L.

Seduto sulla panca con le braccia conserte e le gambe allungate davanti a sé, Francesco Romano sognava.

Nel sogno si trovava dov’era adesso, all’esterno del reparto di terapia intensiva dell’ospedale pediatrico. E attendeva notizie della piccola Giorgia, proprio come nella realtà. Solo che nel sogno non si era assopito dopo una snervante notte in cui si era rifiutato di tornare a casa nonostante l’insistenza di Susy: era rimasto sveglio, e camminava avanti e indietro come un leone in gabbia.

Nel sogno la porta si era aperta ed era venuto fuori il brutto muso di Caputo, l’infermiere che la sera precedente aveva aggredito perché non voleva lasciarlo entrare; solo che non aveva la sua faccia, che peraltro non ricordava, ma quella grassoccia di Lamagna, il vicecommissario di Posillipo che ora lavorava con quello stronzo di Buffardi alla Mobile. L’uomo, ridendo, lo informava che Rampini, il collega al quale aveva accidentalmente rotto il naso nel­l’episodio per cui era stato cacciato, era morto. Per colpa sua. Romano gli rispondeva che non era lí per Rampini, che quella era una storia vecchia, che ormai era a Pizzofalcone ed era contento, che si era ricostruito una verginità; adesso era lí per Giorgia, e se anzi poteva fargli il piacere di dirgli come stava. Lamagna ghignava, nel sogno, e sibilava: è morta, quella piccola bastarda. Quella figlia di nessuno è morta. E sai perché? Lo sai tu?

Romano lo afferrava per il collo e stringeva, stringeva. Ma nelle mani non c’era forza, e piú premeva piú quello rideva e ripeteva: è morta perché l’hai toccata tu, Roma’. Quello che tocchi muore. Non te l’hanno spiegato, a Pizzofalcone? È per questo che vi chiamano Bastardi, Roma’. È per questo.

Poi Lamagna gli accarezzava una guancia, mentre lui piangeva e gridava: no, no, non è possibile, Susy mi ha assicurato che non c’era il rischio, che rinunciava a tornare a casa per sorvegliarla. Non è possibile.

– Non è possibile, – gridò svegliandosi.

La dottoressa Susy era in piedi accanto a lui. La limitata statura faceva sí che il suo viso fosse poco piú in alto di quello di Romano, che poté scorgere le occhiaie e i segni della stanchezza.

– Scusa, mi sono… Stavo sognando, credo.

La dottoressa sorrise.

– Sí, ho visto. Sei a pezzi, eh? Avrai le ossa rotte, eri in una posizione che…

L’uomo si alzò, stirando braccia e gambe.

– In effetti sí. Ma che ore sono? Ci sono notizie? Giorgia come sta?

Susy lo invitò a seguirla.

– Vieni con me.

Mentre percorrevano il corridoio, Romano comprese che non avrebbe sopportato una brutta notizia. Nella vita aveva affrontato molte avversità, ma questa non l’avrebbe retta.

– Susy, ascoltami.

La donna si fermò e lo fissò, interrogativa. Lui riprese:

– Senti, è importante. Se devi dirmi o farmi vedere qualcosa che… qualcosa di brutto, ti prego, lasciami andar via. Ho paura. Non ci riesco. Non se si tratta di Giorgia. Ho coraggio, in genere, ma stavolta sento che è troppo.

Gli occhi azzurri della dottoressa lo scrutarono, grandi e profondi. Troppo, per leggervi dentro. Contrasse le labbra, si girò e riprese a camminare. Dopo un attimo di esitazione, Francesco la seguí sconsolato.

Susy entrò nel suo ufficio, indicò una sedia a Romano e si sedette di fronte a lui. Inforcò un paio di occhiali e prese a frugare tra le carte sparse sulla scrivania. Il poliziotto restò in piedi, il cuore in gola.

La dottoressa reperí un pezzo di quello che sembrava un tabulato e cominciò a scorrere i dati. Poi, senza distogliere lo sguardo dal foglio, disse:

– Dunque, Giorgia è stata ricoverata con una temperatura corporea di 39,2 gradi. Quelli della casa famiglia ci hanno raccontato che da un po’ mangiava con qualche difficoltà e aveva avuto un episodio di vomito, due di diarrea…

Romano la interruppe:

– Ma perché non mi hanno avvisato? Io chiamo tre volte al giorno e…

Susy gli scoccò un’occhiata severa da sopra le lenti.

– Perché in sé non ha alcun significato, France’. Sono cose che nei bambini si verificano di continuo. Dunque, in realtà ha giocato un ruolo la sua fragilità di partenza; sappiamo che cosa la piccola ha subito alla nascita e nel periodo successivo.

Romano strinse le mani sullo schienale della sedia davanti a sé.

– Come sarebbe? Ma allora…

La dottoressa sbottò:

– Lasciami parlare, accidenti! Per fortuna il 118 l’ha presa. Spesso rimandano al servizio di trasporto per le emergenze neonatali, e si perde tempo prezioso. Noi l’abbiamo messa in flebo, perché era disidratata, e abbiamo effettuato l’urinocoltura, l’ecografia addominale, gli esami del sangue. Le alterazioni hanno confermato quello che sospettavamo e i risultati del multistix…

Romano esplose:

– Cazzo, Susy! Non capisco niente! La finisci con quest’incubo e mi dici come sta Giorgia?

La dottoressa si fermò, ripose il foglio e gli occhiali e si rivolse a Romano:

– Giorgia ha quella che noi chiamiamo Ivu: un’infezione delle alte vie urinarie. Nelle femmine può capitare, per la vicinanza del retto all’uretra, in caso di ritardato cambio del pannolino, ad esempio, o semplicemente per la presenza di batteri nelle feci.

Il poliziotto aprí e chiuse la bocca. Poi domandò:

– E adesso… Non è in pericolo, vero?

– No, non in pericolo di vita. La stiamo già trattando con gli antibiotici e lei reagisce bene. È un torello, lo sai. Resterà qui almeno per una decina di giorni, ma ce la farà. Anche stavolta.

Romano si coprí la faccia con le mani. Di colpo sentiva su di sé la stanchezza dell’universo intero.

– Il ritardato cambio del pannolino, hai detto. Quindi è stato per incuria, giusto? Hanno trascurato…

La dottoressa girò attorno alla scrivania e lo fronteggiò aggressiva con il suo metro e sessanta comprensivo del tacco degli zoccoli di gomma.

– Stammi a sentire, non fare il poliziotto adesso! In quella casa famiglia, che per inciso è la migliore della zona, vivono sedici bambini di ogni età, e tutti hanno diritto al massimo della cura! Credi che sia facile? L’altro giorno un bambino di sei anni, da un’altra parte, ha tagliato l’orecchio di una bambina di quattro perché glielo voleva modellare come quello del personaggio di Star Trek! Capisci a cosa devono badare, in questi posti?

Romano scosse il capo.

– Sí, ma uno… Ci sono tanti rischi, lo hai detto tu, no? E un padre, che deve fare? Non si deve preoccupare? Io è come se fossi il padre, sono responsabile di questa bambina, perché l’ho trovata io. Sarebbe morta se…

A pochi centimetri da lui, Susy replicò, severa:

– No che non sei responsabile. Sono responsabili le persone che la tengono, i magistrati del tribunale dei minori, i medici come noi, non tu. Tu l’hai salvata, ma non c’entri con quello che le succederà nella vita, durasse un giorno o cent’anni!

Romano notò che dagli occhi della donna stavano sgorgando lacrime che le bagnavano le guance. Smarrito, si calmò.

– D’accordo, d’accordo, non… Mi dispiace, io non volevo insinuare che non siete bravi o che siete disattenti, né tu né loro. È che io adoro quella bambina e…

– Credi sia facile perderli? Credi sia facile amarli, lottare per loro e vederli andar via senza che nemmeno abbiano vissuto?

– Susy, ma io non intendevo… So quanto cuore ci metti. In quei giorni sei stata tu che l’hai fatta nascere un’altra volta. Non lo dimenticherò mai!

La donna pareva non sentirlo.

– Ho rinunciato a tutto, per questo mestiere! La mia vita, la mia intera vita va a rotoli e io me ne sto chiusa qui, anche quando dovrei andarmene a casa a ricostruire… Accidenti a te!

Fu allora che Romano obbedí a un istinto che non sapeva di avere: si chinò su di lei, le afferrò con le mani il viso bagnato e la baciò. E si accorse che, senza alcuna sorpresa, lei accoglieva il bacio con trasporto, attaccandovisi come se da quello dipendesse il suo stesso respiro.

Dopo un attimo, o forse un secolo, sentirono bussare alla porta. Si allontanarono con difficoltà, ansimando e fissandosi ancora. Susy si asciugò in fretta le lacrime e disse:

– Avanti.

La porta si aprí e si affacciò Giorgia. La moglie di Francesco.

Era angosciata, lo sguardo andava da un volto all’altro temendo di leggervi qualcosa di terribile.

– Ho chiamato il tuo ufficio e… Il telefono non ti prende, Fra. Mi hanno riferito che la piccola Giorgia è ricoverata qui… Ho chiesto di lei, dottoressa, per fortuna è di turno. Non c’è niente, vero? Sta bene?

Fu Romano a risponderle.

– Sí, tesoro. Sta bene.