XII.

Sulle prime il tassista autonomo Gigino, come si definí con un certo orgoglio, credette che Lojacono fosse un normale cliente procurato dal basista e cognato Tonino. La cosa fu agevolata dall’accento siciliano, che l’ispettore aveva mantenuto, e soprattutto dal fatto che il poliziotto aveva accuratamente evitato che i due si parlassero in sua assenza.

L’autista non aveva colto lo sguardo del portiere che tentava di avvisarlo, e nemmeno i suoi ammiccamenti; prelevò Lojacono con un sorriso largo e tenendogli aperto lo sportello della macchina bianca corredata di insegna taxi sul tettuccio, strategicamente non illuminata.

L’ispettore attese di essere in là col percorso prima di qualificarsi, e dovette ammettere che Gigino la prese con sportiva accettazione. Manifestò un evidente sollievo quando il poliziotto gli chiarí che non aveva il primario intento di contestargli un paio di reati di natura fiscale, a meno che non avesse mostrato qualche renitenza nella collaborazione che gli chiedeva.

– Ispetto’, – commentò Gigino in via preliminare, – quello, mio cognato, è uno stronzo. Mi poteva mandare un messaggio per avvisarmi e io mi sarei regolato fingendo un impegno e non presentandomi proprio; ma non ha spirito d’iniziativa. D’altra parte si capisce dal fatto che si è sposato mia sorella che è un guaio passato. Va be’, comunque il tizio, l’americano, l’ho portato in città tre volte e indietro due, perché la terza sera non è venuto all’appuntamento. Non è una cosa rarissima, a volte i turisti trovano qualche situazione interessante a livello di femmine o di maschi, a seconda dei gusti, e non si fanno riaccompagnare. Io prendo andata e ritorno anticipati, quindi non ci perdo niente, e loro rientrano a Sorrento con altri mezzi.

Lojacono annotava, in precario equilibrio perché l’automobile approcciava le curve con una certa allegria.

– Voi non potete capire, ispetto’, che godimento è fare ‘sta strada in questo periodo. Normalmente si butta il sangue, prima, seconda e stop, prima, seconda e stop, una tragedia vera; mo’ invece guardate come si va, non ci sta nessuno, mezz’ora e siamo là. A proposito, andiamo a Pizzofalcone?

– Sí, proprio a Pizzofalcone. È quello che le chiese Wood quella mattina, no?

Gigino ridacchiò.

– Vedete? Voi siete siciliano, e usate solo il passato remoto: «le chiese», avete detto, e parlate dell’altro giorno. Noi invece diciamo, per esempio: l’anno scorso sono stato a Sorrento, passato prossimo. Non è un fatto di lingua, ma di filosofia. Per noi il tempo è…

– Senta, lei come si chiama?

– Cafiero Luigi, detto Gigino, servo vostro ispetto’.

– Ecco, allora, Cafiero, si attenga alle domande. Non stiamo facendo una passeggiata, la sto interrogando. È stato commesso un crimine, e lei ha diversi scheletri nell’armadio. Al posto suo non scherzerei, filosofia o non filosofia.

Le orecchie di Gigino restarono cromaticamente identiche, a differenza di quelle del cognato, ma la sua voce diventò piú ossequiosa.

– Certo, ispetto’, per carità, figuratevi se non la prendo seriamente. Sí, l’americano appena montato in macchina mi ha dato un indirizzo di Pizzofalcone. Io però non ci potevo arrivare, perché è nella zona pedonale. Lo sapete che là sopra hanno modificato tutti i sensi per via del cantiere della metropolitana. Quel vicolo là, poi, è cieco, quindi irraggiungibile.

– L’indirizzo se lo ricorda?

– Ricordo la strada, vico Egizio, ma non il civico. Però posso risalire, se volete, perché il navigatore tiene in memoria le ultime destinazioni inserite.

– E lei usò il navigatore?

Gigino digitò sul display senza rallentare l’andatura di un metro all’ora.

– E certo, che vi credete, noi siamo moderni e tecnologici. Ecco qua: vico Egizio numero 15. Io però, vi ripeto, non ci potevo arrivare, perciò ho lasciato l’americano a piazza Carolina, alla base della salita che conduce a Pizzofalcone, e gli ho detto che lo avrei aspettato lí la sera alle sette.

Lojacono scriveva tutto.

– E lui si presentò puntuale?

L’autista rise di nuovo.

– Ecco, avete usato ancora il passato remot… Avete ragione, avete ragione, scusatemi. Sí, la prima sera è stato puntuale, e pure la seconda. Quello che cambiava era l’umore, però.

– In che senso?

– Nel senso che la mattina era bello vivace, mi pareva ottimista, pieno di aspettative, mi chiedeva notizie della città e pure di Sorrento: l’economia, i turisti. Al ritorno invece era taciturno, pensoso, mi sembrava pure incazzato. Io, se volete sapere, un’idea me la sono fatta.

Lojacono divenne attento.

– Cioè? Che idea?

L’autista prese un tono confidenziale.

– Secondo me c’entra il sesso, ispetto’. Quando uno va bello carico e torna malinconico, vuol dire che ci ha una femmina in capa. O altro, eh: di questi tempi non si può mai dire. Secondo me il tizio teneva un indirizzo di Pizzofalcone che gli aveva dato uno del paese suo, uno che aveva provato qualcosa di unico, di particolare: quello andava cercando. È un’opinione mia, ripeto: ma ne sono proprio convinto.

Il Cinese domandò:

– E da dove deriva la convinzione, Cafiero? Wood le ha accennato a una circostanza del genere o…

– No, no, per carità, ispetto’, quello era muto come un pesce per tutto il tragitto del ritorno. Un paio di volte, come faccio sempre per mettere i clienti a loro agio, ho provato a portare la conversazione su cose di femmine, ma lui non mi rispondeva proprio. Il tassista sulle tratte lunghe, sapete, è un po’ come il barbiere: deve conversare se il cliente vuole conversare, e si deve stare zitto se il cliente vuole stare in silenzio.

Lojacono apprezzò il raffinato ragionamento e pensò che in effetti la logorrea di Cafiero, se uno era di cattivo umore, doveva risultare parecchio fastidiosa.

– Le diede solo quell’indirizzo? Non nominò altri luoghi o persone o…

– Niente, ispetto’. Niente di niente. Ma sentite a me, informatevi sulle femmine. Quello era sempre sobrio, non beveva e non si drogava, nemmeno si addormentava, quindi non andava da qualche parte a farsi; e allora, dico io, perché tanta voglia di arrivare a Pizzofalcone che, senza offesa, in un’ora hai visto tutto quello che ci sta da vedere? E perché per tre giorni di seguito?

Già, si chiese Lojacono scorgendo le luci della città dal finestrino, perché?