XXXVI.

Alex trovò Holly su una specie di balconcino a metà della scala antincendio, dopo l’uscita di sicurezza del reparto. Stava fumando, e osservava gli alberi che adornavano il giardino dell’ospedale.

La donna salutò l’agente con un cenno della testa e un sorriso triste. Mostrò la sigaretta e si giustificò:

– Avevo smesso. Cinque anni fa, quando mia madre mostrò i primi sintomi della malattia. Una cosa impercettibile, me ne accorsi solo io; un paio di dottori addirittura negarono che ci fosse un problema. Ma io non potevo sbagliarmi.

Alex sorrise.

– Conosco la sensazione. Se si vuole bene a qualcuno, certe cose si capiscono senza bisogno di essere medici.

– Sí. Smisi di fumare perché speravo si riprendesse. Era un voto. Mi auguravo che fosse un disturbo momentaneo. Invece, passo dopo passo se n’è andata e non tornerà piú. Quindi presumo che non valga la pena di mantenere la promessa. A volte penso sia meglio perdere chi si ama all’improvviso, piuttosto che un po’ alla volta.

Di Nardo indicò l’interno dell’ospedale.

– Non deve essere pessimista, Holly. Ethan non sta peggiorando, e questo pare sia un ottimo segno.

La donna si asciugò una lacrima con un gesto rapido.

– Io non lo sento, capisce? Lo guardo, ci parlo, ma non lo sento piú. Questo è terribile, come vegliare un morto senza che sia morto.

– Infatti non è morto. Noi, però, dobbiamo ricostrui­re quello che gli è accaduto. E abbiamo bisogno di lei: è l’unica che potrebbe aggiungere particolari, anche minimi, al quadro generale.

L’americana spense la sigaretta.

– Io vi ho detto tutto. Che altro…

Alex la interruppe, decisa:

– Non le credo, Holly, non credo che ci abbia detto proprio tutto. I movimenti di suo fratello, le sue reazioni, la lite con quel trans, il fatto che si trovasse a Pizzofalcone da solo, in piena notte… Stava cercando qualcosa!

– Sí, vi ho già spiegato: suo padre. Lui…

– Non basta. Ormai doveva aver scoperto che Capasso era morto da anni, che senso aveva insistere? E poi la situazione della figlia di Capasso… Ci sono troppi buchi nella storia degli ultimi giorni. E se lei ha qualche informazione che ha taciuto, è il momento di tirarla fuori.

L’americana la guardò con aria di sfida.

– Davvero? Ne è proprio sicura? Lei non immagina quanto sia difficile badare a una donna che non capisce piú nulla, che vive in un passato informe.

Alex non si lasciò intenerire.

– Senta, signora, tutti noi ci rendiamo conto di quanto sia complicato, per lei. Ma sappia che anche il vostro consolato ha molto a cuore l’evoluzione delle indagini. E dovrebbe essere suo precipuo interesse scoprire chi ha ridotto suo fratello in queste condizioni; invece sembra che non le importi. Le lettere e le intenzioni di Ethan sono venute fuori quando ha avuto paura che finisse sui giornali come cliente di un transessuale che si prostitui­sce; le visite a Pizzofalcone le ha ammesse quando abbiamo interrogato il tassista… No, non stiamo remando nella stessa direzione.

Holly rimase immobile, un po’ sorpresa. Non si aspettava che Alex esprimesse ciò che pensava in modo tanto sincero e diretto. Poi domandò:

– E se lui, senza rendersene conto, si fosse cacciato nei guai contravvenendo a ciò che mi aveva promesso? Se col suo comportamento irresponsabile avesse posto a rischio, oltre a sé stesso, anche me e nostra madre?

Alex si accorse che le difese erette da Holly stavano vacillando e le si rivolse sommessa:

– Io, se fossi la sorella di Ethan, non permetterei che chi lo ha conciato cosí rimanga impunito. Sarei disposta a tutto pur di assicurarlo alla giustizia.

La donna sbatté le palpebre, come se avesse ricevuto uno schiaffo. Poi, senza abbassare lo sguardo, prese dalla tasca una busta ripiegata piú volte e la consegnò ad Alex.

Caro Ethan,

non ci conosciamo, e penso che non ci saremmo mai conosciuti se non fossero emersi i ricordi di un passato che non abbiamo vissuto.

Io sono tua sorella, credo. O almeno, lo sono in parte. Mio padre, che forse è anche il tuo, è morto da alcuni anni e fra le sue cose c’era un fascio di lettere di cui ignoravo l’esistenza. Sono di Charlotte Wood e parlano tanto di te: attraverso di esse ti ho visto crescere con gli occhi di papà.

Magari tu hai trovato quelle che lui ha inviato a lei; devono essere bellissime, tua madre ne trascrive alcuni frammenti nelle risposte. Non ne sono stupita; papà era un vero poeta, un uomo dolcissimo e sensibile anche se un po’ chiuso. Peccato che tu non l’abbia incontrato.

Ovviamente, la certezza assoluta che tu sia figlio di mio padre non posso averla, ma penso di sí, perché dalla corrispondenza si capisce che Charlotte glielo ha ripetuto per quarant’anni, e nessuna donna sarebbe cosí cattiva da ingannare un uomo su una cosa simile e per tanto tempo. Se tutto questo è vero, sappi che, come me, hai avuto una grande fortuna. L’unico dispiacere, quando ho ritrovato le lettere, è stato per mia madre, che è morta quand’ero piccola: ha avuto un buon marito, in realtà, ma di fatto ha vissuto accanto a un uomo che le nascondeva un segreto. Dev’essere una tara ereditaria, perché la stessa cosa è capitata a me.

Sono gli eventi che mi hanno spinta a contattarti, altrimenti non ti avrei mai scritto per una forma di rispetto nei confronti della scelta di nostro padre: se non ha voluto che sapessi di lui, avrà avuto le sue buone ragioni. Purtroppo, però, mi trovo in gravissime difficoltà, e non ho nessun altro al mondo a cui rivolgermi.

Ti dico subito che non ho bisogno di soldi. Quelli che ho mi bastano. Ma sono sola, e sono molto spaventata.

Se sei disposto ad aiutarmi, ti prego, scrivimi a questo indirizzo:

Capasso Angela. Fermoposta, Pizzofalcone.

Non ti do altri recapiti perché la mia situazione è parecchio pericolosa.

Scusami per questa intrusione nella tua vita. Se non vorrai rispondermi comprenderò, in fondo siamo due estranei. Ma se il sangue ha una voce, ascolterai il suo richiamo.

Un forte abbraccio,

Angela

Alex lesse la data sul timbro postale: risaliva a due mesi prima. Spostò lo sguardo sul volto di Holly e vide che stava piangendo.