43.  IL BUON SAPORE DELLA CARNE

TRENTA MILIONI DI LITRI-SANGUE AL GIORNO

LA BELVA, L’ORRIBILE MOSTRO NON È IL LEONE O LA TIGRE, MA L’UOMO

Dire che Mangio la carne perché mi piace, come spesso dichiarato dagli amanti della ciccia e della bistecca, è una giustificazione senza senso. Se si pone al centro delle nostre azioni il puro piacere staccato da ogni altra considerazione si potrebbe arrivare a conclusioni aberranti, tipo Uccido e faccio del male perché mi piace, Mi drogo perché mi diverte, Violento perché mi rilassa.

La nostra società materialistica e superficiale ci permette di soddisfare degli pseudo-piaceri che sono causa di pesanti sofferenze nei riguardi di altre creature sensibili, allo stesso modo in cui essa giustificò e permise in passato la sottomissione e il commercio degli schiavi.

Ma, se ci trovassimo tra le vittime anziché tra i torturatori, faremmo certamente di tutto per ribellarci a tale situazione.

Questa oppressione, questa attitudine tirannica dell’uomo è diventata abitudine accettata e consolidata solo perché le vittime animali, come gli schiavi del passato, non sono in grado di organizzarsi e di reagire, e nemmeno di comprendere quali sporche trame vengano ordite da questo tipo di umanità nei loro confronti.

L’animale predatore che uccide per fame è considerato mostro selvaggio e belva feroce, anche se ha la giustificazione di essere stato strutturato in quel modo dalla natura. L’uomo non ha bisogno di uccidere, non è disegnato per uccidere, ed è pure dotato di abbondanti risorse e di appropriate conoscenze atte a sopravvivere al meglio. Per questo motivo, il suo ammazzare opzionale e sistematico per soddisfare i piaceri del suo stomaco pervertito o per semplice opportunismo commerciale, appare a maggior ragione come azione depravata e priva di giustificazioni etiche.

La vera bestia violenta, il mostro orribile, non è il leone o la tigre, ma l’uomo.

Se avete tuttora un minimo di coscienza e di sensibilità, vi chiediamo di riflettere sui fiumi di sangue convogliati ai canali di scolo (30 milioni di litri al giorno come minimo), vi invitiamo a considerare gli anni di prigionia di queste creature condannate a morte prima ancora di nascere, private poi in vita persino dell’inalienabile diritto naturale alla loro erba verde e ai loro raggi di sole.

Una sterminata folla di animali di tutte le specie ha drammaticamente cessato di vivere nella storia, al solo scopo di soddisfare il perfido piacere gastronomico dell’uomo, e, nel contempo, i cimiteri del mondo sono pieni di gente che ha cessato di vivere malamente e in modo prematuro a causa di tali perversioni alimentari, compromettendo per giunta i propri valori karmici o la propria fedina spirituale di fronte al loro creatore.

Se i mangiatori di carne potessero solo dare uno sguardo attento all’esterno e all’interno di quelle case degli orrori che sono le macellerie, se potessero solo ascoltare gli animali piangere come bambini spaventati di fronte ai loro aguzzini, se solo potessero sentire l’eco delle loro urla di dolore disperate, è probabile che la carne elegantemente posta sul loro piatto prenderebbe all’improvviso un sapore molto diverso, e che i loro macabri banchetti cesserebbero del tutto.

Per i disinvolti e gli assenti, per i distratti e i lavativi, diciamo che la carne non è affatto una scelta come un’altra, non è come mangiare pasta o patate.

C’è di mezzo qualcosa di molto grave, quale la vita e la sofferenza di un essere vivente come noi, che non voleva assolutamente essere privato della propria esistenza per finire su piatti e tavole imbandite.

C’è stata delle violenza prima, e toccando quella carne non si fa altro che prolungare la stessa violenza all’infinito.

L’uomo dimostra così tanto rispetto per i suoi morti. Spende cifre altissime per onorarli.

Incide nomi e foto sul marmo, porta loro lacrime e omaggi floreali.

Sarebbe giusto e logico attendersi che ci fosse un minimo di rispetto per questi cadaveri anonimi che qualcuno ha superficialmente fatto pervenire sui piatti.

Non ci può essere alcun piacere né alcuna disinvoltura nel portare un pezzo di cadavere alla bocca.

Non si può compiere una profanazione e nel contempo pensare di ricavarne gioia e divertimento.

È forse la stessa cosa lasciar vivere un vitello, un coniglio, un capretto, o spaccargli il cuore con un coltellaccio? È forse la stessa cosa lasciare pacifica nel suo ambiente un’aragosta o gettarla viva nell’acqua bollente?

Rispettare la scelta di chi mangia carne non è affatto indice di civiltà, di tolleranza, di liberalità verso il prossimo. È come rispettare l’ideologia di chi giustifica lo schiavismo, il razzismo, la tortura e la pena di morte inflitta in modo gratuito e casuale.