Capitolo 17
Andreas
È facile parlare con lei e è per questo che non faccio altro da giorni. Manuela è diversa dalle altre e spero che l’amicizia che ho iniziato con lei continui, perché è come un’ancora che mi tiene coi piedi a terra.
«Buongiorno!» esclama Violetta entrando nel mio ufficio e facendomi nascondere dietro alla schiena il romanzo di Manuela.
Non è che me ne vergogno, è solo che non voglio mostrare questa parte di me alla mia segretaria.
«’Giorno a te. Sei pronta?» le domando curioso, perché oggi per la prima volta consegneremo i due resoconti.
«Diciamo di sì, mi sento in vena di fare l’agente segreto…» esclama facendo una pistola con le mani e mettendosi in posa. «Non mi sta bene?»
«Moltissimo», ridacchio e poi aggiungo: «Tuo marito adorerebbe questa cosa!»
«Oh sì, fan com’è di 007? Ma finché non beccheremo questo stronzo non potrò dirglielo, perciò questo fa di me una spia ancora più brava, non credi?»
«Sì, lo credo. Alle undici ti aspetto qui! Ora devo fare alcune chiamate, quindi…»
Violetta annuisce, fa per voltarsi, ma poi torna sui suoi passi e asserisce: «Sei diverso»
«In che senso?»
«Sorridi di più, tanto per cominciare!»
«Sorridevo anche prima, non…»
«Certo, ma non così! Non vuoi dirmi perché, ma posso immaginare che sia lo stesso motivo per cui hai interrotto la relazione che c’era fra te e Elettra!» e poi detta quest’ultima frase, esce dal mio ufficio fischiettando.
Non appena la porta si chiude dietro di lei, riprendo il manoscritto e continuo a leggere curioso di scoprire cosa farà Mattia quando Francesca gli dirà che lo ama, come medita di fare da metà romanzo.
Oggi dirò a Mattia che lo amo, fregandomene degli avvisi di mia sorella e delle mie amiche.
Loro mi hanno detto di non aprirgli il mio cuore, perché lui me lo spezzerà in mille pezzetti che non riuscirò mai a incollare di nuovo, ma loro non sanno quello che so io.
Quando io e Mattia stiamo assieme, tutto intorno a noi scompare, lasciando solo noi e nient’altro.
Io so che anche lui prova lo stesso per me, lo so.
Lo vedo nei suoi occhi quando facciamo l’amore.
Lo sento nelle sue carezze e nei suoi baci.
Lo percepisco nelle sue parole.
Non andrà male.
Busso alla porta dell’appartamento che divide con il suo migliore amico e aspetto che mi venga ad aprire qualcuno, ma quando l’uscio si spalanca mi trovo davanti una ragazza avvolta in un asciugamano striminzito.
«Ciao…» dice guardandomi dall’alto in basso e facendomi sentire tutti i chili che ho in più. «Chi cerchi?»
«Mattia» rispondo sicura e lei sorride, voltandosi verso la cucina, che solo qualche giorno fa mi ha vista nuda e ansimante. «Amore? C’è una ragazza che ti cerca…» dice tranquilla, incurante di ciò che ha causato nel mio petto.
«Chi?» asserisce lui, che sento avvicinarsi alla porta.
Ma non gli do tempo di vedermi qui, a piangere per lui e per quello che credevamo di avere, scappo via, correndo a perdifiato per le scale e fiondandomi dentro la macchina.
Batto per un attimo il pugno sul volante, poi ingrano la marcia e anche se parto come un razzo, riesco a vederlo lì, sul ciglio del marciapiede mentre, mezzo nudo, si sbraccia per cercare di fermare la mia corsa.
Abbasso il finestrino e, mentre la macchina procede ancora, con tutta la voce che ho in corpo urlo: «È finita, Mattia. Non cercarmi mai più…»
Ed è in questo momento che capisco di aver sbagliato tutto.
Non ero l’unica.
Ero una fra le tante.
E ora il mio cuore, come mi avevano detto, si è spezzato.
Grazie Mattia, grazie davvero.
«Non ci credo cazzo!» urlo posando il manoscritto davanti a me e prendendo il mio telefono per mandare all’autrice un messaggio.
Hai fatto tutto quel casino,
per farle mettere le corna?
Buongiorno
anche a te, Andreas.
Di cosa stai parlando?
Posso sapere?
Del tuo romanzo.
Ah. Sei arrivato a metà?
Cazzo sì e ti odio.
Ahahhahaha
Grazie.
Era quello che volevo.
Non ridere.
Lei l’ha trovato
con un’altra e ho come
l’impressione che le cose
peggioreranno adesso.
Ah sì? Io fossi in te,
continuerei a leggere.
Soffro.
Leggi.
Ti odio.
Leggiiiii
Manu?
Sì?
Come sei vestita oggi?
Non so perché gliel’ho chiesto, ma è stato più forte di me. Voglio saperlo, per conoscerla meglio e per capire che donna è.
Sono in pigiama.
Ancora? Come mai?
Sto scrivendo e
ho le nausee. Vestirmi
era l’ultima cosa che
volevo. Quindi oggi
va così… Deluso?
No. E per le nausee
mangia cose salate.
Mi ritrovo a rispondere sorridendo, immaginandola con un maxi pigiama, mentre vedo i puntini ballare davanti ai miei occhi.
Ti intendi di gravidanze?
Non proprio, ma
spesso mia madre mi rinfaccia
le nausee che le ho fatto
provare e mi ha detto che
i cracker la aiutavano.
Be’, allora grazie.
Continua a leggere, ora.
Così smetterai di odiarmi.
Va bene, ma non ti
prometto nulla. A dopo.
Riguardatevi, tu e fagiolino.
Smetto di scriverle e torno a ciò che dovrei fare davvero oggi qui dentro: lavorare.
Rispondo alle mail di un fornitore leggermente incazzato, perché a quanto pare non abbiamo fatto l’ordine che si aspettava, ma quando gli spiego che questo è il nostro modo di lavorare e che se ci piacerà ne ordineremo il doppio o il triplo, si calma e chiude con una mail che definire ossequiosa è poco.
Sto per occuparmi anche del catering di cui ci serviremo per la festa aziendale, quando Violetta entra nel mio ufficio.
«Sono le undici», sussurra con fare cospiratorio. «E sono pronta per la missione, capo!» poi mostra la cartellina che ha in mano e la valigetta nell’altra.
«Ti vedo! Allora: metti questo plico nella tua valigetta e portalo alla banca da Fulvio. Mentre questo, che è quello che spero manometteranno, lo porti dove lo lasci di solito…»
«Al banco della posta. Lo porterò lì!»
«Bene. Allora, che il gioco abbia inizio!»
Violetta annuisce, prende i fogli che ho spillato poco fa e sparisce dal mio ufficio.
Ora sta a te, ladro del cazzo…