Il principe di Dorne restò tre giorni in agonia.
Esalò l’ultimo respiro rantolante nella tetra oscurità prima dell’alba, mentre la pioggia fredda sibilava da un cielo nero, trasformando in fiumi le strade in mattoni dell’antica città. La pioggia aveva estinto gran parte degli incendi, ma fili di fumo continuavano a levarsi dalle rovine incandescenti di quelle che erano state la Piramide di Hazkar e la Grande Piramide nera di Yherizan, dove Rhaegal aveva scavato la propria tana, raggomitolato nelle tenebre come una donna obesa ornata di scintillanti gioielli arancioni.
“Forse gli dèi, dopotutto, non sono sordi” rifletté ser Barristan Selmy, osservando quelle braci in lontananza. “Se non fosse stato per la pioggia, a quest’ora il fuoco avrebbe divorato tutta Meereen.”
L’anziano cavaliere non vide segno dei draghi, né si aspettava di vederne. I draghi non amano la pioggia. Un sottile squarcio rosso era apparso all’orizzonte, dove in breve sarebbe dovuto apparire il sole. A Selmy, fece venire in mente il primo sangue che sgorga da una ferita. Spesso, anche nel caso di un taglio profondo, il sangue arrivava prima del dolore.
Ser Barristan stava in piedi dietro il parapetto a scrutare il cielo dall’ultimo piano della Grande Piramide, come ogni mattina, sapendo che presto sarebbe arrivata l’alba e sperando che avrebbe portato con sé anche la sua regina. “Lei non ci ha abbandonato, non abbandonerebbe mai la sua gente” ripeteva a se stesso, quando udì il rantolo di morte del principe provenire dagli appartamenti della regina.
Ser Barristan rientrò. La pioggia sgocciolava dal mantello bianco, e gli stivali lasciavano tracce umide su pavimenti e tappeti. Dietro suo ordine, Quentyn Martell era stato adagiato sul letto della regina. Era stato sia un cavaliere sia un principe di Dorne. Gli era quindi sembrato un atto di cortesia concedergli di morire in quel letto che aveva attraversato mezzo mondo per raggiungere. Lenzuola, coperte, cuscini e materasso erano irrecuperabili, intrisi di sangue e cenere, ma ser Barristan era certo che Daenerys lo avrebbe perdonato.
Missandei sedeva al capezzale del morente. Era stata con il principe notte e giorno, occupandosi di tutte le necessità che egli riusciva a esprimere, dandogli acqua e latte di papavero quando aveva la forza di bere, ascoltando le poche, torturate parole che poteva emettere, leggendo per lui quando era tranquillo, dormendo su uno scranno al suo fianco. Ser Barristan aveva chiesto aiuto anche ad alcuni coppieri della regina, ma la vista dell’uomo ustionato era stata insostenibile anche per i più temerari. E le grazie azzurre non erano mai venute, sebbene lui le avesse mandate a chiamare quattro volte. Forse, le ultime di loro erano state portate via dalla giumenta pallida.
Quando lui si avvicinò, la piccola scriba naathi sollevò lo sguardo. «Onorevole cavaliere, ora il principe è al di là del dolore. I suoi dèi dorniani lo hanno riportato a casa. Vedi? Sorride.»
“Come fai a dirlo, piccola? Non ha più le labbra.” Sarebbe stato meglio se i draghi lo avessero divorato. Per lo meno, la sua fine sarebbe stata rapida. Invece… “Il fuoco è un modo di morire atroce. Non c’è da meravigliarsi che metà degli inferi siano di fiamme.”
«Coprilo» disse l’anziano cavaliere.
Missandei tirò la coperta sul volto del principe. «Che cosa ne sarà di lui, ser? È così lontano da casa.»
«Farò in modo che venga riportato a Dorne.» “Ma in che forma? Come ceneri?” Questo avrebbe richiesto altro fuoco, e lo stomaco di ser Barristan non l’avrebbe retto. “Dovremo rimuovere la carne dalle ossa. Scarafaggi, invece della bollitura.” Nell’Occidente ci avrebbero pensato le sorelle del silenzio, ma lì erano nella Baia degli Schiavisti. La sorella del silenzio più vicina era a diecimila leghe di distanza. «Ora è tempo che tu vada a dormire, piccola. Nel tuo letto.»
«Se questa scriba può avere l’ardire, ser, dovresti farlo anche tu. Non hai dormito per tutta la notte.»
“Questo non accade da molti anni, piccola. Dalla Battaglia del Tridente.” Una volta, il gran maestro Pycelle gli aveva detto che gli anziani non hanno bisogno di dormire quanto i giovani, ma c’era dell’altro. Ser Barristan aveva raggiunto l’età in cui non gli piaceva chiudere gli occhi, per il timore di non riaprirli mai più. Altri magari desiderano morire nel sonno, ma quella non era una morte adatta a un cavaliere della Guardia reale.
«Le notti sono troppo lunghe» disse a Missandei «e ci sono sempre tante cose da fare. Qui, come nei Sette Regni. Ma tu hai fatto abbastanza, piccola. Va’ a riposare.» “E se gli dèi sono misericordiosi, non sognerai draghi.”
Dopo che la fanciulla se ne fu andata, l’anziano cavaliere rimosse la coperta per dare un ultimo sguardo al volto di Quentyn Martell, o a ciò che ne rimaneva. Era stata portata via così tanta carne, che si vedevano le ossa del cranio. I suoi occhi erano delle pozze purulente. “Avrebbe dovuto restare a Dorne. Avrebbe dovuto restare un ranocchio. Non tutti gli uomini possono danzare con i draghi.” Mentre copriva di nuovo il ragazzo, si trovò a domandarsi se ci sarebbe stato qualcuno a coprire la sua regina, o se il cadavere sarebbe rimasto insepolto fra l’erba alta del Mare Dothraki, a fissare il cielo con occhi ciechi finché la carne non si fosse staccata dalle ossa.
«No» disse ad alta voce. «Daenerys non è morta. Ha cavalcato il suo drago, l’ho visto con i miei occhi.» Ser Barristan se l’era già ripetuto centinaia di volte… ma ogni giorno che passava diventava sempre più difficile crederci. “I suoi capelli erano in fiamme, ho visto anche questo. Stava bruciando… e anche se io non l’ho vista cadere, centinaia di persone giurano che è andata così.”
Il giorno era arrivato lentamente sulla città. La pioggia continuava a cadere, ma un chiarore più diffuso avvolgeva il cielo a oriente. E con il sole, arrivò anche il Testarasata.
Skahaz indossava il suo abbigliamento consueto: gonnellino a pieghe nero e piastra pettorale con i muscoli scolpiti. La maschera d’ottone che teneva sottobraccio, invece, era nuova: la testa di un lupo con la lingua di fuori.
«Quindi» esordì come saluto «il giovane stolto è morto, è così?»
«Il principe Quentyn è spirato poco prima dell’alba.» Selmy non fu sorpreso che Skahaz ne fosse già informato. Le notizie viaggiavano rapidamente, dall’interno della piramide. «Il concilio è riunito?»
«Attendono la compiacenza del Primo Cavaliere.»
“Io non sono il Primo Cavaliere” avrebbe voluto urlare una parte di lui. “Sono un cavaliere e basta, a protezione della regina. Non l’ho mai voluto essere.” Ma con la regina dispersa e il re in catene, qualcuno doveva governare, e ser Barristan non si fidava del Testarasata. «Ci sono notizie della Grazia Verde?»
«Non è ancora tornata in città.» Skahaz era contrario all’idea di inviare la sacerdotessa. E la stessa Galazza Galare non aveva accettato l’incarico. Sarebbe andata, accondiscese, in nome della pace, ma per negoziare con i Saggi Padroni di Yunkai era più adatto Hizdahr zo Loraq. Ser Barristan, però, non aveva ceduto, e alla fine la Grazia Verde aveva chinato il capo, giurando che avrebbe fatto del proprio meglio.
«Qual è la situazione in città?» chiese Selmy.
«Tutte le porte sono chiuse e sbarrate, come tu hai comandato. Stiamo dando la caccia a tutti i mercenari e gli yunkai rimasti in città, espellendo o arrestando quelli che catturiamo. I più sembrano essersi nascosti, senza dubbio all’interno delle piramidi. Gli Immacolati pattugliano le mura e le torri, pronti a qualsiasi assalto. Ci sono duecento cittadini di alto lignaggio raccolti nella piazza, immobili sotto la pioggia nei loro tokar, che reclamano a gran voce di avere udienza. Vogliono Hizdahr libero e me morto, e che tu uccida quei draghi. Qualcuno ha detto loro che i cavalieri sono bravi in questo. Intanto dalla Piramide di Hazkar continuano a essere estratti cadaveri. I Grandi Padroni di Yherizan e Uhlez hanno abbandonato le loro piramidi ai draghi.»
Tutto questo ser Barristan lo sapeva già. «E l’ammontare della carneficina?» chiese, temendo la risposta.
«Ventinove.»
«Ventinove?» Peggio di quello che si aspettava. Due giorni prima, i Figli dell’Arpia avevano ripreso la loro guerra fantasma. Tre omicidi la prima notte, nove la seconda. Ma passare da nove a ventinove in una notte sola…
«Prima di mezzogiorno saremo a trenta. Perché quella faccia lunga, vecchio? Che cosa ti aspettavi? L’Arpia vuole Hizdahr libero, così ha mandato di nuovo per le strade i suoi figli con il coltello in pugno. I caduti sono tutti liberti e testerasate, come prima. Uno di loro è una Belva d’Ottone. Vicino ai corpi è stato lasciato il segno dell’Arpia, tracciato con il gesso per terra o scalfito sui muri. C’erano anche dei messaggi: “I draghi devono morire” hanno scritto, e “Harghaz l’Eroe”. E prima che la pioggia cancellasse le scritte, è stato visto anche un “Morte a Daenerys”.»
«La tassa di sangue…»
«Duemilanovecento pezzi d’oro per ogni piramide, aye» brontolò Skahaz. «Verrà raccolta… ma un po’ di conio non potrà fermare la mano dell’Arpia. Solamente il sangue può riuscirci.»
«Questo lo dici tu.» “Ancora gli ostaggi. Fosse per lui, li sterminerebbe tutti.” «Me lo hai già detto cento volte. No.»
«Primo Cavaliere della regina» grugnì Skahaz, con disgusto. «Una vecchia donnicciola, ecco quello che penso, debole e rugosa. Prego che Daenerys torni al più presto.» Si sistemò sul volto la sua maschera d’ottone a forma di lupo. «Il tuo concilio starà diventando inquieto.»
«È il concilio della regina, non il mio.»
Selmy sostituì il mantello fradicio di pioggia con uno asciutto, affibbiò il cinturone della spada e si diresse con il Testarasata giù per le scale.
Nella sala delle colonne quella mattina non c’era nessun postulante. Per quanto avesse assunto il titolo di Primo Cavaliere della regina, ser Barristan non intendeva tenere corte in assenza della sovrana, né avrebbe permesso che lo facesse Skahaz mo Kandaq. I grotteschi troni a forma di drago voluti da Hizdahr erano stati rimossi per ordine suo, anche se non aveva ripristinato la semplice panca con i cuscini prediletta dalla regina. Al suo posto, al centro della sala aveva fatto mettere una grande tavola rotonda, circondata da alti scranni, dove i membri del concilio potevano conferire da pari a pari.
Quando ser Barristan scese gli ultimi gradini di marmo, con al fianco Skahaz, tutti si alzarono in piedi. Era presente Marselen degli Uomini della Madre, con Symon Schiena Striata dei Fratelli Liberi. Gli Scudi Coraggiosi avevano scelto un nuovo comandante, un uomo delle Isole dell’Estate dalla pelle nera chiamato Tal Toraq; il loro precedente capitano, Mollono Yos Dob, era stato portato via dalla giumenta pallida. C’era Verme Grigio in rappresentanza degli Immacolati, scortato da tre sergenti eunuchi con gli elmi a rostro. I Corvi della Tempesta erano rappresentati da due mercenari veterani: un arciere di nome Jokin, e lo sfregiato e cupo guerriero d’ascia noto solamente come il Vedovo. Avevano assunto insieme il comando della compagnia, in assenza di Daario Naharis. La maggior parte del khalasar della regina era andato con Aggo e Rakharo alla sua ricerca nel Mare Dothraki, ma come portavoce dei guerrieri rimasti era presente Rommo, lo strabico jaqqa rahn dalle gambe arcuate.
Di fronte a ser Barristan sedevano quattro delle guardie personali improvvisate di re Hizdahr: i gladiatori delle fosse da combattimento Goghor il Gigante, Belaquo Spaccateste, Camarron del Conteggio e Gatto Maculato. Selmy aveva insistito sulla loro presenza, nonostante le obiezioni di Skahaz il Testarasata. Avevano aiutato Daenerys Targaryen a prendere la città, e questo non andava dimenticato. Anche se bruti e assassini grondanti sangue, a modo loro erano rimasti leali… a re Hizdahr, certo, ma anche alla regina.
Per ultimo, entrò con passo malfermo anche Belwas il Forte.
L’eunuco aveva visto la morte in faccia, talmente vicina che avrebbe potuto baciarne le labbra. Ne portava il segno. Sembrava avesse perso almeno venti libbre, e la pelle marrone scuro un tempo tesa su un torace e un ventre massicci, solcata da centinaia di cicatrici chiare, ora gli pendeva addosso in morbide pieghe, afflosciata e tremolante, come una tunica di tre misure troppo grande. Anche i suoi passi erano più lenti e sembravano un po’ incerti.
Eppure, vederlo riscaldò il cuore dell’anziano cavaliere. Un tempo aveva attraversato il mondo in compagnia di Belwas il Forte e, qualora si fosse passati alle spade, sapeva di poter contare su di lui.
«Barbabianca» Belwas sorrise. «Dov’è il fegato con le cipolle? Belwas il Forte non è più forte come prima, deve mangiare, diventare di nuovo grosso. Hanno fatto ammalare Belwas il Forte. Qualcuno deve morire.»
“E qualcuno morirà. Probabilmente tanti qualcuno.” «Siediti, amico mio.» Ser Barristan attese che Belwas si fosse accomodato, con le braccia conserte, poi proseguì. «Quentyn Martell è morto questa mattina, poco prima dell’alba.»
Il Vedovo rise. «Il domatore di draghi.»
«Lo stolto, dico io» aggiunse Symon Schiena Striata.
“No, solamente un ragazzo.” Ser Barristan non aveva dimenticato le follie della propria giovinezza. «Non parlate male del defunto. Il principe ha pagato un prezzo terribile per ciò che ha fatto.»
«E gli altri dorniani?» chiese Tal Toraq.
«Prigionieri, per il momento.»
I due dorniani non avevano opposto resistenza. Quando le Belve d’Ottone lo avevano trovato, Archibald Yronwood teneva fra le braccia il corpo ustionato e fumante del principe Quentyn Martell; come le sue ferite dimostravano, aveva cercato di spegnere con le mani le fiamme che lo avvolgevano. Quanto a Gerris Drinkwater, li proteggeva brandendo la spada, che però aveva lasciato cadere appena erano apparse le locuste.
«Condividono la medesima cella» aggiunse ser Barristan.
«Facciamo in modo che condividano anche la medesima forca» disse Symon Schiena Striata. «Hanno liberato due draghi in città.»
«Aprite le fosse da combattimento e date loro delle spade» insisté Gatto Maculato. «Li ucciderò entrambi mentre Meereen scandisce il mio nome.»
«Le fosse da combattimento resteranno chiuse» tagliò corto Selmy. «Sangue e frastuono servirebbero solo ad attirare i draghi.»
«Magari tutti e tre» suggerì Marselen. «Il mostro nero è già venuto una volta, perché non di nuovo? Questa volta con la nostra regina in groppa.»
“O senza di lei.” Se Drogon fosse tornato a Meereen senza Daenerys sulla schiena, la città sarebbe esplosa in un delirio di fuoco e fiamme, di questo ser Barristan era certo. Gli stessi uomini ora seduti a quel tavolo si sarebbero scagliati l’uno contro l’altro con l’acciaio in pugno. Anche se era solo una fanciulla, Daenerys Targaryen era l’unica persona che li teneva uniti.
«Sua grazia farà ritorno quando avrà deciso di tornare» disse ser Barristan. «Abbiamo radunato un migliaio di pecore nella Fossa di Daznak, riempito di vitelli la Fossa di Ghrazz, stipato la Fossa Dorata con gli animali che Hizdahr zo Loraq aveva ammassato per i combattimenti.»
Fino ad allora, entrambi i draghi si erano dimostrati particolarmente ghiotti di carne ovina, tornando alla Fossa di Daznak ogni volta che erano affamati. Se uno dei due aveva dato la caccia a esseri umani, dentro o fuori le mura della città, a ser Barristan non ne era ancora giunta notizia. Gli unici meerensi che i draghi avevano ucciso dopo Harghaz l’Eroe erano stati gli schiavisti tanto idioti da insorgere quando Rhaegal aveva deciso di rifugiarsi in cima alla Piramide di Hazkar.
«Abbiamo argomenti più pressanti da discutere» riprese ser Barristan. «Ho inviato la Grazia Verde dagli yunkai a negoziare il rilascio dei nostri ostaggi. Attendo il suo ritorno per mezzogiorno, con le loro risposte.»
«Con delle parole» disse il Vedovo. «I Corvi della Tempesta conoscono gli yunkai. Le loro lingue sono vermi che si contorcono di qua e di là. La Grazia Verde tornerà con delle parole viscide come vermi, non con il nostro capitano.»
«Se al Primo Cavaliere della regina compiace ricordare, gli yunkai detengono anche il nostro Eroe» intervenne Verme Grigio. «Più il guerriero Jhogo, cavaliere di sangue della regina.»
«Sangue del suo sangue» sottolineò il dothraki Rommo. «Jhogo deve essere liberato. L’onore del khalasar lo impone.»
«Lo libereremo» dichiarò ser Barristan «ma prima dobbiamo vedere se la Grazia Verde è riuscita a concludere…»
Skahaz il Testarasata batté il pugno sul tavolo. «La Grazia Verde non concluderà niente. In questo preciso istante, potrebbe stare cospirando con gli yunkai. “Negoziare”, dici? Prendere degli accordi? Quale genere di accordi?»
«Il riscatto» precisò ser Barristan. «Il peso di ogni uomo in oro.»
«I Saggi Padroni non hanno bisogno del nostro oro, ser» ribatté Marselen. «Ognuno di loro è più ricco di tutti i vostri lord dell’Occidente.»
«I loro mercenari, però, vogliono l’oro. Che senso hanno degli ostaggi, per i mercenari? Se gli yunkai rifiutano, la decisione pianterà una lama tra loro e i soldati a pagamento.»
“O almeno, così spero.” Era stata Missandei a suggerirgli quella strategia. A lui non sarebbe mai venuto in mente. Ad Approdo del Re la corruzione era dominio di Ditocorto, mentre lord Varys aveva il compito di fomentare la divisione tra i nemici della corona. I doveri di Selmy erano sempre stati quanto mai lineari. “Solamente undici anni di età, eppure Missandei è intelligente come la metà degli uomini seduti a questo tavolo, e più saggia di tutti loro.”
«Ho dato istruzione alla Grazia Verde di pronunciare l’offerta solo quando tutti i comandanti yunkai saranno radunati ad ascoltarla.»
«Rifiuteranno comunque» insisté Symon Schiena Striata. «Diranno che vogliono i draghi morti e il re restaurato.»
«Prego gli dèi che tu sia in errore.» “Anche se temo che tu abbia ragione.”
«Gli dèi sono lontani, ser Nonno» ribatté il Vedovo. «Non credo che sentano le tue preghiere. E quando gli yunkai ti rimanderanno indietro la vecchia a sputarti in un occhio, che cosa farai?»
«Fuoco e sangue» rispose ser Barristan in un soffio.
Per un lungo momento nessuno parlò. Poi Belwas il Forte si diede una manata sul ventre. «Meglio del fegato con le cipolle!» Mentre Skahaz, guardando attraverso le fessure della sua maschera da lupo, disse: «Infrangeresti dunque la pace del re Hizdahr, vecchio?».
«Sarei pronto a frantumarla.» Una volta, tanto tempo prima, un principe lo aveva chiamato Barristan il Valoroso. Una parte di quel ragazzo esisteva ancora dentro di lui. «Abbiamo preparato un grande falò sulla cima della piramide, dove un tempo sorgeva l’Arpia. Legna secca imbevuta di olio per lanterne, tenuta coperta per ripararla dalla pioggia. Se l’ora dovesse scoccare, e io prego che non accada, accenderemo quel falò. Le fiamme saranno il segnale per riversarvi fuori dalle porte della città e attaccare gli yunkai. Ognuno di voi avrà un proprio compito, ecco perché è importante essere pronti in ogni istante, giorno o notte. Distruggeremo i nostri nemici, oppure saremo distrutti da loro.» Fece un cenno con la mano ai suoi giovani scudieri in attesa. «Ho fatto preparare delle mappe che illustrano la dislocazione dei nostri nemici, i loro accampamenti, le loro linee di assedio, le catapulte. Se riusciremo a stroncare gli schiavisti, i loro mercenari li abbandoneranno. So che avrete domande e obiezioni. Date loro voce adesso. Quando lasceremo questo tavolo, dobbiamo essere tutti d’accordo e avere un unico obiettivo.»
«Allora è meglio far arrivare cibo e bevande» suggerì Symon Schiena Striata. «Ci vorrà un bel po’ di tempo.»
In effetti ci volle il resto della mattinata, più metà del pomeriggio. Capitani e comandanti si accapigliarono sulle mappe come pescivendole davanti a un secchio di granchi. Punti di debolezza e punti di forza, come impiegare al meglio le loro piccole compagnie di arcieri, se gli elefanti andassero usati per spezzare le linee degli yunkai o se invece tenerli di riserva, chi avrebbe avuto l’onore di condurre il primo assalto, se la cavalleria dovesse essere dispiegata sui fianchi o in avanguardia.
Ser Barristan lasciò che ognuno esprimesse il proprio pensiero. Tal Toraq sosteneva che, una volta rotto l’assedio, bisognava marciare direttamente su Yunkai; la città gialla sarebbe stata pressoché sguarnita, sicché gli yunkai non avrebbero avuto altra scelta se non togliere l’assedio e ritirarsi. Gatto Maculato propose di lanciare una sfida al nemico perché inviasse un campione, che poi lui stesso avrebbe affrontato in singolar tenzone. L’idea piacque a Belwas il Forte, solo che avrebbe dovuto essere lui a combattere al posto del Gatto. Camarron del Conteggio illustrò una tattica per impossessarsi delle navi ormeggiate lungo la riva del fiume, e usare poi lo Skahazadhan per trasportare trecento gladiatori delle fosse da combattimento attorno alla retroguardia degli yunkai. Tutti concordavano sul fatto che gli Immacolati erano le truppe migliori, ma non su come impiegarli. Il Vedovo voleva usare i soldati eunuchi come un pugno di ferro per attaccare il cuore delle difese yunkai. Marselen, invece, riteneva che sarebbe stato meglio collocarli ai due estremi del fronte d’attacco principale, così da respingere qualsiasi tentativo di aggiramento da parte del nemico. Symon Schiena Striata voleva dividerli in tre contingenti separati, da accorpare alle tre compagnie di liberti. I Fratelli Liberi erano ansiosi di combattere, dichiarò, ma senza gli Immacolati di rinforzo temeva che i suoi soldati al battesimo del sangue non avrebbero avuto sufficiente disciplina per affrontare dei mercenari veterani. Verme Grigio si limitò a dire che gli Immacolati avrebbero ubbidito, qualsiasi cosa fosse stata loro ordinata.
E una volta che tutto questo fu discusso, dibattuto e deciso, Symon Schiena Striata sollevò un’ultima questione. «Da schiavo a Yunkai ho aiutato il mio padrone a negoziare con le compagnie libere e ho anche visto le pergamene dei loro compensi. Io conosco i mercenari e so che gli yunkai non sono in grado di pagarli per affrontare il fuoco dei draghi. Quindi vi chiedo… se la pace dovesse finire e iniziare la battaglia… i draghi arriveranno? Si lanceranno nella mischia?»
“Sì, arriveranno” avrebbe potuto rispondergli ser Barristan. “Saranno attirati dal frastuono, dalle grida e dalle urla, dall’odore del sangue. Tutto questo li porterà sul campo di battaglia, così come il boato della Fossa di Daznak ha attirato Drogon su quelle sabbie scarlatte. Ma una volta che saranno arrivati, come potranno distinguere una parte dall’altra?” Per cui, tutto quello che disse fu: «I draghi faranno quello che faranno. Ma se dovessero arrivare, forse l’ombra delle loro ali sarà sufficiente a scoraggiare gli schiavisti e indurli alla fuga».
Poi ringraziò tutti e li congedò.
Verme Grigio fu l’unico ad attardarsi, mentre gli altri se n’erano già andati. «I miei uomini saranno pronti, quando le fiamme del falò appariranno. Ma il Primo Cavaliere è senz’altro consapevole che quando noi attaccheremo, gli yunkai uccideranno gli ostaggi.»
«Farò tutto il possibile per evitarlo, amico mio. Ho… un piano. Ma ora ti prego di scusarmi. È tempo di portare ai dorniani la notizia che il loro principe è morto.»
Verme Grigio chinò il capo. «Questo soldato ubbidisce.»
Ser Barristan portò con sé nelle segrete due dei suoi cavalieri freschi di investitura. È noto che dolore e senso di colpa possono portare anche uomini valenti alla follia, e sia Archibald Yronwood sia Gerris Drinkwater avevano entrambi avuto un ruolo importante nella morte dell’amico. Ma quando arrivarono alla cella, l’anziano cavaliere disse a Tum e all’Agnello Rosso di aspettare fuori, ed entrò quindi da solo per dire ai dorniani che l’agonia del principe era finita.
Ser Archibald, grosso e calvo, non disse niente. Rimase seduto sul bordo del pagliericcio, a fissarsi le mani avvolte nelle bende di lino. Ser Gerris batté un pugno contro il muro. «Gli avevo detto che era una follia. L’ho implorato di tornare a casa. Quella puttana della vostra regina non sapeva che cosa farsene di lui, lo vedeva chiunque. Ha attraversato il mondo per offrirle il suo amore e la sua fedeltà, e lei gli ha riso in faccia.»
«La regina non ha mai riso» disse Selmy. «Se tu la conoscessi, lo sapresti.»
«Lo ha respinto. Lui le ha offerto il suo cuore, e lei glielo ha gettato indietro ed è andata a chiavare quel suo mercenario.»
«Sarà meglio che tieni a freno la lingua, ser.» Ser Barristan non aveva simpatia per quel Gerris Drinkwater e non gli avrebbe permesso di offendere Daenerys. «La morte del principe Quentyn è stata responsabilità sua, e vostra.»
«Nostra? E noi che colpa ne avremmo, ser? Quentyn era nostro amico, certo. Per alcuni versi era anche uno sciocco, per così dire, come tutti i sognatori. Ma innanzitutto era il nostro principe. E noi gli dovevamo ubbidienza.»
Barristan Selmy non ebbe nulla da obiettare a quella verità. Aveva trascorso metà della vita ubbidendo agli ordini di ubriaconi e dementi. «È arrivato troppo tardi.»
«Le ha offerto il suo cuore» ripeté ser Gerris.
«Lei ha bisogno di spade, non di cuori.»
«Le avrebbe dato tutte le lance di Dorne.»
«Vorrei che lo avesse fatto.» Nessuno aveva desiderato che Daenerys guardasse con favore al principe dorniano più di Barristan Selmy. «Però è arrivato troppo tardi, e questa follia poi… assoldare mercenari, liberare due draghi in città, questo era delirio puro, anzi peggio: è stato tradimento.»
«Ciò che Quentyn ha fatto, lo ha fatto per amore della regina Daenerys» insisté Gerris Drinkwater. «Per dimostrarle di essere degno della sua mano.»
L’anziano cavaliere aveva ascoltato abbastanza. «Ciò che il principe Quentyn ha fatto, lo ha fatto per Dorne. Mi prendete forse per un vecchio rimbambito? Ho passato la vita fra re, regine e principi. Lancia del Sole intende prendere le armi contro il Trono di Spade. No, non disturbatevi a negarlo. E Doran Martell non è uomo da schierare le sue lance senza una speranza di vittoria. È stato il dovere a portare qui il principe Quentyn. Dovere, onore, sete di gloria… non amore. Quentyn era qui per i draghi, non per Daenerys.»
«Tu non lo conoscevi, ser. Lui…»
«… è morto, Drink.» Archibald Yronwood si alzò in piedi. «E le parole non lo riporteranno certo in vita. Cletus e Will sono morti anche loro. Quindi chiudi quella maledetta bocca, prima che ci cacci dentro un pugno.» Il grosso cavaliere si girò verso Selmy. «Che cosa intendi fare di noi?»
«Skahaz il Testarasata vuole impiccarvi. Avete ucciso quattro dei suoi uomini. Quattro uomini della regina. Due erano dei liberti che avevano seguito sua grazia fin da Astapor.»
Yronwood non parve sorpreso. «Gli uomini bestia, aye. Io ne ho ucciso solo uno, la testa di basilisco. Gli altri li hanno liquidati i mercenari. Ma questo non ha importanza, lo so.»
«Stavamo proteggendo Quentyn» disse Drinkwater. «Noi…»
«Sta’ zitto, Drink, lui lo sa.» Il grosso cavaliere disse a ser Barristan: «Se dovevi impiccarci, non c’era ragione di venire qui a parlare. Per cui c’è dell’altro, o sbaglio?».
«Non sbagli.» “Ecco uno che potrebbe non essere corto di cervello come sembra.” «Da vivi mi siete più utili che da morti. Voi servite me, e io poi vi procuro una nave che vi riporti a Dorne, con le ossa del principe Quentyn da restituire al lord suo padre.»
Ser Archibald fece una smorfia. «Perché ci sono sempre di mezzo le navi? Qualcuno, però, deve riportare Quent a casa. E tu che cosa vuoi da noi, ser?»
«Le vostre spade.»
«Hai già migliaia di spade.»
«I liberti della regina non hanno ancora avuto il battesimo del sangue. Dei mercenari non mi fido. Gli Immacolati sono bravi soldati… ma non sono dei guerrieri, non sono dei cavalieri.» Ser Barristan fece una pausa. «Che cosa è successo quando avete tentato di prendere i draghi? Raccontatemi.»
I due dorniani si scambiarono un’occhiata. Poi Drinkwater iniziò: «Quentyn aveva detto al Principe Straccione che lui poteva domarli. Ce l’aveva nel sangue, diceva. Sangue Targaryen».
«Sangue del drago.»
«Esatto. I mercenari avrebbero dovuto aiutarci a incatenare i draghi, per poi trasportarli fino al molo.»
«Lo Straccione aveva predisposto una nave» intervenne Yronwood. «Piuttosto grossa, qualora li avessimo presi tutti e due. E Quent ne avrebbe cavalcato uno.» Abbassò lo sguardo sulle mani bendate. «Solo che appena siamo entrati là dentro abbiamo capito che niente sarebbe andato per il verso giusto. I draghi erano troppo agitati. Le catene… c’erano pezzi di catene dappertutto, catene grosse, anelli grandi come la tua testa, in mezzo a tutte quelle ossa scheggiate e spaccate. E Quent, che i Sette Dèi lo salvino, sembrava sul punto di cacarsi nelle brache. Caggo e Meris non sono ciechi, anche loro se ne sono accorti. Poi uno dei balestrieri ha lanciato un dardo. Forse avevano sempre avuto l’intenzione di ucciderli, e si sono serviti di noi per arrivare a loro. Con lo Straccione non si sa mai. Comunque sia, non è stata una mossa astuta. Quel dardo li ha fatti inferocire, non che prima fossero granché di buonumore. Poi… le cose si sono messe peggio.»
«Quelli della Compagnia del Vento si sono volatilizzati» riprese ser Gerris. «Quent urlava, avvolto dalle fiamme, e loro sono scappati. Caggo, Meris la Bella, tutti quanti tranne il morto.»
«E che cos’altro ti aspettavi, Drink? Il gatto ammazza il topo, il maiale si rotola nella merda e il mercenario se la batte proprio quando c’è più bisogno di lui. Non si può biasimarlo: è la natura della bestia.»
«Non ha torto» disse ser Barristan. «E il principe Quentyn che cosa aveva promesso al Principe Straccione in cambio del suo aiuto?»
Nessuna risposta. Ser Gerris guardò ser Archibald. Ser Archibald guardò le proprie mani, il pavimento, la porta.
«Pentos» scandì ser Barristan. «Gli aveva promesso Pentos. Ditelo. Le vostre parole non possono più fare né male né bene al principe Quentyn.»
«Aye» ammise ser Archibald, con aria afflitta. «Pentos. L’hanno anche messo per iscritto, i due.»
“Intravedo una possibilità.” «Abbiamo ancora gli uomini della Compagnia del Vento nelle segrete. Quei finti disertori.»
«Me li ricordo» disse Yronwood. «Hungerford, Paglia, quella banda. Certi non erano così male, per essere dei mercenari. Altri invece, be’, potrebbero magari resistere un po’ alla morte. Che intenzioni hai con loro?»
«Rimandarli dal Principe Straccione. E voi con loro. Sarete due in mezzo a migliaia. La vostra presenza nell’accampamento yunkai dovrebbe passare inosservata. Voglio che portiate un messaggio al Principe Straccione. Ditegli che vi mando io, che parlo con la voce della regina. E ditegli che se ci consegna i nostri ostaggi, incolumi e integri, sono pronto a pagare il prezzo che chiede.»
Ser Archibald serrò la mascella. «Più facile che Cenci e Stracci ci gettino in pasto a Meris la Bella. Non ci starà.»
«E perché no? Il compito è abbastanza semplice.» “Rispetto a rubare due draghi.” «Una volta sono riuscito a portare il padre della regina fuori da Duskendale.»
«Ma quello è stato in Occidente» disse Gerris Drinkwater.
«E questa è Meereen.»
«Arch non può nemmeno impugnare una spada, con le mani che si ritrova.»
«Non è necessario che lo faccia. E se non mi inganno sul suo conto, avrete i mercenari dalla vostra.»
Gerris Drinkwater si passò la mano fra i capelli schiariti dal sole. «Possiamo avere il tempo per discuterne tra noi?»
«No» rispose Selmy.
«Io ci sto» dichiarò Archibald Yronwood «basta che non ci sia di mezzo nessuna fottutissima nave. E ci sta anche Drink.» Sogghignò. «Ancora non lo sa, ma ci sta.»
E così finì.
“Quanto meno la parte semplice” valutò Barristan Selmy, mentre risaliva la lunga salita verso la sommità della piramide. La parte difficile l’aveva lasciata nelle mani dei dorniani. Suo nonno ne sarebbe rimasto sconvolto. I dorniani erano cavalieri, per lo meno di nome, anche se l’unico che aveva dato a ser Barristan l’impressione di avere dentro del vero acciaio era Yronwood. Drinkwater aveva un bell’aspetto, la lingua pronta e tanti capelli biondi.
Quando l’anziano cavaliere giunse finalmente negli appartamenti della regina in cima alla piramide, il cadavere del principe Quentyn era stato portato via. Al suo arrivo sei giovani coppieri stavano giocando a un gioco fanciullesco: seduti in cerchio sul pavimento, facevano ruotare a turno un pugnale. Quando il pugnale si fermava, al ragazzo indicato dalla punta della lama veniva tagliata una ciocca di capelli. Anche ser Barristan aveva giocato in adolescenza a un gioco simile con i suoi cugini, a Sala del Raccolto… ma nell’Occidente, come ricordava, nel gioco c’erano di mezzo anche i baci.
«Bhakaz» chiamò ser Barristan «una coppa di vino, per cortesia. Grazhar, Akkaz, la porta è vostra. Sto aspettando la Grazia Verde. Fatela entrare appena arriva. Altrimenti, non desidero essere disturbato.»
Akkaz balzò in piedi. «Come tu comandi, lord Primo Cavaliere.»
Ser Barristan uscì sulla terrazza. La pioggia era cessata, anche se un velo di nubi grigio antracite celava il sole al tramonto che scendeva sulla Baia degli Schiavisti. Alcuni fili di fumo continuavano a levarsi dalle pietre annerite di Hazdar, ritorti dal vento come nastri evanescenti. In lontananza verso oriente, oltre le mura della città, scorse pallide ali muoversi sopra una remota linea di colline. “Viserion.” Forse era a caccia, oppure volava semplicemente per il gusto di volare. Si domandò dove potesse essere Rhaegal. Fino a quel momento, il drago verde si era dimostrato molto più pericoloso del drago bianco.
Quando Bhakaz gli versò il vino, l’anziano cavaliere bevve una lunga sorsata, poi chiese al ragazzo di andargli a prendere dell’acqua. Qualche coppa di vino poteva aiutarlo a dormire, ma aveva bisogno di essere completamente lucido quando Galazza Galare fosse tornata del suo incontro con il nemico. Per cui bevve il vino abbondantemente annacquato, mentre attorno a lui calavano le tenebre. Era molto stanco e assillato dai dubbi. I dorniani, Hizdahr, Reznak, l’attacco… stava davvero prendendo le decisioni giuste? Stava facendo quello che Daenerys avrebbe voluto? “Non ero fatto per queste cose.” Altri cavalieri della Guardia reale avevano ricoperto la carica di Primo Cavaliere prima di lui. Non molti, ma alcuni. Aveva letto di loro nel Libro bianco. Si trovò a domandarsi se anche loro si erano sentiti persi e confusi quanto lui.
«Lord Primo Cavaliere.» Grazhar era in piedi sulla soglia, con una candela in mano. «La Grazia Verde è arrivata. Avevi chiesto di essere subito avvertito.»
«Falla entrare e accendi altre candele.»
Galazza Galare aveva al seguito quattro grazie rosa. Attorno a lei pareva aleggiare un’aura di saggezza e di dignità che ser Barristan non poté fare a meno di ammirare. “Ecco una donna di grande forza interiore, ed è sempre stata un’amica fedele di Daenerys.”
«Lord Primo Cavaliere» esordì Galazza Galare, con il viso celato dietro verdi veli scintillanti. «Mi posso sedere? Queste ossa sono vecchie e stanche.»
«Grazhar, uno scranno per la Grazia Verde.»
Le grazie rosa si disposero dietro di lei, con gli occhi bassi, le mani intrecciate in grembo.
«Posso offrirti una bevanda rinfrescante?»
«Accetto con estremo piacere, ser Barristan. Ho la gola secca a causa del gran parlare. Magari un succo?»
«Come tu desideri.»
Ser Barristan fece cenno a Kezmya che servisse alla sacerdotessa del succo di limone addolcito con miele. Per berlo, la Grazia Verde dovette rimuovere il velo, e Selmy si ricordò di quanto fosse vecchia. “Vent’anni più di me, o forse più.”
«Se la regina fosse qui, sono certo che si unirebbe a me nel ringraziarti per tutto quello che hai fatto per noi.»
«Sua magnificenza è sempre stata molto cortese.» Galazza Galare finì di bere e si risistemò i veli. «Ci sono novità riguardo alla nostra dolce regina?»
«Ancora nessuna.»
«Pregherò per lei. E del re Hizdahr, se posso avere l’ardire? Quando mi sarà consentito di vedere suo splendore?»
«Presto, spero. È illeso, te lo assicuro.»
«Sono compiaciuta di apprenderlo. I Saggi Padroni di Yunkai hanno chiesto di lui. E non sarai sorpreso nell’udire che essi desiderano che il nobile Hizdahr venga immediatamente restaurato nel posto che gli spetta di diritto.»
«Così sarà, se verrà dimostrato che egli non ha tentato di assassinare la nostra regina. Fino ad allora, però, Meereen sarà governata da un concilio formato da persone giuste e leali. In questo concilio c’è già un posto anche per te. So quanto tu abbia da insegnare a tutti noi, vostra benevolenza. Abbiamo bisogno della tua saggezza.»
«Temo, lord Primo Cavaliere, che tu mi stia adulando con delle vuote cortesie» rispose la Grazia Verde. «Se davvero mi ritieni saggia, ascoltami: libera il nobile Hizdahr e restauralo sul trono.»
«Questo può farlo solo la regina.»
Dietro ai suoi veli, la Grazia Verde sospirò. «La pace, che così duramente ci siamo adoperati per raggiungere, trema come una foglia nel vento autunnale. Questi sono giorni difficili. La morte avanza sulle nostre strade, cavalcando la giumenta pallida di Astapor, sia essa tre volte maledetta. I draghi dominano i cieli, banchettando con le carni dei bambini. A centinaia si stanno imbarcando per Yunkai, Tolos, Qarth, verso qualsiasi rifugio li possa accogliere. La Piramide di Hazkar è ridotta a un cumulo di rovine fumanti, e molti di quell’antica dinastia giacciono morti sotto quelle pietre annerite. Le piramidi di Uhlez e Yherizan sono diventate antri di mostri, i loro possessori mendicanti senza dimora. La mia gente ha perso qualsiasi speranza, e si è rivoltata contro gli dèi, trascorre le notti dedicandosi all’ebbrezza e alla fornicazione.»
«E all’omicidio. Solo la notte trascorsa, i Figli dell’Arpia hanno commesso trenta delitti.»
«Mi addolora udirlo. Ciò conferma la necessità di liberare il nobile Hizdahr zo Loraq, che già una volta ha fermato le uccisioni.»
“E come c’è riuscito, a meno di non essere lui stesso l’Arpia?” «Sua grazia la regina Daenerys ha concesso la propria mano a Hizdahr zo Loraq, lo ha reso suo re e consorte, ha reintrodotto l’arte mortale come lui voleva. In cambio, lui le ha dato delle locuste avvelenate.»
«In cambio, lui le ha dato la pace. Non gettarla via, ser, ti scongiuro. La pace è una perla che non ha prezzo. Hizdahr è un Loraq. Non lorderebbe mai le sue mani con del veleno. È innocente.»
«Come puoi esserne certa?» “A meno che tu non sappia chi è l’avvelenatore.”
«Me lo hanno detto gli dèi di Ghis.»
«I miei dèi sono i Sette, e i Sette non si sono pronunciati in proposito. Vostra saggezza, hai presentato la mia offerta?»
«A tutti i lord e a tutti i capitani di Yunkai, come tu mi avevi comandato, tuttavia… temo che la loro risposta non sarà di tuo gradimento.»
«Hanno rifiutato?»
«Hanno rifiutato. Nessuna quantità d’oro potrà ricomprare i tuoi uomini, mi è stato detto. Solo il sangue dei draghi potrà ridare loro la libertà.»
Era la risposta che ser Barristan Selmy si aspettava, anche se non quella che aveva sperato. Le sue labbra si irrigidirono.
«So che non sono queste le parole che desideravi ascoltare» riprese Galazza Galare. «Eppure, da parte mia, capisco. Quei draghi sono bestie feroci. Yunkai li teme… e per valide ragioni, non puoi negarlo. La nostra storia parla dei signori dei draghi della terribile Valyria, delle devastazioni che essi portarono fra le genti dell’antica Ghis. Anche la tua giovane regina, la bionda Daenerys che si proclamava Madre dei Draghi… l’abbiamo vista bruciare, quel giorno, nella fossa. Anche lei non è riuscita a scampare alla furia del drago.»
«Sua grazia non è… lei…»
«… è morta. Possano gli dèi donarle l’eterno riposo.» Delle lacrime scintillarono dietro i veli. «Che quindi muoiano anche i suoi draghi.»
Selmy stava ancora cercando una risposta, quando udì un suono di passi pesanti. La porta si spalancò di colpo, e Skahaz mo Kandaq fece irruzione, seguito da quattro Belve d’Ottone. Quando Grazhar cercò di sbarragli la strada, Skahaz lo scaraventò da una parte.
Ser Barristan balzò in piedi all’istante. «Che cosa succede?»
«Le catapulte» ringhiò il Testarasata. «Tutte e sei.»
Anche Galazza Galare si alzò. «È in tale guisa che Yunkai risponde alla tua offerta, cavaliere. Ti avevo avvisato che la risposta non sarebbe stata di tuo gradimento.»
“Quindi hanno scelto la guerra. E così sia.” Ser Barristan Selmy si sentì stranamente sollevato. La guerra era una cosa che lui comprendeva. «Se credono di poter spezzare Meereen lanciando delle pietre…»
«Non sono pietre.» La voce dell’anziana sacerdotessa era carica di tristezza e di paura. «Sono cadaveri.»