31.  RIPRISTINARE E RILANCIARE PITAGORA

Una delle maggiori differenze tra l’uomo e il bue è che il bue non sente la necessità di ricercare se stesso nel passato della sua storia. Probabilmente non ne ha nemmeno il bisogno. Il bue si limita a seguire in modo rigoroso le tendenze, le preferenze, i gusti, l’istinto della sua specie, a patto di essere libero di esprimersi e di vivere. Il bue sa accontentarsi e sa vivere davvero alla giornata.

L’uomo invece, non potendo contare gran che sull’istinto, ha bisogno di trovare dei riferimenti e dei segnali nel suo passato. Gli muoiono i nonni, gli scompaiono i genitori, gli vengono a mancare gli zii, si interrompono i contatti coi vecchietti, frettolosamente collocati nelle case per anziani o finiti anzitempo sotto una lapide, e si rende conto improvvisamente di non aver parlato abbastanza con loro, di non averli interrogati e intervistati, di non averli spremuti a fondo, di non aver chiesto loro chi erano i loro padri e i loro nonni. Gli muoiono mamma e papà, e il dolore, lo sconforto, la disperazione, sono troppo grandi e prevalenti su tutto il resto. Troppo grandi per pensare alla grave perdita culturale che sta compiendosi parallelamente ai tristissimi distacchi dai nostri cari. E alla fine ci si ritrova con mille domande mai poste e con mille interrogativi che non potranno più ricevere risposta ed essere magari ritrasmessi ai propri figli. Ci si ritrova distrutti dalla nostalgia, e con in mano un pugno di mosche, un peso sullo stomaco, qualche vecchia foto e niente di più.

E ti viene voglia di morderti le dita, di maledire la tua stupidità e le tue imperdonabili trascuratezze. Almeno i nobili riescono ad andare indietro per diverse generazioni e per diversi secoli, e persino a raccontare caratteri ed episodi delle loro casate.

La loro storia e le loro vicende familiari stanno pure scritte nei libri. Ma per la gente comune le sole fonti sono quelle dei propri cari. Esiste sì l’araldica per i cognomi popolari, ma è qualcosa di generale e di freddo, e non può certo darti la soddisfazione di conoscere uno per uno chi ti ha preceduto.

L’uomo, dicevamo, ha una irresistibile attrazione verso il suo passato.

Immaginiamo ora di poter creare un collegamento magico non col proprio amatissimo padre, o nonno, o bisnonno, non con un nostro avo di uno o di dieci secoli fa, ma addirittura di 25 secoli fa.

Proviamo a creare un contatto extratemporale col nostro grande maestro Pitagora, colui che ha illuminato tutta la cultura umana dal VI secolo a.C. in poi, lungo i fasti irripetibili della Magna Grecia, le grandezze e le nefandezze della Roma imperiale, lungo le notti fonde del Medioevo, illuminate dagli scritti di Pitagora che andavano a fuoco, e persino da intere grosse biblioteche date alle fiamme dal fanatismo religioso e dalla inquisizione ecclesiastica, lungo il Rinascimento e fino ai giorni nostri.

Dopotutto non è una scorribanda nella fantasia. È successo appena ieri. Basta andare a Crotone in Calabria. Ci sono ancora le pietre e i segni della scuola fondata da Pitagora.

Orbene, questo cippo, questo punto di riferimento che nessun incendio papale ha mai potuto cancellare ed offuscare, ha un valore inestimabile per ogni essere umano, e soprattutto per i bambini e i giovani che si apprestano ad affrontare una vita non sempre facile e liscia.

Abbiamo perso sì mamma e papà, ma in compenso possiamo ritrovare l’antico nostro padre, che dedicò metà della sua vita ad apprendere ed imparare, ad assorbire come una spugna tutte le grandi culture anteriori (egizie, mesopotamiche, ebraiche, indiane, cinesi), e l’altra metà a insegnare e a trasmettere con somma maestria e generosità, ai giovani più bravi e più portati al sacrificio e al piacere dello studio, tutto il suo preziosissimo sapere.

Pitagora assommava in sé dati, concetti, idee, sensazioni, esperienze, documenti, storie, parabole, echi, vibrazioni, che non erano solo quelle del suo celebre maestro Talete e quelle dei suoi tempi, ma anche quelle di altri cinque o dieci millenni di civiltà umana precedente, che nessun altro studioso aveva pensato di raccogliere, o aveva potuto raccogliere. La sua personalità affascinante e umile, sempre disposta ad ascoltare e ad apprendere con attenzione, le entrature e le raccomandazioni dei tanti maestri che lo conoscevano, costituirono un lasciapassare unico per le sue peregrinazioni culturali e scientifiche nelle capitali dell’era antica. Pitagora è l’anello mancante che, se non agganciamo e non ripristiniamo, se non ristudiamo e non ricomprendiamo, ci tiene staccati irreparabilmente dalle nostre lontane origini così ricche di misteri da chiarire.

Conoscere Pitagora è dunque un obiettivo non solo obbligato ma anche estremamente fecondo e stimolante.

L’unica sua opera scritta, I Versi Immortali, sfuggita miracolosamente alla dissennata e imperdonabile furia incendiaria della chiesa cattolica romana, rappresenta non solo un cimelio di infinita preziosità, ma anche una sintesi del suo messaggio al mondo. Un manuale di cosa fare e non fare, di cosa dire e non dire, di cosa pensare e non pensare. Un testo sintetico che risulta valere mille volte di più dei pur semplici teoremi matematico-geometrici che ogni studente conosce.

Facciamo in modo di essere degni di questo nostro comune grande antenato, che ci permette un balzo all’indietro nel tempo di 25 secoli, scavalcando di ben mezzo millennio la storia del Cristianesimo delle origini, senza alcuno scopo concorrenziale, visto che Pitagora era nato non 5 o 10 anni, ma addirittura 500 anni prima di Gesù.

Esiste una crescente tendenza a riguardare il nostro passato, a frequentare mostre d’arte e musei, a spingere scolaresche e gruppi di studio verso i tesori antichi che ci circondano.

C’è da sperare che i giovani rivisitino più da vicino Pitagora e che apprendano e commentino a scuola e a casa i suoi versi, riga per riga, anziché ipnotizzarsi sui soliti vacui e diseducativi programmi del mezzo televisivo.

Non ne facciamo una nuova religione, non chiediamo segni o posizioni particolari delle mani, che darebbero fastidio persino a Lui, maestro di pura e autentica fede laica, ma è giusto pretendere un momento di massima attenzione e concentrazione, una adeguata disposizione mentale e spirituale, nella lettura dei Versi Immortali.