CAPITOLO 4

Leon è venuto a prendermi in perfetto orario, ma su questo non avevo dubbi. Ho capito che è una persona molto precisa e che non gli piace perdere tempo. Non siamo andati oltre il semplice saluto quando ci siamo visti. Ha tentato di baciarmi, ma il mio rifiuto ha fatto sì che non ci riprovasse. Lo osservo mentre ci sistemiamo al tavolo da lui prenotato in un ristorante molto appartato. È immerso nei boschi ed è segnalato da poche indicazioni. All’entrata un cartello annunciava che stasera ci sarà uno show, ma non ho compreso di cosa si tratta. Mi sorprende che abbia scelto questo posto, non mi sembra proprio un tipo da feste. Non sorride mai, se non quando riesce a ottenere qualcosa, ma non lo conosco abbastanza, potrei sbagliarmi. Il nostro tavolo è situato all’interno di una piccola stanza illuminata da luci soffuse. In un angolo c’è un divano imbottito di velluto rosso, con accanto un tavolino di vetro trasparente a forma di sasso. Non ho mai visto un ristorante del genere.

«Qualche problema?» mi chiede, richiamando la mia attenzione.

«Sono solo sorpresa. Non sono mai stata in un ristorante così… particolare.» Vago con lo sguardo, cercando in tutti i modi di evitare il suo.

«Particolare è la parola esatta» sussurra, un attimo prima che entri un cameriere con un carrello carico di pietanze.

«Signore, ecco a lei la chiave. Nel caso avesse bisogno, basta che preme il pulsante accanto alla porta» spiega l’uomo in modo elegante e impeccabile. Stordita, guardo prima il cameriere, poi mi volto verso Leon, che tiene lo sguardo fisso su di me.

«Ho tutto quello che mi serve» risponde, con gli occhi che gli brillano in modo impressionante. Ha tutto quello che gli serve? Sembra un messaggio rivolto a me. Il cameriere esce, richiudendo la porta. Ora siamo soli e non so se esserne sollevata. Non riesco mai a capire cos’abbia in mente ed è snervante. Lo seguo con lo sguardo mentre si alza per andare a chiudere la porta con la chiave che il cameriere ha appoggiato sul tavolo. Perché ha chiuso a chiave? Il panico si fa largo nella mia mente, vorrei tanto avere delle risposte, essere rassicurata. Si avvicina al carrello e solleva un piccolo coperchio.

«Fantastico» esclama, alla vista di un dolce dall’aspetto meraviglioso. Solleva anche gli altri fino a fermarsi su un vassoio in particolare. Contiene una composizione di gamberi in salsa con verdure alla julienne e ha un profumino niente male.

«Inizieremo da questo» dice, prendendo un piatto e posandolo davanti a me. E se io avessi voluto cominciare da qualcos’altro? Gli lascerò scegliere anche questo? Lo farò, ho promesso che stasera avrà carta bianca. Con un gesto elegante prende la bottiglia di vino e riempie i due calici che sono sul tavolo. Osservo ogni suo minimo movimento, tutto questo è una novità per me. Sono già stata a cena fuori con Marcus, ma lui non ha mai fatto niente del genere. Provo delle sensazioni contrastanti. Da un lato lo trovo emozionante, dall’altro mi sento fuori posto perché non mi è concesso fare nulla. Lui ritorna seduto e finalmente mi guarda.

«Spero sia di tuo gradimento, ho scelto personalmente il menu di stasera.» Ovvio, non avevo dubbi.

«E se non mangiassi crostacei?» gli chiedo accigliata. Lo sto provocando e sono curiosa di sentire la sua risposta. Lui mi guarda e sorride sornione.

«Se così fosse, ordinerei qualcosa che ti piace» risponde divertito. Peccato, non ha abboccato. Non capisco perché mi piaccia tanto provocarlo, dovrei evitarlo ma non posso farne a meno. Guardo il mio piatto e quasi mi dispiace rovinare quest’opera d’arte, o forse semplicemente non ho molta fame. Ho lo stomaco chiuso e so anche il perché.

«Sai qual è il modo migliore per gustare del buon cibo?» chiede con un’aria maliziosa che non promette nulla di buono.

«Quale?» domando, mentre bevo un sorso di vino. Lui si alza e accosta la sedia alla mia. Le nostre braccia si sfiorano e mi sento attraversata da una scossa elettrica. Trattengo il respiro, mentre lui si avvicina pericolosamente, e lo guardo sorpresa quando immerge l’indice nella salsa per poi avvicinarlo alle mie labbra.

«Assaggia» mi ordina con voce suadente. Io obbedisco, apro le labbra e gli succhio il dito. Sublime. «Ti piace?» mi chiede, mentre faccio scivolare l’indice dalla mia bocca. Annuisco, imbarazzata. «Ora ti mostro qual è il mio modo preferito per assaggiare.» Si avvicina e mi lecca le labbra, poi mi morde quello inferiore e infine mi bacia. Ottimo modo, direi.

«Ora assaggiamo il resto» dice, mentre prende un gambero. Non avrà mica intenzione di… Oh, sì che lo farà. Lo avvicina alla mia bocca e io, senza aspettare che dica qualcosa, ne mordo un pezzo. Mi piace questo gioco, ma voglio farlo anch’io con lui. Senza pensarci troppo, immergo l’indice nella salsa e lo porto alle sue labbra. Lui mi guarda per un istante, sorpreso e combattuto, poi si lascia andare e lo assapora.

«Anch’io ho il mio modo di assaggiare» dico, premendo le labbra sulle sue. Ho preso l’iniziativa, lo sto baciando perché ne sentivo il bisogno e ne vorrei sempre di più.

«Sai di gambero» commenta.

«E tu sai di salsa» replico divertita. Si pulisce la mano in modo meticoloso, poi prende il mio calice e beve un sorso di vino.

«Il tuo non ti piaceva?» lo stuzzico, sorridendo.

«È più buono il tuo» ribatte, mentre i suoi occhi percorrono il mio corpo. So cosa vuole, è la stessa cosa che voglio io. Mi afferra il dito e lo succhia di nuovo, poi lo pulisce con la stoffa umida appoggiata su un piccolo vassoio e riprende a mangiare. Non servono parole, bastano i nostri scambi di sguardi. Mi imbocca e io faccio altrettanto con lui. Mi sento a mio agio ora. Il tempo si è come fermato, ho lasciato fuori il resto del mondo, ci siamo soltanto io e lui adesso. Mi sento voluta, desiderata e questo mi piace. Mi sento completa, pur sapendo che è solo un’illusione, ma lui rende tutto così speciale e piacevole che non riesco a resistere.

«Lo senti?» mi chiede a bassa voce, mentre fa scivolare la mano sul mio braccio fino a fermarsi sulla mano. So cosa cerca di dirmi, lo sento eccome. Lo guardo, senza trovare il coraggio di esternare ciò che provo, poi sento il battito del mio cuore accelerare quando la sua mano scivola nell’interno coscia.

«Allarga le gambe, Lady» sussurra con quella sua voce sexy a cui è difficile resistere. Mi rifiuto, scuotendo la testa come una bambina mentre serro le gambe. Non può pretendere di fare una cosa del genere proprio qui. «Hai promesso di assecondarmi» mi ricorda, appoggiando la fronte sulla mia. Il suo respiro caldo mi arriva sul viso e io tremo leggermente. Le sue mani mi allargano le gambe e il vestito mi sale fino a metà coscia. Lui lo solleva ancora di più, e io rimango a osservare le sue mani che mi accarezzano per poi scorrere verso l’orlo degli slip.

«Guardami» sussurra, facendo scivolare le dita sotto il tessuto. «Lasciati andare.» Continua a incantarmi con le sue parole, mentre i miei occhi si inchiodano ai suoi come fossero l’unica ancora di salvezza. «Respira Eva, respira.» Non ci riesco, il cuore mi martella nel petto. Mi aggrappo alla sedia e sento il corpo irrigidirsi. Mi sono bloccata di nuovo. Lui allontana la mano, interrompendo tutto. Io lo guardo mortificata, ma non posso farci niente, la mia è una reazione spontanea. Mi afferra le mani e mi costringe ad alzarmi in piedi.

«Testarda» borbotta, mentre sposta lo sguardo sul mio vestito. Scansa la sedia e si posiziona alle mie spalle, poi mi soffia sul collo. «Vediamo di farti rinsavire.» Sento la sua mano che scende lentamente, aprendo la lampo. Il vestito si allarga e l’eccitazione sale. Mi abbassa l’abito fino alle caviglie, poi risale percorrendo il mio corpo con la lingua. Si ferma sul collo e succhia. È così piacevole che mi viene la pelle d’oca. Sposto la testa di lato, lasciando che mi baci.

«Vuoi che continui?» mi domanda, pur conoscendo la risposta.

«Mmh.» È l’unico suono che riesco a emettere, non sono più cosciente. Ho un unico pensiero in testa, lui. Libera il mio corpo da quel poco tessuto che ci divide. Ora sono completamente nuda sotto il suo sguardo che arde di desiderio.

«Sei così bella» sussurra sulla mia pelle, mentre le sue mani scivolano sui fianchi e mi costringono a voltarmi. Ogni volta che lo guardo negli occhi mi perdo, non sono più in grado di reagire. «Dimmi che mi vuoi, Eva.» La sua è una supplica. Gli piace sentirselo dire, vuole la conferma pur sapendolo già.

Faccio scorrere le mani sulla sua camicia, senza distogliere lo sguardo da lui. Una volta aperta, ammiro il suo petto, è perfetto. Vorrei tanto riuscire a lasciarmi andare fino in fondo, e realizzare tutto ciò che vorrei fare con lui, ma provo vergogna. Avvicino le labbra al suo petto, soffio e lo cospargo di baci. Lui mi afferra le spalle, facendomi sollevare la testa, e mi guarda serio. Ho sbagliato, non gli piace. Non sono fatta per queste cose.

«Non hai risposto alla mia domanda» mi ricorda. Non è forse chiaro che lo voglio? Non servono parole, perché deve insistere? Sposto la testa di lato, soffiando su una ciocca di capelli ribelle, e rimango a guardarlo. Poi cerco di formulare una frase sensata. «Non hai bisogno che te lo dica, lo sai già.»

«No, non lo so, è questo il punto. Con te non so niente» afferma frustrato, mentre le sue mani scendono sulle mie e le nostre dita si intrecciano. È un uomo davvero singolare, ed è proprio questo mi affascina. Mi avvicino alle sue labbra, mentre lui rimane fermo ad assistere ai miei gesti improvvisati.

«Ti voglio come non ho mai voluto nessun altro» confesso. Lo bacio, senza dargli il tempo di replicare. Mi rifugio nuovamente in quell’angolo di paradiso che lui mi ha fatto scoprire. Un luogo dove tutto questo ha senso, un luogo che sento mio. Mi stringe a sé, mentre ci cerchiamo in modo ossessivo. Lo spoglio, ora è nudo come me, e io non posso fare a meno di notare la sua erezione. Lo guardo negli occhi, poi faccio un passo indietro. Ho una strana idea in testa che sta diventando un’ossessione.

«Vorrei giocare con te» gli dico, poco convinta. Potrebbe prenderla male, finora è stato lui a farlo con me. È un uomo a cui piace dominare, è chiaro che sia lui a decidere, ma io vorrei provare. Mi scruta curioso, mentre appoggia le mani sui fianchi.

«Sei una scoperta continua, Lady» commenta, mentre lo ammiro in tutta la sua virilità.

«Ti potresti sdraiare sul divano?» gli chiedo, ancora titubante. Non so neanche io perché lo voglia fare, forse per la curiosità di provare cose nuove. Asseconda la mia richiesta e mi passa accanto squadrandomi.

«Sono proprio curioso» commenta, per poi sdraiarsi sul divano. Curioso? Non sa quanto lo sono io, è la prima volta e non ho proprio idea di come comportarmi, ma ho deciso comunque di lasciarmi travolgere dalle sensazioni e di farmi guidare dall’istinto. Mi avvicino al carrello con i vassoi e prendo quello che dovrebbe contenere il dolce. Stasera non si mangia, si assaggia. Prendo il piatto e mi avvicino al divano.

«Questo dolce ha un aspetto molto invitante» dico. È una composizione di fragole e panna su un letto di pasta sfoglia con crema al cioccolato. Appena ho visto le fragole, mi è subito tornata in mente la serata alla villa, come dimenticarla. Mi siedo sul tavolino accanto a lui e con l’indice prendo un po’ di panna, poi lo succhio lentamente mentre lo guardo. «Mmh.»

«Non resisterò a lungo senza toccarti se fai così» avverte. L’intento è proprio quello. Lo guardo ingenua, mentre ne prendo un altro po’.

«Forse avrei dovuto legarti. A proposito… è stata quella la parte che ho amato di più nel nostro primo incontro» confesso maliziosa, appoggiando la panna sul suo capezzolo. Avvicino le labbra e lo succhio. Lui non parla, mentre assiste alla scena compiaciuto. Cospargo altra panna sul suo corpo, sul suo membro e infine prendo una fragola tra i denti e mi avvicino a lui. Lascio che la morda e il tutto si mescola in un bacio alla fragola. Oh sì, mi piace, e anche tanto. Mi stacco a malincuore, determinata a continuare ciò che avevo in mente. Lui grugnisce contrariato, ma non dice nulla. Non posso fare a meno di sorridere, mentre scendo sul suo petto leccando la panna rimasta. Mi metto a cavalcioni su di lui e lo guardo maliziosa.

«Merda» impreca, portando le mani sul viso. «Eva non resisto, devo toccarti» confessa, frustrato. Lo so, ed è per questo che mi sembra tutto più divertente ed eccitante. Mi avvicino al suo membro e, senza pensarci troppo, faccio scivolare la lingua per tutta la lunghezza. Lui s’irrigidisce, poi si alza di scatto.

«Ora basta, è una tortura.» Le sue mani mi sollevano, ribaltando la situazione. Ora sono in trappola. Mi metto a ridere, mentre lui si avvicina al mio viso. «Ti diverte torturarmi?» mi chiede. Conosco quello sguardo ormai. Si sente sfidato e vorrà sicuramente mettere in chiaro la situazione. Porto le mani in avanti e le unisco.

«Legami» gli ordino divertita, sorprendendo entrambi. Mi piace essere legata da lui, in un certo senso è l’unico momento in cui riesco a perdere il controllo.

«Non stasera, Eva.» La sua risposta che mi spiazza. Prende le mie mani e le avvicina al suo viso, per poi baciarle. «Voglio che mi dimostri quanto mi vuoi» dice, con gli occhi fissi sui miei. Mi aggrappo a lui e lo tiro verso di me. Non esiste più la ragazza di qualche ora fa, si è persa strada facendo. Lo desidero e non mi darò pace finché non ne sarò sazia. Voglio esplorare, voglio sentirmi libera di poter fare e dire qualsiasi cosa senza pormi dei limiti.

«Ho bisogno di te» gli dico. È una richiesta che arriva dal profondo. Le parole mi sono sfuggite di bocca ancora prima che riuscissi a fermarle. La sua presa si fa più decisa.

«Era ora, Eva» ruggisce e mi bacia con foga. Gli avvolgo le gambe intorno, ma lui le blocca. «Non è ancora il momento. Ho altro in mente.» Altro? Cosa ci potrebbe essere ancora? È un uomo davvero imprevedibile. Si alza e mi porge la mano. «Andiamo» mi ordina. Confusa, mi appoggio sui gomiti e lo guardo senza obbedire. «Non ricominciare. Fidati di me.» Non mi lascia il tempo di decidere e mi trascina dolcemente verso la porta. Allarmata, pianto i piedi sul pavimento.

«Non uscirò nuda» strillo. È pazzo se crede che possa farlo. Lui si volta verso di me con aria truce.

«Non avevi detto che mi avresti assecondato?» chiede. Sollevo le spalle e lui sbuffa. «Non capisco perché devi rendere tutto così complicato» borbotta, avvicinandosi alla sedia. Prende la sua giacca e me la appoggia sulle spalle. «Ora andiamo, basta scuse.» Rimango senza parole, mi stringo nella giacca mentre lui mi tiene la mano. Sto per morire dalla vergogna, non capisco perché lo stia assecondando. Apre la porta ed esce, portandosi dietro anche me. Mi tremano le gambe, sono nervosa. Facciamo alcuni passi nel buio più totale, fino a oltrepassare una tenda nera. Ciò che vedo mi lascia di stucco. Sembra una camera. Il letto è posizionato in modo strano, al centro della stanza, rivolto verso una parete di vetro nero. Lui si volta verso di me e mi studia.

«Hai domande?» chiede, pur sapendo che ne ho. Mi guardo intorno, poi riporto lo sguardo su di lui.

«Che cos’è questo posto?» Sorride malizioso, avvicinandosi al lato destro della parete di vetro.

«Ottima domanda» commenta, prima di pigiare un tasto sulla parete al quale non avevo fatto caso. Il vetro si trasforma in una specie di grande proiettore. L’immagine si fa sempre più chiara e smetto di respirare. Dall’altra parte ci sono degli uomini e delle donne. Sono nudi e si trovano nel bel mezzo di un rapporto. Rimango a guardarli a bocca spalancata. È la prima volta che vedo qualcuno fare sesso dal vivo, non nego di aver guardato dei film porno, ma questo è completamente diverso. Mi avvicino al vetro curiosa, e osservo i loro corpi nudi, i loro movimenti. L’affiatamento tra quelle persone è incredibile.

«Ti piace ciò che vedi?» chiede, avanzando verso di me. Il mio sguardo rimane fisso sulle coppie al di là del vetro.

«Sì» rispondo, sempre più curiosa di scoprire cos’altro mi sia persa nella vita. Il mio corpo vibra. Sento le sue mani sui fianchi e il suo respiro caldo sul collo.

«Ti eccita guardare tutto questo?» mi chiede, mentre le sue labbra mi sfiorano la pelle. Mi volto verso di lui e ci guardiamo.

«Perché vuoi che lo veda?» domando con un filo di voce. Lui sorride malizioso, sfiorandomi le labbra con le dita.

«Era ora che ti svegliassi» sussurra. Non capisco. Svegliarmi da cosa? «Vorrei tanto prenderti qui, ma ho in mente tutt’altro stasera» mi informa, attirandomi a sé.

«E allora perché siamo qui?» chiedo confusa.

«Sento il dovere di mostrarti un po’ di cose. Consideriamolo un promemoria di ciò che potresti fare con Leon.» Interessante. Vuol dire che c’è altro da scoprire. Non ho intenzione di tirarmi indietro. Anzi, non vedo l’ora, è tutto così eccitante.

«Ho una sorpresa per te, aspettami qui.» Fa per andarsene, ma si blocca e si volta di scatto. «Non ti muovere» mi avverte serio, e io non posso fare a meno di sorridere. Stavolta farò la brava, non andrò da nessuna parte. Dopo alcuni minuti torna con una piccola valigia nera. Lo osservo curiosa mentre la apre ed estrae degli indumenti di pizzo nero. Poi si volta verso di me con lo sguardo malizioso.

«Vorrei che lo indossassi.» Si avvicina, posandomi il vestito addosso, e rimane ad ammirarmi. «È perfetto per te» commenta. Senza fare domande, infilo l’abito lungo interamente di pizzo. Devo ammetterlo, ho sempre amato il pizzo, e con questo vestito, per quanto lasci intravedere tutto, mi sento a mio agio, mi sento sexy.

«E ora?» chiedo, mordendomi il labbro. Lui mi guarda, mi sta mangiando con gli occhi ma non mi tocca. Vorrei che lo facesse, ne ho bisogno, ma non glielo chiedo. Si avvicina alla valigia e tira fuori un trench rosso fuoco. Ha pensato a tutto. Me lo porge e io lo indosso. I nostri corpi si sfiorano, sento il disperato bisogno delle sue mani su di me, ma cerco di resistere, non mostrando quanto sia vulnerabile. Il suo profumo non fa che peggiorare la situazione. Respiro a stento, mentre lui si assicura che il trench sia ben chiuso, come per paura che si possa vedere che sotto sono completamente nuda, ricoperta soltanto da uno strato di pizzo.

«Ora possiamo andare» esclama, dandomi un’ultima occhiata prima di iniziare a vestirsi. Prendo la camicia appoggiata sulla sedia e mi avvicino cauta a lui. Non parliamo, non serve. Lascia che sia io a vestirlo sotto il suo sguardo attento e con un accenno di stupore. Non so a cosa sia dovuto. Una volta finito, faccio scivolare le mani sulla sua giacca e trovo il coraggio di avvicinare le labbra alle sue. Lui non rifiuta il mio bacio, anzi. Non so dove mi porterà tutto questo, ma non ho intenzione di precludermi nulla stasera.

«Andiamo.» Si scosta e intreccia le dita con le mie, poi inclina la testa di lato quando si accorge che non mi muovo. Ho bisogno di risposte.

«Dove andiamo?» gli chiedo. Non mi risponde subito, afferra la valigia senza lasciarmi la mano, e si avvia alla porta. «Alla villa.»

Oh, la serata sarà più movimentata di quanto abbia avuto modo di assaporare. Non mi oppongo e lascio che mi accompagni fuori.