Nicola Picariello cominciò a sospettare che fosse successo qualcosa quando Spadino e Raspone, i due addetti alla sorveglianza di giorno, non ricevettero il cambio all’ora stabilita.
Li vedeva dalla finestra, nervosi, che litigavano; in genere erano praticamente muti. Lui non ci parlava mai, non sapeva nemmeno se quelli fossero i loro cognomi o, come quasi sempre accadeva, dei soprannomi.
Picariello aveva un rapporto strano con quella gente. Ormai, dopo l’emissione del provvedimento nei suoi confronti, si poteva affermare che fosse organico al clan, ma non interagiva con la manovalanza. Lui comunicava col Vecchio e solo di rado col Giovane, che possedeva l’astuzia del padre ma anche una latente brutalità che lo spaventava.
Il Vecchio nutriva nei suoi confronti una forma di rispetto d’altri tempi, quando l’ignorante delegava all’istruito i compiti per cui non era preparato. E del resto, l’impegno di Picariello era stato una delle forze motrici principali, se non la piú importante, per la costruzione del potere di quella famiglia. Un potere che era diventato davvero notevole.
Il pensiero gli trasmise un enorme disagio. Forse era la pioggia che cadeva fitta, o la vista di quei due che gesticolavano sotto un patio costruito per riparare dal sole e non dall’acqua, ma il senso di oppressione che provava da giorni si intensificò.
Maledetta puttana, pensò, dove sei?
Aveva commesso un grave errore di valutazione, che non si perdonava, ritenendo che Angela non sarebbe cambiata; che sarebbe rimasta sempre la ragazza dolce e remissiva, con un passato di solitudine di cui non raccontava nulla, incontrata durante un banale colloquio di lavoro e assunta per il suo grande, assoluto talento. Non immaginava che sarebbe riuscita a raccogliere la forza per scappare, rendendosi introvabile pure a quella gente.
Non aveva tenuto conto della sua condizione. Di come, una volta incinta, quella piccola donna piena di fobie avrebbe avuto accesso a nuove risorse.
Non poteva scartare l’ipotesi che avesse compiuto un gesto estremo. Quasi se lo augurava: almeno non avrebbe potuto vuotare il sacco.
In realtà le aveva anche voluto bene. Certo non l’amava, perché Nicola Picariello amava solo sé stesso, e a essere sinceri i suoi gusti andavano in un’altra direzione, come Mary e il suo splendido fondoschiena potevano testimoniare; ma le capacità della moglie, il suo intuito per le soluzioni migliori e piú convenienti, meritavano un anello. Ora, però, era tutto a rischio, giacché nessuno sapeva che Angela Capasso, di cui aveva sollecitato la ricerca senza poter insistere piú di tanto, era la vera artefice della fortuna finanziaria dei Sorbo.
Gli avevano garantito che era da escludere l’adesione di Angela a un programma di protezione testimoni. I Sorbo avevano uomini all’interno delle strutture che amministravano quelle posizioni e organizzavano le nuove residenze in varie località del Paese; il nome di Angela non era negli elenchi. E fuori dall’Europa non poteva scappare, perché il suo passaporto ce l’aveva lui. Ma allora dove si era cacciata?
La domanda risuonò nella sua mente mentre guardava la pioggia bagnare i due scagnozzi costretti a prolungare a dismisura il proprio turno per il ritardo dei fratelli Spasiano. La necessità di rintracciare Angela aveva una duplice valenza: per lui rappresentava la garanzia di poter continuare a gestire la massa di denaro agli stessi livelli; per gli inconsapevoli Sorbo, il contenimento del rischio che le informazioni di cui la donna era in possesso circa le allocazioni dei soldi potessero trapelare.
In verità sulla seconda questione era ottimista. Non credeva possibile che la moglie ricordasse a memoria i numeri dei conti cifrati, che erano decine, e la quantità dei movimenti. E nemmeno poteva esserseli annotati: non c’erano stati preavvisi alla chiusura dello studio, e lei si fidava di lui ciecamente. Era pur sempre una fragile donnetta insicura. E incinta.
Fu invaso da un’ondata di ottimismo, e provò a coltivarla. Angela poteva sparire senza lasciare traccia, o essere trovata dai Sorbo. E in fondo ciò che era in grado di fare lei era in grado di farlo anche lui, che era piú intelligente. L’importante era la fiducia del Vecchio, e quella era riversata su di lui.
D’un tratto, scorse una grande macchina scura avanzare sul vialetto della villa, spuntando dalla macchia di pini marittimi che nascondeva la costruzione alla vista dalla strada. Ecco il cambio, pensò. Finalmente. Quei fessi dei fratelli Spasiano saranno caduti dalle loro ridicole moto.
Dall’auto, invece, venne fuori il Giovane, insieme a quattro scagnozzi che si fermarono a parlare con Spadino e Raspone. Picariello ne fu sorpreso, perché il Giovane, copiando le abitudini del Vecchio, non si spostava quasi mai dalla residenza di Pizzofalcone.
Dopo qualche attimo entrò, sorridente e ribaldo come sempre. Era bruno, molto bello; aveva i lineamenti regolari della defunta madre, una modella popolarissima negli anni Settanta di cui il Vecchio si era invaghito e che aveva subito comprato. Si mostrava consapevole dell’età, della ricchezza e dell’aspetto; debolezze, rifletté Picariello, che alla lunga avrebbero fregato la famiglia. Il Vecchio era umile e gentile, rispettoso e prudente, e soprattutto ascoltava; qualità che non si possedevano solo per il fatto di imitare un modo di esprimersi o degli atteggiamenti.
Il Giovane esordí:
– Salve, dotto’. Siete contento che vi sono venuto a trovare? Come va la villeggiatura?
Picariello rimase serio.
– Salve, signor Sorbo. Io non sono in vacanza, come sa. Lavoro a pieno regime. Glielo può confermare la signora che avete messo qui per darmi una mano.
L’espressione del Giovane non cambiò.
– Certo, certo. E vedrete che questa situazione sgradevole si risolverà presto, gli avvocati nostri se ne stanno occupando; nemmeno si capisce come si sono permessi di fare una simile stronzata nei vostri riguardi. Mi fa piacere che stiate bene. Però ci sarebbe un altro… inconveniente, una piccola cosa che dobbiamo affrontare.
Il cuore di Picariello mancò un battito.
– Cioè?
Il Giovane scosse appena la testa.
– Niente di che, state tranquillo. È che qualche ora fa si sono pigliati i fratelli Spasiano. Una specie di rissa, non si sa bene che cosa è successo. Però il problema è che quei due dovevano controllare vostra moglie.
Picariello chiese:
– E allora?
Sorbo si strinse nelle spalle.
– E allora, dotto’, magari non ci azzecca niente; magari i due imbecilli, che non comprendo perché mio padre considerava ancora operativi, si sono presi a mazzate con un agente in borghese e se li sono portati. Però ci sta pure la possibilità che, in qualche modo, la polizia risalga a qualcos’altro. Questo ci consiglia di metterci in movimento, vi pare?
Il commercialista ripeté:
– E allora?
Il Giovane rise.
– E allora e allora… Dotto’, sembrate un disco rotto, come dice papà. Da un lato significa che le guardie non tengono a vostra moglie in mano, ed è una cosa buona; dall’altro può essere che si stanno avvicinando a voi, perché gli Spasiano lo sanno che voi state qua, e gli può scappare l’indirizzo. Quelli sono fessi. E i fessi parlano.
Picariello aprí la bocca e la richiuse. Stava per domandare: E allora?
Come l’avesse detto, Sorbo riprese:
– E allora io e papà abbiamo pensato che vi dovete trasferire subito subito, per evitare eventuali iniziative derivate da quello che potrebbero rivelare i due deficienti. Ce ne andiamo in montagna, stavolta. Farà un po’ freschetto, ma ci sta un bel riscaldamento, non vi preoccupate.
Si avvicinò a Picariello e gli diede un buffetto sulla guancia.