AVVERTENZA
Io e Cervi avevamo pensato di fermarci, in questa lunga cavalcata della Storia d’Italia, alla morte di De Gasperi, cioè all’agosto del ’54. Poi abbiamo riflettuto che questo evento, per quanto importante, non segna la fine di un’epoca, anzi non segna la fine di niente. Così, in due anni di fatica equamente ripartita, vi abbiamo aggiunto questo volume che arriva al ’65. E ora che stiamo per licenziarlo alle stampe, non prendiamo impegno che sia l’ultimo della serie.
L’idea di fare un po’ di chiaro nelle vicende del ’68 col loro lugubre strascico di esplosioni terroristiche, e nelle responsabilità che vi ebbero soprattutto gl’intellettuali, ci stimola a continuare. È vero che sono avvenimenti di ieri, che tutti hanno vissuto. Ma in questi tempi di «accelerazione della storia», come diceva Halévy, lo ieri fa presto a diventare l’altro ieri, per i giovani di vent’anni esso rappresenta già il West (con tante scuse al medesimo), ma soprattutto non è stato ancora enucleato dalle polemiche e dalle dietrologie di cui seguita ad essere oggetto. Noi non pretendiamo di possedere la pietra di paragone che lo restituisca alla sua verità assoluta (che poi non esiste). Ma crediamo, per il modo in cui abbiamo attraversato quel periodo senza lasciarci piegare dalle ventate di demagogia e di conformismo salottier-barricadiero che lo solcarono, di poter portare un valido contributo al suo chiarimento. Comunque, abbiamo l’intenzione di provarci.
Un’ultima cosa – poiché le prefazioni si leggono solo quando sono brevi, anzi fulminee – circa il titolo di questo libro: L’Italia dei due Giovanni. Si tratta, come già avrete capito, di Giovanni XXIII e di Giovanni Gronchi, che furono i due protagonisti di spicco di quel decennio. A qualcuno potrà sembrare disdicevole, se non addirittura empio, il fatto di aver abbinato nel protagonismo un grande – anche se discusso – Papa come Roncalli e un piccolo Presidente della Repubblica come quel ganimede di provincia, velleitario e di mano lesta. Ma l’editore ha voluto così perché, ha detto, è un titolo «che si vende bene». E noi ci siamo arresi, lo confessiamo, a questa esigenza di bottega. Una bottega che di solito fa valere, senza procurare rimorsi a nessuno, delle esigenze ben altrimenti oltraggiose al comune senso della misura.
I.M.