Capitolo 2
Manuela
I miei occhi sono pesanti, riesco a aprirli a fatica e quando lo faccio, l’ambiente intorno a me è immerso nel bianco.
La luce, sopra il mio letto, diffonde un colore azzurrino abbastanza fastidioso, quasi quanto le voci alterate che sento nel corridoio.
Provo a muovermi, ma qualcosa mi fa fermare: volto la testa e vedo l’ago di una flebo infilato a fondo nel mio braccio.
«Dio, ma che cazzo è successo?» chiedo a voce alta e Alessia irrompe nella stanza.
È bianca come un lenzuolo e corre da me, stando attenta a non prendere il braccio con l’ago. «Oddio tesoro mio, ci hai fatto prendere uno spavento! Sei svenuta, Manu».
«Per molto?»
Alessia annuisce. «Sì, al pronto soccorso hanno detto che eri molto disidratata e che hanno dovuto darti sali e vitamine»
«Addirittura?»
«Non fare la cretina, Manu! Le cose sono serie!»
A questo punto la fisso seria, perdendo il sorriso che le avevo fatto poco prima. «Che cos’ho?»
«Non ce lo vogliono dire…»
«Chiama un medico», le dico e lei annuisce, prima di sparire oltre la porta.
Un secondo dopo, lei rientra nella mia camera seguita da Gaele, scuro in volto, e da un medico con una barba bianca davvero spropositata.
«Buongiorno, signora Gregario…»
«Signorina», lo correggo e poi gli domando quello che mi preme sapere: «Sto morendo?»
Il medico strabuzza gli occhi e poi scuote la testa. «Ma no, cosa dice signorina! Lei non sta morendo!»
«E allora che cos’ha la nostra amica?» sbotta Gaele, passando dalla parte del mio letto, fronteggiando il medico insieme a me e Alessia. «Ora può dircelo? O continuerà con la storia
della privacy?»
«La smetta di urlare signor De Roberto, ora che la sua amica, che la vostra amica è sveglia, posso dire cos’ha…»
«E allora lo dica, la prego», esclama Alessia e anche io annuisco, perché non ce la faccio più a stare qui in silenziosa attesa.
«Posso parlare liberamente, signorina Gregario?»
«Sì, certo, per l’amor di Dio, la prego!» rispondo e poi lo fisso, aspettando che parli e mi dica cos’ho che non va.
«Bene, io non sono un medico di oncologia, né un chirurgo specializzato», inizia a dire il medico, avvicinandosi al mio letto. «Io sono un ginecologo»
«Ginecologo?» domanda Alessia, sedendosi sul letto.
«Sì, sono il primario, in realtà, ma non conta nulla adesso. Sono qui per controllare l’avanzamento della sua gravidanza…»
«Eh?»
«Cosa?»
Chiedono all’unisono Gaele e Alessia, mentre io non riesco a fare altro che guardarlo, sperando che sia una candid camera.
«Sì, la signorina Gregario aspetta un bambino».
«Ma che sta dicendo?» domando io incredula. «È impossibile».
«Mi creda, abbiamo fatto le nostre analisi e quello che è emerso è stato chiaro: lei aspetta un bambino! Non è di molto, solo di sei settimane, ma purtroppo sta già avendo problemi con la gravidanza. Dovrà assumere delle vitamine, dovrà stare attenta a quello che mangia o beve, dovrà fare a meno della palestra e dovrà riposare…»
«Ma non è possibile, insomma, non esce con nessuno da mesi», esclama Alessia e è questo il momento in cui devo dire ciò che è accaduto a Firenze.
«Non è vero», dico e tre paia di occhi si voltano a guardarmi. «Non è che ci sono uscita, però».
«Manu? Ma quando? Dove?»
«Ale, sono stata al convegno e ho conosciuto un ragazzo…»
«Oddio, ma che dici?»
Annuisco. «Poi ti racconto, ma non credevo di poter rimanere incinta, uso la pillola e ero
coperta in quel periodo».
Il medico mi guarda come si guarderebbe una bimba che sbaglia un’operazione alla lavagna. «La pillola non è sicura al cento per cento, signorina Gregario. E con lei ha fallito…»
Alessia e Gaele oramai si sono seduti uno alla mia destra e l’altra alla mia sinistra, e hanno preso una mano a testa.
«E ora che faccio?» domando al ginecologo. «Che devo fare?»
«Ho dato per scontato che lei lo volesse tenere, ma se vuole fa ancora in tempo a mettere fine alla…»
«Cosa?» urlo contro l’uomo che si blocca immediatamente. «Non voglio abortire, ok? Voglio essere per questo bambino la madre migliore che posso. Mi dica come procederà la cosa…»
Alessia stringe la mia mano, forte. «Ecco ci dica cosa fare…»
«Le assegneremo una ginecologa che la seguirà durante la gravidanza e poi vedremo crescere il suo bambino, o bambina, fino a quando non sarà il momento della nascita… Ora devo andare però, ho il giro da fare! Le lascio qui la ricetta con le vitamine che da oggi dovrà prendere. Ah, congratulazioni!» poi l’uomo se ne va, lasciandoci lì come tre ebeti.
Dopo un paio di minuti, che sembrano però ore, Gaele spezza il silenzio: «Quindi i nostri figli andranno a scuola assieme…»
Sia io che Alessia lo guardiamo sorridendo. «Oddio, è vero».
«Io non riesco a crederci, meno male che ci siete voi ragazzi!» esclamo, chiudendo gli occhi e dando sfogo alle lacrime. «Sono felice, davvero, ma so anche che il padre di questo bambino non lo troverò mai…»
«Che intendi dire?» mi domanda Gaele.
«Be’, potrei avergli chiesto di non dirmi il suo nome».
«Manu!» mi riprende lui, sorridendo bonario. «Ma che ti viene in mente?»
Copro gli occhi con la mano libera. «Oddio, ma chi se lo immaginava che sarei rimasta incinta? Ma, ora che ci penso, con quell’affare gigante che si ritrovava, è più che logico che io lo sia…»
«Manu!» esclama di nuovo Gaele, mentre Alessia ridacchia.
«Ha pure il super sperma, santo cielo! Ha reso vana la pillola!» poi mi porto il dito sotto al mento e ticchetto. «Forse partorirò Superman!»
Gaele si arrende e scoppia a ridere. «Oddio, tu sei pazza!»
«E sarò una mamma single!»
«Ma non c’è proprio modo di scoprire chi sia?»
«No, Ale, a meno che…»
«Cosa?»
«Che torni lì!»
«A Firenze?» esclama Gaele, alzandosi in piedi. «Non se ne parla! Il medico ha detto riposo e ti riposerai! Non si gioca con la salute tua e di mio nipote».
E è in questo momento che capisco perché Alessia lo ama tanto. Ha non solo accettato la mia presenza in casa loro, ma adesso ha preso sotto la sua ala protettrice mio figlio.
«Sì, infatti! Per il momento non ti muovi, Manu. E quando starai meglio, anzi, quando starò meglio anche io, ci andremo tutti…»
«Concordo», poi si muove verso la porta. «Adesso vado a vedere se posso riportarvi a casa… Tutti e quattro».