Entro in camera in punta dei piedi e mi chiudo la porta alle spalle senza far rumore. Spero che Alex stia già russando nella brandina. Così posso fantasticare su noi due che ci baciamo senza che questa sia una reale possibilità. Se non può succedere niente perché Alex dorme, io sono tranquilla sapendo che non è stata colpa mia. È solo che l’opportunità non si è presentata.
Procedo a tentoni per paura di andare a sbattere contro la brandina.
«Sono nel letto» dice Alex.
«Zach ha detto che avresti dormito nella brandina.»
«Ha una molla rotta... È come se qualcuno ti conficcasse qualcosa nella schiena.»
«Ci dormo io nella brandina» dico, felice di fargli vedere quanto poco m’importi di stare nello stesso letto. Sono solo una tipa che è qui per dormire. Non ho assolutamente una cotta disperata, struggente, così devastante che mi provoca un dolore fisico. E lo dimostrerò in modo inequivocabile dormendo nella brandina.
«Non farlo.»
«Lo faccio» rispondo.
Mentre sto cercando la brandina, ci sbatto contro con l’alluce, e caccio un guaito di dolore soffocato.
«Che è successo?»
«Ho sbattuto il piede.»
«Quella cazzo di brandina.»
Striscio sull’oggetto del contendere e resto sdraiata lì per qualche secondo. È scomodissima. «D’accordo, ho la molla conficcata nella schiena.»
«Te l’avevo detto.» Alex sembra divertito.
«Dormirò per terra» dico, determinata a non arrendermi.
«Non essere ridicola.»
«Mi farò un nido di coperte e cuscini, starò comoda.» Sembra vitale fargli vedere che non voglio entrare nel letto con lui. Negare quel che desidero di più mi è di conforto.
«Natalie, non farlo.»
Mi piace quando pronuncia il mio nome: vorrei che non mi piacesse così tanto.
«Va tutto bene» rispondo, e comincio ad accumulare cuscini e coperte sul pavimento di legno. Poi mi sdraio sul mucchio.
«Non è per niente male. Credo che mi farà bene alla schiena.»
Giuro che dopo pochi secondi che sono sdraiata lì, la schiena mi fa già male.
Cerco di trovare una posizione comoda per stendermi, ma il pavimento è troppo duro: non sono un animale, non posso dormire così. Non so neanche perché lo faccio, io voglio stare nello stesso letto di Alex. Che razza di problemi ho?
Ho paura che lui capisca esattamente quello che voglio. Ho paura che saremo di nuovo nello stesso letto e, di nuovo, non succederà nulla, e non sono sicura di riuscire a tollerare che tutte queste opportunità vadano sempre a finire in niente. Ma, al tempo stesso, il pensiero che tra noi possa succedere qualcosa mi provoca un turbamento talmente intenso che non riesco a tollerare neanche quello. Perché le cose belle devono essere così orribili?
«Costruirò una barriera di cuscini anche stavolta» dice Alex.
Voglio che abbia voglia di baciarmi. Voglio che abbia talmente voglia di baciarmi da non pensarci nemmeno a una barriera di cuscini.
Cristo, datti una calmata, Natalie.
«D’accordo» rispondo mettendomi a letto.
«Ci dormo io per terra, se vuoi. Nel tuo nido» dice Alex.
«No, lascia stare. Il nido non è affatto comodo.»
«Costruirò un’enorme barriera di cuscini.»
«Nessun problema. Non serve una barriera di cuscini» replico. Mi sto già pentendo di aver dato quella piega alla conversazione.
«Dormo sul divano fino all’ora in cui tu e Zach fate il cambio.»
«Alex, smettila, voglio dividere il letto con te.»
C’è un attimo di silenzio. Non posso credere di averlo detto. Sembra una rivelazione così cruda. Voglio dividere il letto con te. È peggio del “Vieni” di ieri notte. Immagino già quante volte ripenserò a questa frase in futuro, pentendomi di averla pronunciata. Devo fare subito marcia indietro.
«Cioè, non è che voglio. Diciamo che mi va bene, ok?» puntualizzo, con una voce che diventa sempre più un balbettio imbarazzato.
«Bene, perché cominciavo a sentirmi un verme» risponde Alex.
«Non sei un verme.»
Restiamo sdraiati in un silenzio impacciato: ogni chance che possa succedere qualcosa è svanita.
Chiudo gli occhi e conto fino a cinquanta. Dovrei essere felice, sono nel letto del ragazzo per cui ho una cotta, per la seconda notte di seguito. Mica roba da niente. Insomma, è quasi niente, ma non è un niente assoluto.
«Dormi?» chiede.
«No, e tu?» Vabbè, è ovvio che non dorme.
«No.»
Mi giro sulla schiena, sono sveglissima, anche se ieri notte ho a malapena chiuso occhio.
«Facciamo un gioco» propone.
«Giochiamo a Uno?» chiedo speranzosa. Adoro giocare a Uno. Di sicuro lo batterei e niente mi rilassa come vincere a un gioco di carte.
«Non quel genere di gioco» risponde.
«Non bevo» gli dico, d’un tratto timorosa. Non avrà mica una fiaschetta nascosta sotto il cuscino?
«No, neanche quel genere di gioco.»
«E allora cosa?» Per un istante immagino che dirà “il gioco della bottiglia” e il cuore comincia a battermi forte, anche se è ovvio che non lo dirà: siamo a letto, non abbiamo una bottiglia, non è un gioco che si fa in due, non c’è motivo per cui dovrebbe dirlo, ma...
«Il gioco della verità. Si fanno le domande, si deve rispondere sinceramente, e ognuno può passare il turno solo per tre volte.»
«Mi sembra un gioco piuttosto impegnativo.»
«È più facile se sei sbronzo» commenta.
Mi chiedo con chi ci abbia giocato, da sbronzo e da sobrio.
«Comincia tu» gli dico. Mi serve del tempo per elaborare le domande. Non ho la più pallida idea di quanto andremo sull’intimo.
«D’accordo. Provi qualcosa per Zach?» spara subito senza esitare.
Merda, vabbè, allora è così che giocheremo. «No, non provo niente per Zach» rispondo. «E a dire il vero è una domanda offensiva. Zach e Lucy sono i miei migliori amici, credi che stia tramando per farli lasciare?» Di colpo, sono così arrabbiata che mi dimentico di avere una cotta per Alex e mi volto verso di lui nel buio, pronta a continuare con i miei strilli a voce bassa. Non sopporto che lui, o chiunque, pensi questo di me. Anche se fossi innamorata di Zach, anche se avessi perso la testa per lui, non farei mai una cosa del genere a Lucy. Mai. Non conosco bene tutti i miei limiti, ma c’è una cosa che so perfettamente: per me Lucy viene prima di tutto.
Alex si gira verso di me, evidentemente stupito della mia reazione. «Ho formulato male la domanda. Intendevo “prima”. Prima che si mettessero insieme. Tipo: hai mai provato qualcosa per Zach?»
«Come cavolo ti è venuta in mente una domanda del genere?» gli rispondo per guadagnare tempo, visto che non so se essere sincera o meno e, soprattutto, non sono neanche sicura di quale sia la risposta sincera.
«La mamma prendeva sempre in giro Zach dicendogli che avrebbe sposato una di voi due. Credo che sia stata lei a mettermi quest’idea in testa» spiega Alex.
«Davvero?» Oh Gesù, spero che Mariella non pensi che io sia innamorata di Zach e che sia sempre appresso a lui e Lucy come una stalker o un cucciolo triste.
«Scusa, avrei dovuto iniziare con una domanda più facile. Non dimenticare che puoi passare» dice Alex. Ho una voglia matta di buttarlo giù dal letto.
«No, è una domanda facile: mai provato niente per Zach.» La verità è un pelino più complicata, ma non è il momento di rivelare l’autentica me stessa ad Alex, anche se sussurrare al buio mi fa venir voglia di svelare segreti.
«Ottimo. Tocca a te.»
«Sei ancora innamorato di Vanessa?» gli chiedo. In realtà non voglio sapere la risposta, ma devo chiedergli qualcosa di equivalente a quel che lui ha chiesto a me.
«Nossignora.»
«Non ci hai pensato neanche un attimo.»
«Non era necessario.»
«Non provi nessun sentimento che ancora devi elaborare per la tua ex?»
«Non era questa la domanda.»
«Ok. Tocca a te.»
Questa volta esita. Mi si stringe lo stomaco.
«Sei mai stata innamorata?»
È bravo in questo gioco, devo ammetterlo. La mia risposta istintiva è: cazzo, cazzo, cazzo, a questa non posso rispondere.
«È una domanda grossa» dico per temporeggiare.
«Non siamo obbligati a continuare questo gioco.»
«Mi sto divertendo» mento, perché anche se mi sta facendo morire, sarebbe molto peggio smettere di giocare per poi trascorrere giorni, settimane (e, a seconda di come proseguirà la mia vita sociale, anche mesi e anni) a chiedermi cosa sarebbe successo se avessi continuato.
«Non è vero.»
«Invece sì. E no, non sono mai stata innamorata. Ora tocca a me. Quando dirai alla tua famiglia che sei stato licenziato?» Ribatto il più velocemente possibile con una nuova domanda, così non potrà soffermarsi sulla mia risposta.
«Domani.» Fa una pausa e poi scoppia a ridere. «Forse domani. Entro la fine della settimana.»
«Tua mamma lo capirà» gli dico.
«È un po’ più complicato di così.»
«Spiegami.»
«Lo farò, se fai la domanda giusta.»
«Tocca a te.»
«Hmm. Ok. Volevi baciare Owen quando abbiamo fatto il gioco della bottiglia alla festa?»
«No. Con quante ragazze sei andato a letto?»
Manda un piccolo verso soffocato che mi fa ridere. Sapevo che quella domanda l’avrebbe messo in difficoltà.
«Passo» dice alla fine.
«È un punto per me?»
«In questo gioco non è che si tiene il conto dei punti.»
«Be’, nuova regola: si contano i punti. E io sto vincendo.»
«Se l’avessi saputo, avrei risposto» dice, avvicinandosi un po’.
«Non è vero.»
«Avrei potuto.»
«Tocca a te.»
«Devo pensare a una domanda tosta, adesso che si contano i punti.»
«Non ho niente da nascondere.»
«Certo che hai qualcosa da nascondere.»
Fingo di grattarmi il braccio, ma in realtà è una scusa per accostarmi un po’ di più. Adesso siamo così vicini che, se lo muovessi appena, il mio piede potrebbe sfiorare il suo.
«D’accordo. Quella sera alla festa, quando siamo capitati insieme al gioco della bottiglia, volevi baciarmi?» chiede.
Segue una lunga pausa di silenzio. Sono così contenta che sia buio perché ho il viso in fiamme, e non solo per essermi scottata. «Passo» rispondo.
«Lo sapevo che avevi qualcosa da nascondere.»
«Be’, adesso è il mio turno» ribatto in fretta. «E ti faccio la stessa domanda.» Non riesco a trovare la forza di pronunciare le parole: Volevi baciarmi?
«Sì.»
«Cosa?»
«Sì, volevo baciarti.»
Il cuore, il cuore.
«Ah.» Non so che altro dire. In testa ho solo il vuoto. Non riesco neanche a pensare a un’altra domanda per il gioco.
«Cioè, ti ho baciata. Sulla guancia» aggiunge.
«Lo so.»
«Quindi la mia risposta era scontata.»
«Un bacio sulla guancia è un’altra cosa.»
Non riesco a credere che ne stiamo parlando, ma soprattutto non riesco a credere che ne stiamo parlando senza che mi venga un infarto.
«Se volevi baciarmi quella sera, perché non l’hai fatto?» gli chiedo, ignorando il fatto che adesso è il suo turno. Finora abbiamo parlato a bassa voce, ma adesso sussurro appena. Sono parole che mettono paura.
«Passo» dice dopo un po’.
Non so come interpretarlo.
«Vuoi baciarmi adesso?» mi chiede, a voce talmente bassa che a malapena lo sento.
«Passo» dico, perché persino adesso, con tutte le possibilità del mondo a disposizione, ho ancora troppa paura di dirlo.
Siamo a due “passo” a testa. Il prossimo che passa perde ma, per una volta, non m’interessa vincere. Non riesco a trovare il coraggio di fargli la stessa identica domanda. Mi tremano le mani. Ma non voglio cambiare discorso. Ti prego, Gesù benedetto, mantienici su questo argomento vitale del baciarsi e volersi baciare.
«Hai mai avuto il desiderio di baciarmi prima della sera della festa?» gli chiedo.
Tace, e ascolto il suo respiro.
«Sì. Una volta.»
«Quando?» Sto trattenendo il fiato.
«È un’altra domanda. Non puoi fare un’altra domanda. Tocca a me» dice, e si ferma a riflettere. «Vuoi che ti baci ora?» mi chiede.
«L’hai già chiesto» rispondo.
«No, ho chiesto se tu volevi baciare me. Adesso ti sto chiedendo se vuoi che io baci te.»
«Sembrano domande molto simili.»
«Simili. Ma diverse.» Sta sorridendo, lo sento dalla voce. Siamo uno di fronte all’altra, ma io ho gli occhi chiusi.
«Sì, voglio che mi baci» rispondo, tutto d’un fiato e con la voce che mi trema. Mi sembra la cosa più coraggiosa che abbia mai detto in vita mia.
Prima che io abbia il tempo di avere un crollo nervoso totale, si avvicina e mi bacia. Il suo bacio è così rapido e dolce, un lieve sfiorarsi di labbra, che potrei quasi convincermi di aver immaginato tutto. Apro gli occhi, e i nostri visi quasi si sfiorano sul cuscino.
«Tocca a te» dice. E so che forse sta dicendo che è il mio turno di fargli una domanda, ma decido che sta dicendo che è il mio turno di baciarlo, e prima di poter tornare sui miei passi, mi armo di tutto il coraggio possibile, mi avvicino, gli poso la mano sulla guancia ispida e lo bacio.