Stamattina pioggia, grandine, vento. Impossibile andare là. Ho guardato per molto tempo dalla finestra quel finimondo di acqua e di ghiaccio che veniva giù con violenza dal cielo. Il vento infuriava, le tegole volavano, grandi chicchi acuminati di grandine colpivano i vetri delle finestre fin quasi a spaccarli. Ho dovuto chiudere le ante, sporgendomi un po’, mentre quei proiettili duri e freddi mi colpivano e ferivano le mani, le braccia, la testa.
Quando sono potuto uscire, pezzi di ghiaccio coprivano tutto. Ho preso la scala e sono salito sul tetto per rimettere a posto le tegole. Ho camminato un po’ per il borgo, mi sono fermato a guardare i fiori cresciuti qua e là, adesso tutti devastati e spezzati. Anche i tre gigli bianchi che fioriscono dentro una vecchia pignatta piena di terra che c’è prima di una scaletta di pietra, e di cui ho seguito con ansia la fioritura, fermandomi ogni giorno a guardare e ad annusare i loro calici appena aperti. Qui i gigli fioriscono dopo, non a maggio, a giugno, anche a giugno inoltrato. Da un po’ di giorni i loro lunghi gambi oscillavano sotto il peso dei grandi calici bianchi, coi loro pistilli carichi di polline giallo. Spandevano un profumo soave tutt’intorno, da quando i primi astucci chiusi hanno cominciato a diventare sempre più bianchi e ad aprirsi.
Adesso sono là, sfracellati, i calici devastati, i gambi spezzati, la polvere gialla dei pollini che cola su quanto resta delle bianche corolle stracciate.
“Che disastro! Che orrore!” mi dico allontanandomi per non vedere. “Trovarsi sotto la grandine nel momento esatto della fioritura! Dopo tutto quell’enorme, oscuro lavorio chimico, nei bulbi che ci sono sotto terra, durante l’inverno, la primavera, e poi quell’improvviso e quasi miracoloso innalzarsi dei lunghi gambi diritti come spade, e poi quei gonfiori che si cominciano a vedere qua e là e che li fanno incurvare sotto il loro nuovo peso, e poi il loro aprirsi, rapido, fulmineo, nel giro di poche ore, alla sera sono ancora chiusi e la mattina dopo sono già aperti e spandono quel loro profumo... La macchina lanciata della fioritura che non può più rallentare, non si può più fermare, e poi, di colpo, proprio in quel momento, la sferza della pioggia fredda, del gelo, tutti quei pezzi di ghiaccio che vengono giù improvvisamente dal cielo contro quei calici bianchi appena inventati...”