Luigi

Il calesse con cui don Luigi era solito spostarsi per brevi viaggi viene ritrovato due giorni dopo la sua sparizione, in fondo a un fosso, ridotto in frantumi. Il corpo giace non molto distante, esanime e piuttosto malconcio per le conseguenze della caduta. Il cavallo ha un arto fratturato ed è agonizzante. Impossibile ricostruire la dinamica esatta della disgrazia, sentenziano il medico e il maresciallo dei carabinieri, entrambi di Castello. Forse un errore nella guida del calesse, oppure un’impennata del cavallo per un ostacolo lungo il cammino.

O forse un malore.

Ma nessuno può confermare alcuna tesi, allo stato dell’arte.

Viene sfogliata l’agenda di don Luigi e si scopre che, tra i vari appuntamenti indicati, ne spiccano uno con un avvocato e un altro con un medico, un luminare della cardiologia di Napoli.

«A voi risulta che soffrisse di cuore?» domanda il maresciallo ai fratelli, i quali, dopo quello che parrebbe uno sguardo d’intesa, affermano che di recente don Luigi si era lamentato di dolori al torace e aveva preso appuntamento a Napoli per dei controlli.

Quella conferma viene considerata sufficiente per spiegare l’accaduto e il caso archiviato come decesso per arresto cardiaco.

Non occorre l’autopsia. I funerali avvengono tre giorni dopo.

Il feretro è accompagnato da Maria l’acquaiola e da un folto numero di concittadini, che si cavano il cappello al passaggio della salma.

I membri della famiglia di don Luigi non sono presenti ma nessuno se ne stupisce. I forti contrasti tra il Segretario e i suoi fratelli erano noti da sempre.

Stupisce, invece, l’assenza del figlio Ermes.

In paese non si spiegano la ragione di una così grave mancanza, fino a quando non si diffonde la notizia che il ragazzo non sarebbe stato informato della disgrazia dagli zii.

Quando l’acquaiola viene a conoscenza di questa voce, se ne indigna a tal punto da osare una sfida audace. Si reca a casa di Filippo e Leopoldo e li accusa a viso aperto, sperando in una smentita.

«Non è compito nostro informarlo» conferma invece Filippo con una scrollata di spalle, indignato a sua volta che l’acquaiola si permetta di presentarsi alla Casa Grande, domandando spiegazioni.

«Che vuol dire, non è compito vostro?» domanda a muso duro Maria.

«Quello che ho detto.»

«E di chi sarebbe, allora?»

«Questo non lo so.»

«Noi, quel ragazzo, a momenti neppure lo conosciamo» si intromette Leopoldo.

«Ma che bestemmie dite, davanti a Dio, don Leopoldo?»

«Attenta a come parli, Marì…» ringhia Filippo.

L’acquaiola non retrocede di un passo né muta il tono sdegnato della voce.

«È vostro nipote, il figlio di vostro fratello don Luigi. Come potete comportarvi in questa maniera?»

«Ma chi sei tu, per sfidarci, per venirci a offendere a casa nostra?» sbotta Filippo. «Una serva, sei, che dalla mia famiglia ha ricevuto solo bene. E oggi ti permetti di venire qui, a insultarci, a farci la lezione… una serva che fa la lezione a un galantuomo. Vattene, Marì, fuori di casa mia, prima che faccio uno sproposito.»

Maria sputa per terra.

Poi si volta e si allontana.

Mio caro nipote,

sono tua zia Agnese, sorella di tuo padre.

So che non ci conosciamo e me ne dispiace. Purtroppo io non mi muovo mai da casa, soprattutto adesso che la salute non me lo permette, mentre tu vivi sempre in collegio e a casa mia tuo padre non ti ha mai portato.

Proprio perché non ti conosco, mi risulta ancora più difficile comunicarti una notizia molto triste, che purtroppo comporterà una serie di gravi conseguenze nella tua vita.

Tuo padre ha avuto un grave incidente…

Agnese accartoccia il foglio e, con un gesto spazientito, lo scaraventa nel cestino, insieme ai due che lo hanno preceduto.

Lancia un’occhiata a Maria che, a sua volta, ricambia lo sguardo con occhi severi e fermi.

«Non posso. Non ci riesco, Marì. Non è facile, capisci?»

«Io capisco solo che è un ragazzo, che è solo al mondo e che nessuno degli zii si degna neppure di scrivergli un biglietto per dirgli che il padre è morto.»

«Lo devono fare i miei fratelli. Io non c’entro. Non vedo nessuno di loro da anni. Luigi non è venuto una sola volta a trovarmi, per conoscere i miei figli e presentarmi il suo.»

«Tu l’hai invitato?»

Agnese stringe le labbra.

«A un fratello non occorre l’invito.»

Maria non replica ma il suo sguardo contiene un rimprovero esplicito, che fa avvampare le guance di Agnese.

«Marì, cerca di capire. Mio marito mi proibisce di inimicarmi i miei fratelli. E io non posso fare di testa mia. Luigi… a me dispiace, ma lui aveva le sue colpe. Paga le conseguenze delle sue scelte.»

«Il ragazzo non c’entra con i vostri litigi. Lui di colpe non ne ha, invece.»

Agnese afferra le mani di Maria e le stringe fra le sue, gli occhi umidi di lacrime.

«Marì, non ci siamo mai dette una bugia, tu e io. Perciò non comincerò adesso. Ti dirò la verità, così com’è. I miei fratelli si sono spartiti tutto, senza lasciare niente agli altri: né a me, perché sono femmina e mio padre mi ha dato la dote, né a Luigi perché, secondo loro, non se lo è meritato per il suo comportamento offensivo verso la famiglia. Anche a Leonardo era stato lasciato pochissimo, e solo per rispetto della volontà di mio padre, ma poi lui ha regalato la sua parte a Luigi. Questo io sapevo. Adesso però Filippo e Leopoldo dicono che non è vero. Secondo loro, Leonardo ha lasciato a Luigi il suo appartamento ma solo in usufrutto. Alla sua morte, tutto doveva tornare a Filippo. E non ci sono terreni. Questo dicono loro.»

«Ma tu lo sai che stanno imbrogliando e derubando il loro nipote.»

Agnese si stringe nelle spalle.

«Io, degli interessi dei miei fratelli e delle loro questioni, non sono mai stata neppure informata. E anche se sapessi che Filippo e Leopoldo stanno imbrogliando, come dici tu, non lo potrei dimostrare perché i documenti li hanno loro, a me non li hanno mai dati. Purtroppo, Luigi si è sempre infischiato di curare i suoi interessi, ripeteva che a lui non importava niente delle questioni di eredità, che facessero pure come volevano. E ora a pagare è suo figlio, che non ha nulla. Nulla, Maria. Al ragazzo si sono rifiutati di scrivere per informarlo della morte del padre, ma al direttore del collegio, secondo me, hanno scritto eccome, per dirgli che nessuno pagherà la retta. Il ragazzo verrà buttato fuori senza neppure finire l’anno scolastico. E non saprà dove andare perché loro, in casa, non ce lo vogliono e io, in casa mia, non lo posso accogliere perché i miei fratelli hanno minacciato di tagliare ogni rapporto anche con me, se faccio di testa mia. E mio marito, te l’ho detto, non vuole litigi in famiglia. Si trova in mezzo alla strada, quel ragazzo.»

«No, non è in mezzo alla strada» replica Maria.

Poi si alza e, restituendo ad Agnese il denaro delle uova, si avvia verso la porta.

«Le uova te le regalo» dice. «…Il regalo di addio di Maria l’acquaiola.»