Jon

«R’hllor» cantava Melisandre con le braccia alzate verso la neve che cadeva «tu sei la luce nei nostri occhi, il fuoco nel nostro cuore, il calore nei nostri lombi. Tuo è il sole che scalda i nostri giorni, tue le stelle che ci proteggono nelle tenebre della notte.»

«Lodato sia R’hllor, Signore della Luce» risposero in un coro dissonante gli invitati alle nozze, prima che una gelida raffica di vento portasse via le loro parole. Jon Snow sollevò il cappuccio del mantello.

Quel giorno la nevicata era leggera, una spolverata di fiocchi danzanti nell’aria, ma il vento lungo la Barriera soffiava da oriente, gelido come il respiro del Drago di Ghiaccio nei racconti della Vecchia Nan. Perfino il fuoco di Melisandre tremava: le fiamme si rannicchiavano nella fossa e scoppiettavano piano mentre la sacerdotessa rossa cantava. Solo Spettro pareva non sentire il gelo.

Alys Karstark si protese verso Jon. «Neve durante uno sposalizio significa matrimonio senza passione. Così diceva sempre la lady mia madre.»

Jon lanciò un’occhiata alla regina Selyse. “Di sicuro il giorno in cui lei e Stannis si sono sposati doveva esserci una bufera di neve.” Rannicchiata sotto il mantello d’ermellino, circondata dalle dame di compagnia, dalle serve e dai cavalieri, la regina del Sud appariva una creatura fragile, pallida e rattrappita. Un sorriso artificiale si era congelato sulle sue labbra sottili, ma gli occhi erano colmi di venerazione. “Lei odia il freddo e ama le fiamme.” A Jon era bastato uno sguardo per capirlo. “Una parola di Melisandre e lei camminerà dritta nel fuoco, abbracciandolo come un amante.”

Non tutti gli uomini della regina parevano condividere quel fervore. Ser Brus sembrava mezzo ubriaco, ser Malegorn teneva la mano inguantata sul didietro della lady che aveva accanto, ser Narbert sbadigliava e ser Patrek della Montagna del Re aveva un’espressione rabbiosa. Jon Snow aveva cominciato a capire per quale motivo Stannis li avesse lasciati alla sua regina.

«La notte è oscura e piena di terrori» cantava Melisandre. «Soli siamo nati e soli moriamo, ma mentre attraversiamo questa nera valle traiamo forza l’uno dall’altro, e da te, nostro signore.» Le sue sete scarlatte vorticavano a ogni raffica di vento. «Due si sono presentati oggi per unire le loro vite e affrontare insieme le tenebre di questo mondo. Riempi di fuoco i loro cuori, mio Signore, affinché possano percorrere insieme il tuo luminoso sentiero, mano nella mano, per sempre.»

«Signore della Luce, proteggici» invocò la regina Selyse. Altre voci le fecero eco. I fedeli di Melisandre: pallide dame, serve tremanti, ser Axell e ser Narbert e ser Lambert, uomini d’armi in maglia di ferro e i thenn in corazze di bronzo, perfino alcuni confratelli in nero di Jon. «Signore della Luce, benedici i nostri figli.»

Melisandre, con le spalle alla Barriera, era vicino alla profonda fossa in cui ardeva il fuoco. La coppia da unire in matrimonio stava dalla parte opposta. Dietro di loro c’era la regina, con la figlia e il suo giullare tatuato. La principessa Shireen era avvolta in così tante pellicce da sembrare una palla: respirando emetteva bianche nuvolette attraverso la sciarpa che le copriva quasi tutta la faccia. Ser Axell Florent e i suoi uomini della regina circondavano il gruppo regale.

Anche se solo pochi guardiani della notte erano riuniti intorno alla fossa del fuoco, altri seguivano dalle finestre e dai gradini della grande scala amovibile. Jon prese nota di chi c’era e di chi non c’era. Alcuni confratelli erano di servizio; molti che erano appena smontati di guardia dormivano. Ma altri avevano scelto di non presentarsi in segno di disapprovazione. Othell Yarwyck e Bowen Marsh erano tra gli assenti. Septon Chayle era uscito brevemente dal tempio, rigirandosi fra le dita il cristallo a sette facce che portava al collo, per poi rientrare non appena erano iniziate le preghiere.

Melisandre alzò le mani e il fuoco dalla fossa salì verso le sue dita, come un grande cane rosso che salta per fare le feste. Un turbine di scintille si alzò incontro ai fiocchi di neve. «Oh, Signore della Luce, noi ti ringraziamo» la Donna Rossa cantò alle fiamme fameliche. «Ti ringraziamo per il coraggioso Stannis, nostro re per tua grazia. Guidalo e difendilo, R’hllor. Proteggilo dai tradimenti di uomini malvagi e concedigli la forza per sgominare i servi delle tenebre.»

«Concedigli la forza» risposero in coro la regina Selyse, i suoi cavalieri e le sue dame. «Concedigli il coraggio. Concedigli la saggezza.»

Alys Karstark infilò il braccio sotto quello di Jon. «Ancora per quanto, lord Snow? Se devo essere sepolta sotto questa neve, preferisco morire da donna maritata.»

«Ancora per poco, mia lady» la rassicurò Jon.

«Ti ringraziamo per il sole che ci scalda» salmodiò la regina. «Ti ringraziamo per le stelle che vigilano su di noi nel cuore della notte. Ti ringraziamo per i nostri focolari e per le nostre torce che tengono a bada il buio selvaggio. Ti ringraziamo per i tuoi vividi spiriti, i fuochi nei nostri lombi e nel nostro cuore.»

A quel punto Melisandre disse: «Vengano avanti coloro che saranno uniti». Le fiamme proiettarono l’ombra della sacerdotessa sulla Barriera alle sue spalle e il rubino scintillò contro il bianco della gola.

Jon si rivolse a Alys. «Mia lady, sei pronta?»

«Oh, sì.»

«Non hai paura?»

La ragazza sorrise in un modo che gli ricordò molto la sua sorellina, e quasi gli si spezzò il cuore. «È lui che deve avere paura di me.» I fiocchi di neve si scioglievano sulle sue guance, ma i capelli erano coperti da un velo con pizzo trovato chissà dove da Satin, su cui la neve aveva cominciato a depositarsi come una corona di brina. Le guance erano rosse d’entusiasmo e i suoi occhi brillavano.

«Lady dell’inverno.» Jon le diede una stretta alla mano.

Il maknar di Thenn attendeva accanto al fuoco, vestito come per andare in battaglia, con pellicce, cuoio e piastre di bronzo, e una spada di bronzo al fianco. Per via dell’incipiente calvizie, sembrava più vecchio della sua età, ma quando si girò a guardare la sposa che si avvicinava, Jon poté vedere il ragazzo in lui. I suoi occhi erano grandi come noci, però Jon non avrebbe saputo dire se a mettergli paura fosse il fuoco, la sacerdotessa o la donna. “Alys aveva più ragione di quello che credeva” pensò.

«Chi porta questa donna a essere maritata?» chiese Melisandre.

«Io la porto» rispose Jon. «Ecco Alys di Casa Karstark, donna adulta e fertile, di nobile sangue e di nobile nascita.» Le diede un’ultima stretta alla mano, e poi tornò indietro insieme agli altri.

«Chi viene avanti a reclamare questa donna?» chiese Melisandre.

«Io la reclamo» disse Sigorn, battendosi una mano contro il petto. «Maknar di Thenn.»

«Sigorn» chiese Melisandre «giuri di condividere il tuo fuoco con Alys e di scaldarla quando la notte è oscura e piena di terrori?»

«Lo giuro.» La promessa del maknar formò una nuvoletta bianca nell’aria. La neve gli chiazzava le spalle. Aveva le orecchie rosse. «Presso le fiamme del dio rosso, la scalderò per tutti i suoi giorni.»

«Alys, giuri di condividere il tuo fuoco con Sigorn e di scaldarlo quando la notte è oscura e piena di terrori?»

«Fino a fargli bollire il sangue.» Il suo mantello virginale era della lana nera dei guardiani della notte. Il sole raggiante di Casa Karstark cucito sulla schiena era fatto con la stessa pelliccia bianca.

Gli occhi di Melisandre brillavano, luminosi come il rubino che le pendeva sulla gola. «Allora venite a me, e diventate uno.» Mentre faceva loro cenno di avvicinarsi, una muraglia di fiamme si levò con un boato, lambendo i fiocchi di neve con calde lingue arancioni.

Alys prese la mano del suo maknar. L’uno di fianco all’altra balzarono oltre la fossa.

«Due sono entrati nelle fiamme.» Una raffica di vento sollevò le gonne scarlatte della sacerdotessa, finché le spinse di nuovo giù. «Uno ne emerge.» I capelli color rame le turbinavano attorno alla testa. «Ciò che il fuoco unisce, nessuno può dividere.»

«Ciò che il fuoco unisce, nessuno può dividere» giunse l’eco dagli uomini della regina e dai thenn e perfino da alcuni confratelli in nero.

“Tranne i sovrani e gli zii” pensò Jon Snow.

Cregan Karstark era comparso un giorno dopo sua nipote. Con lui erano arrivati quattro uomini d’armi a cavallo, un cacciatore e una muta di cani, che annusavano lady Alys come se fosse una cerbiatta. Jon Snow era andato loro incontro sulla Strada del Re, mezza lega a sud di Città della Talpa, prima che potessero presentarsi al Castello Nero, reclamare il diritto d’ospitalità o chiedere di parlamentare. Uno degli uomini di Karstark aveva scagliato un dardo di balestra contro Ty, ed era morto per questo. Così erano rimasti in quattro, più Cregan stesso.

Fortunatamente avevano una decina di celle di ghiaccio disponibili. “C’è spazio per tutti.”

Come tante altre cose, l’araldica cessava di esistere alla Barriera. I thenn non avevano stemmi di casata, come era consuetudine fra i nobili dei Sette Regni, per cui Jon disse agli attendenti di improvvisare. Pensò che avevano fatto un buon lavoro. Il mantello nuziale che Sigorn mise attorno alle spalle di lady Alys riportava un disco di bronzo su campo di lana bianca, circondato da fiamme fatte con ciuffi di seta cremisi. Per quelli che si curavano di guardare, c’era il richiamo al sole raggiante dei Karstark, ma differenziato in modo che gli emblemi fossero appropriati a Casa Thenn.

Il maknar quasi strappò il manto verginale dalle spalle di Alys, ma quando l’avvolse nel mantello nuziale fu quasi tenero. Quando si chinò a baciarle la guancia, i loro respiri si mescolarono. Le fiamme ruggirono di nuovo. Gli uomini della regina intonarono un canto di lodi. Jon udì Satin bisbigliare: «Abbiamo finito?».

«Fatto e finito» borbottò Mully «e meno male. Loro sono sposati e io mezzo congelato.» Era intabarrato nelle sue migliori vesti nere, la lana era talmente nuova che non aveva avuto ancora occasione di sbiadire, ma il vento gli aveva fatto diventare le guance rosse come i capelli. «Hobb ha preparato del vino aromatizzato con cannella e chiodi di garofano. Ci scalderà un po’.»

«Quali chiodi?» chiese Owen il Muflone.

Ora la neve cadeva più fitta e il fuoco nella fossa si stava spegnendo. La folla cominciò a disperdersi e ad allontanarsi dal piazzale: uomini della regina, uomini del re e gente comune, tutti ansiosi di sottrarsi al vento e al gelo.

«Il mio lord viene a banchettare con noi?» chiese Mully a Jon Snow.

«Tra poco.» Se non si fosse fatto vedere, Sigorn avrebbe potuto offendersi. “E questo matrimonio, dopotutto, è opera mia” pensò. «Prima devo sistemare altre faccende.»

Attraversò la corte, in direzione della regina Selyse, con Spettro alle calcagna. I suoi stivali scricchiolavano sui cumuli di neve vecchia. Tenere aperti i sentieri fra un edificio e l’altro richiedeva sempre più tempo; gli uomini ricorrevano sempre più spesso ai passaggi sotterranei, i cosiddetti cunicoli.

«… Un rito magnifico» stava dicendo la regina. «Sentivo su di noi lo sguardo infuocato del nostro Signore. Oh, non puoi sapere quante volte ho supplicato Stannis di celebrare ancora il nostro matrimonio, una vera unione di corpo e spirito, benedetta dal Signore della Luce. So che potrei dare a sua grazia altri figli, se fossimo legati nel fuoco.»

«Per dargli altri figli dovresti innanzitutto averlo nel letto.” Perfino alla Barriera era risaputo che Stannis Baratheon evitava ormai da anni la moglie. Si poteva benissimo immaginare come sua grazia avesse reagito all’idea di un secondo matrimonio nel bel mezzo di una guerra.

Jon rivolse un inchino alla regina. «Se compiace a vostra grazia, il banchetto è pronto.»

Selyse lanciò un’occhiata sospettosa a Spettro, poi alzò la testa verso Jon. «Certo. Lady Melisandre conosce la strada.»

La sacerdotessa rossa intervenne. «Io mi devo occupare dei miei fuochi, vostra grazia. Forse R’hllor mi concederà una breve visione di sua grazia, il re. Magari la visione di una grande vittoria.»

«Oh!» esclamò la regina Selyse. Parve colpita. «Certo… Preghiamo affinché il Signore della Luce ti mandi una visione…»

«Satin, mostra a sua grazia il suo scranno» disse Jon.

Ser Malegorn mosse un passo avanti. «Scorterò io sua grazia al banchetto. Non abbiamo bisogno del tuo… attendente.» Il modo in cui accentuò l’ultima parola confermò a Jon che aveva pensato un termine molto diverso. “Ragazzo? Favorito?”

Jon s’inchinò di nuovo. «Come preferisci. Vi raggiungo fra poco.»

Ser Malegorn le offrì il braccio, e la regina Selyse lo accettò, impettita. Posò l’altra mano sulla spalla della figlia. La processione reale li seguì attraverso il cortile, marciando al ritmo dei sonagli sul berretto del giullare. «In fondo al mare, le sirene banchettano con zuppa di stelle e tutti i servitori sono granchi» proclamò Macchia, mentre camminavano. «Io lo so, io lo so, oh oh oh.»

L’espressione di Melisandre s’incupì. «Quella creatura è pericolosa. Molte volte l’ho scorto nelle mie fiamme. A volte intorno a lui ci sono dei teschi, e le sue labbra sono rosse di sangue.»

“È un miracolo che tu non abbia messo quel poveraccio al rogo.” Sarebbe bastata una parola all’orecchio della regina e anche Macchia sarebbe finito ad alimentare i fuochi sacri. «Nel tuo fuoco vedi giullari, ma nessuna traccia di Stannis?»

«Quando lo cerco, vedo soltanto della neve.»

“La solita inutile risposta.” Clydas aveva mandato un corvo a Deepwood Motte per avvertire il re del tradimento di Arnolf Karstark, ma Jon non sapeva se l’alato messaggero avesse raggiunto sua grazia in tempo. Anche il banchiere braavosiano era alla ricerca di Stannis, scortato dalle guide che gli aveva dato Jon, ma fra la guerra e il maltempo sarebbe stato un miracolo se l’avesse trovato. «Lo sapresti, se il re fosse morto?» chiese Jon alla sacerdotessa rossa.

«Non è morto. Stannis è il prescelto del Signore, destinato a guidare la lotta contro le tenebre. L’ho visto nelle fiamme, ho letto di lui nell’antica profezia. Quando la rossa stella sanguinerà e le tenebre s’addenseranno, Azor Ahai rinascerà tra il fumo e il sale per risvegliare i draghi dalla pietra. La Roccia del Drago è un luogo di fumo e di sale.»

Jon aveva già ascoltato quella profezia. «Stannis Baratheon era il lord di Roccia del Drago, ma non è nato lì. È nato a Capo Tempesta, come i suoi fratelli.» Corrugò la fronte. «E che cosa mi dici di Mance? Che cosa mostrano i tuoi fuochi?»

«Lo stesso, purtroppo. Solo neve.»

“Neve.” Jon sapeva che a sud stava nevicando molto. Aveva sentito dire che la Strada del Re, a soli due giorni di cavallo da lì, era ormai intransitabile. “Questo lo sa anche Melisandre.” E a oriente una violenta tempesta infuriava nella Baia delle Foche. Secondo l’ultimo rapporto, la malandata flottiglia per soccorrere il popolo libero ad Aspra Dimora era ancora ammassata al Forte Orientale, confinata alla fonda dal mare in tempesta. «Vedi ceneri che danzano nei vapori del fuoco.»

«Vedo teschi. E vedo te. Ogni volta che scruto nelle fiamme mi appare il tuo viso. Il pericolo di cui ti ho avvertito è molto vicino adesso.»

«Pugnali nel buio. Lo so. Perdona i miei dubbi, mia lady. Una ragazza grigia su un cavallo moribondo, che fugge da un matrimonio: avevi detto così.»

«Non mi sbagliavo.»

«Alys non è Arya.»

«La visione era veritiera. Sono io che ne ho dato una lettura sbagliata. Sono un essere mortale come te, Jon Snow. Tutti i mortali possono sbagliare.»

«Anche i lord comandanti.» Mance Rayder e le sue mogli di lancia non erano tornati, e Jon non poteva non chiedersi se la Donna Rossa avesse mentito di proposito. “A che gioco sta giocando?”

«Farai bene a tenerti vicino il tuo lupo, mio lord.»

«Spettro si allontana di rado da me.» Il meta-lupo, udendo il proprio nome, alzò la testa. Jon gli diede una grattatina dietro le orecchie. «Ma ora, mia signora, devi scusarmi. Spettro, andiamo.»

Scavate nella base della Barriera e chiuse da pesanti porte di legno, le celle di ghiaccio andavano da piccole a minuscole. Alcune avevano dimensioni tali da permettere a un uomo di muovere qualche passo, altre erano così piccole da costringere i prigionieri a rimanere seduti; le più infami erano talmente anguste da non consentire nemmeno questo.

Jon aveva dato al capo dei prigionieri la cella più grande, un bugliolo in cui cacare, pellicce sufficienti per non congelare e un otre di vino. Le guardie ci misero un po’ ad aprire la porta, perché si era formato del ghiaccio nel lucchetto. I cardini arrugginiti urlarono come anime dannate, quando Wick Whittlestick la socchiuse di quel tanto necessario per permettere a Jon di scivolare dentro. Fu accolto da un vago odore di feci, anche se meno intenso di quello che si era aspettato. Perfino la merda congelava, in quel freddo glaciale. Jon scorse la propria immagine vacua riflessa sulle pareti di ghiaccio.

In un angolo della cella, un mucchio di pellicce si ammassava quasi ad altezza d’uomo.

«Karstark» intimò Jon Snow. «Sveglia!»

Le pellicce sussultarono. Alcune erano saldate insieme, il ghiaccio e la brina che le ricoprivano luccicarono. Dal mucchio emerse un braccio, poi una faccia. Capelli castani striati di grigio, arruffati e ingarbugliati, due occhi fieri, quindi il naso, la bocca, la barba. Del ghiaccio incrostava i baffi del prigioniero; grumi di muco rappreso.

«Snow.» Il respiro dell’uomo si condensò nell’aria, il ghiaccio dietro la sua testa si appannò. «Non hai il diritto di tenermi qui. Le leggi dell’ospitalità…»

«Tu non sei mio ospite. Sei venuto alla Barriera senza il mio consenso, armato, per portare via tua nipote contro la sua volontà. Lady Alys ha ricevuto pane e sale. Lei è un’ospite, tu sei un prigioniero.» Jon lasciò aleggiare per qualche istante nell’aria quelle parole. «Ora tua nipote è maritata» aggiunse.

Le labbra di Cregan Karstark si incresparono, denudando i denti. «Alys era promessa a me.» Pur avendo passato i cinquanta, era ancora un uomo forte, quando era stato portato in quella cella. Il freddo lo aveva privato di quella forza, lasciandolo rigido e debole. «Il lord mio padre…»

«Tuo padre è un castellano, non un lord. E un castellano non ha diritto a stringere patti di matrimonio.»

«Mio padre Arnolf è lord di Karhold.»

«Secondo tutte le leggi che conosco, un figlio viene prima di uno zio.»

Cregan si mise in piedi, scostando con un calcio le pellicce intorno alle caviglie. «Harrion è morto.»

“O lo sarà presto.” «Anche una figlia viene prima di uno zio. Se il fratello di lady Alys è morto, Karhold appartiene a lei, che ha concesso la sua mano a Sigorn, maknar di Thenn.»

«Un bruto, un lurido bruto assassino.» Cregan serrò i pugni. I guanti che li ricoprivano erano di cuoio, foderati di pelliccia come la cappa che pendeva, sgualcita e indurita, dalle sue ampie spalle. La sovratunica di lana nera recava l’emblema del sole bianco raggiante della sua casata. «So chi sei, Snow: mezzo lupo, mezzo bruto, nato bastardo da un traditore e da una puttana… E tu vorresti dare una fanciulla di nobile lignaggio in sposa a un selvaggio puzzolente. L’hai già provata tu per primo?» Scoppiò a ridere. «Se hai intenzione di uccidermi, fallo e sii maledetto come assassino di consanguinei. Stark e Karstark sono un sangue solo.»

«Io mi chiamo Snow.»

«Bastardo.»

«Colpevole. Almeno di questo.»

«Lascia che quel maknar venga a Karhold. Gli mozzeremo la testa e la ficcheremo in una latrina, così potremo pisciargli in bocca.»

«Sigorn è a capo di duecento thenn» lo avvertì Jon «e lady Alys crede che Karhold le aprirà le porte. Due dei tuoi uomini le hanno giurato fedeltà, e hanno confermato tutto ciò che lei aveva detto riguardo ai piani che tuo padre aveva fatto con Ramsay Snow. Mi è stato detto, che tu hai dei parenti stretti a Karhold. Una tua parola potrebbe salvare loro la vita. Cedi il castello. Lady Alys perdonerà le donne che l’hanno tradita e permetterà agli uomini di prendere il nero.»

Cregan scosse la testa. Tra i suoi capelli arruffati si erano formati dei grumi di ghiaccio, che tintinnavano debolmente quando lui si muoveva. «Mai» rispose. «Mai, mai, mai.»

“Potrei regalare la sua testa a lady Alys e al suo maknar come dono di nozze” pensò Jon, ma preferiva non correre quel rischio. I guardiani della notte non prendevano parte alle dispute del regno; alcuni avrebbero detto che lui aveva già aiutato Stannis anche troppo. “Se mozzo la testa a questo stolto, diranno che uccido gli uomini del Nord per dare le loro terre ai bruti. Se lo lascio andare, cercherà in ogni modo di distruggere tutto quello che ho fatto con lady Alys e il maknar.” Si domandò come si sarebbe comportato suo padre, o come avrebbe affrontato il problema suo zio. Ma Eddard Stark era morto, Benjen Stark era disperso nelle gelide lande desolate al di là della Barriera. “Tu non sai niente, Jon Snow.”

«“Mai” è un tempo molto lungo» osservò Jon. «Domani, o fra un anno, potresti pensarla diversamente. Comunque, prima o poi, re Stannis tornerà alla Barriera. E quando lo farà, ti metterà a morte… a meno che tu non abbia un mantello nero sulle spalle. Quando un uomo prende il nero, i suoi crimini vengono cancellati. “Perfino a un uomo come te.” «Ora ti prego di scusarmi. Devo andare a un banchetto.»

Dopo il freddo brutale delle celle, il sotterraneo affollato era così caldo che Jon si sentì soffocare appena arrivò in fondo ai gradini. Nell’aria c’era odore di fumo, di carne arrosto e di vino caldo speziato. Quando Jon prese posto sulla piattaforma, Axell Florent stava facendo un brindisi. «A re Stannis e alla sua consorte, la regina Selyse, luce del Nord!» proclamò a gran voce. «A R’hllor, Signore della Luce, che ci protegga tutti quanti! Una sola terra, un solo dio, un solo re!»

«Una sola terra, un solo dio, un solo re!» fecero eco gli uomini della regina.

Jon brindò con gli altri. Non sapeva se Alys Karstark avrebbe trovato qualche gioia nel suo matrimonio, ma almeno quella notte bisognava festeggiare.

Gli attendenti cominciarono a servire il primo: zuppa di cipolle con carne di capra e carote. Non proprio un mangiare da re, ma era abbastanza buono, nutriente e scaldava la pancia. Owen il Muflone prese il suo strumento ad arco, e alcuni del popolo libero si unirono a lui con tamburi e cornamuse. “Gli stessi tamburi e le stesse cornamuse che suonarono per scatenare l’attacco di Mance Rayder contro la Barriera.” Jon pensò che in quel momento la musica pareva più dolce. Insieme alla zuppa arrivarono forme di pane scuro appena sfornato. Sale e burro erano sui tavoli. Jon si incupì. Bowen Marsh gli aveva riferito che avevano abbondanti scorte di sale, ma prima del cambio della luna avrebbero esaurito il burro.

Al vecchio Flint e Norrey erano stati riservati i posti d’onore vicino alla piattaforma. Tutti e due erano troppo anziani per marciare con Stannis; in loro vece avevano mandato figli e nipoti. Ma erano stati molto veloci ad arrivare al Castello Nero per il matrimonio. Ognuno di loro aveva portato alla Barriera anche una balia. Quella di Norrey aveva quarant’anni, e il seno più grosso che Jon Snow avesse mai visto. La ragazza arrivata assieme al vecchio Flint aveva quattordici anni ed era piatta come un maschio, anche se non mancava di latte. Con loro, il neonato che Val chiamava Mostro pareva crescere sano e robusto.

Jon di questo era contento, ma non aveva creduto nemmeno per un istante che due guerrieri canuti e stagionati come Flint, detto anche Vecchia Selce, e Norrey si fossero affrettati a scendere dalle loro montagne per quell’unico motivo. Ciascuno si era portato dietro un seguito di combattenti: cinque nel caso di Flint, dodici per Norrey, tutti ricoperti di pelli lacere e cuoio borchiato, spaventosi come la faccia dell’inverno. Certi avevano la barba lunga, altri delle cicatrici, alcuni le une e le altre; tutti adoravano gli antichi dèi del Nord, gli stessi venerati dal popolo libero oltre la Barriera. Eppure se ne stavano seduti e brindavano a un matrimonio consacrato da un bizzarro dio rosso delle terre al di là del mare.

“Meglio così che rifiutarsi di bere.” Né Vecchia Selce né Norrey avevano capovolto la coppa rovesciando il vino a terra. Questo poteva indicare una sorta di approvazione. “O forse soltanto il dispiacere di sprecare del buon vino del Sud. Non l’avranno gustato spesso tra le loro montagne pietrose.”

Tra una portata e l’altra, ser Axell Florent accompagnò la regina Selyse in qualche passo di danza. Altri li imitarono; i cavalieri della regina e le sue dame per primi. Ser Brus fece fare il primo ballo alla principessa Shireen, poi invitò la madre. Ser Narbert danzò a turno con tutte le dame di Selyse.

Gli uomini della regina erano tre volte più numerosi delle dame, perciò anche le più umili servette furono coinvolte nelle danze. Dopo un paio di balli, alcuni confratelli in nero ricordarono passi imparati nelle corti e nei castelli della loro giovinezza, prima di essere mandati alla Barriera a scontare i loro peccati, e scesero in pista anche loro. Quel vecchio briccone di Ulmer di Bosco del Re si dimostrò abile nel ballo quanto lo era nel tiro con l’arco, intrattenendo senza dubbio le dame con le sue storie della fratellanza di Bosco del Re, quando ancora cavalcava con Simon Toyne e Ben il Pancione e aiutava Wenda la Cerbiatta Bianca a imprimere il marchio a fuoco sulle natiche dei suoi nobili prigionieri. Satin era tutto grazia, e danzò con tre domestiche di fila, senza mai osare avvicinarsi a una dama di nobili origini. Jon lo ritenne un comportamento saggio. Non gli piaceva però il modo in cui alcuni cavalieri della regina guardavano il suo attendente, in particolare ser Patrek della Montagna del Re. “Quello ha voglia di far scorrere del sangue” pensò. “Cerca un pretesto.”

Quando Owen il Muflone si mise a ballare con Macchia il giullare, le risate echeggiarono sotto il soffitto a volta. La scena fece sorridere anche lady Alys. «Danzate spesso, qui a Castello Nero?»

«Ogni volta che c’è un matrimonio, mia lady.»

«Danza con me. Sarebbe gentile da parte tua. Hai già danzato con me in passato.»

«In passato?» la stuzzicò Jon.

«Quando eravamo bambini.» Alys staccò un pezzetto di pane e glielo tirò. «Come ben ti ricordi.»

«La mia lady dovrebbe ballare con suo marito.»

«Il maknar non è portato per il ballo, purtroppo. Se non vuoi ballare con me, almeno versami un po’ di vino speziato.»

«Come tu comandi.» Jon fece cenno che gli portassero una caraffa.

«E dunque» riprese Alys mentre Jon le versava da bere «adesso sono una donna maritata. Un marito bruto con il suo piccolo esercito di bruti.»

«Loro chiamano se stessi “uomini liberi”. La maggior parte di loro, quanto meno. I thenn, però, sono un popolo a parte. Molto antico.» Jon lo aveva appreso da Ygritte. “Tu non sai niente, Jon Snow.” «Provengono da una remota valle all’estremo nord degli Artigli del Gelo, circondata da alti picchi, e per migliaia d’anni hanno fatto baratti più con i giganti che con altri esseri umani. Questo li ha resi diversi.»

«Diversi» annuì lei «ma più simili a noi.»

«Aye, mia lady. I thenn hanno i loro lord e le loro leggi.» “Sanno fare atto di sottomissione.” «Estraggono stagno e rame per ricavarne bronzo, forgiano le loro armi e le loro corazze, invece di rubarle. Un popolo fiero e valoroso. Mance Rayder ha dovuto sconfiggere tre volte il vecchio maknar, prima che Styr lo accettasse come Re oltre la Barriera.»

«E adesso sono qui, dal nostro lato della Barriera. Spinti via dal loro covo fra i monti e nella mia camera da letto.» Alys fece un sorriso sardonico. «È colpa mia. Il lord mio padre mi aveva detto che dovevo ammaliare tuo fratello Robb, ma avevo solo sei anni e non sapevo come.»

Aye, ma adesso ne hai quasi sedici, e dobbiamo pregare che saprai ammaliare il tuo nuovo marito.” «Mia lady, come vanno le cose a Karhold, quanto a provviste di cibo?»

«Non bene» sospirò Alys. «Mio padre ha portato con sé al Sud così tanti uomini che per i raccolti sono rimaste solo le donne e i ragazzi. Loro, e gli uomini troppo vecchi o menomati per andare in guerra. I raccolti sono seccati nei campi o sono marciti nel fango delle piogge autunnali. E adesso è arrivata la neve. L’inverno sarà duro. Pochi vecchi lo supereranno, e anche molti bambini moriranno.»

Era una storia che ogni uomo del Nord conosceva fin troppo bene. «La nonna di mio padre era una Flint delle montagne da parte materna» le disse Jon. «Loro si definiscono i primi Flint. Dicono che gli altri Flint sono i discendenti dei figli più giovani, costretti a lasciare le montagne per trovare cibo, terra e mogli. La vita è sempre stata dura, lassù. Quando cadeva la neve e il cibo cominciava a scarseggiare, i loro ragazzi dovevano andare a Città dell’Inverno, oppure prendevano servizio in questo o quel castello. I vecchi raccoglievano le poche forze rimaste e dicevano di andare a caccia. Alcuni venivano ritrovati a primavera. Molti sparivano per sempre.»

«A Karhold accade più o meno lo stesso.»

Jon non ne fu sorpreso. «Quando le tue provviste cominceranno a scarseggiare, mia lady, ricordati di noi. Manda i tuoi vecchi alla Barriera, lascia che pronuncino i nostri voti. Almeno non moriranno da soli nella neve, scaldati soltanto dai ricordi. Manda anche i ragazzi, se hai dei ragazzi di cui puoi fare a meno.»

«Farò come tu dici.» Gli toccò la mano. «Karhold ricorda.»

Stavano trinciando l’alce. L’odore era migliore di quanto Jon non avesse ragione d’aspettarsi. Mandò una porzione a Leather, nella Torre di Hardin, insieme a tre grossi vassoi di verdure arrosto per Wun Wun, poi mangiò una bella fetta di carne anche lui. “Hobb Tre Dita ha assolto bene il suo compito.” Era stata una bella preoccupazione. Due sere prima, Hobb era andato da lui lamentandosi che era entrato nei guardiani della notte per uccidere i bruti, non per preparare loro da mangiare. «Inoltre non ho mai fatto banchetti nuziali, mio lord. I confratelli in nero non prendono mai moglie. È nei maledetti voti, lo giuro.»

Jon stava mandando giù l’arrosto con una sorsata di vino speziato, quando al suo fianco apparve Clydas. «Un corvo messaggero» annunciò, facendogli scivolare in mano una pergamena. Il plico era chiuso con della ceralacca nera. “Forte Orientale” capì subito Jon, prima ancora di rompere il sigillo. La lettera era stata scritta da maestro Harmune, Cotter Pyke non sapeva né leggere né scrivere. Ma le parole erano di Pyke, vergate così come lui le aveva pronunciate, semplici e dirette.

Oggi mare calmo. Undici navi fanno vela per Aspra Dimora con la marea del mattino: tre braavosiane, quattro lyseniane, quattro nostre. Due delle lyseniane tengono a stento il mare. Rischiamo di far annegare più bruti di quanti ne potremo salvare. L’ordine è tuo. Venti corvi a bordo, più maestro Harmune. Manderemo rapporti. Io comando la Artiglio, Tattersalt è secondo sulla Uccello nero, ser Glendon tiene il Forte Orientale.

«Ali oscure, oscure parole?» chiese Alys Karstark.

«No, mia lady. Si tratta di una notizia da lungo tempo attesa.» “Anche se l’ultima parte mi preoccupa.” Glendon Hewett era un uomo di grande esperienza e anche di polso, una scelta assennata per comandare in assenza di Cotter Pyke. Ma era anche un amico di cui Alliser Thorne si poteva vantare e, per quanto brevemente, era stato a stretto contatto con Janos Slynt. Jon ricordava ancora come Hewett l’aveva trascinato giù dal letto, la sensazione del suo stivale nel costato. “Non è l’uomo che avrei scelto io.” Arrotolò la pergamena e se la infilò nel cinturone.

Fu servito il pesce, ma mentre il luccio veniva spinato, lady Alys trascinò il maknar nello spazio dedicato al ballo. Da come si muoveva, era chiaro che Sigorn non aveva mai ballato in vita sua, ma aveva bevuto abbastanza vino speziato da non curarsene.

«Una fanciulla del Nord e un guerriero dei bruti, uniti dal Signore della Luce.» Ser Axell Florent era scivolato sulla sedia lasciata libera da lady Alys. «Sua grazia approva. Sono un suo intimo, mio lord, perciò so come la pensa. Anche re Stannis approverà.»

“A meno che Roose Bolton non abbia infilato la sua testa mozzata su una picca.”

«Ma non tutti, purtroppo, sono d’accordo» aggiunse ser Axell. La sua barba era un cespuglio arruffato sotto il mento cascante; peli ispidi gli spuntavano dalle orecchie e dalle narici. «Ser Patrek è convinto che lui sarebbe stato un partito migliore per lady Alys. Quando è venuto al Nord, ha perduto tutte le sue terre.»

«Parecchi in questa sala hanno perduto molto di più» disse Jon. «E altri, in numero ancora maggiore, hanno dato la vita al servizio del regno. Ser Patrek dovrebbe ritenersi fortunato.»

Axell Florent sorrise. «Il re probabilmente direbbe la stessa cosa, se fosse qui. Eppure bisogna pur provvedere in qualche modo ai leali cavalieri di sua grazia, vero? Lo hanno seguito molto lontano, e a costo di grandi sacrifici. E dobbiamo legare questi bruti al re e al regno. Questo matrimonio è un buon primo passo, ma so che compiacerebbe la regina vedere maritata anche la principessa dei bruti.»

Jon sospirò. Era stanco di spiegare che Val non era una vera principessa. Per quanto lui continuasse a ripeterlo, non parevano ascoltarlo. «Sei tenace, ser Axell, te lo riconosco.»

«Mi biasimi, mio lord? Un premio simile non è male. Una ragazza nubile, mi dicono, e non brutta a vedersi. Bei fianchi, un bel seno, adatta per partorire dei figli.»

«E chi sarà a generarli? Ser Patrek o tu?»

«Chi meglio di me? Noi Florent abbiamo il sangue degli antichi re di Alto Giardino nelle vene. Lady Melisandre potrebbe celebrare il rito, come ha fatto per lady Alys e il maknar.»

«Ti manca solo una moglie.»

«Facile rimediare.» Il sorriso di Florent era così falso da risultare penoso. «Dov’è, lord Snow? Hai spostato la ragazza in un altro dei tuoi castelli? A Guardia Grigia o alla Torre delle Ombre? Nel Tumulo della Puttana, con le altre sgualdrine?» Si sporse verso di lui. «Alcuni dicono che l’hai nascosta per il tuo piacere personale. A me non importa, purché non sia incinta. Avrò i miei figli da lei. E anche se l’hai già cavalcata, be’… siamo tutti e due uomini di mondo, no?»

Jon aveva ascoltato abbastanza. «Ser Axell, se davvero sei Primo Cavaliere della regina, compatisco sua grazia.»

Florent diventò paonazzo. «Allora è vero! Intendi tenerla per te, ora capisco. Il bastardo vuole lo scranno di suo padre.»

“Il bastardo rifiutò lo scranno di suo padre. Se il bastardo avesse voluto Val, non doveva fare altro che chiederla.” «Dovete scusarmi, ser» disse Jon. «Ho bisogno di una boccata d’aria.» “Qui dentro non si respira.” Girò la testa. «Questo era un corno.»

Anche altri l’avevano udito. La musica e le risate si smorzarono di colpo. Le coppie smisero di ballare, impietrite, in attesa. Perfino Spettro drizzò le orecchie.

«Avete sentito?» chiese la regina Selyse ai suoi cavalieri.

«Un corno da guerra, vostra grazia» precisò ser Narbert.

La regina si portò la mano alla gola. «Siamo sotto attacco?»

«No, vostra grazia» disse Ulmer di Bosco del Re. «Sono le scolte sulla Barriera, tutto qui.»

“Un suono solo” pensò Jon Snow. “Ranger di ritorno.”

Poi il corno suonò di nuovo. Parve riempire il sotterraneo.

«Due squilli» disse Mully.

Confratelli in nero, gente del Nord, popolo libero, thenn, uomini della regina, tutti rimasero in silenzio, in ascolto. Passarono cinque battiti di cuore. Dieci. Venti. Poi Owen il Muflone rise stupidamente e Jon Snow poté riprendere a respirare. «Due squilli» disse. «I bruti.» “Val.”

Tormund Veleno dei Giganti era finalmente arrivato.