Sabina ha condiviso con Maria l’intera esistenza.
Le ha sempre voluto bene, ha rispettato le sue scelte anche quando erano inconsuete e, all’apparenza, discutibili, schierandosi al suo fianco senza incertezze e difendendo con accanimento il punto di vista dell’acquaiola.
«Certo che fa bene a lavorare alla cava» aveva sostenuto quando la decisione di Maria di svolgere un compito così inusuale persino per la dura vita delle campagne, dove la gente povera è disposta a tutto per scampare la fame, aveva suscitato perplessità e finanche qualche risentimento.
«Toglie il lavoro ai padri di famiglia? Ma che state dicendo? Alla cava hanno assunto una donna proprio perché i vostri uomini, alla domenica, non ci vogliono andare e il soprastante non ha braccia a sufficienza per coprire tutti i turni. E poi, voi che parlate tanto, siete disposte ad aiutare Maria a comprarsi l’asino, visto che il suo non ce la fa più? Forza! Fatevi avanti! I soldi li raccolgo io! No? Nessuna si fa avanti? E allora andatevene a casa e vergognatevi anche solo di pensarle, queste cose. Ammirare dovete, una come Maria!»
Dopo la disgrazia, sarebbe stata pronta a graffiare la faccia di chiunque avesse osato criticarla, ad alzare le mani persino contro gli uomini.
Invece, in questo secondo caso, non ha dovuto fare alcuna fatica. La gente di paese nasce, vive e muore insieme, unita da vincoli di sangue e di solidarietà scolpiti nella carne e tramandati per generazioni, come un bene prezioso. Ha appreso sulla propria pelle che dalla solidarietà, dall’aiuto reciproco dipende la sopravvivenza del singolo e del gruppo.
E Maria l’acquaiola ha contribuito in modo troppo generoso al bene collettivo per non riconoscere la sua onestà, per non schierarsi senza esitazioni dalla parte della vittima, per non perdonarle qualche spigolosità del carattere, conseguenza della durezza della sua esistenza.
Tuttavia, proprio perché la sua generosità è apprezzata e riconosciuta da tutti, il suo comportamento verso la figlia sconcerta e lascia perplessi.
Maria, sempre pronta a sacrificare la sua esistenza e i suoi interessi per gli altri, sembra detestare la sua creatura e finge che non esista.
La abbandona per ore intere quando è al lavoro, si rifiuta di allattarla e la alimenta con latte di capra, ma soprattutto non l’ha ancora fatta battezzare e neppure le ha scelto un nome. La gente del paese è scandalizzata.
Persino don Luigi non nasconde un certo stupore.
Dopo la nascita della bambina, è andato a trovare l’acquaiola e ha compiuto un gesto che, conoscendola, poteva rivelarsi un grosso azzardo. Lasciarle del danaro. Ma ha trovato la giustificazione adeguata.
«Qui dentro ci sono dei soldi. Non sono per te. Sono per la bambina. Perciò non azzardarti a rifiutare o mi fai arrabbiare. Usali per lei, nel modo che preferisci.» E poi ha cambiato subito argomento, per non darle il tempo di replicare. «A casa mi hanno detto che non hai fatto un solo giorno di assenza, neppure quando hai… neppure quando la bimba è nata. Come fai con lei? Chi ti aiuta?»
Maria ha scrollato le spalle.
«La vita è dura. Prima lo capisce, meglio è per lei» ha replicato, senza in realtà rispondere alla domanda.
«Come si chiama?»
Anche in questo caso, Maria ha risposto con un gesto di indifferenza.
Luigi è consapevole che il paese la critica aspramente per non avere dato un nome a sua figlia e non averla ancora battezzata, così come per il suo comportamento superbo, perché, orgogliosa com’è, respinge ogni aiuto e continua la vita di sempre.
Una volta tanto, nonostante i radicati pregiudizi verso i suoi compaesani, non riesce a dare loro tutti i torti. Anche a lui il comportamento dell’acquaiola appare discutibile.
Al contrario, don Leonardo non esita a rimproverare tutti, quando sente quelle critiche.
«Le scelte di Maria riguardano solo lei e la sua coscienza» afferma. «Preoccupatevi per voi. E non giudicate gli altri.»
Luigi però sa bene che anche lui è preoccupato.
«Hai provato a parlarle?» gli ha domandato.
«Certo che le ho parlato ma sai com’è l’acquaiola. Ancora una volta si conferma una donna indipendente, testarda e ribelle, sulla quale le pressioni, incluse le mie, non hanno effetto.»
E infatti la bimba continua a non essere battezzata, a non avere un nome e a restare chiusa in casa da sola per lunghe ore. Se coloro che vanno a trovarla domandano il permesso di vederla, Maria, a disagio, si limita a indicare con un cenno la culla, senza accompagnarli, segno evidente che non intende dilungarsi sull’argomento.
Anche Luigi ha ricevuto analogo trattamento, un cenno di Maria, senza che lei lo accompagnasse.
La bimba ha gli occhi della madre: di un limpidissimo azzurro, mobili e vivacissimi. È così tranquilla – non la si sente mai piangere, dice la gente – che Luigi si domanda se non abbia già intuito di non essere la benvenuta in questo mondo e di non poter avanzare pretese.
Per la prima volta in vita sua, persino Sabina non solo si astiene dal prendere le difese di Maria, come sua abitudine, ma si mostra la più animosa del gruppo di coloro che la criticano.
«Non è cristiano, non si può accettare che la creatura non sia battezzata e non abbia un nome a due mesi dalla nascita» afferma nei capannelli di comari. Se la prende persino con don Leonardo, reo, ai suoi occhi, di non imporsi con la dovuta energia.
«Don Leonardo è un santo, non dico di no. Però pure i santi possono sbagliare. E, in questo caso, sta sbagliando.»
Occorre intervenire, trovare una via d’uscita, si incaponisce Sabina.
Alla fine, dopo lunghe discussioni, costringe alla resa anche il parroco.
«Don Leonardo, stamattina vi porto la bambina a battezzare. E voi la battezzate. È vostro dovere. Mi prendo io» afferma perentoria, indicando se stessa con l’indice «la responsabilità delle decisioni che spetterebbero alla madre e affronto io le conseguenze con Maria. Voi limitatevi a fare quello che vi chiedo!» Poi incrocia le braccia sul petto, per far intendere che questa volta non la darà vinta neanche al parroco in odore di santità.
«Maria potrebbe reagire molto male, Sabina. Ne sei consapevole?» la mette in guardia don Leonardo.
«Come no? La conosco da quando sono nata. Ma qualcuno deve prendere le difese di quella povera anima di Dio, che non c’ha nessuna colpa.»
Alla sera, quando Maria torna dopo l’ultimo viaggio dalla fonte, la trova in casa.
Ha già dato il latte alla bimba, l’ha accudita e cullata.
«Tua figlia è stata battezzata» le annuncia senza preamboli. «Ho fatto io da madrina. E ho deciso di chiamarla Nella.»
Poi rovescia le braccia sui fianchi e si pianta saldamente sui due piedi, pronta alla battaglia.
Ma l’acquaiola la sorprende ancora una volta, con una delle sue uscite inattese.
«Come Dio vuole» risponde.
E si rimette al lavoro senza aggiungere una parola.