Capitolo 15
Andreas
«Violetta», dico ad alta voce alla mia segretaria passando accanto alla sua scrivania, mentre il resto dei miei dipendenti fissano la scena. «Vieni nel mio ufficio. Adesso!» mi fissa con gli occhi spaventati, ma non le do il tempo di rispondermi, perché continuo a camminare spedito verso il mio ufficio.
Spalanco la porta, aggancio la giacca all’appendiabiti, poi mi siedo sulla mia poltrona ad aspettarla.
Violetta non mi fa attendere troppo: entra come una furia nella stanza, batte i piedi e mi fulmina con lo sguardo. «Nemmeno tuo padre mi ha mai trattata così, signorino».
Alzo una mano e poi esclamo piano, affinché solo lei senta: «Chiudi la porta…»
La mia segretaria lo fa e poi torna a fronteggiarmi. «Io non so cosa tu…»
Mi alzo in piedi e prima che lei possa dire qualcos’altro di cui potrebbe pentirsi, dichiaro con voce seria: «Qualcuno, giorni fa, mi ha detto che dovrei accerchiarmi di chi mi fido e non c’è nessun’altro, oltre te, per cui io metterei una mano sul fuoco. Scusa per la sceneggiata di prima, ma non so chi stia in mezzo a tutta questa faccenda…» finisco la frase appoggiandomi col sedere alla scrivania in vetro.
Violetta perde tutta la verve che aveva avuto all’inizio della discussione e cammina verso di me. «Dovrai spiegarmi, Andreas, perché non so di cosa stai parlando, ma ti ringrazio già per la fiducia che, a quanto pare, mi stai dando».
Sorrido, poi prendo un sospiro e inizio a raccontarle tutto quello che sta succedendo alla Pitti. Violetta mi ascolta attentamente, ma mi rendo conto che, più parlo, più lei si arrabbia.
Quando termino il mio racconto, dicendole anche di Pancrazio che mi sta aiutando e di Manuela che mi ha dato il consiglio di cui le ho fatto cenno all’inizio.
«Be’, quindi siamo in quattro contro il misterioso truffatore?»
«Praticamente sì, ma non è poi così misterioso, sai?» le rivelo arrotolandomi i polsini della camicia azzurra. «Io penso di sapere chi sia, devo solo trovare le prove!»
«Afferti, vero?» e quando faccio un cenno positivo, lei continua a parlare: «Avrebbe senso, ma come potrebbe? Lui sta sempre nel suo hotel, non viene mai qui…»
«È proprio quello che dobbiamo capire, Violetta. Come fa a correggere i conti e a rubare?»
«Bene, ciò vuol dire che dovrò essere i tuoi occhi e le tue orecchie?»
Annuisco. «Sì, ma non solo, da adesso in poi consegneremo due rendiconti mensili…»
«Due?» domanda, sistemandosi la gonna nera che indossa oggi. È un gesto che fa sempre, quando non capisce qualcosa, oramai è un libro aperto per me. «Perché?»
«Uno sarà corretto e lo porterai direttamente tu, a mano, alla banca insieme ai contanti…»
Ed è in questo momento che lei sorride, capendo il mio piano. «E immagino che l’altro sarà quello che dovrà seguire la solita routine e quindi verrà manomesso…»
«Sì, proprio così. Mi metterò d’accordo con un amico alla banca centrale, spiegandogli la situazione. Ho bisogno di prove e questo è l’unico modo per farlo…»
«Sei ingegnoso! Mi piace, tuo padre sarebbe fiero di te…»
«Mio padre» esclamo interrompendola. «Si sarebbe accorto molto prima che qualcuno ci stava portando via del denaro!»
«Guardala da un altro punto di vista: tu sei nuovo in questo genere di cose e l’hai capito molto prima di tanti altri…»
«E meno male, altrimenti fra un po’ avremmo avuto problemi con gli stipendi!» e in un attimo mi torna in mente ciò che Afferti aveva detto in quella riunione sui cali di rendimento di alcuni hotel. «Forse ho anche un’altra prova, ma di questa non sono sicuro! In ogni modo, tieniti pronta per la consegna dei resoconti la settimana prossima…»
«Sì, e tu chiama il tuo amico per il conto fittizio! Vedrai che ne usciremo fuori!»
«Ne sono certo!» ma prima che lei esca dall’ufficio le ricordo com’era entrata, così lei sorridendo fa un cenno e poi, come una vera attrice, esce sbattendosi la porta dietro.
Quando rimango solo, afferro il mio telefono e compongo il numero della banca che gestisce i conti dell’hotel, facendomi passare Fulvio Tancredi, il migliore amico di mio padre.
«Fulvio, sono Andreas: hai da fare?»
L’uomo, che ricordo essere un bel po’ in carne, ride con voce baritonale: «Non proprio, di cosa avevi bisogno?»
«I telefoni della banca sono sicuri, vero?»
E lui smette immediatamente di ridere. «Devo preoccuparmi?»
«Prima rispondimi», ribatto io serio. «E poi ti dirò quello che devo!»
«Sì, certo, tutte le linee dei telefoni della banca sono sicure e regolarmente controllate per essere certi non siano sotto controllo. Ora, però, potresti dirmi che cosa sta succedendo?»
«Bene, ti devo mettere purtroppo al corrente del fatto che qualcuno mi sta derubando e di conseguenza porta via del denaro anche dalla vostra banca…»
«Cazzo! E come te ne sei accorto?» esclama stupito e alterato dalle mie parole.
Sbuffo contrariato. «Non sono stato io a capirlo, ma Pancrazio, che ha esaminato i conti provenienti dai miei hotel e ha notato che alcuni non corrispondevano a verità. Prima erano piccole cifre, ma poi chiunque sia deve aver preso il nostro non renderci conto come un incentivo e ha iniziato a prendere di più…»
«Hai un’idea su chi potrebbe essere?»
«No», mento e poi aggiungo, voltandomi con tutta la poltrona verso la finestra: «Ma ho un’idea su cosa fare!»
«Spara!»
«Pensavo di farti creare un nuovo conto, dove spostare tutti i soldi che derivano dagli hotel e di lasciare nel vecchio solo il necessario per non dare nell’occhio… In pratica, voglio lanciare un amo e sperare che abbocchi: pensi di poterlo fare?»
«Ovviamente»
«Non appena arriverà il secondo rendiconto e l’assegno manomesso…»
«Ti chiamerò immediatamente!» finisce per me e io sorrido, perché so che finalmente avremo la possibilità di beccare il ladro in flagrante. 
«Allora grazie! Aspetto il numero del nuovo conto…»
«Mi ci metto subito, lo avrai a breve! Speriamo di risolvere…» attacca e io ora mi sento più tranquillo, ma il mio stato d’animo dura poco, perché delle mani mi accarezzano la schiena, facendomi irrigidire all’improvviso.
«Che cazzo!» esclamo voltandomi e trovandomi davanti Elettra. «Da quanto sei qui?»
Lei si morde un labbro in modo malizioso, prima di provare a sedersi sulle mie gambe. «Non molto…»
«Perché Violetta non ti ha annunciata?» le chiedo scostandola e alzandomi in piedi, per evitare che riprovi a toccarmi. «Lo sai che non mi piace averti intorno ultimamente!»
Elettra scuote la testa, poi si siede sulla mia scrivania, accavalla le gambe lentamente mentre dice: «Non era alla scrivania, perciò ho pensato di…»
«E hai pensato male!» finisco io per lei, poi aggiungo: «Che cosa vuoi?»
«Ho fermato la sala per l’evento benefico di cui ci occupiamo tutti gli anni e al quale, come tu hai richiesto, ho aggiunto l’associazione che aiuta le famiglie con un caro defunto a causa di un attacco di cuore…»
«Bene! Puoi andare…» poi la guardo in viso, cercando di capire perché sia ancora qui, dato che la cosa che mi interessava l’ha appena detto. «Che altro vuoi?»
«Pensavo», dice iniziando ad aprire la sua gonna, che mi accorgo solo in questo momento essere tenuta su da due laccetti. «Che potremmo usare in modo fruttuoso questa mia visita, no?»
«Elettra…»
«Non ci vedrà nessuno, Andreas… Ho anche chiuso a chiave la porta!»
«Il tuo problema», comincio a dire, andandole davanti e raccogliendo la gonna che ora è ai suoi piedi per lanciargliela addosso. «È che non capisci! Tu non mi piaci! Io non ti voglio!»
«Ma prima mi volevi»
«Prima, hai detto bene! E ora, rivestiti e vattene, prima che decida di cacciarti dalla società», le dico con la voce tagliente.
«Stronzo!» urla rimettendosi l’indumento che ha stupidamente tolto, coprendo di nuovo l’intimo nero in pizzo e le sue gambe chilometriche.
Elettra è bellissima, ma mi pento quasi di quello che c’è stato fra noi, perché era vuoto, privo di significato, solo un passatempo, un modo per non pensare a tutto quello che mi stava succedendo. «Lo so…» le dico, voltandomi e tornando alla mia sedia. «Quando esci, per favore, chiudi la porta! Ah, Elettra sappi che da adesso in poi i nostri contatti dovranno essere solo ed esclusivamente telefonici. Non voglio più vederti al mio piano…»
«Sei solo un egoista bastardo, Andreas!»
«Non usare questo tono con me! Sono il tuo capo… esci di qui e smettila di pensare a quello che c’è stato, secondo te, fra noi. Era solo sesso e io ora non ho tempo per…»
Elettra alza una mano bloccandomi. «Sei stato chiarissimo…» poi apre la porta, esce e se la sbatte dietro furiosa.
Dieci secondi più tardi entra Violetta. «Oddio, era qui? Scusami, sono andata un attimo in bagno e…»
«Non scusarti, credo che stavolta abbia capito. Non è colpa tua, avrebbe fatto la solita sceneggiata in ogni caso!»
«Se solo non avessi mischiato l’utile al dilettevole» mi ricorda lei, sorridendo bonaria. «Ora non dovresti vedertela con lei ogni volta che viene qui…»
«Ho risolto anche questo problema: non verrà più, telefonerà e sarai tu a prendere i suoi messaggi!»
«Oh, be’, ti ringrazio…» esclama sarcasticamente, avanzando verso la macchinetta di caffè che ho in ufficio e iniziando a prepararne due. «Quindi ora con la pazza assatanata dovrò vedermela io?»
Annuisco sorridendo, mentre lei mi porta la tazzina e le mie due bustine di zucchero. «Scusami, ma dovevo togliermela di torno e tu hai abbastanza esperienza per occupartene…»
Apro le due bustine di zucchero e le verso nel caffè, mentre Violetta emette un suono di disgusto, perché lei il suo lo beve da sempre amaro. «Dio, non so come fai! Che schifo…»
«Il mio caffè deve essere zuccherato, non guardarmi ogni volta come se avessi detto che mi ha fatto schifo Il Re Leone …»
Violetta cambia espressione e si finge oltraggiata: «Cosa?» esclama prolungando la o della parola. «Mi licenzio!!!» poi scoppia a ridere, cosa che faccio anche io subito dopo.
«Ora torno di là, sia mai che accada qualcos’altro!»
«Spero di no!»
Violetta esce e io apro di nuovo le mail per rispondere a Manuela, che aspetta la mia mail da un paio di giorni ormai.
Da: helloandreas@gmail.com
A: hellomanu@gmail.com
OGGETTO: Novità intriganti…
Ehi Manu,
no, non mi hanno rapito gli alieni, tranquilla, anche se probabilmente una di loro è appena stata nel mio ufficio.
Chi? Questa tizia crede che, siccome siamo stati insieme in passato, ora devo per forza cedere alle sue pressanti avances.
Comunque, non ti scrivo per parlarti della pazza, ma per dirti che sto seguendo i tuoi consigli sulla faccenda di cui ti ho parlato in precedenza.
Violetta, la mia segretaria, è l’unica di cui mi fido qui dentro e quindi è lei che mi aiuterà a capirci qualcosa.
Inoltre, visto che chiunque sia, sta rubando anche alla banca, ho coinvolto anche Fulvio, un amico di mio padre, che mi aiuterà a tendere una trappola al ladro, usando due conti correnti differenti.
Detto ciò, volevo avvertirti che stasera, non appena tornerò a casa, leggerò il romanzo e se ti va potrei commentarlo con te: ti va? Almeno, se non altro, so che tu non hai secondi fini, perché non ti piaccio neanche un po’…
Andreas
P.S. Problemi con le donne sì, davvero ti andrebbe di darmi anche in questo caso dei consigli?