Con gli Sgraffìgnoli di Mary Norton ho avuto un rapporto tanto coinvolgente e prolungato da meritare qualche riga di spiegazione. Moltissimi anni fa (preferisco non contarli), i volumi ad essi dedicati me li procurava mia madre, che allora abitava a Londra. Fin dal primo, ne fui letteralmente travolta. Ricordo che un’influenza patita in quel torno di tempo trascorse per me (adulta, moglie e madre) in un rimuginare ossessivo, tra i fumi della febbre, sugli ingegnosi dettagli della vita domestica di quegli esserini nascosti, così bravi a trarre partito da tutto ciò che noi umani pasticcioni perdiamo, buttiamo via o ci lasciamo sgraffignolare senza saperlo.
Mi risulta che questi libri in Inghilterra siano ormai dei classici consacrati. L’autrice dimostrò un’inventiva straordinaria nel creare un mondo a misura dei suoi personaggi, utilizzando i minimi cascami del nostro, dal francobollo visto come un ritratto della regina Vittoria, alla carta assorbente rossoscura che funge da tappeto nel salotto di famiglia. Si tratta della famiglia Orologi: Pod, calzolaio e sgraffìgnolo di eccezionale bravura, sua moglie Casilia e sua figlia Arietta, che all’inizio parrebbero gli ultimi rappresentanti rimasti sulla Terra della loro minuscola razza clandestina.
L’antefatto delle loro vicende è una certa Mrs May, molto informata sugli Sgraffìgnoli, che però non ha mai visto. Quanto ne sa le è stato riferito da un fratello che sosteneva di averli conosciuti bene. È un classico meccanismo di straniamento e paradossalmente serve a rendere la narrazione più convincente.
Tanto convincente da permettere perfino di lasciare dei fili sciolti, come la vita vera. Uno di questi è il destino della zia Lupy, della famiglia imparentata degli Enderighi, che dovette lasciare la grande e ordinata casa delle origini per emigrare, triste destino, nel grande mondo selvaggio dei campi e dei prati. Arietta si serve del ragazzo umano con cui ha fatto amicizia (grave imprudenza, come non mancheranno di spiegarle i suoi) per mandare un messaggio a una tana di tassi dove si dice che gli Enderighi abbiano trovato rifugio. Un alone di mistero circonda anche la sorte della figlia maggiore degli zii, un’altra imprudente che era scomparsa nel nulla, probabilmente divorata da un gatto.
Ma sarà vero? Alcuni fili pendenti potranno essere annodati nei volumi successivi, altri, con tutta probabilità, no. La vicenda esistenziale degli Sgraffìgnoli non fornisce risposte precostituite e prevedibili. Anche in questo è un po’ simile alla vita; e più o meno allo stesso modo stimola la voglia di andare avanti e saperne di più.
Beatrice Solinas Donghi