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Si chiamava Melissa. Aveva due anni più di me, e diversamente dagli altri partner che avevo avuto, fu lei a venire da me. Stavamo in campeggio, la più assurda delle cose che si possono fare in tardo autunno, ma le foglie assumevano vari colori, i prezzi erano scesi, e avevo un gruppetto di amici a cui piaceva andare per boschi, ubriacarsi e fare casino.

Lei aveva i capelli neri, nerissimi, che le scendevano dritti fino al sedere. Anche adesso riesco a ricordare il loro peso su di me, quando mi dormiva accanto e i suoi capelli mi avvolgevano come una calda coperta. Aveva anche gli occhi scuri, e a mandorla, e metteva l’eyeliner per enfatizzarli.

Avevamo degli amici in comune e ci eravamo incontrate una manciata di volte, ma non si poteva dire che fossimo amiche.

Quando dovemmo scegliere le stanze che avevamo preso per il fine settimana, la gente iniziò a dividersi a due a due. Qualcuno era in coppia, altri erano amici che avevano già deciso di dormire insieme. A me non importava di dividere la stanza con un ragazzo, ma non volevo stare con Shawn, che aveva qualche problema personale di igiene. Kent aveva una risata nervosa e una brutta acne, il che non sarebbe stato un problema, se non per il fatto che avevo sentito che aveva una cotta per me, e non volevo finire a schivare le sue avance e rovinare il weekend a tutti rifiutandolo. Non avevo mai visto prima le altre tre ragazze, Cindy, Dee e Tina, perciò, quando Melissa mi chiese, con noncuranza se volevo dividere la camera con lei, dissi di sì.

«Abbiamo una stanza con un letto solo» disse come se fosse sorpresa, e a me piace pensare che lo fosse davvero. «Spero che non ti dispiaccia dividerlo.»

Non mi importava. Posammo le nostre cose e andammo al campo dove c’erano birre e marshmallow a volontà. E se lei si sedette un po’ troppo vicino a me sul tronco che ci faceva da panca, be’ ... c’era molta gente e non troppi posti dove mettersi.

Non capii di piacere romanticamente a Melissa finché non facemmo una gita lungo un sentiero che doveva portare a quella che si diceva essere una fantasmagorica cascata, secondo Scott, uno dei ragazzi che avevano organizzato il viaggio. Quando mi prese la mano, intrecciando le dita alle mie come se niente fosse, devo esserle sembrata intimorita.

«A te sta bene?» Il suo palmo era caldo contro il mio, le sue dita forti.

«Certo.» Ed era così, in effetti. Prima di quel momento, non avrei potuto dire che mi piacessero le ragazze, a parte la cotta per Marylin Monroe. Non lo sapevo con esattezza, comunque.

I Murphy erano parte del mio passato, Vic era ancora più indietro. Nel mezzo avevo avuto qualche ragazzo, ma niente di serio. Nessuno che mi avesse fatta sentire tanto eccitata quanto Melissa quando mi prese la mano.

Dormimmo insieme per l’intera settimana, e se anche stavo sveglia ad ascoltare il suono del suo respiro, mentre dormiva, e aspettavo che lei mi toccasse, Melissa non lo fece mai. Non si muoveva velocemente in certe cose, mi disse con serietà l’ultima mattina lì, quando entrambe rotolammo sul fianco per guardarci negli occhi.

«Non sto scherzando» disse. «Voglio che tu sia sicura che questo è ciò che vuoi.»

A quel punto, lo volevo. Volevo lei. Da una specie di pruriginosa curiosità, era diventata un’esplosione di desiderio, calda e dolorosa nel mio sangue. Ma non sapevo come fare la prima mossa con una ragazza. Non avevo paura che mi rifiutasse, ma mi sentivo di nuovo vergine. Non avevo idea di dove mettere le mani, in che modo inclinare la testa per un bacio.

Ci vedemmo per altre due settimane, prima che mi baciasse. Mi sembrò un tempo più lungo dell’eternità. E poi, quando lo fece, la sua bocca era così morbida, così diversa da quella di un ragazzo, tanto che potei solo restarmene seduta con gli occhi chiusi e lasciarla fare.

«Puoi rispondere al bacio.» Era divertita.

E lo feci.

Chiusi di nuovo gli occhi e aprii la bocca, e baciai Melissa con tutta me stessa. Mi persi nel suo sapore. Lucidalabbra alla fragola. Nel profumo del suo shampoo e nel peso dei suoi capelli sul dorso delle mani quando ve le infilai. E, più di tutto, nella sua morbidezza.

Il suo ventre, liscio e incurvato, era tonico ma non muscoloso. Le sue braccia, la sua pelle di seta. La colonna della sua gola senza la protuberanza del pomo di Adamo a distrarmi. Le sue guance lisce, senza un accenno di barba. Tutto di lei era liscio e morbido e dolce, e io me ne inebriavo completamente mentre ci baciavamo per ore. Con me si prese tutto il tempo, e io non sapevo quasi come fare.

«Rilassati» mi sussurrò Melissa contro le labbra. «Abbiamo tutta la notte.»

E la usammo tutta. Ero stata felice di chiedere più di un orgasmo ai ragazzi con cui avevo giaciuto, in passato, ma dato che loro venivano una sola volta, dopo che avevano fatto, il sesso era finito. Non fu così con Melissa. Con la sua bocca e le sue mani mi faceva salire su finché non ero lì lì per venire, poi mi faceva scendere.

Melissa fu la prima persona a farmi venire solo con la lingua. Mi sollevai, ancora e ancora, nel piacere puro. Poi di nuovo, finché scoppiai. Non era mia abitudine gridare quando facevo sesso, ma piansi un pochino per quanto era bello.

Questo la divertì, anche. E così i miei goffi tentativi di darle piacere. Ero piuttosto volenterosa, e avevo una buona idea di come funzionava per le donne, visto che potevo immaginare come funzionava con me. Ma feci troppo forte, troppo veloce.

«Sei troppo concentrata» mi disse, tenendomi il viso tra le mani, mentre la guardavo dal mezzo delle sue gambe. «Pensa alle farfalle, non alle api.»

Alla fine, riuscii a capire come far pulsare la suo clitoride sotto la mia lingua, come fare stringere la sua vagina intorno alle mie dita. Imparai a farla venire, e poi a farla venire ancora, senza quasi una pausa, così forte che il letto tremò quando lei si mise a gridare.

«E questo» dissi a Meredith. «È stato il miglior sesso che abbia mai fatto.»