26.  LA BRUTALITÀ UMANA BATTE IL PEGGIOR DEMONE DEL PEGGIORE PIANETA

IL PARADISO È RISERVATO ALLE CREATURE INNOCENTI E SENZA PECCATO

Le vacche da latte in realtà non pascolano affatto sui prati, non sanno più nemmeno cos’è un prato e come è fatta l’erba. Sono chiuse in stalle di cemento, bloccate da catenacci e da ganci che impediscono loro ogni movimento, alimentate con preparati repellenti e superproteici, l’esatto contrario del loro cibo naturale. Un cibo che le ammalerà presto ma che moltiplicherà per 10 la loro resa in latte. Hanno infatti mammelle enormi, doloranti, spesso infette. A 7-8 anni la mucca non produce più come prima, e viene macellata, evitando la comparsa del cancro che pregiudicherebbe o annullerebbe il suo valore in carne. In natura sarebbe vissuta dai 20 ai 40 anni. Le hanno solo rubato tutto il latte, le hanno tolto una sequenza di vitellini, e 30 anni di vita. Forse è meglio così, visto che altri 20-30 anni di prigionia l’avrebbero fatta impazzire del tutto. Ma la speranza è sempre l’ultima a morire, e nessun animale, pur maltrattato ai limiti estremi della sopportabilità, accetta di farsi portar via quel poco e quel niente che gli appartiene, quel poco e quel niente che gli resta.

A nessuno piace morire su ordine altrui, nei tempi e nei modi scelti da altri, per mano di un qualsiasi boia pronto a tagliarti la gola e ad aprirti il ventre.

I più tormentati sono i piccoli della mucca. Sono un tutto uno con le loro mamme, bisognosi quanto mai di latte e di tenerezze materne, attaccati ad esse come delle calamite, quasi fossero consci che qualcuno verrà tra non molto a staccarli e dividerli uno dall’altra.

Mucca e vitellino formano una coppia inscindibile, come ogni mamma umana col suo bimbo.

Ma i piccoli vengono spietatamente staccati per sempre, strappati alle cure e al calore della mamma già a pochi giorni dalla nascita. Vengono costretti poi come premio e come consolazione a vivere legati e immobilizzati a un catenaccio, entro un minirecinto dove non c’è spazio e modo per coricarsi e allungare le gambe, dove non viene consentito di dormire e di reggere il sonno REM, quello profondo e di vero riposo. Quello coi sogni che ogni cucciolo fa e ogni bambino fa. Perché il vitellino è un bambino vero che ha infinita voglia di giocare, ed è figlio di una vera mamma Mucca. Immaginate un cucciolo pieno di energia e di vitalità, che sente il richiamo della mamma che lo chiama, sente ancora il suo vociare non troppo distante, oppure che vuole giocare e saltare con gli altri vitellini, pure loro legati come lui, e che resta invece bloccato in modo inesorabile nel suo box.

Avrebbe bisogno di lenire la sua disperazione e le sue lacrime distendendosi e dormendo.

Ma deve invece restare in piedi per mangiare di più e crescere rapidamente. Avrebbe bisogno estremo del latte di sua mamma, ma quello finisce nei contenitori dei bipedi insaziabili. Gli servirebbe sognare almeno la mamma già quasi persa, sognare le sue leccate tenere e i suoi muggiti materni di gioia quando le stava accanto, le poche corse sul fieno con gli altri piccoli della stalla.

Ma gli hanno tolto persino i sogni. Si può essere più cattivi e più malefici di così?

Potrebbe mai il peggior satana del peggior pianeta dell’universo arrivare a tale livello di brutalità?

Come si fa a rubare e distruggere persino i sogni di un bimbo a quattro zampe?

Quanto ai maiali, scherzosi e giocherelloni per carattere, la loro vita in natura è fatta di corse in libertà, di scavi nella terra e nel fango, di ricerca di ghiande e patate e tartufi, di giochi coi loro piccoli, persino di amicizie e confidenze con chiunque li tratta bene, di simpatiche rincorse al tacchino o all’oca, di rotolamenti e grugniti di felicità sul terreno scaldato dal sole. Ma il sole questi animali non lo vedono quasi mai. Tra l’allevamento e il macello, a parte l’angoscia e il terrore, si sta davvero meglio nel macello, soprattutto quando tutto è finito. L’allevamento non è un riparo, ma una prigione superaffollata dall’aria irrespirabile e puzzolente. I cibi non sono cibi ma robaccia inadatta al loro organismo di erbivori e di cerealicoli. Cibi carichi di prodotti chimici. Antibiotici per difenderli dalle epidemie. Appetizzanti per stimolare la fame, altrimenti mai mangerebbero tali schifezze, sostanze vietate quali ormoni ed estrogeni, atte a farli crescere più in fretta.

La carne non viene dalla fattoria biologica immersa nel verde, ma da immondi lager di tortura quali sono le stalle moderne, e da sinistri edifici di esecuzione e di mattanza.

Chi ama gli animali non li alleva e non li mangia. Chi ama i pesci non li pesca e non li mangia.

Come è possibile che qualcuno ami più i cani dei maiali, più i gatti dei conigli, più i cavalli delle mucche, più i delfini dei tonni o delle balene?

La decisione di nutrirsi di prodotti di origine animale non è una strada percorribile. È un vicolo buio costellato di sofferenze, di tragedie, di patimenti indescrivibili. Ogni animale aveva, prima di essere ucciso, la sua personalità. Era una persona quadrupede, con testa, cuore, mente, occhi, voce, anima. Non una persona a due gambe e senz’anima, come il suo esecutore e come il mandante dell’esecuzione.

Gli animali presi di mira sono fondamentalmente i più innocui, i più bonari, i più docili. Animali che non fanno male ad alcuno, che non disturbano nessuno, che non uccidono nessuno, che non rubano il latte a nessuno. Sono dei vegan come noi e più di noi. Noi siamo dei vegan apprendisti, dei vegan tendenziali, ma loro sono dei vegan perfetti. Se esiste davvero un luogo di premi, un Eden, un Paradiso per i perfetti, un luogo di compensazione e di giustizia, questi esseri saranno là in prima fila. E c’è davvero da augurarglielo di tutto cuore.