XXXIV.

Uscendo dal commissariato per recarsi in ospedale, Alex ebbe una brevissima conversazione al telefonino nella quale informò qualcuno dei propri spostamenti. La persona con la quale parlava commentò:

– Ma dovrai pur mangiare, scusa.

L’agente assistente sorrise, incamminandosi verso l’auto.

– Stai diventando peggio di mia madre. Questa del mangiare è un’ossessione.

– Sai, adesso che sei da sola, tu…

– Perché, se una sta da sola non mangia piú? Cosa te lo fa supporre? Io mangio, fidati.

– Sí, cioccolata, popcorn, gelati…

Alex chiuse la comunicazione. Nessuno richiamò.

Guidò come al solito, precisa e veloce, rispettosa del codice della strada, ma senza perdere tempo. Parcheggiò vicino all’entrata del Cardarelli, esponendo il contrassegno della polizia di Stato sul cruscotto. Scese dall’automobile e sentí il rombo di una moto alle proprie spalle. Senza voltarsi, sorrise di nuovo.

E una voce esclamò:

– Mi farai ammazzare, un giorno di questi.

Sempre fissando la macchina lei ribatté:

– Sei un poliziotto, dottoressa. Il rischio devi metterlo in conto.

Poi ruotò su sé stessa e si godette lo spettacolo di Rosaria Martone, primo dirigente della polizia scientifica, che si sfilava il casco sciogliendo i lunghi capelli che le ricaddero morbidi sulle spalle. La donna aveva gli occhi che brillavano di gioia, le labbra appena schiuse. Alex pensò, come ogni volta, che era bellissima. E che l’amava da morire.

Decisero per una pizza in un ristorante che si chiamava Cavallino d’oro, non lontano dall’ingresso del pronto soccorso. Pochi tavoli, un cameriere discreto e un enorme televisore che trasmetteva a tutto volume un gioco a premi. Si piazzarono in un angolo, dove la voce metallica della Tv non disturbava troppo.

Rosaria le sfiorò la mano.

– Sii sincera: non avresti mangiato niente.

Alex, fingendosi seria, replicò:

– Ma scherzi? Certo che avrei mangiato: nell’atrio del reparto di terapia intensiva c’è una macchinetta che distribuisce merendine.

La Martone assunse un’espressione inorridita.

– Merendine? Ma sei impazzita, addirittura le merendine? Non hai idea delle schifezze che ci sono, nelle merendine! Potrei specificarti additivo per additivo e conservante per conservante tutto quello che…

Di Nardo scoppiò a ridere.

– Ma dài, figurati se prendo certa roba. Volevo solo risvegliare la chimica che c’è in te, non immagini come sei sexy quando fai la professoressa.

Ordinarono e si misero in attesa. Poi Rosaria le sussurrò:

– Sono uscita senza nemmeno lasciar detto dove andavo. Ho mollato quattro persone in laboratorio ad aspettarmi. Non resistevo, volevo vederti. Arrivare fino a stasera era impossibile.

Alex trasse un sospiro.

– Non so quando mi libero, Ros. Questa faccenda di Wood sta montando di ora in ora. Adesso c’è dell’altro che ha scoperto la Calabrese su internet.

– Davvero? E cosa?

Mentre pranzavano Alex raccontò alla compagna l’esito delle ricerche di Ottavia e ciò che avevano appreso da Holly e dal portiere dei Picariello. Quindi la informò dell’insperata autorizzazione, ottenuta dalla Piras, a proseguire le indagini.

Rosaria ascoltò con grande attenzione, poi espresse il suo parere:

– Secondo me è abbastanza chiaro che questa Picariello c’entra eccome. E che la tua amica Holly probabilmente vi nasconde ancora qualcosa. In questo sono d’accordo con Lojacono.

Alex deglutí e disse:

– Sí, credo anch’io, se no non si spiega perché ­Wood abbia litigato con Mary Esposito e per quale motivo sia tornato a Pizzofalcone quando ormai era evidente che Capasso non abitava piú a quell’indirizzo. A meno che non avesse saputo che anche Angela abitava in zona e avesse deciso di parlare con lei.

La Martone fece una smorfia.

– E ti pare che gli dicevano dove abitava e non che era sparita da un mese? Mi pare francamente improbabile.

Alex era pensosa.

– Ma lo sai che è proprio buona, questa pizza? Da segnarselo, questo ristorante.

La compagna le sorrise.

– Quanto mi piaci quando mangi di gusto. In verità mi piaci sempre. Comunque mi pare ovvio che la Picariello è l’unica strada per capire cosa è successo a Wood. Il problema è che, se non ci è riuscita la Dda, è difficile che ci riusciate voi, con tutta la stima che posso avere per i famosi Bastardi di Pizzofalcone.

Alex incassò il colpo.

– In effetti hanno piú mezzi e piú risorse di noi, da ogni punto di vista.

Rosaria tagliò l’ultimo pezzo di cornicione e si fermò a fissarlo.

– Io, al posto vostro, non ci proverei nemmeno a scovare la Picariello nella maniera convenzionale, sempre che non sia finita in qualche fosso in campagna. Piuttosto mi chiederei: che elementi ho io, che la Dda non ha o non aveva?

– Vai avanti.

La donna si strinse nelle spalle:

– Buffardi e i suoi hanno scandagliato il presente: informatori, affiliati dei clan, nascondigli. La ricerca della Calabrese e le lettere di Holly, invece, portano verso il passato. È lí che dovete insistere.

Trascorse qualche secondo poi Alex, gli occhi nel vuoto, mormorò:

– Venendo qui ho pensato molto ad Angela Capasso. Alla sua vita, a suo padre.

Rosaria tacque. Era consapevole di quanto, con Alex, l’argomento genitori fosse un terreno scivoloso e minato su cui era meglio non avventurarsi.

Di Nardo continuò:

– Angela lo aveva perso, il passato, si era separata dalla sua esistenza precedente con un taglio netto. Altrimenti non avrebbe consentito a quella merda di Picariello di mettere Esposito nella casa dove è cresciuta.

La Martone annuí, attenta.

– E allora?

– E allora se, dopo questo taglio, poi rompi con tuo marito e con il suo mondo, che alla fine è diventato il tuo, e ammesso e non concesso che tu sia scappata da sola, che non sia con lui oppure nel famoso fosso, dove vai? Dove ti rifugi?

Rosaria rispose subito:

– Nel passato, credo.

– Già. E noi sappiamo qualcosa del passato di Domenico Capasso?

La dirigente scosse il capo, smarrita.

– Non ti seguo, Alex.

Invece di rispondere, Di Nardo estrasse il cellulare e digitò un numero.

– Ottavia, ciao, sono Alex. Ascolta, ma questo ristorante di Sorrento, ‘O Piscatore, esiste ancora? Perché ho pensato a una cosa, stammi a sentire.