41. IL CONCETTO CATTOLICO ANTROPOCENTRICO DELLA VITA
GLI ANIMALI SONO BRUTI, INERTI, SENZ’ANIMA E SENZA DIGNITÀ
La Chiesa Cattolica risulta piuttosto essere la prima responsabile della visuale antropocentrica della vita. Prima responsabile di quella diabolica tendenza che sta portando l’intero pianeta allo sbando e al collasso.
Nel dicembre 2003, presso la basilica di San Giovanni in Laterano, Mons. Angelo Scola, patriarca di Venezia, in un simposio tenuto apposta per ribadire la centralità dell’uomo nel creato, tra le altre cose ha detto: Antropocentrismo e Cristianesimo stanno insieme o cadono insieme. Una specie di unione indissolubile. Come dire che poco importa se le foreste scompaiono, se le specie si estinguono, se le creature vengono sottoposte a vivisezione, se gli animali innocenti ma senza anima e senza dignità vengono incanalati in massa verso i macelli del mondo, se le falde acquifere e i corsi d’acqua vengono irrimediabilmente avvelenati. L’importante è che l’uomo non perda la sua centralità nel creato.
Quando Giovanni Paolo II nel 1993 affermava Chi deturpa l’ambiente dovrà fare i conti col tribunale di Dio, forse intuiva che tra i primi ad essere giudicati e condannati saranno proprio quelli del clero, non fosse altro che per il loro ruolo trainante e per il pessimo esempio dato costantemente ai fedeli e alla gente in genere nel corso dei secoli.
Il curriculum stesso della chiesa cattolica è d’altronde estremamente ricco e significativo in fatto di antropocentrismo. I prelati degeneri di oggi – non tutti per fortuna, ma sempre troppi – vi trovano ampie giustificazioni alle loro idee perverse e indegne di un essere pensante, specie se impegnato a predicare valori quali bontà, generosità, misericordia, gentilezza, tolleranza.
Se andiamo a spulciare quanto detto e scritto dai padri fondatori della Chiesa, c’è davvero di che raggelarsi e rabbrividire. Nessuna meraviglia che, con tali maestri e ispiratori alle spalle, i vescovi e i sacerdoti odierni giungano agli infimi livelli sopra accennati.
San Paolo (Corinzi 10.25): Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza. E (Corinzi 9.9): Forse Dio si dà pensiero per dei buoi? È probabile che S. Paolo, convertitosi al Cristianesimo 35 anni dopo la morte di Gesù, abbia forzato e personalizzato alcuni aspetti del messaggio evangelico, visto che è logico supporre e dedurre storicamente che Gesù e gli stessi apostoli fossero tutti rigorosamente vegetariani.
Successivamente, per S. Agostino: Gli animali sono assolutamente privi di intelligenza, ma possono servire a divertire, allenare, svagare l’uomo. Spesso sono letteralmente ammaliato alla vista dei cani che sbranano la lepre in una battuta di caccia. Altre volte mi attira una tarantola che cattura la mosca o un ragno che avvolge nelle sue reti un insetto.
Siamo di fronte a un santo, cioè a un uomo che dovrebbe essere giusto per definizione.
Ma non possiamo non percepire una vena di sadismo in quelle parole.
Pure per S. Tommaso gli animali non hanno un’anima: È in errore chi ritiene che uccidere un animale sia reato. La divina provvidenza li ha dati ad uso dell’uomo. Come uccidere uno schiavo non è recare offesa allo schiavo ma al suo padrone, così è per gli animali. La loro vita e la loro morte sono subordinate al nostro vantaggio. Non si può amare o provare amicizia e carità per una creatura irragionevole. Tutte le creature devono essere assoggettate all’uomo. Il padrone non ha doveri verso il servo. Anche qui siamo di fronte a un santo. Ma come può un santo dire che ammazzare uno schiavo non è reato. Pazienza gli animali senz’anima, ma persino gli schiavi senz’anima?
In tempi più recenti, il tomista gesuita Viktor Cathrain scrive, con qualche accenno ironico: Il bruto (cioè l’animale) non possiede diritti di sorta. Come potremmo avere dei doveri verso creature che possiamo a nostro capriccio fare a pezzi, arrostire e mangiare?
Un altro tomista, Ioseph Rickaby, rincara la dose affermando: Le bestie sono cose, beni mobili. Non ci sono doveri di carità, né doveri
di altro tipo verso gli animali inferiori, come non ne abbiamo verso i pali e le pietre.
E, secondo Malabranche: Gli animali mangiano senza piacere, gridano senza dolore, crescono senza saperlo, non desiderano niente, non temono niente, non conoscono niente.
S. Edoardo Confessore esalta addirittura la caccia come gioiosa attività ricreativa. Per i rappresentanti della Chiesa, gli animali sono sempre stati simboli negativi e rappresentano la bestia per antonomasia, l’ultimo e il più turpe gradino della creazione. Il modo più evidente per dimostrare il proprio disprezzo per la materia a vantaggio dello spirito era quello di torturare, di uccidere, bruciare vivi animali di ogni sorta: rospi, caproni, pipistrelli, colombe, gatti, e così via, tanto che non dovrebbero destare meraviglia le malefatte dei vivisezionatori odierni, alla luce di questi precedenti da brivido.