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Prima variazione sullo stesso tema

Stanno dunque venendo alla luce, in Italia, le proporzioni abnormi della corruzione. Una miriade di uomini politici che intascano denaro illecito; una miriade di imprese che lo versano e poi fanno pagare all’amministrazione pubblica dieci volte di più del valore effettivo del servizio prestato; una miriade di rapporti criminali tra mafiosi, politici, imprenditori.

Tutto questo è fuori discussione. Si deve allora concludere che, come per miracolo, la violazione della legge e della morale in Italia è salita alle stelle? che tale violazione, cioè, è un fatto da constatare ma non da spiegare alzando un po’ lo sguardo al di sopra di esso?

Intanto, c’è una percezione netta, sostanzialmente poco equivocabile, relativamente a quanto sta accadendo: di colpo, un coperchio è stato sollevato e si è riusciti a scorgere il contenuto disgustoso della pentola. Di colpo, la magistratura prende iniziative tanto clamorose quanto numerose, la polizia e i carabinieri le sanno portare a termine con efficacia e con mezzi adeguati per quantità e qualità, il sistema carcerario non ha inceppamenti di rilievo e si mostra capace di gestire, sia pure duramente, il vertiginoso aumento degli ospiti. Di colpo, un convoglio che si trovava o veniva tenuto su un binario morto si è messo in moto, e a buona velocità.

Vi è poi una seconda percezione, altrettanto netta e inequivocabile, che non può essere accantonata, anche se raramente vien posta in connessione con quell’altra: da qualche anno, e anche in questo caso quasi di colpo, il terrorismo era cessato. Era cessata non questa o quella forma di terrorismo («rosso», «nero»): era cessato il fenomeno nel suo insieme. Da un lato, dunque, un coperchio – dicevo prima – è stato sollevato; dall’altro lato un coperchio era stato messo sull’insieme di condizioni che producevano il terrorismo.

Si può replicare dicendo che, in questo secondo caso, non è stato messo un coperchio, ma è stata vuotata la pentola, cioè lo Stato italiano ha debellato il terrorismo degli anni Settanta e Ottanta, che non avrebbe nulla in comune con quello del 1992-93. Mi sembra però (limitandoci qui alla considerazione del vecchio tipo di terrorismo) che sarebbe stata una vittoria ben straordinaria, che avrebbe completamente sradicato la mala pianta con le deboli forze di uno Stato che, come quello italiano, difficilmente può essere ritenuto capace di un’azione così radicale, e condotta in un periodo in cui, come oggi sappiamo, gli interessi dello Stato venivano violati in ogni modo dalla corruzione pubblica e privata. Non è cioè credibile che uno Stato ridotto allo stremo fosse capace, come invece sostengono certi uomini politici, di un’azione così vigorosa e radicale nei confronti del terrorismo. Appunto per questo dico che, anche qui, si tratta di coperchi – che però, in questo caso, sono stati messi sui fattori che hanno prodotto gli «anni di piombo» del terrorismo.

Da un lato, dunque, il convoglio della legalità, fermo su un binario morto, è stato messo improvvisamente in moto; dall’altro lato, e in sostanza quasi contemporaneamente, il convoglio funebre del terrorismo, che in qualche momento della nostra storia è andato a pazza velocità, è stato portato per un certo tempo su un binario morto, al di fuori di sguardi indiscreti. (Nel capitolo 29 sarà considerato il rapporto tra il vecchio terrorismo e la sua ripresa attuale.)

Quando si è verificato questo quasi-sincronismo? Grosso modo, dall’avvento di Gorbaciov e dalla riduzione della tensione Est-Ovest, alla fine dell’Unione Sovietica. Non si tratta di una semplice concomitanza casuale. In quel periodo è finita una contrapposizione grandiosa: la contrapposizione tra società democratico-capitalistica e società comunista, che è stata tanto più tesa e intensa quanto meno ha scaricato in un conflitto aperto le immense energie accumulate per sconfiggere l’avversario. Una contrapposizione estrema, dove l’avversario veniva considerato da entrambe le parti come l’incarnazione stessa del male, che quindi doveva essere combattuta senza limiti e senza esclusione di colpi. In Italia la situazione era aggravata e complicata dalla presenza del più forte partito comunista operante nell’area occidentale. L’assetto democratico-capitalistico doveva dunque difendersi, in una situazione come quella italiana, oltre che dal nemico esterno anche da quello interno. La radicalità della contrapposizione dei due blocchi rendeva inevitabile la radicalità di questa forma di difesa e le conferiva un carattere di piena legittimità.

Il postulato in cui tutti crediamo o possiamo credere è che il mondo occidentale non abbia rinunciato a difendersi dal pericolo comunista – e quindi non abbia rinunciato, nella situazione italiana, a quelle forme specifiche di difesa che erano richieste dalla pericolosità addizionale costituita dal Partito comunista italiano. Il blocco occidentale non poteva cioè permettersi che l’Italia scivolasse nell’area avversaria. Se si nega quest’ultimo asserto, si deve negare anche quanto, invece, è generalmente accettato – il postulato di cui stiamo appunto parlando – e cioè che nello scontro con l’Est il mondo occidentale non ha rinunciato a difendersi e ha quindi adottato le misure adeguate.

Ma una volta accettato quel postulato, si devono accettare anche le conseguenze che ne discendono. E innanzitutto che in Italia la difesa contro il pericolo interno comunista non poteva ridursi alle forme pubbliche della lotta politica contro il Pci consentite dalla legislazione democratica. Infatti, per essere efficace, tale difesa doveva essere segreta, cioè non poteva rendere pubblico né quali sarebbero state le contromosse da adottare in caso di rivoluzione comunista e di scontro aperto con le sinistre, né quali forze alimentavano e costituivano lo schieramento anticomunista al di là dei limiti consentiti dalla legislazione vigente. Per essere efficace doveva essere segreta; ma nella misura in cui era segreta e occulta l’organizzazione della lotta interna contro il comunismo era inevitabilmente illegale (e chi se ne meraviglia e se ne scandalizza o è ingenuo o mente), giacché in regime di democrazia parlamentare tutto ciò che è legale deve essere pubblico, soprattutto quando riguarda lo Stato e la collettività.

Venne così a costituirsi in Italia (ma anche negli altri Paesi del mondo occidentale, sia pure in forme diverse) un vasto mondo sotterraneo dove la società democratico-capitalistica, per legittima difesa contro la minaccia comunista, era costretta ad agire illegalmente. (E daccapo, non è il caso di meravigliarsi e scandalizzarsi delle varie P2 e «Gladio».)

Ma l’esistenza di questa dimensione segreta e illegale non poteva rimanere senza conseguenze sugli individui che più o meno direttamente vi avevano accesso. Era infatti il luogo ideale per praticarvi, oltre all’illegalità richiesta dalla legittima difesa democratico-capitalistica, anche ogni forma di illegalità che avesse come scopo l’interesse privato. Il clima di segretezza e di illegalità non poteva cioè non favorire e non alimentare la corruzione. La magistratura può oggi colpire questi effetti; ma non se ne possono ignorare le cause, che si sottraggono decisamente all’ambito giudiziario. Non si può negare cioè che, soprattutto in Italia, lo scontro planetario Est-Ovest non solo abbia costretto la classe politica e il mondo imprenditoriale a favorire illegalmente la lotta anticomunista, ma li abbia anche spinti a utilizzare in senso anticomunista quelle forze della criminalità internazionale che, come la mafia, si erano sviluppate sulla base di una cultura del tutto estranea ai principi del comunismo marxista e che quindi avrebbero avuto tutto da perdere da una vittoria di tali principi. Alleate preziose contro il comunismo: ma scomode, imbarazzanti, inaccettabili, una volta che il comunismo ha finito di esistere. Chi ha trovato indecente la perpetuazione della convivenza con tali forme e ormai inutile il finanziamento illegale dell’anticomunismo, e ha avuto la forza di farlo, ha sollevato il primo dei due coperchi di cui ho parlato all’inizio.

D’altra parte, l’alleanza tra legalità democratico-capitalistica e illegalità e criminalità aveva attecchito; la mostruosa simbiosi si era realizzata ed era sostenuta dai vantaggi personali di molti di coloro che la gestivano. Di qui, la violenta reazione delle forze illegali affinché la collusione con la legalità abbia a continuare.

Quanto al secondo coperchio – quello che per un certo tempo è stato messo sulla pentola del terrorismo – già negli anni Settanta sostenevo (cfr. il mio saggio Téchne, cit.) che l’effetto oggettivo di ogni terrorismo, anche di quello «rosso», era di arrestare l’avanzata del Pci. L’atto terroristico era un messaggio molto chiaro: mostrava nei fatti che la società italiana era insicura e allo sbando. La conseguenza che la gente traeva da questo messaggio (la conseguenza che questo messaggio era capace di far trarre alla gente) era l’opportunità di non imbarcarsi in avventure, di non imboccare cioè le nuove strade che la sinistra andava proponendo. Quando il mare è in tempesta (e il terrorismo era e mostrava la tempesta), è meglio non cambiare imbarcazione. Per evitare che la barca della democrazia facesse naufragio sulle scogliere del comunismo si poteva dunque sacrificare alla ragion di Stato qualche decina di vite umane, spingendo al terrore e convincendo così la gente a restare dove si trovava, nella barca democratico-capitalistica.

Nel maggio del 1988 è stata approvata dalle Camere, in Italia, una legge singolare e sintomatica. Essa consente di non procedere contro un ministro incriminato di azioni delittuose, il quale dimostri di aver agito nell’interesse dello Stato e che dunque mostri che le azioni commesse non sono crimini. In genere, non si promulga una legge di cui non c’è bisogno. Questa legge prevede l’esistenza di azioni che sono crimini dal punto di vista del codice penale e civile, ma che non lo sono più quando chi le ha compiute abbia operato nell’interesse superiore dello Stato. Se non si promulgano leggi inutili e se fino a questo momento nessuno si è appellato a quella legge per difendere il proprio operato, è lecito ritenere che nell’esplorazione del sottosuolo illegale che ha sorretto la lotta anticomunista non si è ancora toccato il fondo. Sulla pentola del terrorismo è stato messo un coperchio; però quella legge sembra fatta apposta per mettere al riparo tutti coloro che ieri avevano organizzato il terrorismo per salvare l’Italia dal comunismo e, innanzitutto, coloro che sanno maneggiare con tanta efficacia i coperchi.