Salute o estetica?

Questo è un libro di gioia, che vuole celebrare l’abbondanza e la vita in ogni sua forma. Ma per riuscire a goderne Eric e io abbiamo dovuto attraversare alcune nuove consapevolezze, che a me piace chiamare «risvegli».

Quando ci siamo accorti che a scuola nessuno ci insegnava a mangiare o a conoscere il nostro corpo, come se la cosa non avesse rilevanza (anche se per fortuna oggi le cose stanno cambiando).

Quando leggendo le etichette degli alimenti al supermercato ho scoperto che il latte è presente in cibi insospettabili, come il prosciutto o le patatine.

Quando abbiamo visto con i nostri occhi la distruzione della biodiversità in Malesia per introdurre le piantagioni di palma da olio.

Quando mi sono trovata tra le mani un barattolo di camomilla per neonati, di una grande azienda produttrice di alimenti per bambini, e ho letto sull’etichetta, in caratteri piccolissimi, che il primo ingrediente era lo zucchero. Per un neonato.

Quando abbiamo guardato negli occhi un maiale che stava andando al mattatoio; e poi, visitando un rifugio per animali, abbiamo fatto lo stesso con una mucca salvata da morte certa, con il sole che batteva sul suo manto mentre respirava aria fresca e aveva quello che era stato tolto alle sue sorelle: la dignità.

Queste cose, se le osservi attentamente, ti cambiano la vita. Almeno l’hanno cambiata a noi. Ci hanno dato la possibilità di capire e di scegliere. Perché siamo noi, ogni giorno, con le nostre azioni, a plasmare il mondo e la nostra realtà. E sebbene ci sia e ci sarà sempre qualcuno che agirà senza pensare agli altri esseri viventi, al pianeta e spesso nemmeno a sé, questo non è un motivo per non reagire e fare del proprio meglio.

Abbiamo imparato che dobbiamo conoscere bene ciò che vogliamo cambiare nel nostro stile di vita. Tutto comincia da lì.

Proviamo a scattare insieme una «foto mentale» della nostra società attuale e della sua relazione con il cibo. Che cosa vedi?

Io vedo tanti individui insoddisfatti della vita che conducono, che si rifugiano nel cibo per colmare un vuoto non fisico ma interiore. E soprattutto una società a cui poco importa della sua salute vera, che inizia a occuparsi e preoccuparsi di ciò che mangia solo quando ha come obiettivo una salute superficiale, direi estetica.

Mi spiego.

Quando iniziai il mio percorso verso un’alimentazione più sana, naturale e vegetale tutti erano convinti che lo facessi per dimagrire. Obbedivano all’idea diffusa che se scegli una dieta sana, sicuramente lo fai perché sei insoddisfatto del tuo corpo e vuoi perdere peso. Perché, altrimenti, qualcuno dovrebbe decidere di prendersi cura di sé?

Perché mai dovresti mangiare tanta verdura e ridurre il consumo di derivati animali e dei superappetibili alimenti industriali, se non hai patologie particolari che ti costringano a farlo?

Lo stesso identico schema si presenta nel mondo del fitness: se ti iscrivi in palestra o inizi a correre è perché vuoi perdere qualche chilo, non perché l’attività fisica ti fa stare bene.

L’obiettivo comune è quello di avere un «buon corpo», non una buona salute. Anche a costo di avere i crampi per la fame o di praticare uno sport che detesti. Nell’inconscio collettivo si annida l’idea inconfessata secondo cui per ottenere la salute dobbiamo perderla o, per lo meno, soffrire.

Succede da quando la nostra cultura è diventata grassofobica e focalizzata unicamente sull’apparire e non sull’essere.

Se il nostro corpo non è conforme ai canoni estetici attuali, la società ci fa capire che abbiamo qualcosa che non va, di cui dovremmo vergognarci e cercare di cambiare a tutti i costi, imponendoci diete ferree temporanee che non ci fanno sentire meglio e acquistando decine di prodotti per coprire rughe, brufoli, smagliature, cellulite. Così facendo, perdiamo la naturalità del nostro corpo.

Basta fermarsi a un’edicola e dare un’occhiata alle riviste «femminili»: in una pagina troviamo il messaggio scritto a caratteri cubitali: «Amati così come sei» e due pagine dopo: «Esercizi per sollevare i glutei o per rassodare le braccia». E tre pagine più avanti: «Dieta depurativa per dimagrire senza fatica in vista dell’estate».

Questi continui messaggi veicolano standard estetici irrealizzabili, che sono letteralmente i killer della nostra autostima e si valgono di un perenne bombardamento di immagini che perpetuano disuguaglianza di genere. Cosa ancora peggiore, ci fanno credere che come appariamo fuori sia più importante di come siamo dentro, ci distraggono dalle cose davvero importanti per noi, come i nostri valori, la nostra evoluzione e realizzazione personale.

Quella che sto descrivendo è una vera e propria industria dell’insicurezza la cui sopravvivenza è totalmente dipendente dalla pubblicità e dai media, che si impegnano a non mostrarci immagini di persone «normali», denormalizzando la normalità e creando in noi profonde insicurezze e bassa autostima.

E sappiamo benissimo che bassa autostima = bassa capacità di autorealizzazione = insoddisfazione = consumatore perfetto.

Senza dubbio questa strategia è stata studiata benissimo, perché se siamo insicuri e infelici e pensiamo che il nostro corpo sia un problema, siamo disposti a spendere i nostri risparmi per sistemarlo. Ed ecco che veniamo bombardati da innumerevoli pubblicità di prodotti che sono la soluzione ai nostri problemi immaginari, che in realtà ci vengono indotti dall’esterno.

D’altronde è un principio del marketing: creare un bisogno per poi poterlo soddisfare.

Basti pensare al caso clamoroso della cellulite, parola che fino agli anni Sessanta non esisteva perché semplicemente non c’era il problema. Fu una rivista, la famosissima Vogue, che coniò questa parola per creare un problema e la conseguente necessità di ricercarne una soluzione. Ma la realtà è ben diversa: più del 90% delle donne ha la cellulite, che è naturale e non una malattia, come ci dicono gli slogan. E non esiste una cura, perché non c’è nulla da curare!

Per non parlare delle innumerevoli diete che spuntano come funghi. Tutte (o quasi) validate da prove scientifiche, ma permettimi di dire che sono poco rispettose nei confronti di noi, della nostra serenità e del nostro benessere completo.

Lo scenario che si presenta più spesso quando vengono seguite tali diete è questo:

Non sto dicendo che tutte le diete siano sbagliate in qualunque caso. Ci sono certamente soggetti che ne hanno l’effettiva necessità e che sono seguiti da professionisti. Invece mi spaventa la diffusa tendenza a semplificare e a banalizzare l’alimentazione, riducendola a una dieta, a sua volta associata a un mero obiettivo estetico che tiene in minimo conto la nostra componente mentale ed emotiva.

Non siamo macchine, siamo esseri complessi che meritano di essere compresi in questa complessità con amore e rispetto. Chi semplifica la salute e la riconduce alle mode del momento banalizza profondamente le persone e le riduce al pari di una macchina. Come essere umani ci meritiamo di più, molto di più.

Sono convinta che la scienza debba essere sempre al servizio dell’uomo, e non viceversa. Dobbiamo fare uso delle conoscenze scientifiche e dei progressi per essere ogni giorno più liberi e più sani. Purtroppo vedo che tante persone finiscono per essere schiave di questa conoscenza, usandola, spesso e senza saperlo, contro di sé, ossessionandosi con i conteggi dei nutrienti e con il numero sulla bilancia.

Voglio ribadire qui un concetto che è stato per me profondamente rivelatore: «La tua salute non sta nel peso». La salute sta nel corretto funzionamento del tuo metabolismo, dei tuoi organi, muscoli, ossa e tessuti e, non dimenticarlo, sta soprattutto nella tua serenità e stabilità mentale.

Quando guardi una persona vedi solo la sua corporatura, ma non come vanno le cose al suo interno, dunque sai ben poco della sua salute. E te lo dico per esperienza, perché gli anni in cui sono stata più magra, vicina ai canoni estetici del momento, sono stati anche quelli in cui sono stata meno in salute. Soffrivo di disturbi che mi toglievano completamente le energie, mi facevano sentire uno straccio, dentro, anche se da fuori non si vedeva nulla. Per questo dico che osservando una persona e basandoti solo sulla sua corporatura non puoi conoscere il suo effettivo stato di benessere.

E allora dobbiamo tutti farci una domanda: che cos’è più importante, la mia fisicità o la mia salute? Come sono fuori o come sono dentro?

Voglio dirti che il vero benessere non si ottiene perseguendo la perfezione estetica, alimentare e fisica. Prima di tutto perché la perfezione non esiste e poi perché per stare bene non possiamo permetterci di considerare le parti della nostra persona come compartimenti stagni che non comunicano tra di loro: non siamo solo corpo e non siamo solo mente. Le due sfere devono essere considerate insieme.

Siamo esseri così complessi! Meritiamo molto di più che essere banalizzati e ridotti a un numero sulla bilancia.

Inoltre ogni essere umano è differente dagli altri sotto mille aspetti: carattere, metabolismo, sensibilità, aspetto fisico eccetera. Se tutti noi mangiassimo le stesse identiche cose e praticassimo la stessa attività fisica continueremmo ad avere tutti un corpo differente; anzi, pensa che ognuno di noi è diverso anche da sé in ogni distinta fase della sua vita.

Perciò facciamoci il favore di non lasciarci rinchiudere in un ideale estetico che non è rappresentativo della nostra persona nella sua totalità.

L’obiettivo di ogni corretto percorso alimentare è portare la persona a comprendere il cibo e a trovare il proprio personale equilibrio in uno stile sostenibile nel tempo, con visione a lungo termine. È questa l’unica dieta ideale.

Ciò significa fare ogni passo abbandonando la mentalità grassofobica e di dieta, accantonando l’idea di «questo non devo» e «questo non posso».

I professionisti (nutrizionisti e dietisti) con cui Eric e io collaboriamo, non prescrivono diete intese soltanto regimi restrittivi, ma educano alla conoscenza del cibo. Per questo amiamo lavorare con loro e trasmettere questo approccio all’interno dei nostri corsi.

Noi abbiamo trovato la nostra dieta ideale mangiando vegetale, in modo intuitivo e semplice, partendo dalla consapevolezza che questo modello di alimentazione non è deprivante e costituisce un percorso da compiere un passo alla volta. Non c’è fretta, nessuna perfezione da raggiungere.

Il mio mantra personale durante tutto il viaggio di conoscenza del cibo e del mio corpo è stato questo: «Progresso, non perfezione». Fare un pochino meglio ogni giorno.

Ci meritiamo molto di più che una vita di sacrifici e privazioni, di piatti senza sapore, di insoddisfazione cronica, di numeri sulla bilancia che pretendono di definire il nostro valore come persone.

Tutti abbiamo diritto a un corpo sano (che non significa per forza magro), una vita attiva, serena e appagante in un pianeta a sua volta sano e abbondante.

E tutto questo non può darcelo una dieta dimagrante, ma solo uno stile di vita consapevole.