“Chissà se il cielo ha sopra di sé un altro cielo?” mi domando mentre sto seduto di fronte allo strapiombo. «Quello che si vede da qui, perlomeno, da questa gola, sopra questo gruppo di case e di ruderi abbandonati. Chissà se la luce non è anche lei dentro un’altra luce? E che luce sarà, se è una luce che non si può vedere? Se neanche la luce si può vedere, che cos’altro si può vedere? Chissà se la materia di cui è composto l’universo, quel poco che riusciamo a percepire nel mare della materia e dell’energia oscura, perlomeno, non è dentro un’altra materia infinitamente più grande, e anche la materia e l’energia oscura non sono dentro un’oscurità infinitamente più grande? Chissà se la curvatura dello spazio e del tempo, se c’è una curvatura, se c’è lo spazio, se c’è il tempo, non sono anche loro dentro una curvatura più grande, uno spazio più grande, un tempo più grande, che viene prima, che non è ancora venuto? Chissà perché è andata a finire così, in questo mondo? Sarà così dappertutto, se c’è un dappertutto, in questo sfracello di lucine che bucano il buio in questa notte fredda e nell’oscurità più profonda? Ci sarà qualcuno che ci sta vedendo, da uno di quei pianeti che orbitano attorno a quelle masse di gas incendiato che da lontano ci appaiono stelle bianche, come pensa quell’uomo che sono andato a trovare in quella stalla, in mezzo a quelle bestie che hanno viaggiato trasognate nell’iperspazio? Cosa sarà la vita per loro? Perché se ne andranno in giro per l’universo dentro quelle uova di luce senza guscio? La loro vita sarà infelice come la nostra? Anche per loro solo il dolore e il male porteranno distrazione, almeno per qualche istante, all’infelicità? Avranno anche loro quel sogno breve e crudele che è stato chiamato amore? Sarà anche quello dentro qualcosa che c’è da qualche altra parte? Esisterà qualcun altro in mezzo a tutti questi globi di gas che bruciano nell’oscurità più profonda e a questi conglomerati che si raffreddano e si calcificano, con le loro superfici minerali tutte piene di ferite e di urti, in mezzo a tutte queste masse morte sperimentali che gremiscono questa vertigine che abbiamo chiamato spazio? Alfa Centauri, la stella più vicina al nostro sole, si trova a una distanza di quattro anni luce. La Grande Nube di Magellano, la galassia più vicina alla nostra galassia, si trova a centosessantacinquemila anni luce dal nostro sistema solare. E io qui, seduto su questa seggiola di ferro che sprofonda sempre più nel terreno, in questo posto fuori dal mondo, a una simile distanza da tutto e dallo spazio e dal tempo e dalla mia vita e dalla mia morte...”

Certe volte penso che non ci siano più dei vivi, nel resto del mondo. Ma ce ne sono. Perché oggi pomeriggio, mentre c’era ancora luce, alzando all’improvviso gli occhi, ho visto che l’azzurro terso era attraversato da parte a parte da una striscia bianca perfettamente diritta che si allungava nel cielo, tracciata da un aereo così lontano che non se ne sentiva nemmeno il rombo nella vastità dello spazio.