Ringraziamenti

Come il resto degli umani, senza il supporto comunitario sarei inutile allo stesso modo di un tetra cieco abituato alle caverne e catapultato nel mezzo di un ruscello battuto dal sole. Da anni ragiono su questo progetto, e ne ho parlato a così tante persone che sicuramente mi scorderò di menzionare qualcuno che magari ha contribuito a formulare la mia opinione sull’argomento o mi ha indirizzato verso fonti interessanti. Mi scuso in anticipo.

I membri del team di ricerca dell’Università della British Columbia: Joe Henrich, Ara Norenzayan, Steve Heine e Mark Collard, hanno tutti giocato un ruolo importante; Joe, in particolare, per le nostre escursioni isolane in kayak e per le sessioni al pub sia virtuali sia reali. Michael Muthukrishna mi ha offerto un accurato e meditato commento al capitolo 2, suggerendo fonti utili e procurandomi, nel corso della stesura, una fitta raffica di articoli sulla stampa mainstream e pubblicazioni accademiche. Tommy Flint di Harvard mi ha fornito il primo soccorso agli inizi della ricerca, instradandomi sulla letteratura ADH/ADLH, mettendo in dubbio le mie idee sulla genetica e sulle dinamiche culturali evolutive, facendomi leggere la spettacolare bozza del paper economico Bar Talk, e offrendomi una ridda di altri suggerimenti, inclusa la questione delle “voci notturne” fra i pigmei baku. Emily Pitek di Yale ha condotto il sondaggio sul database della HRAF riportato nel capitolo 3; grazie infinite per il suo duro lavoro e l’apporto a questo progetto. Michael Griffin mi ha generosamente accompagnato nella sua lettura dell’antico inno omerico a Dioniso con cui chiudo il libro.

Ringraziamenti in ordine sparso anche a: Hillary Lenfesty (per i pentecostali e la glossolalia); Chris Kavanaugh (per il rituale scintoista e l’intossicazione animale); Will Gervais (per le discussioni ad ampio raggio sul bourbon del Kentucky); Randy Nesse (per la bella conversazione a cena sull’intossicazione, per aver beccato un errore nel manoscritto e per tutti i consigli sulle fonti); Bob Fuller (per avermi generosamente spedito una copia del suo fondamentale libro sul rapporto fra religione e vino); Sam Mehr (per la relazione fra musica e intossicazione); John Shaver (per la kava); Polly Wiessner (per i !kung e l’intossicazione non indotta chimicamente); Sarah Pennington (per la “respirazione olotropica”); Gil Raz (per le pratiche taoiste); Willis Monroe e soprattutto Kate Kelley (per le dritte sulla birra mesopotamica); Amanda Cook e Pico Iyer (per i consigli di lettura); Jan Szaif; Leanne ten Brinke; e Nate Dominy (per tutti gli articoli). Dimitris Xygalatas mi ha fornito ottimi spunti sui rituali estremi e mi ha fatto arrivare materiale di lettura molto utile, mentre in Arizona Alison Gopnik si è spesa generosamente mostrandomi il suo lavoro a proposito di creatività e infanzia. Ho ricevuto riscontri utili anche da Nathan Nunn, Lucy Aplin e dalla intelligenza collettiva di Twitter che mi ha permesso di rintracciare quella citazione di Sarah Blaffer Hrdy.

Sono altresì molto in debito con Robin Dunbar, sia per il suo lavoro rivoluzionario su quest’argomento sia per aver condiviso con me articoli stimolanti prima che venissero pubblicati, e con Michal Ing per il suo capitolo in via di stesura riguardo a Tao Yuanming e per una sfilza di altre fonti estremamente utili sulle attitudini a proposito del bere e dell’ubriachezza nella Cina antica. Grazie anche a Jonathan Schooler per le discussioni sulla mente che vaga e le chiacchiere ad ampio spettro su intossicazione chimica e intuizione, e ad Azim Shariff per l’incoraggiamento in generale, i consigli letterari e le indicazioni strutturali.

Ian Williams, versato poeta e scrittore nonché mio abituale partner di tennis, mi ha offerto decisive conversazioni fra un set e l’altro, e parole sagge sull’arte della scrittura e la vita in generale. (Con il servizio se la cava alla grande, oltretutto.) Michael Sayette mi ha girato interessanti fonti quando eravamo ancora all’inizio del processo di scrittura, dopodiché molto generosamente ha revisionato, con una mole enorme e costruttiva di commenti, l’ultima stesura, passando da considerazioni teoretiche di livello altissimo ai refusi più minuti. Se mi fossi confrontato con Michael dal principio questo sarebbe un libro assai migliore; in ogni caso, ho fatto del mio meglio, laddove sono riuscito, per sopperire alle aree più carenti e per rafforzarne le argomentazioni.

Ringraziamenti e profondo amore vanno, come sempre, a mia moglie Stefania Burk e a mia figlia Sofia, per molte cose, ma soprattutto per avermi mostrato la forza, l’importanza e la felicità della famiglia. Stefania ha anche letto e commentato i primi capitoli, e Sofia, come al solito, senza volere mi ha fornito un mare di esempi presi dalla vita reale. Snidare tutte le volte in cui viene citata, spesso in maniera irriverente, potrebbe valere come motivazione per leggere finalmente uno dei libri di suo padre.

Marcos Alberti mi ha dato generosamente il permesso di utilizzare alcune foto dal suo progetto “Tre bicchieri dopo”, Dick Osseman mi ha concesso la sua immagine da Nevali Çori, Randall Munroe di riprodurre la sua vignetta XKCD, e Kara Sowles di citare ampiamente dal suo saggio sul giocare alla pari fra bevitori e non bevitori. Grazie anche all’Istituto Archeologico Germanico (DAI) per aver reso disponibili le immagini di Göbekli Tepe in loro possesso.

Sono inoltre grato alla mia agente alla Brockman Inc., Katinka Matson, e al mio editor, Ian Straus, per aver avuto fiducia nel progetto. Ormai a mio agio nella mezza età più scorbutica, devo confessare che avevo i miei dubbi riguardo al lavorare con Ian, che sembrava avere la metà dei miei anni. Invece, si è rivelata un’esperienza da cui sono uscito arricchito. Con le sue intuizioni stupefacenti, l’abilità di intravedere connessioni materiali che mi erano sfuggite e la prontezza nell’individuare le fallacie nelle mie argomentazioni e gli errori nel fluire della prosa, Ian ha di gran lunga migliorato il manoscritto e mi ha aiutato a pensare più chiaramente a proposito di ciò che volevo dire. Vorrei anche ringraziare Tracy Behar, editrice e editor di Little, Brown Spark, per l’entusiasmo con cui ha accolto il libro; l’ufficio stampa Stephanie Reddaway; il direttore dell’ufficio marketing, Jess Chun; l’art director Lauren Harms per aver ideato la mia copertina preferita di sempre; il redattore Ben Allen; e la mia copyeditor, Deri Reed, per la sua opera meticolosa di pulizia e ispezione della mia prosa.

Più di tutti, vorrei ringraziare Thalia Wheatley, che ha letto il manoscritto fin dalle prime bozze, mi ha suggerito esempi meravigliosi e mi ha obbligato a fare i conti con problemi relativi sia ai miei ragionamenti sia alla mia scrittura. Ha persino tentato, con risultati altalenanti, di correggere le parti scientifiche; gli errori che dovessero essere rimasti vanno imputati esclusivamente al sottoscritto. Più di tutti, Thalia mi ha ispirato a pensare più profondamente a proposito dell’intossicazione, del piacere e della gioia. Senza di lei questo sarebbe stato un libro molto diverso.