Il Consiglio europeo si radunò d’urgenza su Zoom. Erano collegati tutti i capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri, soltanto il bulgaro ebbe problemi di connessione. L’ordine del giorno comprendeva un unico punto, brutale ma onesto: Piano d’emergenza istantaneo per salvare il salvabile. Del breve discorso introduttivo si incaricò il Presidente del Consiglio europeo, José Melas Van Goson Feliz, un nobiluomo spagnolo di ascendenze olandesi che annunciò, per farla breve, che il tempo di discutere era finito. L’Europa era sommersa dal cibo, ma rischiava di morire di fame. Era venuto il momento di muovere le chiappe e trovare un accordo. Si rimise a sedere e la discussione ebbe inizio.
– Kusipää!
– Seggfej! – Estúpido!
– Šupak! – Røvhul! – Sitapea! – Connard!
– Arschloch! – Dupku! – Lomp!18 – Pislik!19
– Kώλος! – Prick! – Pakaļu! – Asile! – Klootzak!
– Idiota!20 – Idiot!21 – Idiotule!22
– Arschloch! – Għodda tal-għodda!23
– Kretén! – Kreten! – Kretén!24
– Dupek! – Задник!25
– Stronzo!
Per non sentire il frastuono, la Cancelliera tedesca si era turata le orecchie con gli indici ritti come bratwürsten. Ma quando si accorse che anche il delegato italiano, solitamente così educato, era trasceso all’insulto, si levò in piedi come una furia, rossa in volto e, nello stupore generale, urlò a voce così alta che fu sentita anche dall’ultima famiglia di inuit ( in lingua inuktitut) del Circolo polare artico:
– MACH WIE DU WILLST, ICH HABE DIE SCHNAUZE VOLL!
(Espressione che tradotta un po’ grossolanamente, quantunque in modo sostanzialmente corretto, significa: “Ma fate un po’ quel cazzo che vi pare. Io mi sono rotta i coglioni!”.)
Lo sfogo non passò inosservato, né inascoltato. In pochi istanti i delegati si ricomposero. Quelli che capivano il tedesco si portarono la mano alla bocca per lo stupore e lo shock, mentre il Previdente del Consiglio italiano tentava di scusarsi – “Stavo solo cercando di tradurre le espressioni scurrili dei colleghi, Cancelliera” – senza essere creduto. La discussione riprese, questa volta in toni più civili, e in meno di mezz’ora l’Europa convenne che il Piano d’emergenza istantaneo per salvare il salvabile andava istantaneamente approvato.
L’Eureka sarebbe stata melting, shrinking, burning, stamp, freigeld, insomma “a tempo”, e collegata a un paniere vastissimo di beni poiché – come opportunamente ricordato dal delegato francese: – Oggi i bisogni primari sono secondari e viceversa –. Sarebbe inoltre stata distribuita in comode rate mensili a un terzo dei cittadini europei (altrimenti sarebbe stato comunismo) basandosi su uno studio sui Big Data che aveva calcolato un tetto massimo di valuta da iniettare nel mercato per non fare saltare il sistema. L’idea prevalente, ma non unanime, fu di destinarla ai senza lavoro o nullafacenti (duecento milioni, circa), inventandosi qualche benefit minore per i pochi che un lavoro erano ancora costretti a farlo.
E fu così che l’Europa finalmente mostrò di essere all’altezza delle sfide dei tempi. La macchina era stata finalmente messa in moto, nonostante il timore che fosse ormai così gigantesca e complessa da non potere più essere guidata. Dentro le finestrelle di Zoom festeggiavano tutti: salutando, ridendo, mimando grandi pacche sulle spalle. Il francese stappò lo champagne. Il bulgaro aveva ricominciato ad avere problemi di connessione.