Amore mio,
che strano è l’autunno in questo paese. Piove, sí, ma senza soddisfazione, poco e male, con le gocce che vanno dalla parte opposta a quella che ti aspetti. Si attende che giunga il Natale, quando di nuovo arriverà gente dalla città, ma non certo da altre parti del mondo, eccetto qualche tedesco ricco in pensione.
Da fare ce n’è lo stesso, però sono attività piú manuali: si pulisce e si sistema, si conserva, si lega per difendere dal vento e dalle mani svelte di chi, di notte, si accorge che gli serve una sedia, un tavolino o un ombrellone. Ma è un lavoro senza canzoni e senza sorriso, amore mio. Un lavoro triste.
Io ti penso tanto, sai. Ti penso sempre. Perché tu mi hai insegnato in una sola notte la differenza che c’è tra la felicità e il surrogato della felicità: la stessa differenza che c’era tra il caffè e quella schifezza che chiamavano caffè durante la guerra. Questo ti fa ridere, vero? Leggi e ridi. Peccato non essere nascosto dietro una tenda anche solo per vederti.
Credo che passato l’autunno me ne tornerò in città. Non mi dà piú gioia questo posto. Eppure mi piaceva assai, ero venuto con la speranza di restarci: ma dopo di te, dopo di noi, che posso ricevere piú dall’estate? Prima di incontrarti, amore della mia vita, speravo di conoscere qualche ricca ereditiera e sistemarmi, o almeno di divertirmi. Ma adesso sono un altro uomo, e di femmine straniere non ne voglio piú sapere.
Mi scrivi poco del bambino.
So perché lo fai. Non vuoi che io soffra, non vuoi che io senta il vuoto di lui e del tempo suo che mi sto perdendo. Ma abbiamo deciso cosí, no, amore? E sono stato io a dirti che era meglio, infinite volte meglio per lui crescere dove non gli mancherà niente, e avrà una bella vita piena di cose meravigliose che io non avrei potuto dargli mai.
Mi piace il nome, Ethan. È cosí americano. Hai fatto bene a sceglierlo. E forse fai bene pure a non dirmi com’è, che combina. A non mandarmi fotografie. Io cosí posso immaginarmelo minuto per minuto. Adesso ha undici anni: dev’essere bellissimo se ha preso qualcosa dalla madre, che è la donna piú bella del mondo.
Sono andato a vedere il tuo ultimo film, e mi pareva che parlassi con me, che recitassi per me. Io guardavo quell’incanto e non mi sembrava vero che eravamo stati insieme; pensavo che forse me l’ero sognato. Poi, il mese dopo, mi è arrivata la tua lettera e allora ho capito che sí, era successo. Sei l’amore mio, e lo rimarrai in eterno.
Sai quello che devi fare, ogni sera. Te lo ricordi? Me l’hai promesso. Dopo che gli hai dato la buona notte, dopo il bacio della mamma, devi aspettare che si addormenti e tornare da lui, spostargli i capelli dalla fronte e dargli un altro bacio. È il bacio mio, quello del papà. Perché, come diceva mio padre, i figli si baciano nel sonno.
Lui lo diceva perché pensava che cosí venivano piú educati, i bambini; io invece lo dico perché il mio è un bacio nascosto. E pure il bene che gli voglio è nascosto.
Come il mio amore per te. Nascosto, ma fortissimo.
Per sempre.