciò che il mio ammiraglio sa fare è parlare di draghi» aveva replicato Dany. «Perché tu sei il mio ammiraglio, vero?»
«Un ammiraglio senza navi.»
«E allora costruiscile.»
«Le navi da guerra non sono fatte di mattoni, nobile regina. Gli schiavisti hanno bruciato tutti gli alberi nel raggio di venti leghe dalla città.»
«Allora vai a ventidue leghe. Ti darò carri, operai, muli, tutto quello che vuoi.»
«Sono un marinaio, non un carpentiere. Sono stato mandato per riportare vostra grazia a Pentos. Invece tu ci hai portati qui, facendo a pezzi la mia Saduleon per avere un po’ di chiodi e qualche tavola di legno. Non vedrò mai più una nave come quella. Probabilmente non rivedrò mai più la mia casa né la mia vecchia moglie. Non sono stato io a rifiutare le navi che Daxos ti aveva offerto. Non posso combattere contro le navi di Qarth usando delle barche da pesca.»
La sua amarezza la lasciò costernata, e Dany cominciò a domandarsi se il brizzolato pentoshi non fosse uno dei tre che l’avrebbero tradita. “No, è solo un vecchio, lontano da casa e malato di nostalgia.” «Ci deve pur essere qualcosa che possiamo fare.»
«Aye, e io ti ho già detto che cosa. Quelle navi sono fatte di corda, pece e tela, abete della foresta di Qohorik e teak di Sothoros, quercia stagionata di Grande Norvos, tasso e frassino e abete rosso; legno, vostra grazia. E il legno brucia. I tuoi draghi…»
«Non voglio più sentir nominare i miei draghi. Puoi andare. Prega i tuoi dèi di Pentos che una tempesta mandi a fondo i nostri nemici.»
«Nessun uomo di mare invoca delle tempeste, vostra grazia.»
«Sono stanca di ascoltare quello che non farai, Groleo. Ora vattene.»
Ser Barristan rimase. «Per il momento, le nostre provviste sono abbondanti» le ricordò l’anziano guerriero «e vostra grazia ha fatto piantare fagioli, vigne, frumento. I tuoi dothraki hanno scacciato gli schiavisti dalle montagne e liberato dai ceppi i loro schiavi. Adesso anch’essi coltivano la terra, e porteranno a Meereen i raccolti per il mercato. E tu avrai l’amicizia di Lhazar.»
“Un’amicizia, per quel che vale, guadagnata per me da Daario Naharis.” «Gli uomini agnello, certo. Ah, se gli agnelli avessero le zanne!»
«Renderebbero indubbiamente i lupi più cauti.»
Dany rise. «Come stanno i tuoi orfani, ser?»
Il vecchio cavaliere sorrise. «Bene, vostra grazia. È bello che tu lo chieda.» Era orgoglioso dei suoi ragazzi. «Quattro o cinque hanno la stoffa per diventare cavalieri, forse addirittura una decina.»
«Anche uno solo basterebbe, se fosse valoroso come te.» Presto sarebbe arrivato il giorno in cui Daenerys avrebbe avuto bisogno di tutti i cavalieri. «Sarebbero disposti a disputare una quintana per me? Mi piacerebbe vederli.» Molto tempo prima, suo fratello Viserys le aveva parlato dei tornei cui aveva assistito nei Sette Regni, ma Dany non aveva mai visto giostrare nessuno.
«Non sono ancora pronti, vostra grazia. Al momento buono saranno compiaciuti di dimostrarti il loro valore.»
«Mi auguro che quel momento giunga presto.» Avrebbe voluto dare al vecchio cavaliere un bacio sulla guancia, ma proprio in quel momento Missandei comparve sotto l’arco dell’ingresso. «Missandei?»
«Vostra grazia. Skahaz attende che tu gli conceda udienza.»
«Fallo salire.»
Il Testarasata era accompagnato da due Belve d’Ottone.
Uno portava una maschera da falco, l’altro da sciacallo. Solo gli occhi erano visibili sotto l’ottone. «Vostro splendore, ieri sera Hizdahr zo Loraq è stato visto entrare nella piramide di Zhak; ne è uscito solo a notte inoltrata.»
«Quante piramidi ha visitato?» volle sapere Dany.
«Undici.»
«E quanti giorni sono trascorsi dall’ultimo omicidio?»
«Ventisei.» Gli occhi del Testarasata mandavano lampi di furore. Era stata sua l’idea che le Belve d’Ottone seguissero il promesso sposo della regina e prendessero nota delle sue attività.
«Per il momento Hizdahr ha mantenuto le promesse.»
«Come? I Figli dell’Arpia hanno posato le loro lame, questo è vero, ma per quale motivo? Forse perché il nobile Hizdahr lo ha chiesto con cortesia? Lui è uno di loro, te lo dico io. Per questo gli ubbidiscono. Anzi, l’Arpia potrebbe addirittura essere lui stesso.»
«Se esiste davvero un’Arpia.» Skahaz era convinto che, da qualche parte a Meereen, i Figli dell’Arpia avessero un capo supremo di nobile nascita, un generale segreto al comando di un esercito di ombre. Dany non condivideva questa idea. Le Belve d’Ottone avevano preso decine di Figli dell’Arpia, e chi era sopravvissuto alla cattura, sotto interrogatorio aveva fatto dei nomi… troppi nomi, secondo lei. Sarebbe stato confortante pensare che tutte quelle morti fossero opera di un solo nemico, che poteva essere catturato e ucciso, ma Dany sospettava che la verità fosse un’altra. “I miei nemici sono una legione.” «Hizdahr zo Loraq è un uomo persuasivo con tanti amici. Ed è ricco. Forse ha comprato con l’oro questa pace per noi, o ha convinto gli altri nobili che il nostro matrimonio è nel loro interesse.»
«Se lui non è l’Arpia, deve comunque conoscerla. Posso dimostrare abbastanza facilmente la verità di questa affermazione. Dammi il permesso di interrogare Hizdahr e ti porterò una confessione.»
«No» disse Dany. «Non presto credito a questo genere di confessioni. Me ne hai portate già troppe, tutte inutili.»
«Ma vostro splendore…»
«Ho detto di no.»
Il Testarasata si accigliò, rendendo la sua brutta faccia ancora più brutta. «Un errore. Il Grande Padrone Hizdahr si prende gioco di te. È una serpe che vuoi nel tuo letto?»
“Voglio Daario nel mio letto, ma l’ho mandato via per prestare fede a te e ai tuoi.” «Puoi continuare a sorvegliare Hizdahr zo Loraq, ma non deve accadergli niente di male. Hai capito?»
«Non sono sordo, magnificenza. Obbedisco.» Skahaz estrasse dalla manica un rotolo di pergamena. «Esamina questo, vostra eccellenza. È un elenco di tutte le navi meerensi del blocco e dei loro capitani. Sono tutti Grandi Padroni.»
Dany esaminò la pergamena. Vi comparivano tutte le famiglie dominanti di Meereen: Hazkar, Merreq, Quazzar, Zhak, Rhazdar, Ghazeen, Pahl, anche Reznak e Loraq. «Che cosa me ne faccio di un elenco di nomi?»
«Ogni uomo in quell’elenco ha parenti in città. Figli e fratelli, mogli e figlie, madri e padri. Lascia che le mie Belve d’Ottone li prendano in custodia. Le loro vite ti faranno ottenere quelle navi.»
«Se mando le Belve d’Ottone nelle piramidi, in città sarà guerra aperta. Devo fidarmi di Hizdahr. Devo nutrire speranze di pace.» Daenerys mise la pergamena sopra una candela e guardò i nomi andare in fumo, mentre Skahaz la fissava con ostilità.
Più tardi, ser Barristan le disse che suo fratello Rhaegar sarebbe stato orgoglioso di lei. Dany ricordò le parole di ser Jorah Mormont dopo la battaglia ad Astapor: «Rhaegar ha combattuto con valore, Rhaegar ha combattuto con nobiltà, Rhaegar ha combattuto con onore. E Rhaegar è morto».
Quando scese nella sala di marmo viola la trovò pressoché vuota. «Oggi non ci sono postulanti?» chiese a Reznak mo Reznak. «Nessuno chiede giustizia o argento per una pecora?»
«No, vostra eminenza. La città ha paura.»
«Non c’è niente da temere.»
Ma in realtà c’era da temere di tutto e di più, come Daenerys apprese quella medesima sera. I suoi giovani ostaggi Miklaz e Kezmya le stavano servendo una cena leggera di verdure autunnali e minestra allo zenzero, quando Irri annunciò che Galazza Galare era tornata dal tempio, in compagnia di tre grazie azzurre.
«È arrivato anche Verme Grigio, khaleesi. Chiedono di parlarti con la massima urgenza.»
«Che entrino. Fa’ venire anche Reznak e Skahaz. La Grazia Verde ha detto di che cosa si tratta?»
«Di Astapor» rispose Irri.
Verme Grigio cominciò a fare rapporto. «È comparso, dalle nebbie mattutine, un cavaliere su un cavallo chiaro, moribondo. La giumenta barcollava nell’avvicinarsi alle porte della città, aveva i fianchi coperti di schiuma insanguinata, gli occhi sbarrati di terrore. Il cavaliere ha gridato: “Sta bruciando, sta bruciando”, poi è caduto di sella. Mi hanno mandato a chiamare, ho ordinato che il cavaliere fosse portato dalle grazie azzurre. Quando i tuoi servi l’hanno fatto entrare in città, l’uomo ha gridato di nuovo: “Sta bruciando”. Sotto il tokar era ridotto a uno scheletro, tutto ossa, la carne arrossata dalla febbre.»
Da quel punto in avanti, continuò a riferire una delle grazie azzurre. «Gli Immacolati hanno portato quell’uomo al tempio. Lo abbiamo spogliato e bagnato con acqua fredda. Aveva abiti luridi e le mie sorelle gli hanno trovato un pezzo di freccia nella coscia. Lui aveva spezzato l’asta, ma la punta era rimasta dentro e la ferita era andata in cancrena, riempiendolo di veleni. È morto nel giro di un’ora, sempre gridando che sta bruciando.»
«Sta bruciando» ripeté Daenerys. «Chi?»
«Astapor, vostro splendore» rispose un’altra grazia azzurra. «Una volta l’ha detto: “Astapor sta bruciando”.»
«Forse delirava per la febbre.»
«Vostro splendore parla con saggezza» disse Galazza Galare «ma Ezzara ha visto anche dell’altro.»
La grazia azzurra di nome Ezzara giunse le mani. «Mia regina» mormorò «la sua febbre non era causata dalla freccia. Il poveretto si era lordato, non una, ma parecchie volte. Le macchie gli arrivavano fino alle ginocchia, e tra gli escrementi c’era del sangue rappreso.»
«Verme Grigio ha detto che il suo cavallo sanguinava.»
«Questo è vero, vostra grazia» confermò il guerriero eunuco. «La giumenta perdeva sangue per i colpi di sperone.»
«Può darsi, vostro splendore» riprese Ezzara «ma il sangue era mischiato alle sue feci, gli lordava la biancheria.»
«Perdeva sangue dalle viscere» spiegò Galazza Galare.
«Non possiamo esserne certi» disse Ezzara «ma c’è il rischio che ora Meereen debba temere un pericolo ancora peggiore delle lance degli yunkai.»
«Dobbiamo pregare» disse la Grazia Verde. «Gli dèi ci hanno mandato quell’uomo. Viene a noi come araldo. Ci porta un segno.»
«Un segno di cosa?» chiese Dany.
«Di collera e rovina.»
Daenerys non voleva crederci. «Era un uomo solo, un uomo ammalato, con una freccia nella gamba. A portarlo qui è stato un cavallo, non un dio.» “Una giumenta pallida.” Si alzò bruscamente. «Ti ringrazio per il tuo parere e per tutto ciò che hai fatto per quel poveretto.»
«Pregheremo per Astapor.» La Grazia Verde baciò le dita di Dany e si congedò.
“E per me. Oh, prega anche per me, mia lady.” Se Astapor era caduta, niente ormai poteva impedire che gli yunkai puntassero a nord.
La regina si rivolse a ser Barristan. «Manda degli uomini fra le montagne a cercare i miei cavalieri di sangue. Richiama anche Ben Plumm il Marrone e i Secondi Figli.»
«E i Corvi della Tempesta, vostra grazia?»
“Daario.” «Sì, certo.» Solo tre notti prima, Dany aveva sognato Daario Naharis: giaceva morto sul ciglio della strada, con gli occhi sbarrati rivolti al cielo, i corvi che si contendevano brandelli strappati dal suo cadavere. Altre notti si agitava nel letto, immaginando che Daario l’avesse tradita, così come un tempo aveva tradito i suoi compagni d’arme dei Corvi della Tempesta. “Mi ha portato le loro teste.” E se invece Daario avesse riportato a Yunkai i suoi mercenari, se l’avesse venduta per un vaso d’oro? “No, Daario questo non lo farebbe… Davvero non lo farebbe?” «Anche i Corvi della Tempesta. Manda subito dei cavalieri a chiamarli.»
I Secondi Figli furono i primi a tornare, otto giorni dopo che la regina li aveva richiamati. Quando ser Barristan disse che il capitano desiderava parlarle, Dany pensò per un momento che si trattasse di Daario e sentì il battito del cuore accelerare. Ma il capitano a cui ser Barristan si riferiva era Ben Plumm il Marrone.
Ben il Marrone aveva il viso segnato dalle intemperie, pelle colore teak stagionato, capelli quasi bianchi e reticoli di rughe agli angoli degli occhi. Dany fu talmente contenta di vedere la sua faccia coriacea che lo abbracciò. Lui sbarrò gli occhi divertito. «Avevo sentito dire che vostra grazia stava per prendere marito» disse «anche se… nessuno mi ha informato che aveva scelto me.» Risero insieme, mentre Reznak farfugliava qualcosa, ma l’allegria cessò quando Ben il Marrone soggiunse: «Abbiamo catturato tre astaporiani. È meglio che vostra eminenza ascolti quello che hanno da dire».
«Portali qui.»
Daenerys li ricevette nello sfarzo della sala grande, dove alte candele pulsavano tra le colonne di marmo. Dany si accorse che i tre sembravano mezzo morti di fame, ordinò che si desse loro da mangiare. Quei tre erano gli unici superstiti del gruppetto di dodici fuggiti dalla città rossa: un muratore, una tessitrice e un ciabattino.
«Che cos’è accaduto agli altri?» chiese la regina.
«Uccisi» rispose il ciabattino. «Mercenari degli yunkai si aggirano tra le montagne a nord di Astapor, dando la caccia a quelli che fuggono dalle fiamme.»
«Allora la città è caduta? Era cinta da grandi mura.»
«Grandi mura, certo» confermò il muratore, un uomo dalla schiena curva e con gli occhi cisposi. «Ma anche vecchie, pronte a sgretolarsi.»
La tessitrice alzò la testa. «Ogni giorno ci dicevamo che la Regina dei Draghi stava tornando.» Aveva le labbra sottili e gli occhi vacui, infossati in una faccia stretta ed emaciata. «Cleon ti aveva mandato a chiamare, si diceva, e tu stavi arrivando.»
“Mi ha mandato a chiamare” pensò Dany. “Almeno questo è vero.”
«Fuori delle mura gli yunkai divoravano le nostre messi e macellavano i nostri armenti» continuò il ciabattino. «Dentro le mura, noi morivamo di fame. Mangiavamo gatti, topi e cuoio. Una carcassa di cavallo era un banchetto. Il Re Tagliagola e la Regina Puttana si accusavano a vicenda di banchettare con chi restava ucciso. Uomini e donne si riunivano in segreto per tirare a sorte e ingozzarsi della carne di chi si ritrovava con il sassolino nero. La piramide di Nakloz è stata spogliata e data alle fiamme da quelli che attribuivano a Kraznys mo Nakloz la colpa di tutte le nostre disgrazie.»
«Altri se la prendevano con Daenerys» disse la tessitrice «ma la maggior parte di noi ti voleva ancora bene. “La Madre è per strada” ci dicevamo l’un l’altro. “Sta arrivando alla testa di un grande esercito e porta da mangiare per tutti.”»
“Riesco appena a sfamare il mio popolo. Se fossi accorsa in aiuto di Astapor, avrei perso Meereen.”
Il ciabattino riferì che il corpo del Re Macellaio era stato disseppellito e rivestito con una corazza di rame, dopo che la Grazia Verde di Astapor aveva appreso da una visione che li avrebbe liberati dagli yunkai. Armato e puzzolente, il cadavere di Cleon il Grande era stato legato sulla sella di un cavallo denutrito per guidare in una sortita i resti dei suoi nuovi Immacolati, ma finirono giusto in bocca a una legione di Nuova Ghis e furono tutti sterminati, fino all’ultimo.
«In seguito la Grazia Verde fu impalata sulla Piazza del Castigo e lasciata lì a morire. Nella piramide di Ullhor, i sopravvissuti organizzarono un grande banchetto che andò avanti metà della notte, e annaffiarono gli ultimi bocconi di cibo con del vino avvelenato in modo che nessuno di loro dovesse svegliarsi al mattino. Poco dopo arrivò il morbo: una dissenteria emorragica che uccide tre persone su quattro e, infine, una folla di morenti impazzì e uccise le guardie della porta principale.»
Il vecchio muratore intervenne. «No, quella fu opera di uomini sani che volevano scappare per sfuggire alla dissenteria.»
«Ha importanza?» replicò il ciabattino. «Le guardie furono fatte a pezzi e le porte vennero spalancate. Le legioni di Nuova Ghis si riversarono dentro Astapor, seguite dagli yunkai e dai mercenari a cavallo. La Regina Puttana morì battendosi contro di loro con una maledizione sulle labbra. Il Re Tagliagola si arrese e venne gettato in un pozzo da combattimento, dove fu sbranato da un branco di cani famelici.»
«Perfino allora alcuni dicevano che saresti arrivata» intervenne la tessitrice. «Giuravano di averti vista in groppa a un drago, sorvolare gli accampamenti yunkai. Ti aspettavamo ogni giorno.»
“Non potevo venire” pensò la regina. “Non ho osato.”
«E quando la città è caduta?» domandò Skahaz. «Poi che cos’è successo?»
«È iniziato il massacro. Il Tempio delle Grazie era pieno di ammalati che erano venuti a chiedere agli dèi di guarirli. Le legioni hanno sbarrato le porte e hanno dato fuoco al tempio con le torce. Nel giro di un’ora c’erano incendi in ogni angolo della città: divampavano e poi si univano gli uni con gli altri, fino a diventare un unico rogo. Le vie erano piene di gente che correva da tutte le parti per sfuggire alle fiamme, ma non c’era modo di uscire. Gli yunkai sorvegliavano le porte.»
«Voi però siete fuggiti» disse il Testarasata. «Come avete fatto?»
«Di mestiere faccio il muratore» rispose il vecchio «come mio padre e suo padre prima di me. Mio nonno costruì la nostra casa a ridosso delle mura della città. È bastato sfilare qualche mattone ogni notte. Quando l’ho detto ai miei amici, mi hanno aiutato a puntellare il cunicolo in modo che non crollasse. Eravamo convinti tutti quanti che sarebbe stato utile avere una via d’uscita.»
“Vi ho lasciato con un consiglio di saggi perché vi governaste da soli” pensò Dany. “Un guaritore, un dotto e un sacerdote.” Ricordava ancora la città rossa come l’aveva vista la prima volta, arida e polverosa dietro le mura di mattoni purpurei, immersa in sogni crudeli, eppure pullulante di vita. “C’erano isole nel fiume Verme dove gli amanti si baciavano, ma nella Piazza del Castigo scuoiavano la gente e la lasciavano appesa per le mosche.” «È un bene che siate venuti qui» disse ai tre astaporiani superstiti. «A Meereen sarete al sicuro.»
Il ciabattino la ringraziò, il vecchio muratore le baciò il piede, ma la tessitrice la guardò con occhi duri come ardesia. “Lei sa che mento” pensò la regina. “Sa che non posso offrire alcuna garanzia. Astapor sta bruciando, e presto sarà la volta di Meereen.”
«Ce ne sono altri in arrivo» annunciò Ben il Marrone, quando gli astaporiani furono condotti via. «Quei tre avevano dei cavalli. La maggioranza è a piedi.»
«Quanti sono?» chiese Reznak.
Ben il Marrone si strinse nelle spalle. «Centinaia. Migliaia. Alcuni malati, altri ustionati, altri ancora feriti. Mercenari dei Gatti e della Compagnia del Vento imperversano fra le colline con lance e fruste, spingendoli a nord e uccidendo i più lenti.»
«Bocche che camminano» disse Reznak. «E anche malati?» Si torse le mani. «Vostra eminenza, non permettere che entrino in città.»
«Lo penso anch’io» disse Ben Plumm il Marrone. «Non sono un maestro, certo, ma so che bisogna separare le mele marce da quelle buone.»
«Queste non sono mele, Ben» replicò Dany. «Sono uomini e donne, malati, affamati e spaventati.» “Miei figli.” «Sarei dovuta andare ad Astapor.»
«Vostra grazia non avrebbe potuto salvarli» intervenne ser Barristan. «Avevi avvisato re Cleon di non fare guerra a Yunkai. Quell’uomo era uno stolto e le sue mani erano lorde di sangue.»
“E le mie sono forse più pulite?” Dany ripensò alle parole di Daario: “Tutti i re devono essere macellai oppure diventano carne da macello”. «Cleon era il nemico del nostro nemico. Se mi fossi unita a lui e ai Corni di Hazzat, forse insieme avremmo schiacciato gli yunkai.»
Il Testarasata non era d’accordo. «Se tu avessi portato gli Immacolati a sud fino a Hazzat, i Figli dell’Arpia…»
«Lo so, lo so. Si sarebbe ripetuta la fine di Eroeh.»
Ben Plumm era confuso. «Chi è?»
«Una ragazza che pensavo di aver salvato dallo stupro e dalla tortura. Ma alla fine, riuscii solo a procurarle una sorte peggiore. E quello che ho fatto ad Astapor è stato creare altre diecimila Eroeh.»
«Vostra grazia non poteva sapere…»
«Sono la regina. Era mio dovere sapere.»
«Ciò che è fatto, è fatto» disse Reznak mo Reznak. «Vostra eminenza, ti prego, prendi subito il nobile Hizdahr come tuo re. Lui può parlare con i Saggi Padroni, negoziare la pace per noi.»
«In quali termini?» “Attenta al siniscalco profumato” aveva detto Quaithe: la donna mascherata aveva previsto l’arrivo della giumenta pallida, che avesse ragione anche sul nobile Reznak? «Posso essere una fanciulla inesperta di guerra, ma non sono un agnello che entra belando nel covo dell’Arpia. Ho ancora i miei Immacolati. Ho ancora i Corvi della Tempesta e i Secondi Figli. E ho tre compagnie di liberti.»
«Tutti loro e in più i draghi» sogghignò Ben Plumm il Marrone.
«Incatenati nel pozzo» si lagnò Reznak mo Reznak. «A che cosa servono dei draghi che non si possono controllare? Perfino gli Immacolati hanno paura ogni volta che devono aprire la porta per dare loro da mangiare.»
«Ma come, parli male degli animaletti della regina?» Ben il Marrone socchiuse gli occhi, divertito. Il capitano brizzolato dei Secondi Figli era una creatura delle compagnie libere, un bastardo nelle cui vene scorreva il sangue di una decina di popoli diversi, ma era sempre stato affezionato ai draghi, e i draghi a lui.
«Animaletti?» strillò Reznak. «Mostri, piuttosto. Mostri che si cibano di bambini. Non possiamo…»
«Silenzio» ordinò Daenerys. «Basta parlare di loro.»
Reznak si allontanò da lei, trasalendo per la furia del suo tono. «Chiedo perdono, vostra magnificenza, non intendevo…»
Ben Plumm il Marrone ne approfittò. «Vostra grazia, gli yunkai hanno tre compagnie libere contro le nostre due, e corre voce che faranno arrivare la Compagnia Dorata da Volantis. Quei bastardi schierano diecimila uomini. Gli yunkai hanno anche quattro legioni di ghiscari, forse di più, e ho sentito dire che hanno mandato cavalieri nel Mare Dothraki per convincere forse qualche grande khalasar ad attaccarci. Per come la vedo io, abbiamo bisogno dei draghi.»
«Mi dispiace, Ben.» Dany sospirò. «Non oso liberare i draghi.» Ma capì che quella non era la risposta che lui voleva.
Plumm si grattò i favoriti sale e pepe. «Se non ci sono draghi sulla bilancia, be’… allora dovremmo andarcene prima che i bastardi yunkai chiudano la trappola… fa’ almeno in modo che gli schiavisti paghino per vedere la nostra schiena. Quelli pagano i khal perché lascino in pace le loro città, perché non dovrebbero pagare anche noi per lasciarla e basta? Rivendi loro Meereen e vattene all’Ovest con carri pieni d’oro, gemme e altra roba.»
«Tu vuoi che io saccheggi Meereen e mi dia alla fuga? No, non farò niente di tutto questo. Verme Grigio, i miei liberti sono pronti alla battaglia?»
«Non sono degli Immacolati, ma non ti faranno vergognare.» L’eunuco incrociò le braccia sul petto. «Te lo giuro sulla lancia e sulla spada, vostra eminenza.»
«Bene. Così va meglio.» Daenerys scrutò l’espressione degli uomini che le stavano attorno. Il Testarasata e il suo cipiglio. Ser Barristan con le sue rughe e i tristi occhi blu. Reznak mo Reznak, pallido, sudato. Ben il Marrone, con i capelli brizzolati, brontolone, duro come vecchio cuoio. Verme Grigio, guance lisce, flemmatico, impassibile. “Daario dovrebbe essere qui e anche i miei cavalieri di sangue” pensò. “Se battaglia sarà, il sangue del mio sangue dovrebbe essere al mio fianco.” E, stranamente, sentiva anche la mancanza di ser Jorah Mormont. “Mi ha mentito, mi ha tradito, però mi voleva bene e mi ha sempre dato buoni consigli.” «Già una volta ho sconfitto gli yunkai. Li sconfiggerò di nuovo. Ma dove? Come?»
«Vuoi scendere in campo?» esclamò il Testarasata, incredulo. «Sarebbe una follia. Le nostre mura sono più alte e più robuste di quelle di Astapor, e i nostri difensori sono più valorosi. Gli yunkai non prenderanno facilmente questa città.»
Ser Barristan dissentì. «Penso che non dovremmo permettere loro di assediarci. Sono un esercito a dir poco male assortito. Quegli schiavisti non sono dei soldati. Se li cogliamo di sorpresa…»
«È poco verosimile» disse il Testarasata. «Gli yunkai hanno molti amici qui in città. Verranno informati.»
«Quanti uomini possiamo chiamare a raccolta?» chiese Dany.
«Con il tuo regale perdono, non abbastanza» dichiarò Ben Plumm il Marrone. «Naharis che cosa dice? Se arriviamo allo scontro, abbiamo bisogno dei suoi Corvi della Tempesta.»
«Daario è ancora sul campo.» “Oh, dèi, cos’ho fatto? L’ho mandato a morire?” «Ben, mi servono i tuoi Secondi Figli per fare una ricognizione dei nostri nemici. Dove si trovano, con quale rapidità stanno avanzando, quanti uomini contano e come sono schierati.»
«Ci occorreranno provviste, e anche dei cavalli freschi.»
«Certamente. Ser Barristan provvederà.»
Ben il Marrone si grattò il mento. «Potremmo convincerne alcuni a passare dalla nostra parte. Se vostra grazia potesse fare a meno di qualche sacchetto d’oro e di gemme… giusto per dare ai loro capitani un assaggio… be’, chissà?»
«Comprarli, perché no?» concordò Dany. Traffici del genere avvenivano di continuo fra le compagnie libere delle Terre Contese, e lei lo sapeva. «Sì, benissimo. Reznak, provvedi. Appena i Secondi Figli saranno usciti a cavallo, sbarrate le porte e raddoppiate le guardie sulle mura.»
«Sarà fatto, vostra magnificenza» disse Reznak mo Reznak. «E per gli astaporiani?»
“I miei figli.” «Vengono in cerca di aiuto, di soccorso e di protezione. Non possiamo voltare loro le spalle.»
Ser Barristan si accigliò. «Vostra grazia, so che quando la dissenteria dilaga senza essere arginata, distrugge interi eserciti. Il siniscalco ha ragione. Non possiamo far entrare gli astaporiani a Meereen.»
Dany lo guardò, impotente. Era un bene che i draghi non potessero piangere. «E sia. Li terremo fuori delle mura finché questa… questo flagello non si sarà esaurito. Preparate per loro un accampamento vicino al fiume, a ovest della città. Manderemo loro tutto il cibo che potremo. Forse riusciremo a separare i sani dagli ammalati.» Tutti la guardavano. «Devo ripetervelo? Andate e fate ciò che vi ho ordinato.» Dany si alzò, passò davanti a Ben il Marrone e risalì i gradini verso la dolce solitudine della sua terrazza.
Duecento leghe dividevano Astapor da Meereen, eppure le pareva che il cielo a sudovest fosse più scuro, caliginoso e imbrattato dal fumo della morte della città rossa. “Mattoni e sangue hanno costruito Astapor, e mattoni e sangue sono il suo popolo.” La vecchia poesia le risuonò nella testa. “Cenere e ossa sono Astapor, e cenere e ossa sono il suo popolo.” Cercò di riportare alla mente il viso di Eroeh, ma i lineamenti della ragazza morta continuavano a mutarsi in fumo.
Quando finalmente Daenerys si voltò, ser Barristan Selmy era in piedi accanto a lei, avvolto nel bianco mantello per proteggersi dal fresco della sera.
«Possiamo indire una battaglia per questo?» gli chiese Dany.
«Gli uomini possono sempre combattere, vostra grazia. La domanda è se possiamo vincere. Morire è facile, ma ottenere la vittoria è difficile. I tuoi liberti sono addestrati a metà e non hanno ancora avuto il battesimo del sangue. I tuoi mercenari erano al servizio dei tuoi nemici, e chi ha cambiato vessillo una volta non avrà scrupoli a cambiarlo una seconda. Hai due draghi che non si possono controllare, e un terzo che forse ormai hai perduto. Dietro queste mura i tuoi unici amici sono i lhazareni, che non sono affatto propensi alla guerra.»
«Però le mie mura sono solide.»
«Non più solide di quando noi eravamo all’esterno di esse. E i Figli dell’Arpia sono all’interno delle mura insieme a noi. E anche i Grandi Padroni, sia quelli che hai risparmiato sia i figli di quelli che hai ucciso.»
«Lo so» sospirò la regina. «Che cosa consigli, ser?»
«Battaglia» rispose ser Barristan. «Meereen è sovraffollata, piena di bocche affamate, e tu hai troppi nemici interni. Purtroppo non possiamo sostenere un assedio. Lascia che io affronti il nemico quando arriva a nord, su un terreno di mia scelta.»
«Affrontare il nemico con dei liberti addestrati a metà e che non hanno ancora avuto il battesimo del sangue» ripeté Dany, usando le parole dell’anziano cavaliere.
«Abbiamo tutti combattuto per la prima volta, vostra grazia. Gli Immacolati li aiuteranno a farsi le ossa. Se avessi cinquecento cavalieri…»
«O cinque. E se ti do gli Immacolati, avrò solo le Belve d’Ottone per tenere Meereen.» Ser Barristan non obiettò, e Dany chiuse gli occhi. “Dèi” pregò “avete preso Khal Drogo, che era il mio sole-e-stelle. Avete preso il nostro coraggioso figlio prima ancora che facesse il primo respiro su questa terra. Avete avuto il mio sangue. Adesso, vi imploro, venite in mio aiuto. Datemi la saggezza per riconoscere la via da seguire e la forza per fare tutto quello che posso per proteggere i miei figli.”
Gli dèi non le risposero.
Quando Daenerys riaprì gli occhi, disse: «Non posso combattere due nemici, uno all’interno e uno all’esterno. Se voglio tenere Meereen, devo avere l’appoggio della città, di tutta la città. Ho bisogno… ho bisogno di…». Non riusciva a dirlo.
«Vostra grazia?» la incitò con gentilezza ser Barristan.
“Una regina non appartiene a se stessa, ma al suo popolo.”
«Ho bisogno di Hizdahr zo Loraq.»