58.

Sceso alla cabina E131, Guy scoprì che Wellesley non era più di guardia. Addossato alla parete, un giovane del personale di coperta era intento a esaminarsi le unghie. Appena vide arrivare Guy, si raddrizzò. Dopo avergli mostrato il distintivo, Guy entrò nella cella. Visto che era lì, tanto valeva cercare risposte ad alcune domande.

Insonne da due notti, Jim si era appisolato con la testa sulle braccia incrociate sul tavolo. Con circospezione si alzò a sedere. Aveva gli occhi appannati. «Che c’è adesso? Ha parlato di nuovo?»

«Chi ha parlato di nuovo?» chiese Guy.

«La signora Fowler». Jim vibrava di paura e la sua voce tradiva la spossatezza. Dopotutto, la privazione del sonno era una forma di tortura. A un certo punto il prigioniero desiderava soltanto farla finita in un modo o nell’altro. «Lei parla sempre troppo. Per questo siamo finiti nei guai».

«Se tu o lei aveste altro da dichiarare, sarebbe aggiunto alle vostre deposizioni» si limitò a replicare Guy. «Sono qui per avere risposta a questa domanda: perché hai prelevato il mazzuolo dall’attrezzeria?»

«Per ribattere un chiodo sporgente nel tavolato della cabina. Il signor Fowler aveva detto che i suoi calzini vi s’impigliavano spesso».

«È normale che un cameriere di prima classe provveda ai lavori di manutenzione? Non è compito del carpentiere di bordo?» Rimasto in piedi, mentre Jim era ancora seduto, Guy si domandò se fosse opportuno ammanettarlo alla sedia e concluse che presto avrebbe subito a sufficienza quel genere di trattamento.

Jim scrollò le spalle. «Ho impiegato meno tempo a sbrigarmela da solo».

«A parte te e i coniugi Fowler, chi sapeva che il mazzuolo era nella cabina B17?»

«Il terzo ufficiale Wellesley, che ha firmato per prelevarlo dall’attrezzeria». Jim rifletté per un momento. «Senz’altro lo sapeva anche il primo ufficiale, che controlla regolarmente i registri». Guardò Guy, con occhi vitrei per la confusione e la paura. «Questo significa che non sono l’unico sospetto? Potrebbe essere stato uno di loro due?»

«No, non senza ulteriori connessioni con il signor Fowler. Comunque tu rimani in arresto».

Uscito dalla cella, Guy chiese informazioni alla giovane guardia per potersi recare alla sezione coperta a interrogare Wellesley. Si sentiva esausto e confuso. Mancavano poche ore all’attracco e non era convinto di aver eseguito tutto come avrebbe dovuto. Dov’era Louisa?

Cambiò direzione e si diresse al ponte B, in cui erano situate le cabine delle Mitford. Era possibile che Louisa fosse ancora da loro, per aiutarle a prepararsi per la cena. Non cessava di sconcertarlo che donne adulte avessero bisogno dell’assistenza di sua moglie per vestirsi. D’altronde, le consuetudini dell’alta società gli risultavano per la gran parte incomprensibili. Talvolta sembrava più semplice risolvere crimini.

Nell’attraversare il foyer principale del ponte B vide Louisa, bella come sempre ai suoi occhi, anche se sapeva che era stanca. Mentre camminavano l’uno incontro all’altra, Guy si rese conto che lei esitava. Per un breve istante gioì dell’anonimato della loro situazione, fra l’andirivieni dei passeggeri che li ignoravano completamente, poi si chiese se osare abbracciarla.

Al suo avvicinarsi fu Louisa a decidere, sollevando le mani in un gesto come di difesa. «Mi spiace, Guy…»

«Per cosa?»

«Non so spiegarlo… Sono stanca e non ne posso più di questa nave. Quando saremo sbarcati, tornerò a Londra con te. Le Mitford se la caveranno da sole. Non m’importa niente di loro».

«So che è stato difficile. Però presto sarà tutto finito. Devo ancora trovare risposta ad alcune domande. Poi sarò pronto, penso».

Louisa annuì.

Accorgendosi che si sforzava di non piangere, angosciata come non la vedeva da molto tempo, Guy ne fu quasi insopportabilmente addolorato. «Ti piacerebbe accompagnarmi? Devo interrogare un certo Wellesley. Penso che sappia qualcosa».

Louisa sussultò. «No, non puoi interrogarlo».

«Come? Perché no? Cosa sai di lui?»

Louisa cominciò a tremare e distolse lo sguardo.

Chiedendosi la ragione del suo turbamento, Guy rammentò un discorso interrotto. «Se non sbaglio, hai accennato a Wolfgang e volevi dirmi qualcosa che lo riguarda. O forse era Wellesley?»

«No, non lui. Ti prego, Guy, promettimi di non andare a interrogare nessuno di loro due. Non posso dirti perché. Devi fidarti di me».

«Mi fido di te, ma…» Guy si sentì sconcertato, disorientato. «Perché non puoi dirmelo?»

Louisa gli afferrò un braccio. «Non possiamo parlare qui. Seguimi». E lo condusse fuori dal foyer, sul ponte, buio e freddo, ma deserto.