Jon

La regina Selyse arrivò all’improvviso al Castello Nero con la figlia e il giullare della figlia, serve e cortigiane, una falange di cinquanta guerrieri composta da cavalieri, spade giurate e armigeri. “Tutti uomini della regina” Jon Snow ne era consapevole. “Saranno anche al seguito di Selyse, ma in realtà sono al servizio di Melisandre.” La sacerdotessa rossa lo aveva avvertito della loro venuta con quasi una giornata di anticipo rispetto al corvo messaggero recante la notizia dal Forte Orientale.

Jon incontrò la regina e il suo seguito vicino alle stalle, accompagnato da Satin, Bowen Marsh e da una mezza dozzina di guardie con lunghi mantelli neri. Se anche solo la metà di quanto si diceva era vero, non sarebbe stato opportuno presentarsi alla regina senza avere anche lui un seguito. Selyse avrebbe potuto scambiarlo per un ragazzo di stalla e consegnargli le redini del proprio cavallo.

Le tormente di neve si erano finalmente spostate verso sud, dando loro un po’ di tregua. Nell’aria c’era addirittura un alito di tepore, quando Jon Snow pose un ginocchio al suolo al cospetto della regina proveniente dal Sud. «Vostra grazia, il Castello Nero dà il benvenuto a te e ai tuoi.»

«I miei ringraziamenti» la regina Selyse lo osservò dall’alto della sella. «Cortesemente, scortami dal tuo lord comandante.»

«I miei confratelli hanno conferito a me quell’onore. Sono Jon Snow.»

«Tu? Mi avevano detto che eri giovane, ma…» La regina Selyse aveva il volto pallido e tirato. Portava una corona d’oro rosso con le punte simili a fiamme guizzanti, identica a quella di Stannis. «Puoi alzarti, lord Snow. Questa è Shireen, mia figlia.»

«Principessa.» Jon chinò il capo.

Shireen era una bambina sgraziata, resa ancora più brutta dal morbo grigio, che le aveva lasciato il collo e parte della guancia rigidi, grigi e squamati. «I miei confratelli sono al tuo servizio» le disse Jon.

Shireen arrossì. «Ti ringrazio, mio lord.»

«Ritengo tu abbia già conosciuto il mio consanguineo, ser Axell Florent» proseguì la regina.

«Solo tramite i corvi messaggeri.» “E i resoconti.” I messaggi che aveva ricevuto dal Forte Orientale la dicevano lunga su ser Axell Florent, ben poco in senso positivo. «Ser Axell.»

«Lord Snow.» Florent era un uomo tozzo, con le gambe corte e il torace massiccio. Una folta peluria gli ricopriva guance e mascella, fuoriuscendo anche da orecchie e narici.

«I miei leali cavalieri» aggiunse la regina. «Ser Narbert, ser Benethon, ser Brus, ser Patrek, ser Dorden, ser Malegorn, ser Lambert, ser Perkin.»

Uno dopo l’altro, ciascuno rivolse a Jon un breve cenno del capo. La regina tralasciò di dire il nome del giullare, ma i sonagli sul berretto con le corna e i tatuaggi colorati sulle guance paffute, rendevano pressoché impossibile non vederlo. “Macchia.” Nei resoconti dal Forte Orientale, Cotter Pyke menzionava anche lui. A suo dire era corto di cervello.

A quel punto la regina indicò un altro bizzarro membro del suo seguito: un uomo alto e scheletrico, la cui statura era ulteriormente accentuata da uno stravagante cappello di feltro viola con tre punte.

«Ed ecco l’onorabile Tycho Nestoris, emissario della Banca di Ferro della città libera di Braavos, venuto a trattare con sua grazia il re Stannis.»

Il banchiere si tolse il cappello viola e fece un ampio inchino. «Lord comandante. I miei ringraziamenti a te e ai tuoi confratelli per la vostra ospitalità.» Parlava perfettamente la lingua comune, con appena un leggero accento. Alto mezzo piede più di Jon, il braavosiano sfoggiava un pizzetto sottile come una stringa che dal mento arrivava fin quasi alla cintola. Indossava scure tonache viola, bordate di ermellino. Un alto collare rigido incorniciava il suo viso allungato. «Spero che non vi creeremo troppi fastidi.»

«Per nulla, mio lord. Sei quanto mai benvenuto.» “Di certo più di questa regina, a dire il vero.” Cotter Pyke lo aveva avvertito anche della venuta del banchiere. Jon però non ci aveva troppo pensato.

Tornò a rivolgersi alla regina. «Gli appartamenti reali nella Torre del Re sono stati approntati per tutto il tempo che vostra grazia vorrà trascorrere con noi. Bowen Marsh, il nostro lord attendente. Provvederà ad acquartierare i tuoi uomini.»

«Gentile da parte tua trovare dello spazio per noi.» Le parole della regina erano abbastanza cortesi, ma il suo tono diceva: non è che il tuo dovere, e farai bene a sperare che gli appartamenti di cui parli mi soddisfino. «Non resteremo con voi a lungo, al massimo qualche giorno. Intendiamo proseguire verso la nostra nuova sede al Forte della Notte non appena ci saremo riposati a sufficienza. Il viaggio dal Forte Orientale è stato assai faticoso.»

«Come tu dici, vostra grazia» rispose Jon. «Avrete freddo e fame, ne sono certo. Un pasto caldo vi attende nella nostra sala comune.»

«Molto bene.» La regina gettò uno sguardo al cortile degli addestramenti. «Prima, però, vorremmo conferire con lady Melisandre.»

«Naturalmente, vostra grazia. Anche i suoi appartamenti si trovano nella Torre del Re. Cortesemente, da questa parte.»

La regina Selyse annuì, prese la figlia per mano e permise a Jon di farle strada. Ser Axell, il banchiere da Braavos, e il resto del suo gruppo li seguirono, come tanti anatroccoli ricoperti di lana e pellicce.

«Vostra grazia» riprese Jon Snow «i miei costruttori hanno fatto tutto il possibile per far sì che il Forte della Notte fosse pronto a riceverti… tuttavia, molto di esso rimane in rovina. È una grande fortezza, la più grande di tutta la Barriera, per cui siamo stati in grado di restaurarla solo in parte. Forse saresti più a tuo agio al Forte Orientale.»

La regina Selyse alzò il naso. «Ne abbiamo abbastanza del Forte Orientale. Quel luogo non ci aggrada. Una regina deve essere tale sotto il proprio tetto. Riteniamo che quel tuo uomo, Cotter Pyke, sia un personaggio rozzo e sgradevole, nonché avaro e litigioso.»

“Dovresti sentire quello che Cotter dice di te.” «Dolente di apprenderlo, ma temo che vostra grazia troverà le sistemazioni al Forte della Notte anche meno gradevoli. Parliamo di una fortezza, non di un palazzo. Un luogo tetro e freddo. Mentre il Forte Orientale…»

«Il Forte Orientale non è sicuro!» La regina appoggiò una mano sulla spalla della figlia. «Questa è la vera erede del re. Un giorno sarà Shireen a sedere sul Trono di Spade e a dominare i Sette Regni. Deve essere tenuta lontano da ogni minaccia, e il Forte Orientale è proprio il luogo in cui si scatenerà l’attacco. Questo Forte della Notte è il posto che il re mio marito ha scelto quale nostra sede, ed è là che noi ci stabiliremo. Noi… oh!»

Un’ombra immane emerse da dietro la crisalide annerita della Torre del Lord comandante. La principessa Shireen lanciò uno strillo, e tre cavalieri della regina restarono senza fiato. Un altro imprecò. «Sette Dèi salvateci…» esclamò dimenticandosi completamente per lo spavento del suo nuovo dio fatto di fuoco.

«Non abbiate paura» li rassicurò Jon. «Non è pericoloso, vostra grazia. Si chiama Wun Wun.»

«Wun Weg Wun Dar Wun.» La voce del gigante era come il boato di un masso che rotola giù per il fianco di una montagna. Wun Wun andò in ginocchio al loro cospetto. Eppure, anche così sovrastava tutti. «Regina grossa. Regina piccola.» Parole che gli aveva senza dubbio insegnato Cinghia.

Gli occhi della principessa Shireen diventarono grandi come vassoi da banchetto. «È un gigante! Un vero gigante, come quelli delle fiabe. Ma perché parla in questo modo così strano?»

«Per ora conosce solo poche parole della lingua comune» spiegò Jon. «Nella loro terra, i giganti parlano l’antica lingua.»

«Posso toccarlo?»

«Meglio di no» avvertì la regina. «Guardalo. È una creatura immonda.» Si rivolse a Jon, con la fronte aggrottata. «Lord Snow, che cosa fa questo bestione sul nostro lato della Barriera?»

«Wun Wun è un ospite dei guardiani della notte, come lo siete tu e il tuo seguito.»

La regina non gradì quella risposta. Così come non la gradirono i suoi cavalieri. Ser Axell fece una smorfia di disgusto, ser Brus soffocò una risatina nervosa.

«Mi avevano detto che i giganti erano morti» disse ser Narbert.

«Quasi tutti.» “Ygritte pianse per loro.”

«I morti stanno danzando nelle tenebre.» Macchia strisciò i piedi in un grottesco passo di danza. «Io lo so, io lo so, oh oh oh.» Al Forte Orientale, qualcuno gli aveva cucito un mantello da giullare, composto da losanghe di pelli di castoro, di pecora e di coniglio. Sul cappello svettavano le corna di cervo da cui pendevano le campanelle e lunghe strisce di pelo di coniglio gli calavano fino alle orecchie. A ogni passo che faceva Macchia tintinnava.

Wun Wun lo fissò affascinato, ma quando il gigante allungò il braccio, il giullare saltellò indietro, tintinnando. «Oh no, oh no, oh no.» Questo fece balzare in piedi il gigante. La regina afferrò la principessa Shireen e la tirò indietro, i suoi cavalieri si prepararono a estrarre le spade e Macchia arretrò, spaventato, perse l’equilibrio e finì con il culo in un tumulo di neve.

Wun Wun cominciò a ridere. La risata di un gigante svergognava il ruggito di un drago. Macchia si coprì le orecchie. La principessa Shireen affondò il viso nelle pellicce della madre. Il più temerario dei cavalieri della regina si fece avanti, con l’acciaio in pugno.

Jon alzò un braccio, tagliandogli la strada. «È meglio non farlo arrabbiare, cavaliere. Rinfodera il tuo acciaio. Cinghia, riporta Wun Wun alla Torre di Hardin.»

«Mangia adesso, Wun Wun?» chiese il gigante.

«Mangia adesso» acconsentì Jon. Si rivolse a Cinghia. «Mando su un barile di verdure per lui e della carne per voi. Accendete un fuoco.»

Cinghia sogghignò. «Sarà fatto, mio lord, ma nella torre fa un gran freddo. Forse il mio lord può mandare anche un po’ di vino per riscaldarci?»

«Per voi, ma non per lui.»

Prima di arrivare al Castello Nero, Wun Wun non aveva mai assaggiato il vino, ma poi aveva cominciato a piacergli… enormemente. “Gli piace troppo.” In quel momento, Jon Snow aveva già abbastanza grattacapi per aggiungerci anche un gigante ubriaco. Si rivolse di nuovo ai cavalieri della regina.

«Il lord mio padre diceva che un uomo non dovrebbe mai estrarre la spada, a meno che non intenda usarla.»

«Infatti, era proprio quella la mia intenzione.» Il cavaliere era ben rasato e con la faccia cotta dal vento; sotto una cappa di pelliccia bianca, portava una sopratunica di stoffa intessuta d’argento con l’emblema di una stella a cinque punte di colore azzurro. «Mi era parso di capire che il dovere dei guardiani della notte fosse quello di difendere la Barriera da mostri del genere. Nessuno ha mai detto di tenerli come animali da compagnia.»

“Un altro fottuto idiota del Sud.” «E tu saresti…?»

«Ser Patrek della Montagna del Re, se compiace al mio lord.»

«Io non so come voi osserviate il diritto di ospitalità sulla vostra montagna, ser. Nel Nord quel diritto è sacro. E qui, come ho già detto, Wun Wun è un ospite.»

Ser Patrek sorrise. «Quindi dimmi, lord comandante, se si presentassero gli Estranei, estenderesti l’ospitalità anche a loro?» Il cavaliere si girò verso la sua regina. «Vostra grazia, quella se non erro è la Torre del Re. Posso avere l’onore?»

«Sia come desideri.» La regina accettò il braccio offerto dal cavaliere e superò gli uomini dei guardiani della notte senza più degnarli di un’occhiata.

“Quelle fiamme sulla corona sono la cosa più calda che ha.” «Lord Tycho» chiamò Jon. «Un momento, cortesemente.»

Il braavosiano si fermò. «Non sono un lord. Solo un semplice servitore della Banca di Ferro di Braavos.»

«Cotter Pyke m’informa che sei arrivato al Forte Orientale con tre navi: un galeone, una galea e un cargo.»

«È così, mio lord. La traversata può rivelarsi perigliosa, in questa stagione. Una nave da sola può trovarsi in difficoltà, mentre tre vascelli possono aiutarsi a vicenda. La Banca di Ferro è sempre prudente in situazioni del genere.»

«Forse, prima che tu riparta, potremmo avere qualche parola in privato?»

«Considerami al tuo servizio, lord comandante. E a Braavos diciamo: non c’è tempo migliore del presente. A te sta bene?»

«Sì, ottimo. Vogliamo trovare rifugio nel mio solarium, o preferisci vedere la sommità della Barriera?»

Il banchiere guardò in alto, dove il ghiaccio, pallido e immane si stagliava contro il cielo. «Temo che lassù faccia un freddo inclemente.»

«Sì, e c’è molto vento. S’impara a camminare tenendosi a una certa distanza dal margine. Alcuni uomini sono stati spazzati via. Tuttavia, la Barriera è un luogo che non ha uguali sulla terra. Potresti non avere un’altra possibilità per vederla.»

«Sul letto di morte rimpiangerò questa cautela, non ne dubito, ma dopo una lunga giornata in sella, ritengo che una stanza calda sia quanto mai preferibile.»

«Nel solarium, allora. Satin, cortesemente, del vino speziato.»

Gli alloggi di Jon dietro l’armeria erano piuttosto tranquilli, anche se non particolarmente caldi. Il fuoco si era spento da parecchio tempo: Satin non era diligente ad alimentarlo come Edd l’Addolorato. Il corvo di Mormont salutò il loro ingresso con il solito grido: «Grano!».

Jon appese il mantello. «Sei venuto a cercare Stannis, vero?»

«Sì, mio lord. La regina Selyse suggeriva che potremmo mandare un corvo messaggero a Deepwood Motte, così da informare sua grazia che rimarrò a sua disposizione ad attenderlo al Forte della Notte. L’argomento del quale intendo conferire con lui è troppo delicato per essere affidato a pergamene scritte.»

«Un debito.» “Di quale altro argomento potrebbe trattarsi?” «Un debito suo? O di suo fratello?»

Il banchiere strinse le dita a pugno. «Non sarebbe appropriato da parte mia discutere dell’indebitamento di lord Stannis o del suo non indebitamento. Per quanto concerne re Robert… è stato in effetti nostro piacere assistere sua grazia nel bisogno. Finché re Robert è stato in vita, tutto è andato bene. Ora, per contro, il Trono di Spade ha interrotto qualsiasi rimborso.»

“Che i Lannister siano davvero così stolti?” «Non starai implicando che la Banca di Ferro ritiene Stannis responsabile per i debiti del fratello?»

«I debiti appartengono al Trono di Spade» dichiarò Tycho «e chiunque sieda su tale scranno deve pagarli. Dal momento che il giovane re Tommen e i suoi consiglieri sono diventati inavvicinabili, intendiamo affrontare l’argomento con il re Stannis. Qualora egli si rivelasse più meritevole della nostra fiducia, sarà ovviamente nostro piacere fornire a lui tutto l’aiuto di cui possa avere necessità.»

«Aiuto» urlò il corvo. «Aiuto, aiuto, aiuto.»

Gran parte di tutto ciò, Jon l’aveva intuito quando era stato informato dell’arrivo alla Barriera di un emissario della Banca di Ferro. «Stando agli ultimi messaggi, sua grazia sta marciando verso Grande Inverno per affrontare lord Bolton e i suoi alleati. Puoi andare a cercarlo là, se è questo che desideri. C’è però un rischio: trovarti coinvolto in quella guerra.»

Tycho chinò il capo. «Noi che siamo al servizio della Banca di Ferro sappiamo di dover affrontare la morte tanto quanto voi che siete al servizio del Trono di Spade.»

“Io sono davvero al loro servizio?” Jon Snow non ne era più sicuro. «Posso fornirti cavalli, provviste, guide, tutto ciò di cui avrai bisogno per arrivare fino a Deepwood Motte. Ma una volta là, dipenderà da te riuscire a raggiungere Stannis.» “O forse potresti trovare la sua testa mozzata sulla punta di una picca.” «E questo ha un prezzo.»

«Prezzo» ripeté il corvo di Mormont. «Prezzo, prezzo.»

«C’è sempre un prezzo, non è forse vero?» Il braavosiano sorrise. «Quali sono le richieste della confraternita in nero?»

«Le tue navi, per cominciare. Con gli equipaggi.»

«Tutte e tre? E come ritornerò a Braavos?»

«Mi servono solo per un viaggio.

«Un viaggio pieno di rischi, immagino. Hai detto: per co­min­ciare?»

«Ci serve anche un prestito. Quanto basta per rifornirci di vettovaglie fino a primavera. Un prestito per comprare del cibo e per pagare le navi che lo trasporteranno.»

«Fino a primavera?» Tycho sospirò. «Non è possibile, mio lord.»

Che cosa gli aveva detto Stannis? “Tu mercanteggi come una vecchia che tira sul prezzo del merluzzo, lord Snow. Lord Eddard ti ha forse generato con una pescivendola?” Forse sua grazia non aveva tutti i torti.

Ci volle quasi un’ora per rendere possibile l’impossibile, e un’altra ora per arrivare a un accordo sulle condizioni. La caraffa di vino speziato portata da Satin li aiutò a sciogliere i punti più controversi. Una volta che Jon ebbe firmato la pergamena vergata dal banchiere, erano entrambi mezzi ubriachi e abbastanza scontenti. Jon pensò che era buon segno.

I tre vascelli braavosiani avrebbero portato la flotta della confraternita in nero al Forte Orientale a undici imbarcazioni, inclusa la baleniera di Ibben che Cotter Pyke aveva requisito per ordine di Jon, una galea commerciale di Pentos che aveva subito la stessa sorte e tre malridotte navi da battaglia lyseniane, resti della flotta di Salladhor Saan, spinte a nord dalle tempeste d’autunno. Tutte e tre le navi di Saan avevano urgente bisogno di riparazione, lavori che ormai dovevano essere stati completati.

Undici vascelli non erano comunque abbastanza. Ma se Jon avesse atteso ancora, tutti quelli del popolo libero che si erano radunati ad Aspra Dimora sarebbero morti prima dell’arrivo della flotta di salvataggio. “Salpa ora, o non salpare affatto.” Per contro, Madre Talpa e le sue genti erano davvero disperate al punto da affidare le loro vite ai guardiani della notte?…

La luce del giorno era ormai calata, quando Jon e Tycho Nestoris lasciarono il solarium. La neve aveva ripreso a cadere. «La tregua che ci ha dato, a quanto pare, è stata di breve durata» commentò Jon, avvolgendosi nella cappa.

«L’inverno ormai è vicino. Il giorno in cui ho lasciato Braavos, c’era del ghiaccio nei canali.»

«Tre dei miei uomini sono transitati per Braavos, non molto tempo fa» disse Jon. «Un anziano maestro, un cantastorie e un giovane attendente. Scortavano una fanciulla dei bruti e il suo bambino fino a Vecchia Città. Mi domando se tu li hai incontrati, anche solo per caso.»

«Temo di no, mio lord. Persone dall’Occidente transitano quasi ogni giorno per Braavos, ma la maggior parte arriva e riparte dal Porto degli Stracci. I vascelli della Banca di Ferro attraccano al Porto Viola. Se lo desideri, posso fare delle indagini su di loro al mio rientro.»

«Non serve. Ormai dovrebbero già essere al sicuro a Vecchia Città.»

«Speriamo. Il Mare Stretto in questo periodo dell’anno è periglioso, e di recente sono state segnalate strane presenze fra le Stepstones.»

«Salladhor Saan?»

«Il pirata lyseniano? Pare che sia tornato nelle sue vecchie acque, così almeno si dice. E anche la flotta di lord Redwyne è stata avvistata nel Braccio Spezzato. Di ritorno a casa, senza dubbio. Ma quegli uomini e quelle navi sono a noi ben noti. No, queste vele… forse vengono dal lontano oriente… qualcuno ha sentito anche strane storie di draghi.»

«Come ci piacerebbe averne uno quassù. Almeno ci scalderebbe un po’.»

«Il mio lord vuole scherzare. Mi perdonerai se non rido alla tua battuta. Noi braavosiani discendiamo da coloro che fuggirono da Valyria e dal furore dei suoi signori dei draghi. Noi non scherziamo sui draghi.»

“No, immagino di no.” «Le mie scuse, lord Tycho.»

«Non occorre, lord comandante. Ora mi rendo conto di avere appetito. Prestare simili ingenti somme d’oro fa venire appetito. Vuoi essere così cortese da indicarmi la vostra sala comune?»

«Ti accompagno io stesso.» Jon fece un cenno. «Da questa parte.»

Una volta là, sarebbe stato scortese non spezzare il pane con il banchiere, per cui Jon spedì Satin a prendere loro del cibo. La presenza dei nuovi arrivati aveva attirato quasi tutti gli uomini della confraternita che non fossero o di scolta o di riposo, per cui la sala comune era affollata e calda.

La regina era assente, e anche sua figlia. Verosimilmente, si stavano sistemando nella Torre del Re. C’erano però ser Brus e ser Malegorn, intenti a intrattenere i confratelli con le ultime notizie dal Forte Orientale e da oltre il Mare Stretto. Tre cortigiane della regina sedevano insieme, riverite dalle loro servette e ammirate da una dozzina di uomini dei guardiani della notte.

Vicino alla porta d’ingresso, il Primo Cavaliere della regina andava all’assalto di un fortilizio di cosciotti di cappone alla brace, risucchiando la carne da ogni osso e mandando giù ogni boccone con un sorso di birra chiara. Quando vide Jon Snow, ser Axell Florent buttò via un osso ben rosicchiato, si ripulì la bocca con il dorso della mano e si avvicinò. Con le sue gambe arcuate, il torace a botte e le orecchie a sventola, Florent aveva un aspetto comico, ma Jon aveva altro da fare che ridere di lui. Zio della regina Selyse, era stato fra i primi a convertirsi al dio rosso di Melisandre. “Se anche non è un assassino di consanguinei, ci va vicino.” Maestro Aemon gli aveva riferito che il fratello di Axell Florent era stato bruciato sul rogo da Melisandre, eppure ser Axell aveva fatto poco o nulla per evitarlo. “Che razza d’uomo può rimanere lì a guardare mentre il proprio fratello viene bruciato vivo?”

«Nestoris» salutò ser Axell. «Lord comandante. Posso unirmi a voi?» Si lasciò cadere sulla panca prima che potessero rispondere. «Lord Snow, se posso permettermi di chiedere… la principessa dei bruti di cui ha scritto sua grazia il re Stannis… dove si trova, mio lord?»

“A molte leghe da qui” pensò Jon. “Se gli dèi sono misericordiosi, dovrebbe già aver trovato Tormund Veleno dei Giganti.” «Val è la sorella minore di Dalla, che era moglie di Mance Rayder e madre di suo figlio. Dopo che Dalla è morta di parto, re Stannis ha preso Val e il piccolo in prigionia, ma Val non è una principessa, non nel modo che intendi tu.»

Ser Axell alzò le spalle. «Qualsiasi cosa sia, al Forte Orientale gli uomini dicono che è una bella figliola. Vorrei vederla con i miei occhi. Alcune di queste donne dei bruti, be’, un uomo dovrebbe metterle al loro posto per riuscire a compiere il suo dovere di marito. Con la compiacenza del lord comandante, falla venire qui, che le diamo una bella occhiata.»

«Non è un cavallo a cui si guarda in bocca, ser.»

«Prometto di non mettermi a contare quanti denti ha.» Florent sogghignò. «Oh, non temere, la tratterò con le dovute cortesie.»

“Sa che Val non è qui.” Un villaggio non ha segreti, e tanto meno il Castello Nero. Dell’assenza di Val non si parlava apertamente, ma alcuni uomini ne erano al corrente, e di notte, nella sala comune, i confratelli chiacchieravano. “E Florent che cosa avrà sentito dire?” si domandò Jon. “Che cosa pensa?” «Perdonami, ser, ma Val non sarà dei nostri.»

«Allora sarò io ad andare da lei. Dove tenete questa donzella?»

“Ben lontano da te.” «In un luogo sicuro. Basta così, ser.»

Il cavaliere diventò paonazzo. «Mio lord, hai forse dimenticato chi sono?» Il suo fiato puzzava di birra e cipolle. «Devo riferire di questo alla regina? Una sola parola di sua grazia, e io posso avere quella ragazza dei bruti qui dentro nuda, pronta per essere esaminata.»

“Una mossa geniale, perfino per una regina.” «La regina non abuserebbe mai della nostra ospitalità.» Jon si augurava che fosse vero. «Ora temo di dovervi lasciare, prima di trascurare i miei doveri di ospite. Lord Tycho, chiedo venia.»

«Certo, lord Snow» rispose il banchiere. «È stato un piacere.»

Fuori nevica più di prima. Dall’altra parte del cortile, la Torre del Re era diventata un’ombra incombente, le luci dietro le finestre erano oscurate dalla neve.

Rientrando nel solarium, Jon trovò il corvo di Mormont appollaiato sullo schienale dello scranno di legno e cuoio dietro al tavolo con cavalletti. L’uccello cominciò a gracchiare, chiedendo cibo, appena lui entrò. Jon prese una manciata di chicchi di grano dal sacchetto vicino alla porta e li gettò per terra, quindi riprese possesso dello scranno.

Tycho Nestoris aveva lasciato sul tavolo una copia del loro accordo. Jon lo rilesse tre volte. “È stato semplice” pensò. “Più semplice di quanto osassi sperare, più ancora di quanto avrebbe dovuto essere.”

Il che gli procurò un certo senso di disagio. Il conio braavosiano avrebbe permesso alla confraternita in nero di comprare cibo dal Sud quando le scorte avessero cominciato a scarseggiare, il necessario per superare l’inverno, indipendentemente da quanto lungo questo sarebbe stato. “Un lungo, rigido inverno lascerà i guardiani della notte così indebitati che non riusciremo più a risollevarci” ricordò Jon a se stesso “ma se la scelta è tra il debito e la morte, meglio fare un prestito.”

Ma la cosa non doveva piacergli per forza. E a primavera, quando fosse arrivato il momento di restituire tutto quell’oro, gli sarebbe piaciuto ancora di meno. Tycho Nestoris gli aveva fatto l’impressione di un uomo colto e garbato, ma quanto a farsi ripagare i prestiti, la Banca di Ferro di Braavos aveva fama di essere inclemente. Ognuna delle nove città libere aveva la propria banca, alcune anche più di una, che si azzannavano tra loro per il conio come i cani per un osso. La Banca di Ferro, però, era la più ricca e la più potente di tutte le altre banche messe insieme. Quando i principi non riuscivano a ripagare i propri debiti alle banche minori, i banchieri in rovina vendevano moglie e figli in schiavitù e procedevano ad aprirsi le vene. Quando i principi non riuscivano a ripagare i loro debiti alla Banca di Ferro, nuovi principi apparivano come dal nulla e prendevano possesso del trono.

“Come il povero e paffuto Tommen potrebbe essere in procinto di imparare.” I Lannister dovevano avere le loro buone ragioni per rifiutarsi di onorare i debiti contratti da re Robert, ma era comunque una follia. Se Stannis non era troppo ostinato per accettare le loro condizioni, i braavosiani gli avrebbero dato tutto l’oro e l’argento che voleva: abbastanza conio da assoldare una dozzina di compagnie mercenarie, corrompere un centinaio di lord e mantenere i suoi uomini pagati, nutriti, vestiti e armati. “Se Stannis non giace cadavere sotto le mura di Grande Inverno, potrebbe avere appena conquistato il Trono di Spade.” Jon si domandò se Melisandre aveva visto anche questo nelle sue fiamme.

Jon si appoggiò allo schienale, sbadigliò, si stiracchiò. Al mattino avrebbe scritto gli ordini per Cotter Pyke. “Mandare undici navi ad Aspra Dimora. Riportare indietro quante più persone possibile, le donne e i bambini per primi.” Era tempo che venissero alzate le vele. “Dovrei andare di persona, o lascio che se ne occupi Cotter?” Il Vecchio Orso aveva guidato un’uscita di ricognizione. “Aye. E non ha mai fatto ritorno.”

Jon Snow chiuse gli occhi. Solo per un momento…

… e si svegliò, rigido come un pezzo di legno. Il corvo del Vecchio Orso gracchiava. «Snow, Snow.»

E Mully lo stava scuotendo. «Milord, ci vuole la tua presenza. Chiedo venia, milord. Abbiamo trovato una ragazza.»

«Una ragazza?» Jon si mise seduto, sfregandosi via il sonno dagli occhi. «Val? È tornata Val?»

«Non è Val, milord. L’abbiamo trovata da questo lato della Barriera.»

“Arya!” Jon si raddrizzò. Doveva essere lei.

«Ragazza» urlò il corvo. «Ragazza, ragazza.»

«Ty e Dannel l’hanno incrociata due miglia a sud di Città della Talpa. Stavano inseguendo dei bruti che sono scappati giù lungo la Strada del Re. Quelli li hanno portati indietro, ma poi hanno trovato questa ragazza qua. È di sangue nobile, milord, e chiede di te.»

«Quanti erano con lei?» Jon raggiunse il bacile e si gettò dell’acqua in faccia. Dèi, com’era stanco.

«Nessuno, mio lord. Era da sola. Il suo cavallo stava morendo sotto di lei. Tutto pelle e ossa, zoppo e coperto di schiuma. Ty e Dannel lo hanno finito, e hanno portato la ragazza qui per interrogarla.»

“Una ragazza grigia su un cavallo moribondo.” Sembrava che le fiamme di Melisandre non avessero mentito. Ma che ne era stato di Mance Rayder e delle sue mogli di lancia? «Dov’è adesso la ragazza?»

«Nelle stanze di maestro Aemon, milord.» Gli uomini del Castello Nero continuavano a chiamarle così, anche se l’anziano maestro doveva ormai trovarsi al caldo e al sicuro, a Vecchia Città. «La ragazza era blu per il freddo, tremava da capo a piedi, per cui Ty ha voluto che Clydas le desse un’occhiata.»

«Bene.» A Jon parve di avere di nuovo quindici anni. “Sorellina.” Si alzò e indossò il mantello.

La neve continuava a cadere mentre lui e Mully attraversavano il cortile. A oriente, si vedevano le prime luci di un’alba dorata, ma dietro alla finestra di lady Melisandre nella Torre del Re tremolava ancora un bagliore rossastro. «Ma non dormi mai? A quale gioco stai giocando, sacerdotessa? Avevi forse altri incarichi per Mance Rayder?»

Jon voleva credere che la ragazza fosse Arya. Voleva rivedere il suo viso, sorriderle e arruffarle i capelli, dirle che adesso era al sicuro. “Anche se non è vero. Grande Inverno è bruciato e in rovina, e nessun posto è sicuro.”

E poi, non avrebbe potuto tenerla con sé, neanche volendo. La Barriera non era un posto adatto a una donna, tanto meno a una ragazza di sangue nobile. Non aveva però nemmeno intenzione di consegnarla a Stannis o a Melisandre. Il re l’avrebbe subito data in sposa a uno dei suoi uomini, Horpe, o Massey o ser Godry lo Sterminatore di Giganti, e solo gli dèi sapevano che cosa Melisandre aveva in mente di farle.

La soluzione migliore che Jon riusciva a immaginare era di mandarla al Forte Orientale, chiedendo a Cotter Pyke di metterla su una nave per qualche destinazione dall’altra parte del Mare Stretto, lontano da tutti quei re litigiosi. Ma per farlo bisognava attendere che le navi tornassero da Aspra Dimora, questo era certo. “Arya potrebbe andare a Braavos con Tycho Nestaris. Forse la Banca di Ferro riuscirebbe a trovarle una famiglia nobile pronta ad accoglierla.” Braavos era la città libera più vicina, solo che… questo la rendeva la scelta migliore e anche peggiore. “A Lorath o al Porto di Ibben potrebbe essere più al sicuro.” Ma ovunque lui l’avesse mandata, per sopravvivere Arya avrebbe avuto bisogno di argento, di un tetto sopra la testa, di qualcuno che la proteggesse. Era solo una bambina.

Nei vecchi alloggi di maestro Aemon faceva così caldo che quando Mully aprì la porta restarono entrambi accecati da una densa nube di vapore. All’interno, un fuoco appena acceso ardeva nel focolare, i ciocchi di legna scoppiettavano e sibilavano. Jon girò intorno a un mucchio di indumenti fradici. «Snow, Snow, Snow» chiamò il corvo da qualche parte sopra di lui. La ragazza era raggomitolata vicino al camino, profondamente addormentata, avvolta in un mantello di lana nera tre volte più grande di lei.

In effetti assomigliava ad Arya quanto bastava perché Jon si fermasse, ma solo per un momento. Una ragazza alta, magra, quasi una puledra, tutta gambe e gomiti, con i capelli castani raccolti in una spessa treccia chiusa da lacci di cuoio. Aveva un viso lungo, il mento appuntito, le orecchie piccole.

Era, però, molto più grande. “Questa ragazza ha quasi la mia età.” «Ha mangiato?» Jon chiese a Mully.

«Solamente pane e brodo, mio lord.» Clydas si alzò da uno scranno. «Meglio procedere lentamente, diceva sempre maestro Aemon. Di più magari non sarebbe stata in grado di digerirlo.»

Mully annuì. «Dannel aveva una delle salsicce di Hobb e gliene ha offerto un morso, ma lei non l’ha voluto.»

Jon non poteva certo biasimarla. Le salsicce di Hobb erano fatte con grasso, sale e altri ingredienti che era meglio non sapere. «Forse dovremmo solo lasciarla riposare.»

Fu a quel punto che la ragazza si riscosse, stringendo la cappa sui piccoli seni pallidi. Sembrava confusa. «Dove?…»

«Al Castello Nero, mia lady.»

«La Barriera.» I suoi occhi si riempirono di lacrime. «Sono qui.»

Clydas le andò più vicino. «Povera piccola. Quanti anni hai?»

«Sedici al mio prossimo compleanno. E non sono una bambina, ma una donna cresciuta e fertile.» Sbadigliò, coprendosi la bocca con il mantello. Un ginocchio nudo apparve tra le pieghe della lana scura. «Tu non porti la catena al collo. Sei un maestro?»

«No» rispose Clydas «ma ne ho servito uno.»

“Assomiglia vagamente ad Arya” pensò Jon. “Scarna e affamata, ma ha i capelli dello stesso colore, e anche gli occhi.” «Mi hanno detto che hai chiesto di me. Io sono…»

«… Jon Snow.» La ragazza gettò indietro la treccia. «La mia casata e la tua sono legate dall’onore e dal sangue. Ascoltami, consanguineo. Mio zio Cregan mi sta dando la caccia. Non devi permettergli di riportarmi a Karhold.»

Jon la stava fissando. “Io conosco questa ragazza.” Qualcosa nei suoi occhi, il modo in cui si poneva, il modo in cui parlava. Per un momento, il ricordo gli sfuggì. Ma poi ritornò. «Alys Karstark.»

Parole che portarono lo spettro di un sorriso sulle sue labbra. «Non ero sicura che ti saresti ricordato di me. Avevo sei anni l’ultima volta che ci siamo visti.»

«Eri arrivata a Grande Inverno insieme a tuo padre.» “Il padre che Robb ha decapitato.” «Non ricordo per quale motivo.»

Alys arrossì. «Perché potessi incontrare tuo fratello. Oh, ci fu un altro pretesto, ma la vera ragione era quella. Avevo circa la stessa età di Robb, e mio padre pensava che potesse esserci un’unione. Ci fu un banchetto. Io danzai con lui, e anche con te. Lui fu molto cortese, e disse che danzavo molto bene. Tu eri cupo. Mio padre disse che non c’era da aspettarsi altro da un bastardo.»

«Ricordo.» Era solo in parte una bugia.

«Un po’ cupo lo sei ancora» riprese la ragazza «ma se mi salvi da mio zio ti perdonerò.»

«Tuo zio… parli di lord Arnolf?»

«Non è lord» replicò Alys con rabbia. «Mio fratello Harry è lord di diritto, e secondo la legge io sono la sua erede. Una figlia viene prima di uno zio. Zio Arnolf è soltanto il castellano. In realtà è un mio prozio, lo zio di mio padre. Cregan è suo figlio. Immagino che questo ci renda cugini, ma noi lo abbiamo sempre chiamato zio. Adesso loro vogliono che lo chiami marito.» Strinse il pugno. «Prima della guerra ero promessa a Daryn Hornwood. Per sposarci aspettavamo solo il mio primo sangue mestruale, ma Daryn è caduto al Bosco dei Sussurri, per mano dello Sterminatore di Re. Mio padre scrisse che mi avrebbe trovato un altro lord del Sud da sposare, ma non riuscì a farlo. Tuo fratello Robb gli tagliò la testa per aver ucciso dei Lannister.» La sua bocca si distorse. «Pensavo che la ragione per cui avevano marciato verso sud fosse per uccidere dei Lannister.»

«Non… è andata proprio così. Lord Karstark uccise dei prigionieri, mia lady. Due ragazzi disarmati, degli scudieri detenuti in una cella.»

Alys non parve sorpresa. «Mio padre non ha mai fatto la voce grossa come il Grande Jon, ma il suo furore non era meno pericoloso. Adesso, però, lui è morto. E anche tuo fratello. Ma tu e io siamo qui, ancora in vita. C’è una faida di sangue tra noi, lord Snow?»

«Quando un uomo prende il nero della confraternita, si getta alle spalle tutte le sue faide. I guardiani della notte non hanno ostilità nei confronti di Karhold, né io nei tuoi.»

«Bene. Io temevo che… Ho implorato mio padre di lasciare uno dei miei fratelli come castellano di Karhold, ma nessuno di loro voleva perdere la gloria e i riscatti che avrebbero conquistato nella guerra contro il Sud. Adesso Torr e Edd sono morti. Harry era prigioniero a Maidenpool, l’ultima volta che abbiamo avuto sue notizie, ma questo risale a oltre un anno fa. Nel frattempo potrebbe essere morto anche lui. Non so a chi altro rivolgermi, se non all’ultimo figlio di Eddard Stark.»

«Perché non al re? Karhold si è schierata con Stannis.»

«Mio zio si è schierato con Stannis, nella speranza di provocare i Lannister a prendersi la testa del povero Harry. Se mio fratello dovesse morire, Karhold passerebbe a me, ma i miei zii vogliono impossessarsi del mio diritto di nascita. Quando Cregan avrà un figlio da me, io non gli servirò più. Ha già seppellito due mogli.» Si asciugò una lacrima con rabbia, così come avrebbe fatto Arya. «Mi aiuterai?»

«Matrimoni ed eredità sono questioni che spettano ai re, mia lady. Scriverò a Stannis a tuo nome, ma…»

Alys Karstark rise, era però una risata di disperazione. «Scrivi pure, ma non aspettarti una risposta. Prima di ricevere il tuo messaggio, Stannis sarà morto. A questo provvederà mio zio.»

«Che cosa intendi?»

«Arnolf sta marciando verso Grande Inverno, solo per poter piantare un pugnale nella schiena del tuo re. Si è alleato con Roose Bolton già da molto tempo… per l’oro, per la promessa del perdono e per la testa del povero Harry. Lord Stannis sta marciando verso una carneficina. Quindi non mi può aiutare e, anche se potesse, non lo farebbe comunque.» Alys s’inginocchiò al cospetto di Jon, con il mantello nero stretto al petto. «Sei la mia unica speranza, lord Snow. Nel nome di tuo padre, t’imploro. Proteggimi.»