Quella notte Lucy e Zach danno per scontato che faremo come sempre e ci scambieremo i letti. È l’ultima sera che passiamo a Queenscliff. Io acconsento, non ho scelta, ma mi sento male solo al pensiero.
Alex rientra a casa tardi. Lo sento entrare mentre sono in bagno a lavarmi i denti. Fa due chiacchiere con Mariella e Sal, ride di qualcosa, poi entra in camera sua. Sembra contento. Non so se è un buon segno o meno.
Io e Lucy restiamo sdraiate a letto a chiacchierare finché siamo sicure che i genitori di Zach dormano sodo. Poi scendo le scale in punta di piedi, incrociando Zach che sale.
«Tutto a posto?» mi chiede, fermandosi a guardarmi in faccia.
«Certo.» Tiro fuori un sorriso forzato.
Mi è venuto in mente uno scenario completamente inedito: ad Alex non interessava stare con me oggi, ho rimuginato troppo su tutta la faccenda. Forse la notte scorsa si annoiava e voleva solo provarci. Forse? Di sicuro. Gesù, quanto sono ingenua. Un divertimento, ecco cosa sono, un modo per ammazzare il tempo, una tappabuchi, una da è-buio-sono-arrapato-questa-può-andare. Probabilmente pensa che stanotte faremo sesso.
Una volta raggiunta la porta della camera, sono talmente su di giri che sono una furia. È un sollievo essere arrabbiata anziché triste.
«Salve, straniera» dice quando m’infilo in camera. Sta cercando di fare il carino.
Oh no, bello, stasera non funziona. Non mi farò incantare dalle smancerie. «Non intendo fare sesso con te» esordisco. Le parole mi escono di bocca a un volume un po’ più alto di quel che volevo. Mi rendo conto in quel momento che non mi capita spesso di dire la parola “sesso” a voce alta: oltre a parlarne con Lucy, non ho mai avuto molte occasioni di pronunciare quella parola con qualcun altro, di sicuro non in un contesto che prevedeva che io facessi, o non facessi, il sesso in questione.
«Abbassa la voce» mi dice in un sibilo terrorizzato.
«Be’, non lo farò.» Metto le mani sui fianchi. Questo aspetto dei rapporti, essere arrabbiata per qualcosa ed essere in una posizione dominante, mi sembra una cosa che posso gestire piuttosto bene.
«Ma di che diavolo parli?»
«Non. Farò. Sesso. Con. Te.» La seconda volta è più facile. Sto diventando brava.
«Non mi è passato neanche per l’anticamera del cervello che avremmo fatto sesso stanotte» dice lui, un po’ sconvolto solo al pensiero.
«Ah» rispondo. La sua affermazione è un tantino offensiva. Voglio dire, mi sarebbe piaciuto che ci avesse almeno pensato.
«Quindi puoi calmarti.»
«Sono calma.» Non c’è nulla di meno affascinante di un ragazzo che dice a una ragazza di calmarsi. Già due punti a sfavore di Alex stanotte, e sono qui da meno di un minuto.
«D’accordo» dice. Sembra un po’ spaventato.
Mi sdraio sul letto, ma non m’infilo sotto le lenzuola.
«Sei arrabbiata con me?» mi chiede alla fine.
«No» rispondo, perché ammettere che sono arrabbiata con lui è come confessare che la cosa m’interessa più di quanto interessi a lui, ed è risaputo che vince la persona a cui importa meno. (“Vince cosa?” Mi sembra di sentire mia madre, quando crede che faccia ragionamenti assurdi, ma vuole che ci arrivi da sola a capirlo. “Vince nella vita, vince nel proteggersi, vincere nel sopravvivere al vero e proprio inferno che è avere una cotta per qualcuno” le urlo mentalmente di rimando.)
Ma poi cambio idea. È la nostra ultima notte insieme in questo letto, potenzialmente la nostra ultima notte insieme in assoluto, e sono così arrabbiata con lui che mi sembra di impazzire.
«A dire il vero, sì, sono arrabbiata con te. Sono arrabbiata perché ti vergogni a farti vedere con me» gli dico, a voce alta ma entro i limiti del possibile. Mi accorgo benissimo di essere melodrammatica, però non m’importa.
«Non è vero» risponde indignato.
«Oggi mi hai ignorata!» gli urlo sottovoce.
«Cosa? Tu hai ignorato me!» ribatte lui, sempre urlando sottovoce.
«Sono venuta in spiaggia e non ti sei neanche avvicinato a me.»
«Ti ho fatto segno due volte, anzi, tre, e poi sei sparita di punto in bianco.»
«Non è andata così.»
«Invece è andata proprio così.»
Devo dire che è piuttosto eccitante starsene a litigare con un ragazzo carino a notte fonda, ma vorrei tanto che fossimo in disaccordo su qualcosa di più emozionante dei segni fatti o non fatti in spiaggia.
«E allora? Hai pensato di startene lì mentre raggiungevo te e i tuoi amici in acqua, mi presentavo e cominciavo a giocare a frisbee con voi?» gli chiedo.
«Sì.» È frastornato. Non ha la minima idea di quel che sto dicendo.
«Non è così che funziona.»
«Che funziona cosa?»
«Vuoi che io faccia tutto il lavoro quando non...» Mi mancano le parole. Di sicuro questo lo capisce: che la persona meno bella, meno popolare, meno esperta, meno tutto non dovrebbe essere quella che si fa avanti.
«Lascia perdere» dico.
«Voglio sapere» e adesso la sua voce è dolce.
«Perché mi hai baciata ieri notte?»
«Perché volevo. E, se non ricordo male, anche tu mi hai baciato.»
«Giusto. Ma eri solo annoiato e volevi ammazzare il tempo?»
«Ammazzare il tempo?» Sembra incredulo. «Se avessi voluto ammazzare il tempo, mi sarei messo a dormire» risponde con una risata.
Per lui è tutto divertente, tutto facile: bacia così tante ragazze in così tanti letti che non ha bisogno di analizzare ogni dettaglio della situazione.
Mi giro sul fianco, e sento che sospira girandosi sul fianco anche lui, così adesso siamo schiena contro schiena. Per un po’ gioco distrattamente con il cellulare, finché mi appare sullo schermo un messaggio.
È di Alex.
Girati.
Mi giro e mi guarda.
«Non mi piace che tu sia arrabbiata con me» dice.
«D’accordo» rispondo.
«È una sensazione nuova» aggiunge.
«Non ti è mai successo prima che qualcuno fosse arrabbiato con te?» Se è davvero così, lo attendono grosse novità.
«No, è una sensazione nuova che m’importi che qualcuno sia arrabbiato con me. Tu in particolare.»
«Ah.»
«Oggi, in spiaggia, avrei dovuto venirti incontro.»
«E perché non l’hai fatto?»
«Non sono molto bravo in queste cose» risponde.
Annuisco, come se capissi cosa intende, ma in realtà sto pensando: di quali “cose” parliamo, esattamente? Di mettersi insieme a qualcuno, provare sentimenti romantici nei suoi confronti, esserne innamorato, comunicare con quel qualcuno che hai baciato il giorno prima, avere a che fare con le sue insicurezze? O parliamo solo di dinamiche sociali in generale?
«Neanche io» dico: qualunque sia la cosa di cui stiamo discutendo, la mia affermazione di sicuro è valida, anzi, probabilmente è un eufemismo.
«Mi spiace per oggi» dice.
Mi prende la mano e se la porta al petto, poi comincia ad accarezzarmi il braccio, sfiorandolo delicatamente. È una sensazione così piacevole che senza volere reagisco con un indistinto mormorio.
Prima di stanotte, prima di questo istante, non avevo mai pensato che quando si è con qualcuno ci potesse essere una tale dolcezza. Avevo sempre pensato al baciarsi, e a tutto quel che segue il baciarsi. Avevo pensato alla passione, allo strapparsi di dosso i vestiti e liberare in un unico gesto una scrivania o un tavolo per darci dentro su una superficie orizzontale. O alle schermaglie, al sondare i limiti per capire fin dove l’altro era disposto a spingersi senza provare disagio.
Ma non avevo mai pensato a quanto sarebbe stato bello avere qualcuno che ti sfiorasse dolcemente. Immagino di non aver mai immaginato che un ragazzo l’avrebbe voluto. Credevo che per un ragazzo fosse sesso o niente.
Alex continua ad accarezzarmi il braccio con la punta delle dita, a lungo, ed è la sensazione più bella che abbia mai provato prima d’ora.