Capitolo 4
Manuela
«Allora: siete pronti a vedere questo piccolino?» domanda Carlotta Sannibale, la ginecologa da cui mi hanno portato Gaele e Alessia.
«Sì, certo», rispondo sicura, perché voglio guardare Fagiolino per la prima volta.
«Prego, allungati sul lettino e togli i pantaloni», mi invita la dottoressa e io faccio come dice, mentre Gaele esce dalla stanza.
La camera dove siamo ha le pareti di una chiarissima tonalità di rosa e su di esse ci sono i mille attestati della dottoressa, oltre che moltissime foto che ritraggono i bambini che, probabilmente, ha fatto nascere lei.
Oltre alla scrivania attorno alla quale ci siamo seduti, c’è solo l’ecografo e il lettino sul quale sono adesso allungata.
La Sannibale tira fuori un flacone da sotto un mobiletto e mi spiega che è il gel che applicherà sulla sonda interna, poi la sgancia, spiegandomi che userà quella per cercare mio figlio.
Il mio bambino.
Chiudo gli occhi, mentre sento la dottoressa muoversi attorno a me: «Sentirai un po’ male, ma è necessario per capire a che punto siamo della gravidanza».
E fa male, un male cane, ma poi eccola che urla: «Guardate qui!»
E d’un tratto, quando riapro gli occhi lo vedo lì, a salutarmi dallo schermo.
«Vedete quel puntino che batte?» esclama sicura, indicando col dito in mezzo al cono che dovrebbe essere l’interno del mio utero. «Ecco, quello è suo figlio, signorina Manuela. Suo nipote, Alessia...»
«Oddio, è piccolissimo. Non si vede se è maschio o femmina, vero?» domando, ma già so che la risposta è negativa, perché dalle ricerche per i miei romanzi so che si vedrà solo fra qualche mese.
«No, lo sapremo nel terzo mese o giù di lì»
«Ma sta bene?» domando, tirando su il lenzuolo e richiamando Gaele dentro, quando non
sono più totalmente esposta.
«Allora?» esclama il nuovo entrato e zittendosi immediatamente quando nota il fermo immagine dietro la dottoressa. «Mio nipote».
La dottoressa annuisce e poi inizia a spiegarmi cosa dovrò fare per tenere al sicuro mio figlio, mi volto per cercare aiuto negli occhi dei miei amici e mi rendo conto che tutti e due hanno gli occhi lucidi. «State piangendo?»
«No, c’è polvere», esclama Gaele, facendo ridere Alessia che gli risponde: «Sì, come alla mia prima ecografia, vero?»
La dottoressa ride. «Comunque, sta bene. Il piccolo cresce e se continuerai a prendere le vitamine e a riposarti, andrà tutto bene. Stessa cosa vale per te, Alessia. Mi raccomando: tienile d’occhio Gaele!»
Lui annuisce, poi esce di nuovo dalla stanza, mentre noi tre donne, non potendo più trattenerci, scoppiamo a ridere.
«Mi sa che fra un po’ dovremo dare la valeriana anche a lui», esclama la dottoressa, asciugandosi gli occhi con gli indici delle mani.
«Forse», risponde Alessia, frenando le risate.
«Mi dispiace», dico io a questo punto, facendo girare entrambe le donne verso di me. «Non guardatemi così!» poi mi rivolgo a Alessia. «Gaele non si aspettava il vostro, ora sta pensando anche al mio… È come se si sentisse responsabile, sì, ecco, perché io sono sola e non ho nessuno che mi aiuterà con questo piccolino!»
Le mie mani volano sulla pancia, che è ancora piatta in questo momento, ma che presto inizierà a gonfiarsi.
«Signorina Gregario», prova a dire la dottoressa, ma non è la sua voce quella che sento, è quella di Gaele.
«Non sei sola, cazzo! Ok?» sbotta rientrando con due palloncini rossi con su scritto “Sarai mamma”. «E noi chi siamo? Io e Alessia non ti molleremo! Avremo un bambino anche noi e chi meglio di noi potrà capirti? Ci aiuteremo a vicenda, faremo i turni per le poppate o per i pannolini», si blocca, mette un palloncino al braccio di Alessia e mi porge l’altro, prima di ribadire. «Tu non sei sola! Siamo tutti e tre assieme in questa cosa».
Alessia mi stringe la mano e poi annuisce, prima a me e poi al suo fidanzato. «Sì, Manu. Sono d’accordo con Gaele. E poi, in tre, secondo me, ce la caveremo meglio…»
La dottoressa a quel punto prende di nuovo la parola. «In altre circostanze avrei
sconsigliato una cosa del genere, ma penso che nel vostro caso, dividere le forze, sarà utile. Siete tre ragazzi giovani e vi apprestate a questo cambiamento tutti assieme. Sfruttate la situazione», poi si alza dalla sua sedia e ci lascia da soli nella stanza.
Alessie e Gaele si voltano, permettendomi di indossare di nuovo i miei vestiti, quando dico loro di essere di nuovo presentabile, si girano e mi fissano preoccupati, credo, per l’uscita che ho avuto poco prima.
«Ragazzi, non guardatemi così!»
«E come dovremmo guardarti?» mi risponde Alessia, mettendomi una mano sulla spalla. «Pensavo stessi bene con noi…»
«Ma non è questo, Ale. Io sto bene con voi, ma non voglio essere di disturbo!»
Gaele si avvicina a noi e mi guarda con dolcezza. «Non dire cavolate, Manuela. Non lo sei! Non lo sarai! E smettila di dire cazzate».
E io non posso fare altro che piangere, cosa che ultimamente faccio davvero spesso, perché questi ragazzi, senza saperlo, mi stanno dando la famiglia che non ho mai avuto e la stanno regalando anche al mio bambino.