Un’ora dopo, mentre ci allontanavamo da Stiller’s Corner, Nanette disse: — Chiedimi di nuovo chi è W. P.
Era tornata sul pavimento. Mi sedetti a gambe incrociate davanti a lei.
— Chi è W. P.?
— Walt Pintero.
— Chi è Walt Pintero?
— Il mio fidanzato.
— Vi sposerete?
— Puoi scommetterci.
Penso di averle guardato l’anulare, perché era praticamente l’unico posto dove non ci fosse un anello.
Lei tese la mano, allargò le dita. — Probabilmente mi darà l’anello stasera. Forse domani. Mi ha scritto. — Tirò fuori di tasca un foglietto. Era stato piegato e ripiegato fino a diventare un piccolo cubo. Se lo accostò a una guancia e sorrise con aria sognante. — Vediamoci la sera del venticinque agosto, alle otto in punto. Il solito posto. Ci sposeremo.
Il 25 agosto era oggi.
— Qual è il solito posto? — chiesi.
Nanette sorrise. — Chissà chi lo sa. — Mi sventolò sul viso il cubetto di carta, poi lo strinse fra le labbra e lo marchiò col suo rossetto scarlatto. — Il Sol Sorgente — disse.
— Eh?
— È lì che vado. È lì il solito posto, dove ci incontreremo alle otto in punto di stasera.
Baciò il cubetto e lo rimise in tasca.
— Pensavo che scendessi a Dorcas Road — osservai.
— Già — sbuffò lei. — Perché è la fermata di questo ammasso di ferraglia più vicina al Sol Sorgente. Dovrò farmi il resto della strada a piedi. Perché quella stupida autista… — riunì le mani a coppa e urlò nel corridoio — … perché quella stupida autista non vuole accompagnarmi fin là!
— Spiegale perché — gridò di rimando l’autista.
— Perché è un’autista stupida!
— Perché se salto qualche fermata, la gente telefonerà alla biblioteca di contea e in un baleno avremo addosso la polizia.
Nanette mostrò la lingua al corridoio. — Non m’importa — disse. — Rivedrò il mio tesoro. Mi farei cento chilometri a piedi. — Si tappò il naso, ragliò: — Eeeeee, di nuovo quella puzza. Certo che qui le puzzole abbondano.
— Non sono puzzole — le spiegai. — È terriccio per funghi. Li coltivano nella cacca di cavallo.
Lei mi fissò. Sembrava disgustata. — Io i funghi li adoro. Li mangio a vagonate. E tu vorresti dirmi che crescono nella cacca?
— Di cavallo.
Sollevò le braccia. — Oh, oh allora va bene, magnifico, cacca di cavallo. Grande. Per un momento ho temuto che fosse cacca di canguro. Ma che sollievo!
Sono assolutamente sicura che scherzasse.
— E tu come lo sai? — mi chiese.
— Vivo in una fattoria dove coltivano funghi.
Lei annuì e mi fissò come se stesse registrando la mia risposta.
— Vorrei non viverci — proseguii. — La odio. A volte penso di scappare.
— Io non mi sono limitata a pensarci — disse Nanette. — Non penso, io. Agisco.
— Ehi, questo ancora non puoi dirlo — risi. — Prima devi sposare il tuo Walt Pintero.
Si rotolò sul pavimento del corridoio, agitando le mani.
— Walter! Walter! — Saltò in piedi, afferrò un libro, lo tenne aperto con una mano e declamò: — Nanette, vuoi prendere quest’uomo per tuo legittimo sposo e consorte…
Recitò tutta la cerimonia, tutt’e tre le parti, usando una voce più profonda per Walt e il sacerdote.
Quando arrivò a: — … vi dichiaro marito e moglie; puoi baciare la sposa — unì pollice e indice formando una bocca minuscola e la baciò. La baciò a lungo, con gli occhi chiusi, e per un secondo la bibliomobile fu una chiesa e gli scaffali panche gremite di parenti ai lati della navata.
— Io lancerò il riso! — esclamai, e aspettai sui gradini della chiesa e annaffiai lei e Walt Pintero con manciate di riso mentre uscivano nel sole, sorridendo e ridendo e salutando la folla.
— Dorcas Road! — annunciò l’autista.