XX.

Angela spense la radio e si stese di nuovo sul letto.

I suoi movimenti si erano fatti cauti, lenti, come quelli degli anziani: una delle stranezze della nuova condizione.

La radio era un oggetto che non vedeva da anni; e in generale quella stanza con la porta che non c’era era immersa nel passato. Non un tempo antico, però. Vecchio.

Nell’altra vita, quella inconsapevole che aveva preceduto la reclusione e che forse non sarebbe tornata mai piú, gli occhi di Angela a stento si posavano sulle cose di uso comune. Era proiettata su un futuro che sembrava chiaro e netto, dai contorni definiti. Non aveva mai fatto caso all’obsolescenza, al superamento, alla sostituzione del vecchio col nuovo. Ora che aveva tempo per pensare, si chiedeva quando avesse visto l’ultima volta una radio come quella, con due rotelle, una per l’accensione e una per il volume, una manopola con dei numeri per le frequenze, un’antenna telescopica in metallo da orientare in continuazione per evitare suoni gracchianti.

Aveva avuto un’amica appassionata di modernariato; era anche appassionata di istruttori di aerobica, ma quello era un altro discorso. Mentre ascoltava il picchiettare della pioggia sottile e invisibile attraverso la finestra sbarrata, ricordava di averla accompagnata a una fiera all’aperto. Quando era stata rinchiusa nella stanza aveva avuto la stessa impressione di quel giorno: un mare di oggetti superati e senza piú senso, il cadavere ridotto in pezzi di un passato di cui solo un anziano nostalgico può voler tenere memoria. Chi l’avrebbe immaginato che reliquie come quelle sarebbero diventate anche il suo mondo?

Angela rifletté sul fatto che, inseguendo quei pensieri frammentari, stava scappando dalla realtà. Non voleva elaborare teorie, non voleva tirare dolorose conclusioni. Ma lei, Angela, era logica.

La radio aveva detto: turista americano. Aveva detto: ridotto in fin di vita. Aveva detto: Pizzofalcone.

Certo, poteva essere chiunque. Certo, quella città era tutta un rapinare, un derubare, un picchiarsi. Certo, non erano stati fatti nomi. Ma Angela era razionale, e i numeri in colonna andavano pur sommati: il totale era piú che sufficiente a fornire un’elevata probabilità che si trattasse di lui.

Era venuto, quindi. Alla fine era venuto. Questo la riempiva di gioia, le sembrava incredibile. La situazione, però, nel frattempo era cambiata; le cose erano precipitate e lei non era riuscita ad avvertirlo. Se era lui, e tutto la induceva a pensarlo, l’aveva cercata o almeno ci aveva provato. Non era sola.

O forse lo era, invece: in fin di vita, aveva detto la radio.

Si passò una mano sul ventre, distesa sul fianco con l’altro braccio sotto la testa. – Mimí, – disse a fior di labbra. – Mimí, che brutto mondo ti aspetta.

Con calma attese di sentir montare dentro di sé l’odio.

Che puntualmente arrivò.