Aragona entrò nella hall del Mediterraneo molto meno baldanzoso del solito. A dire il vero, anzi, camminava rasente al muro con la testa bassa, cosí che quando arrivò nei pressi della reception il portiere, non essendosi accorto di lui, sobbalzò.
– Dotto’, mi avete spaventato! Come mai di ritorno a quest’ora? Non vi sentite bene?
In effetti l’agente scelto non aveva l’abitudine di farsi vedere nel pomeriggio: usciva la mattina e tornava a tarda sera.
– No, devo incontrare una persona. Sai, si tratta di un contatto per una certa indagine, una cosa riservatissima. Mi servono informazioni su un intrigo internazionale per cui ho reperito questo soggetto che…
– Chi, vostro padre? L’ho fatto accomodare al bar. Quant’è simpatico, proprio come voi! Io gliel’ho spiegato che questo non è orario vostro, ma ha detto che vi aspettava lo stesso. Gli ho proposto un aperitivo, ho sbagliato?
Le spalle di Aragona crollarono.
– Va be’, allora lo raggiungo, togliamoci questo pensiero. Grazie.
Il portiere sorrise, annuendo. Poi, come se all’improvviso si fosse ricordato qualcosa:
– Ah, dotto’, vi volevo dire che…
Ma Aragona si era già allontanato, e non lo sentí.
Nonostante il dolore al basso ventre che non accennava a diminuire, Giorgio Pisanelli era di buon umore.
Nel tempo era riuscito a separare i problemi, distinguendoli perché non si sovrapponessero e nessuno stato d’animo prevalesse sull’altro. Evitava cosí il rischio di annebbiare una gioia o di sottovalutare una sofferenza. Ma le priorità erano ben chiare, e sul cancro incideva la decisione univoca di non dare alla prostata alcuna considerazione.
La morte, pensava mentre disponeva verbali sulla scrivania, non gli faceva paura. Sarebbe stato un modo di riunirsi a Carmen, la moglie, che gli mancava ogni ora di piú, anche adesso che aveva ritrovato la voglia di lavorare. Anzi, tanto piú adesso, perché avrebbe avuto tanto da raccontarle: le giornate di nuovo piene, il fervore di idee e di indagini, i confronti coi colleghi e la crescente rivalutazione del commissariato nel quartiere. Nulla era paragonabile a Carmen, per lui. Quando sarebbe arrivato il suo momento, sarebbe stato ben accetto; punto e basta. Il dolore gli scivolava addosso, e non aveva nessuna intenzione di curarsi.
Quello che invece gli premeva era catturare quell’ignobile assassino che inscenava i suicidi dei depressi. Pisanelli era convinto di aver isolato il suo modus operandi: individuava i candidati, stringeva con loro un rapporto di confidenza, creava l’occasione e li ammazzava nella maniera che questi, se avessero davvero voluto uccidersi, avrebbero scelto. Poi lasciava il biglietto d’addio e ripuliva la scena. Era abile, ma non abbastanza da fregare il vicecommissario Pisanelli Giorgio, che la depressione l’aveva frequentata e la frequentava ancora.
E sapeva cos’era il suicidio compiuto per disperazione essendoci venuto a contatto in casa propria.
Il padre di Aragona era al bar, in piedi al centro di un piccolo gruppo di camerieri, clienti e turisti. Marco sospirò: era una caratteristica di Michele, imprenditore nel settore dell’arredamento, risultare simpatico. In realtà quelle barzellette, quelle battute e quei sorrisi erano solo una tecnica di vendita.
Avvicinandosi riconobbe la stentorea voce da imbonitore.
– … e allora il marito concluse: fortuna che l’armadio è capiente, se no tutta ‘sta gente dove si metteva?
Il gruppetto scoppiò a ridere, dandosi gomitate d’intesa. Ad Aragona venne da vomitare.
Michele continuò:
– Lo vedete che quindi servono armadi grandi, perché non si può mai sapere a cosa si va incontro nella vita. Io, per ogni evenienza, vi do un bigliettino, stiamo a pochi metri dall’uscita dell’autostrada di Avellino Ovest, ecco qua… Ah, Marcoli’, sei arrivato. Un attimo e sono da te.
Aragona nascose il viso dietro la sciarpa, nel tentativo di non farsi riconoscere. Il gruppo si disperse e il padre, sorridendo, gli indicò un divano.
– Oh, bello di papà, che piacere rivederti. Ma che è ‘sta cosa al collo? Stai malato?
Marco ebbe la tentazione di illustrargli le modalità di abbigliamento di un agente speciale, poi, considerato l’interlocutore, preferí desistere; fece emergere la bocca e rispose:
– Un po’ di mal di gola, papà, niente di grave. Che…
Michele, che di solito era brusco con il figlio traditore, quella volta appariva cordiale e premuroso. La cosa inquietò Marco come se un temporale lo avesse sorpreso in strada senza ombrello.
– No, perché i mal di gola sono pericolosi, sai. Tu poi vai soggetto, ti viene la febbre alta. Che ti stai pigliando?
Aragona sospirò, creando un malinconico svolazzo di fili di lana.
– Non ti preoccupare, mi curo. Vuoi dirmi il motivo di questo appuntamento?
Michele assunse un’aria offesa e si portò una mano sul cuore.
– E perché, è strano che un padre si interessi del figlio, che voglia vedere come sta e dove vive? Che vada a trovarlo per sentire la sua voce, giacché lui parla solo con la madre e io vengo escluso dai contatti, dalle confidenze, dagli…
Aragona, a questo punto, era decisamente molto agitato.
– Papà, che accidenti vuoi, per favore? Devo tornare al lavoro.
Il padre si guardò attorno per essere sicuro che nessuno li ascoltasse e replicò:
– Ecco. Il tuo lavoro. Sono venuto proprio per questo.
Pisanelli pensò che anche la ricerca dell’assassino dei suicidi aveva contribuito ad aiutarlo, in un certo senso. Gli aveva dato la forza di tirare avanti nonostante la morte di Carmen e il tradimento dei veri bastardi di Pizzofalcone, quelli con l’iniziale minuscola, i colleghi infedeli e corrotti che si erano permessi di infangare il lavoro di decenni.
Non avrebbe mai dimenticato il periodo dell’inchiesta, gli sguardi impietositi degli uomini della commissione che avevano tardato a convincersi dell’estraneità sua e di Ottavia a quanto era successo, e che alla fine avevano dovuto prendere atto della disattenzione che aveva consentito agli eventi di verificarsi sotto gli occhi inconsapevoli dei due poliziotti.
Ne aveva discusso una sola volta, con la vicesovrintendente. Erano andati a mangiare una pizza nei giorni della sospensione dell’attività del commissariato, e si erano chiesti come fosse potuto accadere. La sola risposta che riuscirono a darsi fu che erano entrambi distratti da problemi personali: il figlio di Ottavia, che crescendo causava sempre maggiori preoccupazioni; la malattia di Carmen. Erano stati questi argomenti a convincere la commissione a non avviare un procedimento anche a loro carico.
Ottavia era una buona, dolce amica, rifletté Giorgio scrutandone il profilo di sottecchi, mentre la donna, come d’abitudine, lavorava al computer. Aveva trovato la sua dimensione: era felice, determinata. L’intuizione del paparazzo e la fotografia degli anni Sessanta che aveva rintracciato ne erano la prova; i complimenti di Palma rappresentavano un bel successo. Giorgio era stato contento per lei.
L’altro amico di Pisanelli era Leonardo. Il pensiero del frate gli provocò una piccola fitta alla coscienza: aveva dubitato di lui. Per un lungo, assurdo attimo, aveva creduto che fosse proprio il frate, il suo confidente generoso e sensibile, cosí pieno di attenzioni nei suoi confronti, l’efferato, abilissimo assassino a cui dava la caccia. Aveva ricambiato col sospetto le premure, la partecipazione e il calore che il religioso gli aveva dimostrato standogli accanto nei momenti piú terribili.
Non se lo sarebbe mai perdonato.
Il padre di Aragona aveva subito una metamorfosi. Sul volto sicuro e sorridente era comparsa un’espressione allarmata e tesa.
Marco immaginò che il guaio doveva essere serio.
– Marcoli’, lo sai che siamo tutti molto attenti alla tua carriera; hai scelto questo lavoro e allora è necessario che tu lo svolga al meglio.
Dietro la sciarpa e sotto gli occhiali, l’agente speciale cominciava a condividere l’apprensione del genitore.
Il padre proseguí:
– Tu sai di avere due angeli custodi, diciamo cosí. Uno è mio fratello, che è prefetto e che è stimato e apprezzato nell’ambiente; ti chiami come lui, quindi devi essere all’altezza. Ma tuo zio, in realtà, non ha mai mosso un dito per te.
Marco continuava a chiedersi dove volesse andare a parare.
– L’altro, quello che si muove davvero e che ha manovrato le leve giuste per consentirti di passare da una scrivania al lavoro sul campo che tanto ti piace, è un mio… un mio amico, ma dovrei dire quasi socio, perché certi movimenti finanziari li facciamo insieme.
Aragona era sbalordito da quello che il padre gli stava rivelando. Aveva sempre creduto che gli aiuti nell’ambito del lavoro, quei piccoli innocenti aiuti che cosí ingiustamente gli avevano procurato la fama del raccomandato, soprattutto in quell’inferno della questura, derivassero solo dall’omonimia con lo zio prefetto. Ed ecco che spuntava fuori un secondo protettore.
– Ma chi è questo tipo, papà?
Il padre agitò la mano nell’aria, guardandosi attorno.
– Lasciamo perdere, non ti servono un nome e un cognome che comunque non ti direbbero niente. Sappi solo che, se ora stai a Pizzofalcone, è perché è intervenuto lui.
Marco elaborò ciò che aveva appena appreso. La sua fertile, abilissima mente investigativa collegò i pensieri e gli eventi.
– E allora perché me lo racconti, adesso?
Il padre si sporse in avanti e sussurrò:
– Perché adesso tocca a te fare qualcosa per lui.
Giorgio concluse che proprio loro due, Ottavia e Leonardo, erano forse le persone piú care che aveva; anche se si andava affezionando ogni giorno di piú ai colleghi, i nuovi meravigliosi compagni di lavoro che l’autunno della sua vita professionale gli aveva regalato.
Tra essi era forse l’agente scelto Marco Aragona, che lo prendeva sempre in giro, quello che piú lo coinvolgeva. Se suo figlio Lorenzo, invece di andare a insegnare in una università del Nord, avesse deciso di entrare in polizia, gli sarebbe piaciuto cosí, guascone e ribaldo, ridicolo, ma onesto. Non avrebbero potuto essere piú diversi, Lorenzo e Marco, ma lui provava lo stesso sentimento per entrambi. Se ne avesse avuto il tempo, ne avrebbe fatto un gran poliziotto.
Tornò con la mente alla penna di Riccardo, il figlio di Ottavia, che lo aveva indotto a sospettare che frate Leonardo fosse l’assassino dei suicidi. Ma come aveva potuto considerare quell’oggetto, una semplice penna a sfera multicolore con l’effigie di un supereroe in volo armato di spada laser e di artigli di tigre, la prova a carico di un amico cosí caro? L’aveva prestata a Leonardo per completare un sermone e dopo l’aveva trovata sulla scena di un suicidio, utilizzata per scrivere una lettera di commiato dal mondo.
Pisanelli era pur sempre un poliziotto. Aveva fatto il due piú due piú doloroso e triste della sua carriera e, con la morte nel cuore, si era presentato da Leonardo pronto a tutto.
Il frate, però, aveva cercato la penna nei disordinati cassetti della sacrestia, l’aveva recuperata e gliel’aveva resa. Dandogli cosí la meravigliosa notizia che si era sbagliato.
Fra l’altro, doveva restituirla a sua volta, la penna, ora che non costituiva piú una possibile prova ed era ridiventata un oggetto qualsiasi.
Si girò verso la collega.
– Otta’, scusami, mi ero dimenticato di ridarti la penna di Riccardo, me la sono ritrovata in tasca. Eccola qui.
Marco incassò ulteriormente la testa nelle spalle: voleva scomparire dalla faccia della Terra.
– E di cosa mi dovrei occupare, per questo mio ignoto benefattore?
Il padre scattò:
– Non fare lo spiritoso, cazzo! Se questa persona mi chiede, ti chiede, un favore, devi ubbidire!
La sciarpa sbuffò, infastidita.
– Ho chiesto solo di che cosa si tratta, non c’è bisogno di scaldarsi.
– Ecco, cosí si ragiona. Allora, ascoltami bene: di recente hai avuto un incarico all’apparenza inutile. È stato fatto espressamente il tuo nome, è vero?
Marco sentí di nuovo la morsa dell’angoscia attanagliargli il petto.
– E tu come cacchio lo sai?
Il padre gli sputacchiò sulla sciarpa.
– Non ti interessa come lo so! Ti ho detto che questa persona ha contatti importanti! Allora, lo hai avuto o no questo incarico?
La sciarpa tremò incerta.
– Sí, diciamo che l’ho avuto. Ma considera che tuo figlio è bravo, è tenuto in gran conto e…
– Minchiate! Ora, tu dovresti controllare, mi dicono, un magazzino. È chiaro che si tratta di un controllo blando, da svolgere mentre ti occupi di altro, quindi ci sta che qualcosa possa accadere mentre tu non ci sei. E infatti non ci devi essere.
Marco spalancò la bocca sorpreso, ingerendo un quantitativo di lana del valore di circa quindici euro. Quando ebbe smesso di salvarsi dal soffocamento esclamò:
– Sei pazzo! Mi stai chiedendo di non assolvere al mio compito? Di voltare la faccia mentre il crimine mette in atto…
Il padre si agitò sulla sedia:
– Allora non vuoi capire! Il tuo futuro dipende da questo! Guarda che se non ti comporti come si deve io non ti sosterrò piú, a cominciare da questo cazzo di albergo dove tua madre ti mantiene credendo che io non lo sappia!
Mentre Aragona stava per ribattere pieno di orgoglio che la specchiata onestà di un agente speciale non ha prezzo e non è in vendita, simile a un meraviglioso fantasma angelico che si manifesta al mondo, passò Irina in divisa; la donna gli sorrise radiosa e si dileguò nelle cucine. Era tornata!
Se avesse dovuto andarsene dall’hotel non l’avrebbe piú rivista. Di questo, purtroppo, era sicuro. Mai avrebbe avuto il coraggio di venirla a cercare, di abbordarla, di chiederle un appuntamento. L’avrebbe irrimediabilmente perduta.
Cercò di prendere tempo.
– Ma mica sono solo io, a lavorare! Se affidano la sorveglianza a un collega, se…
Il padre lo bloccò:
– Non affideranno niente a nessun altro, non ti preoccupare. E poi il movimento sarà quasi simultaneo, porteranno la merce la sera tardi e verranno a prendersela alle due di notte. La mattina sarà tutto vuoto com’è sempre, e tu dovrai soltanto dire che non è successo nulla. Non potranno contestarti un bel niente, stai tranquillo. Di questo mi sono accertato.
La sciarpa gemette, sconfitta:
– E quando dovrebbe accadere, ‘sta cosa?
Michele si accomodò di nuovo sulla sedia, rasserenato.
– Domani notte.
Ottavia sorrise a Pisanelli.
– Ah, la penna? No, Giorgio, la puoi tenere. Riccardo cambia un supereroe al mese, e quello non gli interessa piú. E poi lui usa soprattutto il rosso, è il suo colore preferito. E lí il rosso è terminato.
Pisanelli si strinse nelle spalle.
– Davvero? Be’, allora grazie. Mi fa sentire piú giovane. E se ringiovanisco magari riesco pure a capire che dice Aragona dietro quella ridicola sciarpa. A proposito, dove sta?
Ottavia scosse il capo.
– E che ne so, quello è un agente speciale… Il capo gli ha affidato un incarico, la sorveglianza di un magazzino, e mi ha detto di non badare ai suoi eventuali ritardi. Sarà andato là.
Giorgio annuí e, quasi stesse imitando Riccardo, fece uno scarabocchio sul foglio che aveva davanti. Soprappensiero, aveva inserito il rosso.
Un cerchio color del sangue comparve sulla carta bianca. L’inchiostro rosso era tutt’altro che finito.
Pisanelli si sentí mancare.