23.

All’alba del terzo giorno le camionette dell’Esercito circondarono la piazza. I soldati si disposero in modo da formare un cordone intermedio tra gli scioperanti e la folla digrignante raggrumata intorno ai consegnator di Happydemia. Era composta da cittadini indignati per le mancate consegne, pensionati invidiosi, proprietari di cani e incattiviti runner che correvano da fermi. Gruppi che fino al giorno prima erano stati nemici ora protestavano fianco a fianco uniti dall’odio per i rider e dalla voglia di uscire di casa. C’erano gli igienisti delle Brigate Semmelweiss e i contabili pragmatici di Conteggi&Contagi, mamme No Vax e padri No Tax, complottisti, negazionisti (ma lo avrebbero negato), segregazionisti, millenaristi e naturisti (vestiti). Si era scomodata perfino Milly Antartica Visconti che, reggendo uno striscione con la scritta “La Ricrescita Felice”, litigava con il leader barbuto di Viva il Virus, un gruppuscolo naziecologista che si batteva per l’estinzione del genere umano. Fin dalle prime ore del mattino, gli elicotteri solcavano il cielo. Alle 10 fu dato l’ordine di caricare.

L’attacco partì in un lampo. Decine di militari in tenuta antisommossa avanzarono di corsa verso l’interno della piazza, manganellando chiunque incontrassero sulla loro strada, incitati dalle urla e dagli applausi dei manifestanti. Non ci fu nemmeno il tempo di alzare le mani per ripararsi dai colpi. Quando i soldati presero il Cometa, Michele, che era al suo fianco, riuscì solo ad afferrare la mano di Miriam e a trascinarla via. La folla accerchiata si muoveva scomposta, atterrita, onde di braccia, gambe, teste, voci che spingevano e tiravano, ma loro correvano evitando di farsi travolgere da quelli che, scappando nella direzione contraria, gli venivano addosso. Riuscirono a infilarsi tra due camionette e si acquattarono per non essere visti. Ansimavano. Il Cometa era già diventato invisibile, sotterrato dalle uniformi dei soldati che lo stavano bastonando come uomini del Paleolitico un cervo ferito. Michele pensò di andare ad aiutarlo, ma adesso era Miriam che lo tirava. Al centro della piazza era in corso un massacro. Intorno, i manifestanti non vedevano l’ora di partecipare alla caccia. E in mezzo alla folla Michele avvistò Antartica. La riconobbe per via dei capelli arancioni, e pensò che forse lo avrebbe riconosciuto anche lei. Agitò la mano per attirare la sua attenzione quando un’altra donna, distante forse venti passi, con gli occhi stravolti, gridò:

– Prendeteli! Fermateli! Stanno per scappare. Vengono a infettarci!

La falange si mosse in avanti. I primi erano tre uomini delle Brigate Semmelweiss, li si riconosceva per via del colorito grigiastro. Miriam scattò in piedi. Michele provò a tenerla giù, con l’idea di sgattaiolare intorno alla camionetta e provare a scappare dall’altro lato, ma lei già li affrontava in campo aperto.

– Che cazzo volete? – E poi, rivolta a Michele: – Dobbiamo dividerci. Scappa!

Lui in cinque balzi fu addosso ai tre uomini, che arretrarono sorpresi. Si strappò via la mascherina.

– Avanti, stronzi. Venite a prendermi. Venite a infettarvi.

Parlava alitando e sputando, scuotendo la testa e agitando le braccia per spargere nell’aria saliva e sudore. I tre arretrarono ancora, quando da dietro si sentì una voce di donna.

– Ma che cos’è che fate, pirletti? Ve la prendete coi ragazzini adesso?

Era Antartica, che avanzava avvolta in un sari di tulle cremisi, con tutta la prepotenza e l’imperiosità del suo antico casato affinate in secoli di dominio sul mondo. I tre esitarono e per un attimo le pupille di Michele e quelle di Antartica si toccarono. Avrebbe voluto ringraziarla, ma non ce n’era il tempo. Doveva sfruttare il momento. Attraversò rapido la folla, che si schiuse per lasciarlo passare. Prima di mettersi a correre, si voltò e riuscì a vedere Miriam che scompariva in una via laterale.