Premessa
La distanza fra gli autori e gli avvenimenti descritti in questo libro si è ulteriormente accorciata. Quando parlano degli avvenimenti ungheresi del 1956, Montanelli e Cervi non possono dimenticare di esserne stati testimoni. Quando il tema è quello delle grandi manifestazioni genovesi del 1960, con cui le sinistre boicottarono il congresso del Movimento sociale italiano e provocarono la caduta del governo Tambroni, le parole sono quelle con cui Cervi aveva raccontato gli scontri di piazza De Ferrari sulle colonne del suo giornale. Molte parti del volume, quindi, hanno il tono e l’andatura di una cronaca diretta. Lo stesso può dirsi dei profili biografici dei maggiori protagonisti di quegli anni. Montanelli è un abile ritrattista anche quando il personaggio appartiene al passato. Ma gli schizzi dal vero di persone con cui l’autore ha una personale familiarità posseggono una più immediata freschezza. Penso anzitutto ai due Giovanni del titolo (Giovanni Gronchi, presidente della Repubblica, e Angelo Roncalli, papa con il nome di Giovanni XXIII), ma anche a Palmiro Togliatti, a Pietro Nenni, ad Amintore Fanfani, a Giuseppe Pella, a Giulio Andreotti, a Sandro Pertini, a Giuseppe Saragat.
Il tema centrale del volume è la lunga marcia della politica italiana dal centrismo di Alcide Gasperi (un declino iniziato con la morte dell’uomo di Stato trentino nel libro precedente) sino al centrosinistra di Fanfani e Aldo Moro. È una storia relativamente lunga perché i mutamenti italiani sono spesso lenti, ambigui, contrastati, fatti di passi avanti e passi indietro. Queste osservazioni sono particolarmente vere negli anni della guerra fredda per un Paese di frontiera che è membro dell’Alleanza Atlantica ma ha anche nel suo corpo sociale la maggiore forza comunista dell’Europa democratica. Gli autori, quindi, non possono limitarsi a seguire le volute e le spirali della politica nazionale. Devono parlare anche di quegli eventi internazionali che influenzano le cose della Penisola. Il XX Congresso del partito comunista dell’URSS e il rapporto segreto con cui Kruščëv denuncia i crimini staliniani e il culto della personalità producono all’interno del PCI ripensamenti che sboccheranno nel Testamento di Yalta, scritto da Togliatti prima della morte. La rivoluzione ungherese rompe definitivamente il patto che i comunisti e socialisti avevano stretto per le elezioni del 1948. Il Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII dopo la sua elezione, modifica il ruolo della Chiesa cattolica nel mondo e in Italia. L’elezione di John F. Kennedy alla Casa Bianca rende gli Stati Uniti più disponibili alle «svolte a sinistra» della politica italiana. La destituzione di Kruščëv a Mosca nell’ottobre del 1964 conferma la opacità e la difficile decifrabilità della politica sovietica, e accresce il disagio di molti comunisti italiani.
Alla fine del libro, nel 1965, l’Italia ha un nuovo volto. Il governo di centrosinistra è presieduto da Aldo Moro. Il suo vicepresidente è Pietro Nenni, il leader socialista che dieci anni prima era ancora vicino al partito comunista. Togliatti è morto a Yalta nell’agosto di quell’anno. E al Quirinale vi è Giuseppe Saragat, un socialista diventato socialdemocratico che si dedicherà, negli anni della sua presidenza, alla riunificazione della famiglia socialista. Ma questo sarà uno dei principali temi del prossimo volume.
Sergio Romano