Fecero le cose per bene, perché sapevano di avere un unico colpo a disposizione e non potevano sbagliare.
A Lojacono piaceva lavorare con tutti i Bastardi, perché ognuno possedeva qualche caratteristica speciale: Romano era spiccio e diretto, Pisanelli profondo e riflessivo, Ottavia serena e partecipativa; perfino Aragona, come dimostrato dal conteggio delle finestre, aveva un interessante, peculiare intuito che lo rendeva, a volte, utilissimo. Ma, se avesse dovuto scegliere un compagno fisso, forse avrebbe voluto Alex.
Di Nardo possedeva una capacità di concentrazione estrema, una mente fredda e lucida e l’abilità di agire escludendo ogni emozione. Non un gesto in piú, non uno in meno. E a ciò aggiungeva la non trascurabile attitudine all’uso della pistola, con la migliore mira che lui avesse mai visto tra poliziotti e criminali.
Arrivarono a Sorrento poco dopo l’alba. Aveva appena smesso di piovere. La strada era deserta, quindi anche senza gli strappi e le derapate di Aragona avevano impiegato pochissimo. Il Cinese si godette l’incanto di una luce ovattata e nebbiosa che si diffondeva sul mare svelandolo a poco a poco, come se emergesse dal buio.
Si appostarono di fronte al ristorante, dietro una siepe che fiancheggiava l’hotel Tritone. Da quella posizione avevano una prospettiva completa della palazzina, e non erano in alcun modo visibili dalla stessa. Non sapevano ancora se Angela fosse effettivamente nella casa, e soprattutto ignoravano se la tenessero lí con la forza. In tal caso di sicuro l’avrebbero sorvegliata e quindi poteva esserci una ronda esterna a controllare l’ingresso. Non videro nessuno, e nessuno passò. Gli uccelli celebravano l’inizio del giorno e il vento era calato. C’era nell’aria un inconfondibile profumo che a Lojacono ricordava i miti inverni di Agrigento, quando riusciva a ritagliarsi il tempo per andare all’amata Scala dei Turchi e godersi la solitudine e il silenzio che solo il mare con la pioggia sapeva regalare.
C’era qualcosa, a Sorrento, che conduceva nel territorio pericoloso e infido della memoria.
Il portone si aprí e richiamò l’attenzione dei due poliziotti. Videro Meccaniello, con giubbotto e berretto, che usciva con le mani in tasca camminando lentamente. Osservando le finestre, dopo un quarto d’ora si accorsero di una sottile lama di luce che trapelava da quella che, secondo Aragona, era di troppo. Nel giro di qualche minuto la luce si spense. I due poliziotti si scambiarono un’occhiata. Attesero, e videro Meccaniello tornare reggendo un sacchetto. Pesce fresco, immaginò Lojacono, e Di Nardo, neanche avesse udito il suo pensiero, replicò con un mezzo sorriso.
Trascorsi cinque minuti, contati sull’orologio del Cinese, vennero fuori dal loro nascondiglio e passarono attraverso il battente che l’uomo aveva solo socchiuso, forse prevedendo di uscire di nuovo di lí a poco. Giunti in cima alle scale bussarono e si accostarono agli stipiti. Di Nardo con la pistola in pugno. Non credevano sarebbero insorte complicazioni, ma la possibilità teorica esisteva.
Meccaniello aprí, sereno, ancora con il giubbotto e il berretto addosso. Lo sguardo sfiorò l’arma nella mano di Alex, ma non mostrò alcuna sorpresa o spavento.
Lojacono lo salutò con un cenno del capo.
– La finestra, – disse.
Come se fosse una parola d’ordine, il vecchio si scostò perché entrassero.
– Meglio voi di quegli altri. Io gliel’avevo spiegato che era una soluzione provvisoria, che non poteva durare.
Andò nella stanza matrimoniale ma, invece di dirigersi verso l’unica porta visibile, aprí l’anta del grande armadio che occupava quasi del tutto la parete di fronte al letto. Prese le grucce coi vecchi abiti, le ripose sul materasso e spostò con le mani nodose il pannello di legno sul fondo.
Si bloccò, come se avesse dimenticato qualcosa. Poi si avvicinò ai due poliziotti, mormorando a voce bassissima:
– È spaventata. Ed è sola. Non ha nessuno, a parte questo vecchio inutile che non può piú proteggerla. Io, vedete, non ho coraggio. Non ne ho mai avuto, altrimenti non sarei rimasto aggrappato a questo posto come una cozza allo scoglio, sarei andato incontro alla vita come ha fatto suo padre.
L’ispettore non sapeva cosa replicare. Alex spostò il peso del corpo da un piede all’altro. Meccaniello, a fior di labbra, senza cambiare espressione, proseguí:
– Lo so che non posso chiedervi niente, e non sono in grado di comprendere fino in fondo la situazione di Angela, ma so che quella gente là è terribile. Ho sentito che la stanno cercando, che stanno rivoltando il mondo per trovarla. Hanno persone anche qui in paese. Forse non ne ho il diritto, ma vi prego, abbiate pietà, se potete. Consideratela la preghiera di un padre per la propria figlia.
Lojacono lanciò un’occhiata verso il passaggio segreto e precisò, a bassa voce:
– Meccaniello, noi siamo i buoni. Noi proteggiamo i deboli da quelli che stanno dall’altra parte. Se siamo qui noi, è proprio perché sappiamo chi è che la sta cercando e che intenzioni ha.
Ciro sospirò lievemente.
– Io gliel’avevo detto. Non può essere per sempre. Ti rintracceranno. Basta che ci pensino, che ragionino un poco. Ma lei mi ha risposto che non aveva proprio nessun altro posto; che dovevo fare? Avevo paura pure io, e ce l’ho ancora. Ma lei aveva bisogno di aiuto. E cosí, come Angela l’ha chiesto a me, io lo chiedo a voi adesso.
Il vecchio fissò a lungo in faccia i due poliziotti. Di Nardo abbassò gli occhi, Lojacono, dopo un attimo, annuí. Meccaniello parve soddisfatto: piú di cosí non poteva ottenere.
Poi domandò:
– Mi aspettate di là? Vorrei parlarci prima io.
Lojacono rispose:
– Vada pure, ma noi non ci muoviamo da qui. Ci sono troppe porte, in questa casa.
L’uomo gli indirizzò un lieve sorriso, quindi si voltò ed entrò nell’armadio.