Capitolo 6
Manuela
«Eccoci arrivate!» esclama Melissa, sei ore dopo la nostra partenza. «Finalmente! Se solo tu non avessi la vescica di un’ottantenne…»
«Sono incinta, cretina. La pipì è una conseguenza, ringrazia che non ho preso a vomitare in giro!»
Melissa ridacchia. «Allora sono fortunata! Comunque il Retaillon è davvero bello: sei sicura che siamo alloggiate qui?»
Annuisco. «Sì, la casa editrice ha prenotato per me e te. E poi era il più vicino all’abbazia di San Galgano, che poi sarebbe il luogo che visiteremo più tardi…»
«Se lo dici tu! Io mi accontento: sarà un cinque stelle?»
«Penso di sì, ma tanto pagano loro!» dico ridendo. «Anche il servizio in camera!»
«Allora, che ci facciamo ancora qui?» asserisce nello stesso istante in cui un bel ragazzo in divisa bussa al suo finestrino.
«Signorine? Alloggiate qui?» ci domanda, quando Melissa abbassa il finestrino.
«Sì, abbiamo una prenotazione», risponde lei, prima di me.
«Bene, allora se volete lasciarmi le chiavi, posteggerò la macchina per voi, mentre fate il check-in».
Melissa si volta per un istante verso di me e sussurra: «Oddio, il posteggiatore! Che figata!» poi toglie le chiavi dal quadro e le passa al ragazzo.
«Signorine, potete scendere dalla macchina: il mio collega prenderà le vostre valigie».
E solo quando facciamo come dice, posso godere a pieno della bellezza dell’hotel Retaillon.
Facciata pulita, liscia quasi, in marmo bianco latte, con il nome in lettere dorate che spiccano e brillano grazie alla luce solare. Non molto alto, ma esteso in lunghezza. Due piani intervallati da una fila di vasi con cespugli all’inglese.
«Già da fuori è uno spettacolo!» esclama ammirata Melissa, poi aggiunge: «Cinque a uno che dentro ci sono i pavimenti in marmo colorato!»
E non la fermo quando corre attraverso la porta girevole e si fionda all’interno della hall.
«Prego», mi dice a quel punto l’altro valletto, che sta portando le nostre valigie. «Da questa parte».
Entro nell’hotel che, effettivamente, ha i pavimenti più lucidi e colorati che io abbia mai visto, e trovo Melissa già impegnata a chiacchierare col receptionist.
«Mel?» la chiamo e lei si volta, rossa in viso, come anche il suo interlocutore. «Stai facendo il check-in?»
Lei annuisce. «Sì, più o meno», poi torna a guardare il ragazzo moro dietro la scrivania che la sta mangiando con gli occhi.
«Signorina», mi richiama il ragazzo. «Il mio nome è Enrico, sono il receptionist di giorno e, come stavo dicendo alla sua amica, la casa editrice ha riservato per voi la Pink Suite, una delle nostre stanze migliori, e domani mattina verranno a prendervi per portarvi all’abbazia di San Galgano. Stasera invece sarete nostre ospiti per la cena…»
«Grazie mille», rispondo sincera, mentre lui mi porge la chiave della suite. «Io credo che salirò, sono stanca, mi stenderò a letto…»
«Io rimango qui, Enrico parlava di offrirmi un caffè…» poi volta verso di lui e esclama: «Dico bene, no?»
«Benissimo», risponde il ragazzo con un sorriso che va da un’orecchia all’altra.
«Allora, divertitevi», e li lascio lì, a chiacchierare, mentre io e l’altro valletto, che non mi ha mai lasciata, raggiungiamo l’ascensore e saliamo al mio piano.
«Eccoci arrivati alla suite in cui alloggerete…» esclama spostandosi di alto affinché io riesca a aprire la porta.
Quando scatta la serratura, entro e vengo subito sopraffatta dalla bellezza della stanza che è un caleidoscopio di sfumature di rosa.
Rosa confetto le pareti.
Rosa antico le coperte sul letto matrimoniale che dividerò con Melissa.
Rosa corallo le abat-jour posate sui comodini rosa cipria.
Tutto è rosa, ma non è pesante, non come immaginavo sarebbe stato.
«Be’, signorina», dice il valletto posando le valigie ai piedi del letto. «Io vado, ma se le servisse qualcosa non esiti a chiamare e sarò subito da lei!»
«Grazie mille», e dopo un ultimo saluto di commiato, il ragazzo se ne va, lasciandomi sola ad esplorare la stanza.
Mi butto sul letto e sospiro, perché credo sia il materasso più morbido sul quale io mi sia mai stesa.
Sto per chiudere gli occhi, perché sono davvero stanca e dormirei volentieri, quando il mio cellulare squilla.
«Pronto?»
«Manu?»
«Ehi, Ale! Tutto bene?»
«Io? Tu come stai? Sei arrivata?» poi sento del trambusto e la voce al telefono cambia. «Manuela»
«Ciao Gaele»
«Insomma? Sei stata bene durante il viaggio? Melissa ha guidato piano?»
«Sono stata benissimo, ci siamo fermate un paio di volte perché dovevo fare pipì, e siamo arrivate giusto poco fa. Melissa è stata bravissima…»
«Ok, va bene», poi sospira. «So che sono pesante, Manu, ma mi preoccupo!»
Ridacchio. «Lo so, e sei davvero premuroso, ma davvero sto bene», poi mi correggo accarezzandomi il ventre ancora piatto. «Stiamo bene!»
«Hai fatto mangiare mio nipote?» domanda poi lui, il sorriso nella voce.
«Certo», poi sbadiglio, perché non riesco a trattenerlo.
«Sei stanca?» mi domanda ancora il mio amico. «Riposa un po’, ci sentiamo più tardi».
Poi torna Alessia. «Ciao Manu! Ci sentiamo dopo».
Riattacco e mi giro su un fianco, pronta a chiudere gli occhi, quando qualcosa a terra, sotto alla tenda, attira tutta la mia attenzione.
«Che cos’è quello?» dico ad alta voce, alzandomi dal letto.
Quando mi avvicino, mi rendo conto che è un foglio, ripiegato con cura, che deve essere caduto al precedente ospite.
Lo prendo e lo spiego con attenzione, e quando lo apro per poco non mi prende un colpo, perché quello che mi trovo a guardare è un disegno in cui Biancaneve viene abbracciata stretta stretta dal principe Azzurro.
«Ma che cazzo?» sbotto, continuando a fissare quel disegno. «È uno scherzo?»
È bellissimo, perfetto in ogni dettaglio e, cosa più strana, Biancaneve ha i capelli ricci.
Me ne torno sul letto col foglio fra le mani, lo guardo, lo giro e lo rigiro, ma non c’è un nome, non c’è un dettaglio che mi faccia capire chi l’abbia realizzato.
L’unica cosa che so è che lo terrò, perché mi ricorda Azzurro.
Come se avessi bisogno di un pezzo di carta per ricordarmi di lui! Come se non fosse scolpito a fuoco nella mia mente!
E mentre penso a quanto sia strano il caso, gli occhi cedono e cado in un sonno tranquillo in cui mi ritrovo fra le braccia del mio principe. Al sicuro.