Prefazione 2007

Se dovessi scrivere oggi questo libro non toglierei, ma aggiungerei qualcosa intorno a quanto è accaduto dopo la data della sua pubblicazione (novembre 1993). Il declino del capitalismo è una previsione che appartiene a una previsione più ampia: il declino dell’intera tradizione occidentale; e le appartiene in modo specifico. Sia quella più ampia previsione, sia questo suo specificarsi in relazione al declino del capitalismo, stanno al centro del mio discorso intorno al senso della storia dell’Occidente.

Tuttavia nel novembre 1993 il terrorismo del fondamentalismo islamico non si era ancora portato al centro della scena mondiale e l’attenzione era ancora rivolta, anche in Italia, al terrorismo «di destra» e «di sinistra» – che peraltro non sono acqua passata, se ancora, dopo decenni, non si è riusciti a far chiarezza su stragi come quella di piazza Fontana, del treno Italicus, di piazza della Loggia. Ma, a livello mondiale, l’attenzione era soprattutto concentrata sulla fine dell’Unione Sovietica (un tema, questo, che certamente non è separato da quello del terrorismo).

Nonostante l’imponenza del terrorismo islamico, il fenomeno dominante degli ultimi cent’anni rimane il crollo dell’Unione Sovietica, perché il farsi avanti del mondo islamico è una delle più rilevanti conseguenze di quel crollo. Sino a che l’Urss è rimasta in vita, e quindi alla guida delle rivendicazioni dei popoli poveri, il fondamentalismo islamico non avrebbe infatti potuto esercitare l’aggressività poi sviluppata contro l’Occidente, senza che essa si trasformasse in uno scontro diretto tra mondo democratico-capitalistico e mondo comunista – senza cioè che essa si trasformasse in quello scontro nucleare, totalmente distruttivo, che le due superpotenze hanno sempre e con successo evitato.

E, appunto, è soprattutto nel contesto del crollo del socialismo reale che questo libro considera il declino del capitalismo e mostra come le ragioni fondamentali di quel crollo siano le stesse di tale declino – anche se poi esistono, per quest’ultimo, ragioni specifiche, che costituiscono la parte centrale di queste pagine.

Oltre a non aver nulla a che vedere con la previsione marxista della fine del capitalismo, il declino autentico del capitalismo ha un andamento ondeggiante che (come nel caso del cristianesimo) non esclude le fasi di reviviscenza e di effettivo dominio sulle altre forze. Ad esempio – ed è l’esempio più rilevante – il capitalismo è uscito vincente dalla lotta contro il comunismo e a livello planetario la sua è tuttora l’immagine del vincitore.

Lo stesso accade, su scala molto ridotta, per il capitalismo italiano. In questo libro si indicano anche alcuni degli ostacoli con i quali il capitalismo italiano si è dovuto (e si deve tuttora) confrontare dopo la fine della guerra fredda, nonostante il «punto di massimo» in cui oggi si trova la sinusoide capitalistica.

Alla fine del 1993, quando questo libro venne pubblicato, il fenomeno politico più rilevante in Italia era il successo elettorale della Lega. Pochi mesi dopo, Forza Italia sarebbe stata la seconda e ancor più rilevante sorpresa. Il tema di fondo, espresso nel cap. 29, è la permanenza del sistema dominante (cioè del capitalismo) al di sotto delle diverse forme di gestione di tale potere. Se durante la guerra fredda la gestione più adatta è stata quella che nella sua visibile configurazione politica si esprimeva nella Dc e nei suoi alleati minori, con la fine dell’Urss si è avvertito che si dovevano prendere le distanze da tale gestione, che per contrastare il comunismo era dovuta scendere a compromessi con le più diverse e più gravi forme di illegalità. Sembrava, allora, che la nuova gestione del (permanente) sistema dominante potesse trovare espressione nella Lega, cioè potesse sentirsi sufficientemente garantito da essa contro le forze di sinistra.

Nel succitato capitolo si dice, in relazione «agli interessi di fondo delle forze conservatrici e in generale del capitalismo italiano»: «Dal punto di vista di questi interessi, il successo della Lega è rassicurante. Si tratta di vedere se sia anche sufficiente per equilibrare le preoccupazioni che, secondo quel punto di vista, provengono, per esempio, dall’avanzata di Rifondazione comunista, dalla tenuta del Pds e dall’evoluzione dei rapporti tra questi due gruppi e, in generale, tra i diversi raggruppamenti “progressisti”. Un riaccostamento del Pds a Rifondazione comunista e quindi al marxismo sarebbe un elemento decisivo per rafforzare nelle forze conservatrici la convinzione che le loro posizioni di predominio sono maggiormente minacciate oggi, che il Pci non esiste più, di quanto non lo fossero al tempo della guerra fredda e dello scontro planetario tra capitalismo e comunismo. Ancora più preoccupante, la possibilità di un’alleanza tra Pds ed ex Dc, che formi un fronte comune contro la Lega».

Ho messo in corsivo due passi del testo ora riportato perché (oltre al motivo per il quale Forza Italia ancora oggi considera esistente il pericolo «comunista») mettono in risalto due tratti importanti per la comprensione dei capitoli 25-34.

Primo corsivo, relativo al «successo della Lega»: Si tratta di vedere se sia anche sufficiente. Il problema, in questa pagina, è cioè lasciato aperto. Il che significa che il «sistema», quel successo, avrebbe potuto ritenerlo non sufficiente – la qual cosa si è appunto resa visibile, poco tempo dopo la pubblicazione del mio libro, col successo di Forza Italia, che ha fortemente ridimensionato quello della Lega.

Anche il secondo passo messo in corsivo anticipa quanto è poi effettivamente accaduto: l’alleanza tra il Pds e un ampio settore della Dc – l’alleanza che se in un primo tempo si è contrapposta alla Lega, si è poi contrapposta a Forza Italia. Nel frattempo la destra, più legata alla precedente gestione del «sistema», andava abbandonandola e consentiva alla Lega quel riavvicinamento a Forza Italia che in un primo tempo era andato in crisi per la vicinanza di quest’ultima alle forze «fasciste».

Rispetto alla configurazione generale del libro, l’aspetto su cui ci si è qui sopra soffermati è relativamente secondario. L’esservisi soffermati contribuisce però a confermare quanto ho affermato all’inizio: che se dovessi scrivere oggi questo libro non dovrei togliere, ma dovrei aggiungere qualcosa: quello che ho scritto nel frattempo in saggi quali Destino della tecnica (1995) e Dall’Islam a Prometeo (2003), pubblicati da Rizzoli.

Emanuele Severino

Luglio 2007