38

Charlie fu molto silenzioso durante il viaggio verso casa.

Meredith era sempre chiacchierona, e lo era ancora di più quando era ubriaca, e non riusciva a tenere la bocca chiusa. Continuava a blaterare di quanto si fosse divertita al Ranch, di quando senz’altro ci saremmo tornati. Inciampò quando uscì dalla macchina, i vestiti in perfetto ordine, ma il rossetto sbavato e i capelli tutti arruffati.

In casa, scalciò via le scarpe e andò dritta in cucina per versarsi un grosso bicchiere d’acqua, che bevve d’un fiato.

Charlie si prese tutto il tempo per appendere il suo cappotto. E anche il mio. Raccolse le scarpe di Meredith e le ripose ordinatamente accanto alla porta. In cucina, appoggiò le chiavi nel recipiente accanto al telefono, dove le lasciava di solito, e il rumore del metallo contro la porcellana fu assordante.

«Io non voglio rifarlo più» disse Charlie.

Io non avevo bevuto alcolici, ma anch’io avevo bisogno di acqua fresca. Meredith si spostò, quando mi avvicinai al lavandino, ma era ancora abbastanza vicina perché potessi vedere le sottili rughe agli angoli dei suoi occhi e un paio di fili grigi tra i suoi capelli. Mi riempii il bicchiere e bevvi, senza guardarla. Quella non era la mia battaglia.

Ma ovviamente lo era, invece.

«Perche no?» chiese.

«Non mi piace» disse Charlie.

Meredith corrugò la fronte. Mise il bicchiere nel lavandino producendo un rumore metallico più forte di quello che avevano fatto le chiavi di Charlie. «Perché no?»

«Non ne avevamo parlato prima» disse Charlie.

«Doveva essere una sorpresa.»

Charlie sorrise senza essere davvero divertito. «Sì. Lo è stata veramente.»

Non volevo più l’acqua, ma presi il mio bicchiere e li oltrepassai. «Vado a letto.»

«No» disse Charlie. «Tu rimani. Voglio che senta anche tu.»

Lo sguardo di Meredith si posò un istante su di me. «Va’ a letto, Tesla.»

«No» ripeté lui, ed era così strano che lui la contraddicesse che entrambe lo guardammo. «Lei rimane. Fa parte di questa cosa, Meredith. Sei stata tu a renderla partecipe di questo, perciò lei rimane.»

Ciò che stava dicendo era vero, ma non mi piacque come lui lo disse. In silenzio, mi appoggiai al bancone, intrappolata. Meredith si spostò i capelli dietro le spalle, e mi accorsi di qualcosa in lei che non ero sicura che avrei dovuto sapere.

Non era ubriaca e stava fingendo. Oh, certo, aveva bevuto qualche drink, abbastanza da renderla euforica. Ma non era fuori controllo. Sapeva esattamente cosa stava facendo e dicendo, e lo aveva saputo per tutta la serata.

Incrociò le braccia. «Dimmi, Charles. Che cosa non ti è piaciuto, quando pensavo che avessimo parlato di quanto sexy sarebbe stato provare cose nuove? Di quanto sarebbe stato eccitante?»

Charlie raddrizzò le spalle, e mi gettò uno sguardo, ma poi tornò a fissare lei. «Abbiamo parlato di un mucchio di cose, Meredith, ma abbiamo anche detto che se avessimo deciso che qualcosa non ci piaceva, non l’avremmo rifatta mai più. Quel posto non mi piace.»

«Non ti piace che io sia stata con un altro, Charlie, ecco cosa non ti piace. Perché non dici la semplice verità?»

Lui serrò la mascella. «Hai ragione. È così. Non mi piace guardarti con un altro uomo.»

Lei incurvò le labbra, poi si voltò verso di me. «Ma che io ti guardi mentre ti scopi Tesla va bene, giusto? Che ti guardi mentre le lecchi la fica, anche, va bene? Wow, Charlie. Questa sì che è uguaglianza.»

«Questo è completamente diverso, e lo sai. Lei non è una sconosciuta che abbiamo rimorchiato in un club!»

Charlie non gridava ma, al suono del tono più alto della sua voce, strinse gli occhi.

«No» replicò Meredith, la sua di voce scendeva a una tonalità di scherno. «Lei è una sconosciuta che ho rimorchiato in una caffetteria.»

Il mondo si piegò da un lato. Non volevo essere lì, non volevo sentire le cose che lei avrebbe detto. Misi il bicchiere nel lavandino, ma la frase successiva di Meredith mi fermò.

«Non ti sei lamentato di questo» disse. «Bene, bene, Charlie. Tu hai avuto la tua. Per quale motivo io non posso avere il mio, adesso?»

«Io non sono un oggetto!» gridai. Non guardai nessuno dei due. Le sue parole mi trafiggevano, ma il fatto che Charlie non la contraddicesse faceva ancora più male.

«Certo che non lo sei» disse, ma era troppo tardi.

Meredith rise. «Oh, tesoro. Davvero? Lo sai quanto ne abbiamo parlato di portarci a casa una ragazza, prima che io scegliessi te? Per un tempo fottutamente lungo. Non poteva essere una qualunque, sai. Doveva essere qualcuno di speciale. Perfetto.»

«E tu lo sei» disse Charlie, anche se sapevo che Meredith aveva segnato un altro punto.

Rimasi nell’arco della porta, tra la cucina e il corridoio, la mano trovò la curva del muro, per impedirmi di inciampare. Mi voltai verso di loro. «Non è quello che intende lei.»

Lei iniziò a snocciolare una lista sulla punta delle dita. «Non qualcuno che conosciamo bene, in caso non dovesse funzionare. Doveva essere qualcuno che avremmo potuto scaricare senza problemi o non rivedere mai più se avessimo voluto porre fine alla cosa, vero, Charlie?»

Lui sembrava in pena, lo sguardo desolato e la bocca in una piega amara, ma annuì.

«Ovviamente, qualcuno di eccitante. Sexy. qualcuno più giovane, senza figli o marito o ex, che potessero essere d’intralcio. O una famiglia» disse. «Qualcuno senza nessuno che potesse dare di matto. Qualcuno che non dovesse rispondere a nessuno.»

Ed eccola lì, ancora una volta: l’invidia, quella cosa orribile. Non riguardava sempre qualcosa che qualcuno aveva. Ogni tanto, immagino possa essere per qualcosa che non si ha affatto.

Lei si fermò per lasciare che le parole cadessero pesanti come pietre. «Qualcuno di spregiudicato.»

Persi il controllo. Feci due passi verso di lei, con i pugni stretti, anche se non avevo intenzione di colpirla. «Io non sono spregiudicata! Vaffanculo, Meredith, non hai nessuna idea!»

Lei batté le palpebre rapidamente, le guance accese. «Ho pensato a te per molto tempo, Tesla, prima di decidere che fossi quella giusta a cui chiedere. Perciò non dirmi che non ne ho alcuna idea. Perché non l’hai fatto, vero? Senza pensarci troppo, anche. Ti ho chiesto di scopare con mio marito, e tu l’hai fatto.»

«Perché io volevo te!» esclamai. «Ma sono sicura che tu sapessi anche questo, vero?»

Il suo sorriso sghembo diceva tutto, ma guardò Charlie. Poi me. «E ora? Non dirmi che non vuoi anche lui.»

«Meredith» l’ammonì Charlie. «Basta. Sei ubriaca. Siamo tutti stanchi. E domani abbiamo il Natale, un lungo viaggio...»

«Oh, a ‘fanculo il Natale» gridò Meredith. «A ‘fanculo il viaggio e tutto il resto. A ‘fanculo la tua stupida famiglia, Charlie. Pensi che voglia scendere dal letto alla fottutissima alba per arrivare là così che i miei genitori possano darci un altro buono per una cena da Bob’s Big Boy

«Allora staremo a casa» disse, sembrando un po’ disperato. «Dormiremo. E passeremo il Natale con Tesla.»

Le labbra di lei si incurvarono ancora, e guardò me direttamente. «Tesla ha dei programmi.»

«Può stare con noi se vuole cambiarli» disse Charlie, pacatamente. «Il Natale va passato con le persone che si amano.»

Meredith emise un sospiro duro e sibilante. La sua mano colpì il mio bicchiere sul bancone. Si frantumò per terra, schizzando acqua e schegge di vetro. Tutti e tre guardammo quel casino, e lei fu la prima a parlare.

«Gesù Cristo, Charlie, ma ti senti? Lo faresti? Non avrebbe mai dovuto essere così.»

Qualcosa di delicato dentro di me si seccò e iniziò a morire.

«Perché l’hai fatto, allora?» I vetri scrocchiavano sotto le mie scarpe, mentre mi avvicinavo a lei, ma Meredith non si mosse. «Perché mi hai chiesto di andare a letto con Charlie? Perché continui a chiedermelo? Perché mi hai chiesto di venire a vivere con voi, di essere parte di voi? Se non era quello che volevi, perché l’hai fatto?»

Lei inspirò tremante. «Perché ero annoiata.»

Charlie emise un debole e basso gemito di dolore. «Che cosa?»

Lei lo guardò. Meredith sapeva essere affascinante, frivola, sexy, manipolatrice, convincente e maliziosamente divertente. Sapeva essere gentile e dura, chiacchierona o silenziosa, generosa o tirchia.

Ma quella era probabilmente la prima volta che la sentivo essere onesta.

«Ero annoiata, Charlie. Dio, ero così maledettamente annoiata...» Il suo respiro si interruppe in un singhiozzo quando chiuse gli occhi per un attimo, ma poi li riaprì e lo guardò. «... Annoiata.»

Lui scosse la testa. «Non... capisco. Di cosa eri annoiata?»

Gli occhi di Meredith brillarono di lacrime, e deglutì a fatica. «Di te, tesoro. Ero stanca di te. Mi dava noia qualsiasi cosa, dal modo in cui ti pettinavi a come portavi le cravatte e a quanto ti ci voleva per farmi venire. Ero solo... Ero così... annoiata, Charlie. Mi dispiace, ma ero stufa di scoparti.»

«Allora perché non mi hai lasciato?» Deglutì. Di nuovo, i pezzi di vetro scricchiolarono sotto i passi di lui, finché non raggiunse il bancone. I suoi pugni si strizzavano, anche se non avevo dubbi che neppure lui, come me, avesse intenzione di colpirla.

Lei gli rivolse uno di quegli sguardi che conoscevo, irritata. «Perché ti amo, Charlie, e non voglio lasciarti. Volevo solo scoparmi qualcun altro, di tanto in tanto. Lo desideravo... così tanto.» Rabbrividì, battendo le palpebre, e lacrime d’argento le lasciarono una riga scivolando sul trucco. «Ho pensato che se tu avessi avuto qualcuno, anch’io potevo avere qualcuno. Non per sempre. Non che prendesse il tuo posto. Solo di tanto in tanto. Volevo solo avere un po’ di libertà. Volevo essere un po’ spregiudicata, ogni tanto.»

Charlie chiuse gli occhi, poi li coprì con una mano mentre si voltava. Le sue spalle si piegarono. Disperata, feci per toccarlo, ma lo sguardo di Meredith mi raggelò.

«Non dovevi innamorarti di lei» disse.

«Ma l’ho fatto» rispose Charlie, senza voltarsi. «E questo non significa che non ami ancora anche te.»

Allora li lasciai. Andai di sopra nella stanza che mi avevano dato, ma che non avevo mai sentito davvero mia. Sapevo che lei mi avrebbe seguita, come sapevo che Charlie non lo avrebbe fatto.

«E che mi dici di te, Tesla?» mi domandò Meredith dalla porta.

«Amo Charlie, sì.»

«E me?»

Il silenzio si allungò tra noi interminabile, finché alla fine parlai. «Lascia che ti racconti un’altra storia.»