X.

Partite Alex e Holly, Lojacono restò col direttore dell’albergo, l’azzimato signor Tarallo, il quale parlava sottovoce anche quando non c’era nessuno che potesse origliare. Una caratteristica che, unita alla musica diffusa dagli altoparlanti nascosti nella lussuosa hall, costringeva l’ispettore a tendere le orecchie.

– Direttore, un paio di domande. Questi signori… – lesse dal foglietto su cui stava prendendo appunti, – ­Wood, madre, figli e badante, sono arrivati insieme?

– Certo, signore. Giovedí scorso, il 15, in tarda mattinata. Hanno occupato tre stanze: in una si è sistemata la signora con la badante, nelle altre i due fratelli.

– Ispettore, sono ispettore. Sono venuti senza preavviso, hanno prenotato su internet o…

L’uomo scosse lievemente il capo. Gli occhi acquosi e le movenze controllate accentuavano l’impressione di stare conversando con un anziano parroco.

– No, no, signore. Hanno riservato le camere per telefono; sono stato io a rispondere. Parlai con il signor Ethan: ricordo che ribadí la necessità di alloggiare proprio qui.

Lojacono era attentissimo.

– Proprio qui? Nel senso di Sorrento o…

– No, signore. Proprio qui, al Tritone. Mi disse che c’erano motivi affettivi.

Il poliziotto rinunciò a essere chiamato ispettore.

– E le disse quali fossero questi motivi?

– No, signore. E io, ovvio, non ho chiesto: la discrezione innanzitutto. Ma il Tritone è un albergo antico, abbiamo la discesa a mare, siamo abbastanza famosi e non ci sorprende che vogliano tornare da noi.

– I Wood erano habitué, quindi?

Tarallo si strinse lievemente nelle spalle, riuscendo a non variare la sua postura confessionale.

– Non che mi risulti, signore. Ho pure verificato: noi applichiamo agevolazioni ai clienti affezionati, ma non ci sono prenotazioni a nome Wood negli ultimi dieci anni, da quando cioè abbiamo archivi informatici. Prima non le saprei dire.

Lojacono, dopo una pausa, chiese:

– Ha qualcosa da segnalarmi sui comportamenti del signor Wood nei giorni precedenti a ieri? Qualcosa di strano, visite ricevute, contatti con qualcuno…

Il direttore spalancò gli occhi, scandalizzato.

– No, signore! Noi non sorvegliamo mica i nostri ospiti! Facciamo della riservatezza il nostro motto! Chi viene al Tritone sa bene di poter fare quello che crede; i dipendenti sono qui per garantire ogni tipo di privacy e…

Il Cinese alzò la mano per fermare il flusso di parole.

– Senta, Tarallo, chiariamo le cose. Io non sono un investigatore privato che indaga su un paio di corna, sono un rappresentante della polizia di Stato incaricato di far luce su un tentato omicidio, che forse a quest’ora è diventato un omicidio.

Aveva appositamente alzato la voce perché lo sentisse anche il portiere, al quale, infatti, si appannò il sorriso plastificato. Tarallo piegò il collo in avanti come se avesse ricevuto un colpo e disse:

– Certo, ispettore. Intendevo solo che noi, professionalmente… Vede, questi sono tempi duri, anche per i grandi alberghi. La maggior parte ormai chiude da fine ottobre a Pasqua, aprendo forse, e dico forse, nel periodo natalizio. Non è facile lavorare, per chi ha qualifiche elevate. Il posto ce lo teniamo stretto, insomma. Non lo mettiamo a rischio impicciandoci dei fatti altrui.

Con la coda dell’occhio, Lojacono percepí che il portiere si era messo ostentatamente a ordinare documenti. Aveva le orecchie rosse.

Si rivolse di nuovo a Tarallo:

– Vorrei vedere la signora Wood.

L’uomo assunse un’aria compunta.

– Devo prima chiedere se è disponibile a…

– Allora non mi sono spiegato bene, Tarallo. Forse è meglio che chiami la procura per ottenere un mandato che, magari, comporti la chiusura temporanea di questo esercizio.

Il direttore sobbalzò, probabilmente piú per aver sentito definire «esercizio» l’hotel che per la paventata chiusura.

– No, no, ispettore, per carità. Mi lasci solo avvertire e andiamo su.

Tarallo esibí il proprio inglese alberghiero e compunto con la badante, una graziosa trentenne in camice e cappellino di nome Elizabeth ( please, call me Beth, disse sorridendo a Lojacono) Storm. La donna era già stata messa al corrente dei fatti da Holly prima che questa partisse con Alex, e appariva professionale e preparata; non c’era traccia di panico, in lei.

Introdusse i due uomini nella suite facendoli accomodare nel salottino che si trovava all’ingresso e, dopo aver scambiato qualche parola con Tarallo, si diresse verso la camera.

Il direttore informò Lojacono:

– La signorina è un’infermiera diplomata e non lascia mai sola la signora Wood. La signora è… Non capisce molto, insomma. È piuttosto svagata. La signorina Beth non le ha riferito del figlio, anche perché sarebbe inutile.

L’infermiera tornò spingendo una sedia a rotelle sulla quale era accomodata Charlotte Wood (il nome lo disse a bassa voce Tarallo). Lojacono restò sorpreso dalla raffinatissima bellezza della donna, che doveva avere quasi ottant’anni, ma ne dimostrava una ventina in meno. I grandi occhi verdi, il naso minuscolo e le labbra piene, aperte in un bellissimo sorriso, componevano un insieme di forte impatto. Da giovane, pensò Lojacono, doveva essere stata un vero schianto.

Beth sussurrò qualcosa alla signora, che non pareva ascoltarla: fissava Lojacono in volto con un’espressione felice, come se fosse un vecchio amico.

Hi, Vittorio! How are you, my dear? I’m so happy to meet you! Thank you to be here!

Lojacono batté le palpebre, colto in contropiede, e sorrise accennando un saluto col capo. La donna, continuando a sorridere a sua volta, agitò la mano davanti agli occhi.

– Oh, forgive me, scusami, dimentico sempre che non ti piace parlare inglese. E poi io sono italiana, do you remember? Carlotta. Che gioia vederti! Come stai? Sempre so beautiful, caro Vittorio. Mi piacerebbe chiacchierare e bere qualcosa con te, ma ho il set, mi capisci? È cosí tardi, giriamo di notte e devo ancora truccarmi. Sono brutta, vero?

Lojacono scosse vigorosamente la testa.

– No, no, lei è… tu sei bellissima, come sempre. Scusami per il disturbo.

La donna gli inviò un bacio soffiato sulla punta delle dita. Beth guardò l’ispettore con una smorfia triste e, ricevuto il suo silente assenso, riportò la carrozzella all’interno della suite.

Tarallo tossicchiò, imbarazzato.

– Certo, ridursi cosí… Vive in un mondo tutto suo. La mattina si fa accompagnare in giro qua attorno, va in giardino. È voluta andare perfino in spiaggia, ieri. Piovigginava e la figlia non era d’accordo, ma lei si è messa a piangere e… Se penso a chi è stata, a quella grandezza…

Lojacono era disorientato.

– Perché, scusi, chi è stata?

Tarallo lo squadrò, sorpreso.

– Ma come chi è stata, ispetto’? Non l’ha riconosciuta? Non ha collegato?

– Per la verità no, io…

– Lei è quella Charlotte Wood! L’attrice! Una delle piú grandi star di Hollywood, ha fatto decine di film di successo tra gli anni Sessanta e Settanta. È mai possibile che non se la ricordi?

Lojacono esonerò Tarallo dal compito di scortarlo all’uscita e lo invitò a rimanere lí per controllare se la famosissima attrice, che lui, non molto appassionato di cinema, non rammentava minimamente, avesse bisogno di qualcosa. Lo fece anche perché gli erano rimaste impresse le orecchie rosse del portiere, e voleva approfondire il motivo di quell’improprio afflusso di sangue.

Si avvicinò al banco e chiese:

– Il suo nome, per piacere?

Subito le orecchie riacquistarono il colore porpora.

– Io… io sono Tonino, ispetto’. Antonio, Petrone Antonio, ma mi chiamano tutti Tonino. A servirvi.

Lojacono annuí, tacendo. L’esperienza gli aveva insegnato che non c’era minaccia peggiore, da parte sua, che fissare qualcuno annuendo e senza dire niente. Lo aiutavano i tratti orientali, forse, ma era piuttosto raro che le informazioni non venissero spontaneamente a galla quando assumeva quell’atteggiamento.

– Allora, Tonino: voglio sapere tutto di quello che ha fatto Ethan Wood da quando è arrivato qua; e anche quello che hanno fatto le donne.

L’uomo si passò un dito nel colletto, come per prendere aria.

– Ma… niente di che, ispetto’. La signora, la vecchia, dico, esce a passeggio con la figlia e l’infermiera, stanno sempre insieme. Pranzano e cenano al ristorante dell’albergo. Lei, la signora, sembra felice di essere qui; la figlia si annoia, legge giornali, parla al telefono in americano. L’infermiera, be’, lei lavora e… Il lavoro è lavoro.

Di nuovo Lojacono annuí tacendo. Le orecchie di Tonino divennero ancora piú rosse.

– Mi racconti di lui. E badi a non dimenticare alcun dettaglio.

L’uomo cominciò, ma la voce gli venne fuori stridula e tossí. Allungò la mano sotto la mensola, prese un bicchiere d’acqua, ne bevve un sorso, poi riprese:

– Ispetto’, e chi l’ha visto mai? Dopo il primo giorno in cui si è sistemato in camera e ha organizzato tutto per la madre e la sorella è sempre uscito presto e tornato tardi, quindi…

Lojacono comprese che era il momento di mettere l’uomo alle strette. Il suo intuito gli suggeriva che il buon Tonino aveva qualcosa da dire, solo che questo qualcosa era in contrasto con qualcos’altro. Occorreva aiutarlo a vincere i tentennamenti, e in fretta, perché se fosse arrivato Tarallo, con la sua aria clericale, nessuna confidenza sarebbe piú emersa dalla bocca del portiere. Il poliziotto scelse dunque di essere diretto.

– Petrone: io devo sapere che ha fatto Ethan Wood, con chi ha parlato, chi ha incontrato da quando è arrivato qui. Se lei non mi dice adesso quello che sa e poi viene fuori che è stato reticente, io le faccio un culo cosí. Mi sono spiegato, sí?

Pronunciò la minaccia senza cambiare né tono di voce né espressione, sussurrando, quasi stesse porgendo delle condoglianze. E chiedendosi con blando interesse se un uomo potesse essere colpito da ictus alle orecchie.

In un piagnucolio, Tonino rispose:

– Vi prego, ispetto’, ma che ne so io? Vi assicuro che quel paio di volte che l’ho incrociato, per nemmeno un minuto, non l’ho visto parlare con nessuno, neanche al telefono, ma per carità, non mi rovinate per favore.

– Non mi faccia perdere tempo, Tonino. Che cosa sa?

L’altro tirò il fiato e lanciò uno sguardo nella hall vuota immersa nella musica.

– Il giorno dopo l’arrivo, Wood è venuto da me e mi ha chiesto quale fosse la maniera migliore di raggiungere la città, il centro. Il quartiere di Pizzofalcone in particolare.

Ci siamo, pensò Lojacono.

L’uomo continuò:

– Io forse gli avrei dovuto dire dei mezzi pubblici, ci sta la vesuviana e ci stanno i pullman, ma la clientela nostra non è gente che va con la vesuviana. Certo, i cinesi risparmiano pure i centesimi, ma gli americani in genere… Wood parla un italiano perfetto, sapete, cioè si sente l’accento, ma si capisce benissimo quello che dice. Io allora gli ho suggerito di pigliare un taxi: pagate un poco di piú, ma viaggiate comodo –. Si fermò un istante per prendere un altro sorso d’acqua e un po’ di coraggio. – Mo’, noi ci abbiamo una convenzione con una cooperativa di ­taxi. Dobbiamo, dovremmo contattare sempre loro. Io però tengo un cognato che ci ha una macchina sua e lavora solo su chiamata. Mia moglie, mi dovete credere, è un vero guaio. Se non faccio lavorare il fratello almeno un paio di volte alla settimana, mi distrugge.

Bingo, esclamò fra sé e sé il poliziotto.

– E allora, invece della cooperativa, ho cercato a mio cognato Gigino. Che subito è arrivato.

– Quanto tempo è stato fuori, Wood?

– È partito la mattina presto, ispetto’, e quando ho finito il turno, alle ventidue, non era ancora rientrato. Gigino mi ha detto la sera che gli aveva dato il suo numero, come fa sempre, cosí io non mi devo esporre troppo, almeno questo, e lo ha chiamato sia l’indomani sia ieri, sempre per andare in città. Io non so altro, ispetto’.

Lojacono rifletté, poi disse:

– Devo tornare in città, Petrone. Mi serve un taxi. E mi serve proprio quel taxi lí. Lo faccia venire subito, per cortesia.

Tonino aprí e chiuse la bocca, come un pesce in asfissia.

– Ispetto’, vi prego, io dovrei chiamare la cooperativa e…

Lojacono annuí tacendo. Funzionò ancora una volta. Petrone, le orecchie prossime all’esplosione, prese il cellulare e telefonò al cognato.