29.

Quando Louisa entrò in infermeria, Guy, disteso in uno dei due letti, aveva già riacquistato conoscenza e cercò di mettersi a sedere. Subito lei gli posò gentilmente una mano sopra una spalla per indurlo a rimanere a riposo. Senza lasciarlo, chiese al medico che cosa fosse accaduto.

«È stato colpito violentemente alla nuca e ha perso conoscenza per un paio di minuti, però si riprenderà alla perfezione. Se dovesse avere mal di testa, mi avverta, perché potrebbe essere sintomo di commozione cerebrale. A parte questo, ha soltanto bisogno di riposare». Il dottor O’Donnell aveva ciuffi di capelli scompigliati che gli cadevano sugli occhi e aveva bisogno di radersi il volto magro. Era stata una lunga nottata.

«Povero caro…» Louisa si rivolse a Guy. «Sai chi sia stato?»

«Non è stata un’aggressione» intervenne il dottor O’Donnell. «Era nel locale caldaie e gli è caduto addosso un oggetto pesante».

«Ah!» esclamò istintivamente Louisa. «Cosa ci facevi laggiù?»

Sollevando la testa, Guy rispose con voce rauca: «Cercavo un intruso che si nascondeva nel locale caldaie. Quando ne è stata scoperta la presenza si è giudicato opportuno avvisarmi, considerati i recenti avvenimenti».

«Lo hai trovato?»

«Non so…» Guy abbandonò la testa sul cuscino. «Devi chiedere al signor Logan». Chiuse gli occhi, strizzando le palpebre, poi li riaprì. «Dottore, quando potrò alzarmi?»

Il medico guardò l’orologio. «Manca poco alle sei. Direi che alle otto potrà alzarsi per fare colazione. Però badi a non pretendere troppo da se stesso». Con impazienza, si ravviò i capelli. «Anch’io ho bisogno di riposare. Tornerò più tardi».

«Aspetti!» chiese Guy. «E Joseph Fowler?»

«È ancora vivo, seppure a stento. Ho ordinato all’infermiera di avvisarmi subito di ogni minimo cambiamento delle sue condizioni». Ciò detto, O’Donnell uscì e chiuse la porta.

«Mi restano soltanto due ore di libertà» dichiarò Louisa. «Alle otto Lady Redesdale avrà bisogno di me. Cosa vuoi che faccia per te, nel frattempo?»

Ripetuta mentalmente la lista delle cose da fare, Louisa decise di dover provvedere innanzitutto a ciò che non vi era incluso, ossia contattare Iain, il quale, sebbene avesse dichiarato che probabilmente ogni comunicazione avrebbe potuto attendere il suo ritorno a Londra, le aveva fornito un recapito telegrafico e un messaggio in codice da utilizzare esclusivamente per questioni vitali, o per eventuali urgenze. Secondo le sue stesse istruzioni, avrebbe dovuto essere informato di qualunque avvenimento insolito, inclusa, perciò, l’aggressione al signor Fowler. Nel reggiseno Louisa custodiva il biglietto piegato su cui erano vergati in elegante calligrafia il recapito e il messaggio in codice. Una volta ricevuto il messaggio, Iain, se possibile, avrebbe trovato un modo per contattarla direttamente, oppure indirettamente, tramite un messaggero fidato. L’indirizzo telegrafico a cui scrivere era “Signorina Vita Lowning, 23 Dolphin Square”. All’ufficio telegrafico e telefonico, Louisa lo comunicò a un’assonnata telefonista, poi, con il batticuore, addebitò il considerevole costo del telegramma alla suite di Unity, sperando che fosse Lord Redesdale a pagare. In seguito avrebbe potuto risolvere eventuali problemi. Aveva agito bene? Era davvero necessario informare Iain? Sarebbe stato peggio soltanto se lei non lo avesse informato e se lui si fosse arrabbiato. Questa considerazione scacciò ogni dubbio.

«Qual è il messaggio, signorina?» chiese la telefonista, esaminandosi le unghie.

«Per favore, trasmetta questo: “Nuvoloso. Stop. Previsioni ventiquattro ore. Stop. C.”».

La telefonista inarcò un sopracciglio. «È tutto?»

«Sì, è tutto. Per favore, lo trasmetta appena possibile».

Per cercare Logan, il primo ufficiale, Louisa pensò che convenisse cominciare dall’ufficio del capitano. Trovò la porta chiusa, vi accostò l’orecchio senza udire alcun suono e si domandò cosa fare.

In quel momento si avvicinò un uomo di mezza età, che indossava l’uniforme dell’equipaggio. «Posso aiutarla, signora?»

Nel sentirsi chiamare così, Louisa pensò, irritata: Sembro forse tanto vecchia? Poi rispose: «Sto cercando il primo ufficiale Logan, per una indagine di polizia».

«Lei è una poliziotta?» replicò il marinaio, senza riuscire a celare la sorpresa.

«Sì… Cioè, no. Però a bordo della nave vi è un poliziotto ferito che deve domandare qualcosa al signor Logan e mi ha chiesto di cercarlo».

«Quella strana faccenda, presumo…» commentò il marinaio, in tono cordiale. A bordo di una nave i pettegolezzi si diffondevano più rapidamente degli incendi, a quanto pareva. «Ho sentito dire che qualcuno è stato catturato e chiuso in cella, cioè la cabina E131, a dritta. Sa qual è la dritta?»

«Sì». Louisa si scoraggiò al pensiero di dover ripercorrere tutte quelle scale. «Grazie». S’incamminò, poi si girò. «Sa chi sia colui che è stato catturato?»

Il marinaio si picchiettò il naso con un dito, si curvò e guardò attorno, con ostentata circospezione, poi si raddrizzò e rise. «Non ne ho alcuna idea, signora. Su una nave come questa si imbarcano clandestini di ogni genere. Se desidera il mio parere, è un miracolo che non sia mai accaduto nulla di simile, o forse è successo e tutto è stato messo a tacere». Si picchiettò di nuovo il naso. «Bisogna stare in guardia. Nascondono segreti inimmaginabili di ogni tipo». Ammiccò e se ne andò.

Nascondono? pensò Louisa, spaventata. A chi si riferiva? Sa qualcosa, oppure vuole soltanto provocare guai, approfittando dell’atmosfera d’inquietudine a bordo della nave? È mai possibile che Iain mi abbia affidato la missione di spiare Diana e Unity, sapendo che vi sarebbero stati altri pericoli a bordo?

Esisteva un solo modo per scoprirlo.