La Piras aveva poche abitudini, ma irrinunciabili. Una, forse la principale, era prendere il secondo caffè alle nove e trenta insieme a due fra i rarissimi amici con cui si scambiava confidenze.
Pure quel giovedí, dunque, si ritrovò nell’androne del Palazzo di Giustizia con Anna, una cancelliera allegra e brillante; le due si salutarono col consueto cenno della testa e si avviarono al bar. L’ombrello, per tacito accordo, quando necessario lo portava l’amica, e nell’occasione si trattava di uno spettacolare aggeggio a spicchi colorati dalle dimensioni enormi. Rispondendo allo sguardo sorpreso della Piras, Anna si strinse nelle spalle e disse:
– Non è colpa mia, quel fesso di mio marito ha gusti assurdi.
Gli scrosci erano forti, resi ancora piú fastidiosi dalle folate di vento che li rendevano a tratti orizzontali.
All’esterno dell’edificio, intento a ripararsi in un anfratto, le attendeva Efisio, un conterraneo di Laura che operava in qualità di magistrato del lavoro nello stabile attiguo. Le insolentí in dialetto per il ritardo e si infilò a sua volta sotto l’ombrello.
L’uomo era un tipo raffinato ed elegantissimo, e si lamentava di continuo per qualsiasi cosa. Laura, scherzando, gli diceva che un gay piagnucoloso come lui era ossimoro.
– È la parola che è inappropriata, – rispondeva lui compunto, – chissà perché l’hanno scelta. Ti assicuro che essere gay in questa città è molto, molto deprimente, data la penuria di ragazzi carini che non si vergognino di baciare un uomo in pubblico.
Il bar era sempre lo stesso, frequentato da tutto il popolo degli uffici del centro direzionale, ma dato il cattivo tempo, che scoraggiava permanenze all’esterno, c’era molta piú folla del normale.
Anna chiese a Laura perché fosse cosí taciturna. Efisio commentò immediatamente:
– Carenza di pene, Annuccia. Sia inteso come assenza di attributi che aiuterebbero sul lavoro, sia come mancanza affettiva. Dovresti fare come me, collega, utilizzando la vasta area della prostituzione maschile. Se vuoi qualche numero di telefono…
Laura replicò, sarcastica:
– Bravo, passami quei numeri. Cosí qualcuno va al fresco e tu rimani senza passatempi.
Anna rise nel suo modo sgangherato e contagioso.
– Ma allora, se non ti va di pagare, e lo capisco in questo periodo di crisi, perché non approfitti della corte di qualcuno? Puoi scegliere; dicono che perfino il famoso Buffardi ti muore dietro.
La Piras arrossí.
– E chi l’ha messa in giro, ‘sta fesseria?
Efisio batté le mani, vezzoso.
– Oh-oh, colpita e affondata! È diventata porpora, la piccola Lauretta. Be’, non ti biasimo, quello è un figo spaziale, ogni volta che lo vedo in Tv mi fa un effetto… mi viene…
Anna gli piazzò una mano sulla bocca.
– Efi’, ma sei pazzo? Io un magistrato come te non l’ho mai conosciuto, e ne ho conosciuti parecchi, te lo assicuro.
L’uomo le diede un pizzicotto sulla guancia.
– E una volta mi racconti quanti te ne sei fatti e com’erano?
Laura intervenne, fingendo sdegno:
– Ma spiegatemi, questo è l’unico argomento che abbiamo? Non si può, per una volta, parlare di qualcos’altro? Che so, politica, sport…
Efisio sbottò:
– Uh, ma che noia! Io sono andato via dall’isola per trovare un’altra mentalità e divertirmi un po’. Non immaginavo che non avrei avuto nulla da fare la sera. E poi, scusami, ma che altro c’è oltre il sesso? E noi tre condividiamo i gusti, no? Se non ci si aiuta tra amiche…
Anna sospirò.
– Se io dovessi limitarmi a mio marito, morirei d’inedia. Il mondo si divide tra chi cammina a occhi bassi, come la nostra Laura, e chi si guarda attorno con fierezza. Certo, corri il rischio di pestare una merda, ma almeno non ti perdi il panorama.
Laura, portando la tazzina alle labbra, mugugnò:
– Come se ci fosse qualcosa da ammirare.
Efisio le toccò il braccio.
– E invece sí che c’è. Per esempio quello seduto al tavolino in fondo: io per un maschio cosí potrei uccidere. Quegli occhi da cinese mi mandano in delirio.
La Piras per poco non si soffocò con il caffè e cominciò a tossire. Occhi da cinese, aveva detto?
Appena si riprese si voltò; era lui, da solo.
Afferrò per le spalle i due amici e li spinse alla porta del bar.
Anna protestò:
– Ma che ti prende, Laura?
– Andate, per favore. Ci vediamo a pranzo.
– Ma… ma come torni, senza ombrello? Piove a dirotto e…
La Piras sbuffò.
– Mi arrangio. Sparite.
Efisio sorrise malizioso.
– Ecco, ti accaparri sempre il meglio. Ti piace il tizio, eh? Ma te lo lascio volentieri, tesoro, lo sai che sono buono. Perché se avessi voluto, avrei vinto io. Ho qualcosa che tu non hai, ricorda.
Quando finalmente furono usciti, la Piras raggiunse Lojacono al tavolino.
– E tu che ci fai qui?
Il Cinese la scrutò.
– Secondo te? Ho buona memoria. Me l’avrai detto dieci volte che ci vieni la mattina a quest’ora.
– Quindi volevi me? Non potevi chiamarmi o cercarmi in ufficio…
Lojacono scosse il capo.
– No. È un incontro informale. Accomodati, per favore. Puoi dedicarmi qualche minuto?
La Piras si sedette, senza abbandonare l’atteggiamento ostile.
– Senti, se si tratta ancora della storia dell’altro giorno…
L’ispettore alzò una mano.
– No, no. Niente di personale. D’altra parte non abbiamo piú niente da aggiungere; siamo stati entrambi molto chiari.
Alla Piras salí il sangue alla testa.
– Sei stato chiaro tu, al massimo. Io avrei molto altro da…
Lojacono la fermò:
– Basta, Laura. Basta. Non sono qui per questo. Ti devo parlare di una questione di lavoro, ma che deve restare fuori dal lavoro. È chiaro?
– No. Per niente.
L’uomo prese fiato.
– Già… Ne ho discusso coi colleghi, e tutti mi hanno scongiurato di non parlartene, ma io non vedo altra soluzione. Quindi vorrei raccontare una storia alla donna, non al magistrato.
Laura era perplessa.
– Lojacono, mi stai spaventando. Si tratta di lavoro o no? Vuoi parlarmi o no? Non c’è nessuna differenza tra la donna e il magistrato, te lo posso garantire.
Il Cinese ammiccò.
– Nessuno meglio di me lo sa.
Laura accusò il colpo.
– Sentiamo questa storia, allora.
Lojacono obbedí.
E Lojacono narrò di una ragazza rimasta orfana da bambina, di un padre che dovette farle anche da madre. Di un’infanzia e di un’adolescenza di solitudine e studio, di un lavoro trovato presso un commercialista. Di un corteggiamento e di un matrimonio con un uomo dolce e semplice, che in realtà non era né dolce né semplice. Di un mestiere simbiotico, in cui la giovane metteva la competenza tecnica, colonne di numeri e trasferimenti, tassi e anonimato, e il marito i torbidi oscuri rapporti con personaggi truci che non pronunciavano mai una parola e scomparivano nella notte.
Narrò di un antico amore nato in un ristorante e fiorito su una spiaggia sotto una luna enorme. Di un souvenir sul grande schermo e di un altro portato nel ventre. Di un bambino, poi ragazzo e poi uomo, cresciuto credendo di essere altro da quello che era. Di una madre bellissima e celebre diventata prigioniera di un mondo costituito di ricordi. Di un fratello con due sorelle, di cui una lontana e sconosciuta. Di un amore durato una vita, lettera dopo lettera.
La storia terminava con una richiesta di aiuto e con un patto siglato mentre la pioggia batteva contro un’imposta chiusa.
Alla fine l’ispettore tacque, riacquistando l’impenetrabile espressione da orientale. Laura non credeva alle proprie orecchie. Scosse il capo, come per scacciare una scomoda impressione.
– Scusa, ma ti rendi conto di quello che… Sei impazzito? Anzi, siete impazziti tutti? E mi dici che ne hai parlato coi tuoi, a Pizzofalcone, e siete d’accordo? Allora hanno ragione a volervi chiudere. Siete una cellula folle, siete…
Lojacono insistette:
– Laura, non deludermi. Ti ho raccontato una storia, e al limite il matto sono solo io che per colpire al cuore una donna che gli interessa inventa le favole. In via ufficiale la nostra ricerca dei colpevoli del pestaggio di Ethan Wood non ha prodotto risultati, se non un’informazione riservata col nome di due teppisti da sbattere dentro sfruttando qualche altra evidenza di reato che non mancherà.
La Piras commentò:
– Una donna che gli interessa, dici? Be’, almeno questo. Lo sai che hai colpito la fantasia del mio amico Efisio?
– Grazie, ma l’articolo non è per me. Insomma, che ne pensi della mia favola?
La Piras si accomodò meglio sulla sedia. Cominciò a mordicchiarsi il labbro inferiore e Lojacono capí che stava riflettendo; i piccoli vantaggi derivanti da un’assidua frequentazione.
Dopo un po’ il magistrato prese a tamburellare con le dita sul tavolino.
– Ammettiamo che la tua favola sia vera, lo dico per mera ipotesi di cazzeggio, e che tu ti rivolgessi a un’amica che lavora nel settore. Ma è una pura speculazione, chiaro?
– Chiaro.
E Laura proseguí:
– Che cosa ti aspetteresti da lei?
Un sorriso guizzò e scomparve sulle labbra del Cinese.