41. L’ASPETTO POSITIVO DEI PASCOLI BOVINIOVINI DI MONTAGNA
I DELIZIOSI FORMAGGI CRUDI DELLE MALGHE ALPINE COME ECCEZIONE A PATTO CHE A QUESTI ANIMALI FELICI, LIBERI, SANI, SIA RISPARMIATO IL MACELLO
Quanto al latte, è davvero un magnifico alimento, ma solo per il vitellino. L’alto contenuto di calcio permette infatti al piccolo bovino di raddoppiare il suo peso osseo già nei primi 9 mesi di vita. Tale concentrazione di calcio, abnorme per le necessità umane, tende a sbilanciare la percentuale di calcio rispetto a quelle degli altri minerali del corpo, causando gravi carenze in questi ultimi.
Più che essere digerito, il latte tende a decomporsi nel tratto digestivo, diventando inutile e tossico per il corpo. Questo è confermato dalle infezioni agli orecchi nei bimbi, dalle sinusiti croniche e dalle allergie negli adulti.
La pastorizzazione rende il latte ancora meno adatto come cibo. L’alta temperatura distrugge non solo i batteri ma anche gli enzimi, rendendolo un prodotto inorganico, acidificante, una sostanza morta e tossica. Il latte scremato è ancora peggiore del latte intero. La rimozione del grasso implica un incremento proteico, un prodotto altamente acido-nitrogenico.
Ricordiamo che una delle peggiori caratteristiche di una sostanza è quella di essere acidificante. Mantenere il livello acido-alcalino del sangue sui giusti valori alcalini, è alta priorità ed eventuale emergenza del corpo, poiché già una caduta di appena 0,05 punti significherebbe superacidità e morte immediata.
Chi adotta sistematicamente diete acidificanti gioca una partita molto sporca e rischiosa col proprio corpo, vive in continua emergenza, e finisce per ritrovarsi con ossa cave e friabili, con carie dentarie precoci.
Burro e yogurt sono soggetti alle stesse obiezioni, e sono dannosi indipendentemente dalle sostanze nutritive contenute o aggiunte. È dunque consigliabile stare alla larga dai reparti latteo-caseari dei supermarket, a meno che non ci siano delle belle commesse da guardare o da incontrare (quando a fare la spesa è lui).
Detto ciò, occorre citare almeno una volta alcune considerazioni della parte avversa sui latticini.
Si contesta innanzitutto che la valanga di latte che sta oggi inondando il mondo sia tutta un furto e un maltolto ai danni dei vitellini, visto che esisterebbero varietà di mucche produttrici di latte abbondante non collegabile alla alimentazione dei piccoli. Si aggiunge che mediante nuovi metodi e nuove apparecchiature casearie, la pastorizzazione del latte può oggi avvenire a 63°C, con salvataggio quasi integrale di molti elementi nutritivi. Si obietta infine che molti formaggi prodotti artigianalmente, specie quelli di montagna, quelli caprini e pecorini in speciale modo, si ottengono addirittura a crudo, per cui non si può parlare in questi casi di sostanza morta e tossica.
In ogni caso, il formaggio e lo yogurt, sarebbero alimenti ormai troppo diffusi e troppo apprezzati dal gusto della popolazione per poterne ipotizzare od auspicare una riduzione drastica o addirittura una scomparsa nel prossimo futuro.
La nostra risposta è semplice. Noi stessi facciamo uso sporadico e non sistematico di qualche latticino, quando mangiamo una pizza vegetariana o uno spaghetto alla napoletana, o quando spalmiamo un pizzico di gorgonzola per insaporire una fetta di pane, oppure quando siamo in viaggio tra una stazione ferroviaria e l’altra, ed è già una fortuna trovare un panino che contiene una misera foglia di lattuga e una fetta di formaggio. E pure Herbert Shelton trasgrediva un po’. Non vediamo dunque motivi validi per accanirci contro ogni fabbricante di formaggio.
Prodotti quali il francese Camembert e gli italiani Tomini di Saluzzo, tanto per fare un esempio, sono davvero deliziosi, e possono paradossalmente aiutare a diventare vegetariana molta gente che non è ancora preparata al veganismo più avanzato.
Occorre anche esprimere piena comprensione per la gente che vive in mezzo alle montagne e deve superare lunghi inverni circondata dalla neve e dal gelo. Tenere una cantina con qualche cibo concentrato e proteico di emergenza non può essere giudicato con eccessiva severità. Siamo d’accordo che anche in montagna esistono risorse naturali conservabili, come patate e fagioli, fichi e cachi, noci e nocciole, mele e castagne, carote e zucche, porri e cipolle, verdure e granaglie, per cui anche lì il vegano può sopravvivere al meglio. Ma quando serve dare una rapida risposta ai morsi della fame, e abbiamo a disposizione del pane e della verdura, non c’è niente di meglio che infilarvi un sottile strato di formaggio crudo di malga.
In più questi animali mantengono i prati di montagna incredibilmente puliti, rasati e in buon ordine, anche nei punti inaccessibili all’uomo.
Saremmo però ancor più tolleranti e aperti a un dialogo coi formaggiai e le malghe di montagna il giorno in cui quelle mucche e quelle pecore e quelle capre che hanno regalato il loro latte all’uomo venissero tutte premiate col dono della libertà vigilata e di una fine naturale e serena secondo natura, e fosse loro risparmiata l’esperienza sommariamente ingiusta e sconvolgente del patibolo.
Perché un conto è sfruttare in modo intelligente, costruttivo, pacifico e amichevole, la risorsa rappresentata da questi animali, un altro conto invece è sfruttare le povere bestie ai limiti delle loro possibilità, tenendole incatenate per 5 anni in un penitenziario chiamato stalla, mungendole fino all’ultima goccia, ripagandole alla fine con il massimo della slealtà, della ipocrisia, del cinismo, della vigliaccheria e della ingratitudine, incanalandole nel percorso sinistro e maleodorante che le spaventa e le terrorizza ai limiti della pazzia, prima ancora di subire i colpi e gli sventramenti interni al luogo di tortura e di esecuzione chiamato mattatoio. Luogo di una cattiveria e una brutalità tali che esse, bonarie e innocenti come sono per natura, non potrebbero mai nemmeno concepire o sospettare.