Andreas
Stavolta Gaele rimarrà senza parole, perché senza avergli detto nulla, sono arrivato a Milano e sto per bussare alla sua porta.
Voglio abbracciare il mio migliore amico e poi vedere di nuovo la sua dolce metà.
Alessia Lazzari.
Quando me ne sono andato da Milano, alla fine del primo trimestre del quinto anno, era una vera stronza.
Una ragazza odiosa con un’amica del cuore che sinceramente avrei messo sotto con la mia auto.
Ma Gaele ha cambiato idea su di lei e ora stanno per avere un bambino.
O bambina. Dio, spero sia femmina, così Gaele impazzirà.
Scendo dalla macchina, lascio le chiavi al portiere e poi, siccome Gaele ha dato il mio nome al portiere, salgo direttamente al suo piano con l’ascensore.
Quando arrivo, cammino dritto verso la sua porta e suono il campanello, coprendo lo spioncino con la mano.
«Chi è?»
«Indovina», dico alterando la mia voce. «Potrei essere la vecchietta del piano di sotto!»
E poi la porta si spalanca. «Dio, lo sapevo!» esclama Gaele, abbracciandomi. «Solo tu sai della signora col gatto terrificante!»
«Non è vero…» dice una voce femminile dietro di lui. «Lo so anche io».
Gaele mi lascia andare e si volta verso la sua fidanzata, la raggiunge, la stringe a sé e poi si gira, camminando con lei fino a me.
Alessia Lazzari è sempre bellissima, ma i suoi occhi sono diversi: sono brillanti e credo che il merito sia del mio amico.
«Andreas, ti ricordi di Alessia?»
«Sì, molto bene».
Alessia storce il naso. «Ti giuro che sono migliorata. Puoi considerarmi un’Alessia 2.0»
«Musa è la persona più bella che conosco, Andre’…»
«Lo vedo nei tuoi occhi, amico mio. Ma ora, pensi di potermi fare entrare? O rimaniamo tutto il giorno qui fuori?»
Gaele si guarda intorno, si rende conto che non ci siamo mossi dal pianerottolo e dopo essersi passato una mano sulla testa, afferma: «Scusa, è che mi emoziona averti qui. Forza, entriamo!»
«Lo so, faccio quest’effetto a molti», dico ridacchiando e facendo ridere anche loro. «Sono estremamente affascinante!»
«E modesto!» mi risponde Gaele, stringendo ancora Alessia e conducendo entrambi verso il salotto. «Allora, come mai questa sorpresa?»
Mi siedo accanto e loro e mi volto per osservarli da vicino. «Perché mi risulta di aver ricevuto una chiamata dal mio migliore amico, no? Forse lo conosci: un cantante famoso, belloccio, ma con un tempismo di merda?»
Gaele ride, come anche Alessia.
«Ecco lui mi ha telefonato e mi ha detto: pensi di farcela a venire qui prima che nasca il mio primo figlio?»
«Non ho detto così!» ribatte lui, poi aggiunge sorridendo. «Non proprio…»
«Quindi», esclamo strascicando la parola. «Ho pensato di venire qui»
«E hai fatto bene, amico», asserisce dandomi una pacca sulla spalla. «Ora, però dimmi, quanto ti fermi?»
«Due giorni, posso permettermi di stare lontano solo per poco, perché quello stronzo di Afferti vuole farmi le scarpe…»
«Dio quello lo odio…» dice Gaele, proprio mentre Alessia chiede chi sia Afferti.
Mi alzo in piedi e inizio a camminare davanti al divano sul quale loro due sono seduti.
«Da dove inizio?» chiedo più a me stesso che a loro, poi comincio a parlare. «Allora, mio padre è morto e mi ha lasciato il suo impero fatto di hotel e spa»
Alessia si porta le mani alla bocca. «Oddio, mi dispiace!»
«Ti ringrazio», asserisco calmo, poi continuo a raccontare. «Be’, lui non gestiva tutto da solo, ma aveva dei soci che gestivano per lui gli hotel in sua assenza»
«E questo Afferti? È uno di questi?»
Annuisco. «Sì, e io credevo fosse uno dei buoni, ma quando ha scoperto che sarei stato il suo capo, è successo qualcosa…»
«Tipo?» domanda ancora Alessia, guardando prima me e poi Gaele.
«Tipo che ha indetto una riunione per dire che le cose vanno male, quando in realtà non è vero. Tipo che parla male di me con gli altri e uno di quelli me l’ha detto, mettendomi in guardia su di lui, perché a suo dire, sta organizzando qualcosa per spodestarmi…»
«E può farlo?» esclama Gaele, preoccupato.
«No, perché io sono bravo nel mio lavoro. Mio padre non era uno sprovveduto, mi ha insegnato bene e sto seguendo i progetti con pazienza e attenzione. Proprio ultimamente ho visitato molti hotel e sto pensando di allagarmi…»
«Ma è fantastico!» sbotta Alessia, saltando in piedi e correndo ad abbracciarmi. «Andrà bene!»
«E con quello? Che cosa vuoi fare?» domanda Gaele, sorridendo per l’abbraccio che la sua futura moglie mi sta regalando.
«Voglio vedere cosa vuole fare e poi se sarà necessario lo distruggerò!»
«Mi piaci così!» esclama Alessia, tornando da Gaele. «Sei diverso da com’eri alle superiori».
«Anche tu», rispondo sincero, guardandola negli occhi. «Ora sei bella fuori quanto lo sei dentro…»
«Ehi, è la mia futura moglie!» mi riprende bonariamente Gaele. «E comunque, non posso che darti ragione. Musa è così bella che spesso mi domando se non sia davvero una delle Muse del mito… Eterea e bellissima, come un angelo».
Alessia lo guarda negli occhi e poi con voce dolce gli dice: «Ti amo, Gaele».
«Anche io Musa».
«Siete bellissimi, sapete?» dico, dando voce ai miei pensieri.
«Grazie, ma devo chiedertelo: chi sei tu? Che ne hai fatto del mio cinico migliore amico?»
Sorrido mio malgrado alla sua battuta, perché dentro di me so che lui ha ragione, perché ero cinico, ma forse qualcosa è cambiato dentro di me, a causa della mia perdita.
Sono diverso.
Sono cambiato.
E Dio solo sa quanto.
«Credimi, il cinismo è ancora qui, dentro di me» ed è in questo istante che mi rendo conto di qualcosa che manca in questa casa. «Dov’è la ragazza?»
«Manu?» domanda Alessia sorridendo.
Annuisco. «Sì, a meno che non ci sia un’altra che vive qui a sbafo».
Il sorriso sul viso di Alessia scompare. «Manu non vive qui a sbafo!» esclama quasi urlando. «Lei è la mia migliore amica e se sta qui è perché non sta bene, ok?»
«Te l’ho detto, Andre’, lei nemmeno voleva il nostro aiuto e non è qui perché sta a Siena…»
«Siena?» domando curioso. «E che fa lì?»
«È lì per fare una ricerca per il suo nuovo romanzo»
«Bene, quindi non la conoscerò?»
«No e a questo punto credo sia meglio!» dice Alessia, alzandosi in piedi. «Non so come tu possa essere così sensibile rispetto il tuo vissuto, ma non riesca a capire Manuela»
«Ma io la capisco! Si è ritrovata nei guai e siete arrivati voi due che state vivendo la sua stessa situazione con una facile soluzione. Poi lui è ricco».
«Dio, io vado di là, amore, prima di prendere a pizze il tuo amico» e Alessia si alza e va verso una porta chiusa, che apre e chiude dietro di sé.
«Sei un cretino», sbotta Gaele. «Dovevi farla proprio agitare?»
«Sono stato sincero»
«Sei stato stronzo! E poi nemmeno la conosci, come puoi giudicarla?»
«Ma dai…»
«No, Andre’, io ti voglio bene e lo sai, ma sei ottuso certe volte e pensavo avessi capito la situazione…»
«La convivenza a tre?»
Lui annuisce. «Lei è sola, sta soffrendo e avere un figlio da sola non è una cosa che…»
«Poteva pensarci prima».
Gaele mi fissa con uno sguardo truce. «Non so che dirti, Andre’. Io so che sembra strano, visto da fuori, ma se posso aiutare quella ragazza lo farò, perché non la lascerò sola. Non la lasceremo sola, né io né Ale. Noi saremo una famiglia, anticonvenzionale, ma pur sempre una famiglia».
Alzo le mani. «Se va bene a te, credo di poterci stare»
«Basta che non farai lo stronzo a Natale…»
«Mai»
«Allora, andrà bene. Ma ti prego, non far più arrabbiare Musa, perché aspetta mio figlio…»
«O figlia»
«Dio, non farmici pensare…»
E continuando a parlare, decidiamo di mettere su qualcosa per cena, mentre sentiamo Alessia parlare al telefono con qualcuno.