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21 maggio 1935, Old Bailey, primo tribunale

Da quando era in polizia, Guy aveva partecipato a numerosi processi giudiziari, in particolare all’inizio della carriera, quando era stato agente della polizia ferroviaria e aveva testimoniato all’indagine sulla morte di Florence Nightingale Shore. In seguito, come agente della polizia metropolitana londinese, aveva contribuito a scoprire l’assassino di Adrian Curtis e al processo era stato sottoposto a uno spietato interrogatorio da parte degli avvocati difensori. Con l’ispettore Stiles, suo capo al CID, era stato coinvolto in parecchi processi, sia come testimone sia per assistere con soddisfazione alla condanna del criminale arrestato.

Tuttavia l’attuale occasione era diversa.

Innanzitutto era il primo tribunale. Nonostante le dimensioni anguste, era il più famigerato e terrificante dell’Old Bailey. Se fosse stato un teatro sarebbe stato il London Palladium. Vi si processavano i criminali più famosi e più infami. Al banco degli imputati che dominava l’aula erano saliti George “Spose nel Bagno” Smith, Frederick Seddon e il dottor Crippen. Fra coloro che erano coinvolti nell’indagine sull’omicidio a bordo della Princess Alice, a cui Guy aveva partecipato e di cui si sarebbe dibattuto quel giorno, chi avrebbe ottenuto un posto nei sanguinosi annali della storia del crimine?

Guy smise subito di pensare all’indagine in questi termini, troppo simili ai toni scandalistici della stampa, che vi aveva dedicato un’eccessiva e inquietante attenzione, sviscerandone ogni aspetto e assegnando un’imbarazzante importanza al suo nome. Ex compagni di scuola dimenticati nel corso degli anni avevano letto che aveva arrestato il colpevole e gli avevano scritto per poter assistere al processo. Era rimasto atterrito dalla natura morbosa di coloro che aveva sempre creduto essere persone gentili e modeste.

Benché non fossero ancora entrati in aula, i testimoni erano già stati giudicati e condannati dal pubblico, non per eventuali crimini, bensì per i minimi dettagli del loro passato, considerati moralmente equivoci o loschi. Guy era fiero di avere rispettato la legge alla lettera e di essersi attenuto ai fatti e alle prove. Da questo punto di vista si sentiva solo.

Nondimeno aveva fede nella legge, che in quel momento gli appariva impressionante. La corte era presieduta dal giudice Hogan, con il viso rubizzo dal naso grosso incorniciato dalla lunga parrucca bianca e boccoluta. Accanto a lui sedeva, in abito di cerimonia, il sindaco di Londra, il quale aveva rivendicato il diritto di essere presente all’apertura del dibattimento, un privilegio di cui aveva raramente approfittato in passato. Alla sinistra del giudice vi erano il banco dei testimoni, in quel momento vuoto, e i dodici giurati, dieci uomini e due donne, selezionati mediante una faticosa procedura per escludere coloro che si erano interessati troppo al crimine, che si erano già informati troppo o che erano stati troppo influenzati dalla stampa. Uno di costoro era stato persino sospettato di avere ricattato un testimone. Fortunatamente era stato scoperto ed estromesso prima dell’inizio del processo, però aveva provocato ulteriore ritardo. Questa era una delle ragioni, se non l’unica, per cui era stata scelta come sede Londra, anziché la Winchester Crown Court. Guy sospettava che in questo trasferimento fosse coinvolto in qualche modo il West End. Davanti al giudice sedevano gli stenografi, e alla destra di questi ultimi gli avvocati dell’accusa e della difesa, affiancati da un gran numero di colleghi e di assistenti, per non parlare degli amici intimi, che senza dubbio avevano implorato per avere un posto. Dunque Guy non rimase sorpreso nel vedere la signorina Unity Mitford con il fratello Tom, che assisteva il primo avvocato della difesa, il signor Terence Manners. In passato, Guy aveva incontrato Tom troppo brevemente per formarsi un’opinione sul suo carattere, tuttavia gli era parso più sobrio e più tranquillo delle sorelle. Sembrava giovane, in quel momento, intento a ordinare e riordinare documenti, con tre o quattro grossi libri impilati accanto.

In lunga toga nera e parrucca corta, Manners era imponente, senza incutere paura. Sembrava un preside gentile, ma deciso, disposto a tollerare le burle degli studenti solo fino a un certo punto. Aveva dinanzi, sul tavolo, alcuni grossi fascicoli rilegati e persino all’ultimo momento annotava appunti e li passava agli assistenti.

Il secondo avvocato della difesa, che sembrava molto a disagio, era il signor Vangood, un legale di provincia abituato a essere il pesce più grosso in un piccolo lago. Aveva l’aspetto di un sostituto che all’ultimo minuto fosse stato chiamato sul palco al posto del primo attore. La toga aperta rivelava il ventre prominente e un completo a righe con panciotto e orologio da tasca d’oro, con catenella, antiquato o pretenzioso. A giudicare dal naso da bevitore e dai mezzi occhiali, Guy propendeva per la prima ipotesi.

Infine l’avvocato dell’accusa, il signor Burton-Lands, era il più anziano, forse cinquantacinquenne, con occhi scuri dalle palpebre cadenti, che non sembravano del tutto privi di compassione. Quando Stiles gli aveva sussurrato che in gioventù aveva pubblicato un libro sul collezionismo di francobolli, Guy non aveva saputo decidere se ciò deponesse o meno a suo favore.

I posti riservati alla stampa erano affollati dai soliti giornalisti untuosi con la matita sull’orecchio, mentre il pubblico in galleria includeva numerose donne di ogni ceto sociale e categoria, molte agghindate con quelli che sembravano i vestiti della domenica, come in occasione di una magnifica escursione. Guy aveva sentito dire che qualcuno aveva pagato dieci sterline per trovare posto e aveva trascorso la notte dormendo in fila fuori dall’Old Bailey. Tutti gli sguardi erano fissi al banco degli imputati, dove sedevano i due accusati, scortati dalle guardie.