PREFAZIONE
LE MOTIVAZIONI DI CARATTERE TENDENZIALMENTE VEGAN
Una scrittura può nascere per tante diverse ragioni, che possono essere la spinta della fantasia, l’ispirazione, la voglia di comunicare e di divulgare i propri pensieri e le proprie esperienze, la necessità di confrontarsi ideologicamente con l’esterno, il desiderio spesso illusorio ed ambizioso di aggiungere un tassello o un tocco personale al quel grande mosaico universale ed eterno del sapere che è la scienza.
Il testo che qui presentiamo sorge un po’ per le motivazioni appena accennate, ma soprattutto da richieste di chiarimenti e di maggiori dettagli da parte dei pochi ma importanti lettori del mio primo lavoro di esordio, dal doppio titolo L’igienismo come scienza comportamentale, in qualità di tesi di laurea in naturopatia, e I Quaderni di Higea, quale strumento di formazione igienistica.
Trattasi ancora una volta, almeno nelle migliori intenzioni dell’autore qui presente, di una proposta educativa, il più possibile veritiera e trasparente, progettata per fare maggiore chiarezza sui concetti basilari di corretta alimentazione e di comportamento salutistico ideale, nella visuale veganiana dell’igienismo naturale, la quale è se vogliamo di parte, ma si pone altresì in linea con le posizioni indipendenti ed oggettive di diverse scienze che vanno dall’anatomia, alla biologia, alla antropologia.
Salute e alimentazione dovrebbero e potrebbero essere argomenti interessanti e piacevoli, chiari e semplici da capire, privi di linguaggio eccessivamente tecnico e sofisticato. Ma le cose purtroppo non stanno affatto così. L’alimentazione è allo stato attuale il regno dei contrasti culturali, dei conflitti di interessi, dei gusti perversi, delle opinioni strane, delle abitudini sbagliate ma difficili da rimuovere, dei dubbi atroci, delle soluzioni miracolistiche, e soprattutto dei dogmi intoccabili della medicina, della pediatria, del nutrizionismo ufficiale. Non dimentichiamoci poi che l’argomento alimentazione rimane preda prediletta, e ostaggio difeso a oltranza con tanto di trincee e linee Maginot, da un vasto intreccio di filosofie alimentari legate mani e piedi a precisi interessi economici, per niente disposti a mollare il loro importante osso.
Non vorremmo affatto aggiungere altra zavorra, altra quantità inutile di materiale scritto a quello già esistente. Il nostro intendimento e la nostra ambizione è piuttosto quella di approfondire i concetti, possibilmente di semplificarli e renderli più chiari e comprensibili, di apportare materiale cognitivo e strumenti culturali innovativi, adatti a penetrare nei meandri di quel territorio di contrasti che è l’alimentazione e il salutismo.
Dio ci liberi dalla presunzione, uno dei peggiori mali del mondo.
Abbiamo comunque il vantaggio di poter contare sull’assistenza e l’ispirazione di un capitale culturale che viene da molto lontano e che nessuno può facilmente scalfire. Una formidabile catena ideale ci lega con la parte più trasparente, più chiara, più selettiva e più geniale dell’umanità in un arco storico di oltre 3000 anni, includente maestri irripetibili del calibro di Pitagora e Leonardo Da Vinci, in testa ad una scia di tanti altri super-intelletti rispettati e venerati dalla stessa medicina, quali Ippocrate e Galeno.
Senza contare poi sulla marea di persone anonime ed umili al pari di noi medesimi, che nel corso della storia hanno cercato di fare del loro meglio e hanno dato il buon esempio, stando alla larga dalle pietanze intrise di sangue e di violenza, optando sempre per prodotti biologici cruelty free.
In questo senso ci sentiamo degli ultraconservatori, in dura lotta col modernismo e il super-tecnologismo, col trionfalismo pseudoscientifico odierno, che pretendono di dominare la scena e di spadroneggiare in lungo e in largo. Parlare in modo disinvolto, di cellule staminali, di clonazioni, di espianti e donazioni, di trapianti e di interventi chirurgici ai limiti della fantascienza, ed anche di vivisezione, come fa la medicina attuale, fa sorgere in noi i peggiori sospetti.
Si sta infatti ripetendo la storia di Pasteur e dei primi microscopi. L’homo medicus dimostra, almeno in queste circostanze, di essere il solito superbo che si illude in quattro e quattr’otto di capire ogni cosa grazie a qualche strumento sofisticato in più a propria disposizione e di poter fare tutto quello che vuole, solo perché gli è dato di osservare e intravedere nuovi dettagli e nuovi particolari.
Non c’è in noi alcuna voglia perversa di parlar male dei medici per pregiudizio, o tanto per farlo.
Sappiamo benissimo che dentro il campo medico c’è una larga schiera di scienziati seri, di professionisti ammirevoli, e persino di eroi. Ma sappiamo anche che vi albergano spesso idee e posizioni e metodi che sembrano fatti apposta per squalificare ingiustamente l’intera categoria. Ed è questa parte marcia della medicina ad essere oggetto delle nostre critiche. Diciamo pure che un pizzico di umiltà e di prudenza in più, e un po’ di dogmatismo in meno, gioverebbero assai alla causa della medicina in generale.
La realtà è che, nella sola Italia, vengono mandate anzitempo in cimitero 35 mila persone l’anno, molte delle quali in tenerissima età, a causa di interventi medici invasivi e aggressivi, a causa di vaccinazioni sempre più rischiose e dannose, a causa di operazioni in eccesso e di anestesie che troppo spesso finiscono male, a causa di farmaci e veleni prescritti senza troppe remore, poco importa se ti mandano via un sintomo e te ne causano altri due o tre peggiori del primo, chiamati eufemisticamente effetti collaterali.
Queste cifre non sono invenzioni di malelingue e di mangia-medici, ma dati trasmessi da fonti mediche ufficiali, loro malgrado. Chiaramente il problema non riguarda solo l’Italia. Ma l’Italia fa quasi da battistrada. È qui che sono nate le prime facoltà di medicina del pianeta Terra, con Bologna e Padova in testa. Questo è il paese dei medici. Ed è anche il paese della intoccabilità legale, sociale, culturale dei medici. Dovremo dunque raddoppiare la nostra cautela e la nostra autocensura.
Del resto occorre anche dire che non è corretto nei confronti dei medici citare solo i dati di malasanità. E sottacere magari i milioni di cure valide e di interventi decisivi in favore di gente malmessa o ferita, da parte della stessa classe medicale.
Avvertiamo dunque i nostri lettori a consultare sempre e comunque il loro medico qualora ci siano dei problemi fisici e delle emergenze da risolvere. Egli è, in ogni caso, la sola persona autorizzata a esprimere pareri vincolanti, a prescrivere farmaci, a prendersi delle responsabilità.
In un certo senso, il medico è anche costretto dalle norme interne dell’Ordine, e pure dalle spinte psicologiche dei pazienti, a fare qualcosa di concreto, a intervenire, a prescrivere sempre qualche farmaco, dato che una sua inazione e una sua sottovalutazione dei sintomi, poco importa se leggeri e innocui, potrebbe causargli delle conseguenze. Una prescrizione anche imprecisa o sbagliata può rientrare nella norma o nella casistica delle eventualità accettabili, mentre una prescrizione non data può essere impugnata dal paziente come cura non eseguita.
In pratica dovremmo stare rigorosamente alla larga da problemi riguardanti l’ammalarsi e il guarire, terreno minato di esclusiva pertinenza dei sanitari, mentre ci potrebbero essere degli spazi di lavoro nel settore della prevenzione e in quello dell’alimentazione per chi è provvisto, come nel nostro caso, di laurea in naturopatia o in filosofie salutistiche naturali. Chi non ha pure quello, diventa un irregolare a tutti i livelli e si colloca nel non invidiabile settore della ciarlataneria e del praticantato illegale.
Il non medico non può sconfinare in terra medica senza correre dei rischi, mentre il medico può e deve poter dire la sua e dare il suo autorevolissimo parere su ogni cosa, su ogni alimento, su ogni dieta, su ogni problema nutrizionistico. E qui ci pare che si esageri. Anche perché i legami non sempre trasparenti della medicina con le industrie chiave dei farmaci, degli integratori, della carne e del latte, sono troppo evidenti e dimostrati.
A ben guardare lo stato delle cose, viviamo in un sistema produttivo, in una società, che stanno facendo il possibile e l’impossibile per farci ammalare nel corpo, nella mente, e pure nello spirito.
Viviamo in un mondo dominato da enormi interessi economici. Un mondo dove dei gruppi ben individuati di persone, di fabbriche e di società commerciali, pretendono mano libera nella trasformazione del pianeta Terra non in regione privilegiata dell’universo, dove ogni essere vivente ha l’opportunità di vivere e di realizzarsi liberamente, ma in territorio dominato dal sopruso e dalla violenza dell’uomo sull’uomo, ma soprattutto dell’uomo sul bambino (vedi vaccinazioni imposte ai minori), e dell’uomo sul povero animale, in una distesa sconfinata di stalle-prigione e di mattatoi, di sale di sventramento e di decapitazione dove sangue e urine e liquidi organici fumanti di bestie morenti insozzano i pavimenti e impregnano i muri, scorrono a rivoli lungo i canali attigui, appestando ed inquinando i terreni e le falde acquifere, dove la sofferenza e il terrore di questi esseri trucidati impregna l’aria e l’atmosfera terrestre e squalifica o maledice l’intero genere umano. Esagerazioni catastrofistiche?
Niente affatto. Già siamo in questo tipo di situazione disperante. Ma anziché cercare di saltarne fuori alla svelta, si vogliono incredibilmente moltiplicare i penitenziari e le maledette stanze di decapitazione, in coerenza coi piani previsti di raddoppiamento e triplicazione consumo carni a livello mondiale. Occorre prenderne atto, occorre dirlo e gridarlo. La gente non viene informata. Non lo sa o fa finta di non saperlo.
E così, tutti i giorni alle primissime ore dell’alba, si ripete nel mondo il medesimo rituale mozzafiato, con code chilometriche di mucche, vitellini, suini, pecore, oche, conigli, struzzi, galline, persino ranocchie, alle quali viene imposta la peggiore delle esperienze che è quella di avviarsi mestamente e controvoglia verso la porta d’ingresso della propria eliminazione personale.
Code di poveri animali ammutoliti, tremanti, spaventati a morte già molto prima di essere sgozzati, decapitati e sventrati, o talvolta ignari della tremenda sorte che li attende. Il sole del mattino è apportatore di calore e di vita per le genti del mondo, e fonte di attesa per un giorno nuovo che forse porterà finalmente qualcosa di buono, dato che la speranza è sempre l’ultima a morire. Ma per loro esso significa solo l’annientamento e il martirio, la conclusione penosa di una vita grama.
Milioni di esseri viventi, svegliati con rudezza e fatti sollevare dal precario e penoso giaciglio, tolti improvvisamente ai loro sogni, si ritrovano condannati ad una procedura inspiegabile ed allucinante, a qualcosa di raccapricciante che non avrebbero mai sospettato, costretti ad avviarsi tremebondi verso un implacabile e incomprensibile patibolo, senza alcuna colpa, senza che nessuno li ascolti e li difenda, prede di una banda planetaria di bipedi assassini, diretti e indiretti. Povere bestiole grandi e piccole, prive di assistenza, di tenerezza, di carezze, di consolazioni. Il nostro caro pianeta Terra trasformato dunque in una enorme contrada di sangue, in zona di urla disperate e di esecuzioni sommarie, magari nascoste da musiche rumorose e da canzonette d’amore con le rime.
E se uno pensa di lasciare tutto alle spalle e di tuffarsi nel bel mare blu, quasi si trattasse di un’oasi alternativa e incontaminata, se lo scordi davvero, visto che la pesca mondiale sta andando verso la cifra record di 200 milioni di tonnellate/anno, per cui anche l’acqua in cui cerchiamo gioia e purificazione è in realtà teatro di inenarrabili violenze.
Forse che i pesci vengono a voi a chiedere la terra e i suoi frutti? Lasciate le reti e seguitemi, farò di voi pescatori di anime. Queste parole, tratte dalle Pergamene del Mar Morto scoperte nel 1947, non arrivano da un uomo qualunque, ma portano la firma di un certo Gesù. Dovrebbero servire da monito per l’animale terricolo uomo, essere degenere che continua a puntare sulla violenza e sulla sopraffazione per soddisfare le sue artefatte e pretestuose esigenze alimentari, tradendo in modo imperdonabile il comandamento principe che è quello di non uccidere, e tradendo nel contempo le esigenze reali del suo stesso apparato gastrointestinale. Come dire che tutti i peggiori mali dell’umanità, dalla violenza verso il prossimo e verso il più debole, alla degenerazione fisica-psicologica-morale dell’individuo e della società in generale, partono proprio da questo esatto punto critico.
Ecco allora che l’atteggiamento polemico, il contrasto, il dissidio, prendono inevitabilmente corpo e trovano giustificazione logica in chiunque abbia un minimo di sensibilità, di sentimento, di amore per la vita e per la verità.
Occorre davvero fare qualcosa. Questo è il senso prevalente del presente scritto.
Del resto, persino il nuovo papa Ratzinger, Benedetto XVI, nella sua ultima uscita di Colonia (agosto 2005), ha detto cinque parole importantissime: Dio non ama chi uccide. È una frase illuminante ed impegnativa, che dovrebbe far riflettere tutti, cattolici e non, religiosi e laici, e che ricorderemo spesso nei capitoli a seguire.
Solo che non basta dire le cose giuste e le cose belle di tanto in tanto, per fare magari effetto su chi ci ascolta. E non basta nemmeno, per chi ammira tali sacrosante parole, applaudire e ammirare chi le pronuncia. Bisogna anche cercare di essere coerenti. Troppa gente a questo mondo va in chiesa, va in moschea, va in tempio, si genuflette, si inchina, prega, e poi, quando è il momento cardine di mettere davvero all’opera e alla prova la sua religiosità e la sua benevolenza, dimentica tutto. Entra in ristorante, o va al supermarket, e anziché obbedire alla testa e al cuore, segue i segnali di fame che arrivano da uno stomaco il più delle volte corrotto da abitudini rovinose e malsane.
Non si accorge, o fa finta di non accorgersi, che ordinando un certo piatto o comprando una certa derrata si rende corresponsabile a tutti gli effetti di una apocalittica e infame macchinazione contro quella vasta categoria di esseri viventi deboli e maltrattati che sono gli animali di terra e di acqua.
E poi, diciamocelo in tutta franchezza, il mondo ha sempre più bisogno di parole chiare seguite da fatti coerenti.
La giusta strada occorre indicarla e insegnarla, soprattutto col buon esempio. La stessa sensibilità e il gusto estetico per il bello e per il buono non sono sempre valori scontati. La corretta istruzione è pertanto basilare.
Personalmente, un bel frutto profumato e dai colori vivaci mi dà sempre gioia e buonumore, mentre un cadavere di qualsiasi essere ex vivente, mi fa impressione persino guardarlo e toccarlo. Figurarsi poi entrarci in intimo contatto, come addentarlo e masticarlo accuratamente, e mandarlo poi giù ospite estraneo all’interno dei miei organi digestivi.
Dovrete ammettere che, se uno lo fa, può essere solo perché è bravo a staccare la spina a piacimento e a non pensarci, oppure perché si è fatto già uno spesso callo alle antenne selettive, abbruttendosi al punto di rinunciare alla sua autentica personalità di essere sensibile e consapevole, e di identificarsi in qualche modo con la belva, lo sciacallo, il corvo e la iena.